Don’t touch my Neanderthal & my Pino Silvestre (note sul buonismo museale)

L’uomo di Neanderthal non era il “bruto” che molti si immaginano, ma aveva una sua sensibilità artistica. Lo testimoniano, in mostra, il calco di un flauto ricavato da un osso d’orso è forse il più antico strumento musicale mai scoperto”.

Nota esplicativa contenuta nel pieghevole del Museo Tridentino di Scienze Naturali dedicato alla mostra Homo Sapiens, curata da Luigi Luca Cavalli Sforza e Telmo Pievani

Recentemente, in osservanza dei precetti della fede del Politicamente Corretto, è invalso l’uso di antropomorfizzare ed angelizzare gli animali e i nostri antenati. È un po’ il mito del Buon Selvaggio che riaffiora in un contesto storico di decadenza, ansie apocalittiche e tanatofilia in cui violenza, morte, pornografia e misantropia la fanno da padrone. “Noi umani facciamo schifo, prendiamo esempio da loro” (animali, Neanderthal).

Così anche il Neanderthal, che era obiettivamente un bruto, è diventato un animo dolce e poetico probabilmente estirpato dal brutale Homo Sapiens, cioè da noi, gli unici veri mostri.

I fatti indicano che la realtà non si accorda con i desideri di animalisti e neanderthalisti:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/07/04/pinguini-assassini-stupratori-e-necrofili-questo-pianeta-e-malsano-rassegnatevi-animalisti/

Ma la cosa è trascurabile: voler credere è poter credere.

Così, nel corso della visita all’esposizione apprendiamo che il flauto di cui sopra forse non è un flauto. Lo scopritore dice che lo è, diversi esperti lo negano, le analisi di laboratorio non escludono che possa essere stato inciso da un ominide. Questo è quanto. Molti condizionali si convertono magicamente nella certezza di “una sua sensibilità artistica”.

Magari è davvero così, o magari no. Magari non dovremmo vergognarci di essere Homo Sapiens, tanto più che pare che non li abbiamo mai incontrati in Europa. Sono svaniti prima, per ragioni sconosciute: ma ogni occasione è buona per auto-accusarci di essere dei cripto-nazisti.

Cro-Magnon è il primo uomo moderno dal punto di vista delle capacità simbolico-comportamentali ed anatomiche e rappresenta un salto di qualità prodigioso rispetto al passato. Giunge in Europa, dall’Africa o dall’Asia, circa 40mila anni fa, con un bagaglio di facoltà e competenze stupefacente. I Cro-Magnon vivono più a lungo, sono somaticamente indistinguibili da noi ed intellettualmente nostri pari: sono capaci di tessere, dipingono e scolpiscono con stile, immaginazione e grazia (Chauvet, Lascaux, Altamira), costruiscono strumenti musicali (anche a percussione) e introducono le prime, rudimentali, notazioni musicali. Condividono le risorse con la comunità, tengono in gran conto le donne – e non per la loro fertilità, dato che per i cacciatori-raccoglitori non è quasi mai un problema – personalizzano l’architettura delle loro abitazioni, dedicano ricche sepolture ai propri morti, introducono l’arte ceramica almeno 25mila anni fa (Venere di Dolní Věstonice). A differenza dei Neanderthal che, nel corso di decine di migliaia di anni, introducono relativamente poche nuove tecniche e tecnologie, quasi sempre solo come reazione alle pressioni climatiche, i nostri antenati sono sofisticati e creativi innovatori. Le loro armi da caccia e da pesca sono di una tale efficienza da essere impiegate ancora relativamente di recente tra gli Inuit e gli aborigeni australiani. Non si era mai visto nulla del genere su questo pianeta (Tattersall, 1997).

Sono stati i Cro-Magnon i primi a seppellire con premura e riguardo i loro morti, a rifuggire dall’antropofagia, a mostrare evidenti segni di comportamento empatico, di sollecitudine, di ospitalità e convivialità (Tattersall 2012). È perciò del tutto ragionevole contrapporre gli uni (patologicamente egotisti) agli altri (potenzialmente altruisti) e prendere a modello questi ultimi, che sono poi i nostri diretti antenati, anche se pare che possediamo una piccola percentuale di corredo genetico neandertaliano.

A dispetto delle leggende metropolitane, la paleo-antropologia ci insegna che i Neanderthal erano aggressivi, competitivi e promiscui, probabilmente a causa dell’alta concentrazione di androgeni, come il testosterone, “condizioni ormonali che non hanno riscontri nell’essere umano moderno, sia sano che affetto da patologie” (Viegas, 2010). In questo, erano molto più simili agli altri primati che all’uomo moderno (Nelson/Campbell/Cashmore/Shult, 2011). Praticavano sacrifici umani e cannibalismo (Thompson, 2006; Bryner, 2010), con una particolare predilezione per il midollo e le cervella e senza mostrare alcun particolare rispetto per le vittime della loro antropofagia, trattate alla stregua delle altre prede, le ossa convertite in utensili  (Defleur et al., 1999).

Pare che delle porzioni di genoma neanderthaliano ci abbiano fornito un vantaggio evolutivo in termini di metabolismo, robustezza e cicatrizzazione delle ferite, ma abbiano anche aperto la porta alla schizofrenia ed all’autismo (Green et al., 2010). Si sono estinti per conto loro, forse a causa dell’encefalopatia spongiforme (morbo della mucca pazza), contratta a causa del consumo di cervelli umani (Underdown 2008), o forse a causa di una glaciazione, ma non perché i Cro-Magnon li hanno sterminati: non li hanno neppure incontrati (Dalén et al. 2012).
Me ne faccio ben poco della sua asserita sensibilità artistica!

FRATELLO PINO SILVESTRE, SORELLA LUNA – In una sala del museo abbiamo la possibilità di scoprire il grado di parentela che ci lega agli altri esseri viventi. 98-99% di DNA in comune con lo scimpanzé. Uuuuuuuh come siamo simili! C’è aria di famiglia! Poi arriviamo al ratto e scopriamo che siamo al 94-95% delle pantegane. Il che comincia a porci dei quesiti. Arriviamo al pino silvestre e scopriamo che è un fratellastro: abbiamo poco meno del 50% del patrimonio genetico in comune. Uuuuuuuh come siamo simili! C’è aria di famiglia!

Va beh…

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