Le elezioni francesi e gli oligarchi
4 Maggio 2016 a 10:42 (Controrivoluzione e Complotti, Futuro e Anticipazione, Verità scomode)
Tags: Ségolène Royal, en marche!, Hillary Clinton, Macron, manifestanti, Matteo Renzi, notte in piedi, Nuit Debout, presidenziali francesi, proteste, rivoluzione colorata, Sarkozy
Il futuro della Turchia?
6 novembre 2015 a 14:19 (Futuro e Anticipazione, Miti da sfatare)
Tags: Ankara, Curdi, Erdogan, Gülen, Isis, Kurdistan, NATO, neo-ottomanismo, Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, rivoluzione colorata, Russia, Siria, Turchia
La versione semi-ufficiale procede grosso modo così:
- Erdogan ha un sogno neoimperiale panislamico ed è la nemesi del padre della patria turca, ossia Atatürk;
- Erdogan è, assieme all’Arabia Saudita, il principale sponsor di ISIS: vuole fare la scarpe ai sauditi e diventare il vero e unico Califfo del mondo musulmano;
- I buoni rapporti con russi e iraniani sono solo di facciata: è un ragno che tesse la tela e alla fine li tradirà;
Se le cose stessero così la Turchia sarebbe una nazione destinata alla rovina (conflitti regionali, rivolte, guerra civile).
Le mie contro-tesi:
La Turchia non sponsorizza ISIS ma sta tenendo il piede in tre o più scarpe perché sa di essere candidata alla destabilizzazione;
- A meno di un golpe militare, Ankara entrerà nella Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (di cui è già partner sulla sicurezza, la cultura e lo sviluppo economico), ossia nella sfera cinese ed eurasiatica;
- Già ora è inserita in un accordo di libera circolazione con Russia, Siria e Libano;
- La Turchia poteva giocare la carta tatara per creare problemi alla Russia sull’annessione della Crimea: non l’ha fatto;
- Poteva giocare la carta uigura con la Cina: non l’ha fatto;
- Poteva reinterpretare creativamente i trattati internazionali permettendo alle navi NATO di parcheggiarsi nel Mar Nero: non l’ha fatto (devono appoggiarsi a Bulgaria e Romania);
- Ha visto il bluff di ISIS a Kobane;
- Ankara è stata vicina all’Iran per tutta la crisi delle sanzioni e sicuramente la cosa non è piaciuta a Tel Aviv e tra i neocon USA, mentre tale tacita solidarietà non sarà dimenticata a Teheran;
- La pessima stampa di cui gode Erdogan sui media occidentali dimostra che, come nel caso di Angela Merkel, i neoconservatori sanno che è un rinnegato e li tradirà;
- Le proteste ecologiste anti-Erdogan sono state organizzate da Soros;
- Le mosse autoritarie di Erdogan servono a prevenire una rivoluzione colorata di tipo ucraino;
- Il rivale/santone Gülen non vive in esilio negli Stati Uniti per caso ed è un autentico neo-ottomanista, con una rete di istituti “educativi” che si estende dalla Bosnia, alla Cecenia, al Daghestan, alla Cina turcofona;
- Ankara non desidera ritrovarsi un Kosovo siriano ai suoi confini;
- Ankara non si può permettere di gestire quasi 2 milioni di rifugiati siriani, né lo desidera fare l’UE: quindi troveranno un modo di risolvere la questione;
- ISIS comincerà a scomparire dopo che le forze irachene-iraniane avranno ripreso Mosul. Successivamente, l’esercito regolare siriano riprenderà Aleppo;
- Il Kurdistan iracheno diventerà un Alto Adige mesopotamico;
- I curdi preferiscono negoziare con Erdogan piuttosto che con Gülen;
- I sauditi non possono più permettersi di finanziare la guerra nello Yemen e ISIS, con il prezzo del greggio che scenderà ulteriormente se l’Iran ritorna alla grande sul mercato;
- Russi e turchi alla fine riusciranno a far vincere la fazione più collaborativa nella faida in corso a Riyad;
Qui per futuri aggiornamenti
https://medium.com/@stefano_fait/scenari-futuri-per-turchia-medio-oriente-mediterraneo-3475f36d3a8a
A proposito di un passaggio di “Rettilineo finale” di Federico Dezzani
20 giugno 2015 a 13:33 (Controrivoluzione e Complotti, Stati Uniti d'Europa)
Tags: austerità neoliberista, euro, eurozona, Germanwings, Goldman Sachs, Grexit, Merkel, NATO, Putin, rivoluzione colorata, Sarkozy, Spartaco, Tsipras
PREMESSA: non sono un feticista dell’euro (per me una moneta comune e non unica andrebbe benissimo, se consentisse agli europei di cooperare e non di farsi la guerra, valutaria o economica che sia), personalmente trovo che i trattati europei non possano in alcun modo prevalere sulla Dichiarazione universale dei diritti umani («Io non sarò mai soggetto a trattamenti criminosi» – Cloud Atlas), né sono ideologicamente contrario al Grexit.
Ora che la Grecia gode del pieno sostegno dei BRICS non penso più che sarebbe una catastrofe. Non si troverebbe da sola alla mercé degli sciacalli transnazionali. Anche l’Argentina ha beneficiato di un aiuto decisivo cinese, altrimenti ora ci sarebbe un governo neocon e anti-iraniano a Buenos Aires.
Se esito e mi interrogo sui modi e sui tempi è solo perché continuo a ritenere che la caduta del dollaro e quindi il riflusso dell’inflazione e dei soldati di stanza nelle basi americane all’estero siano la priorità. Per come la vedo io la Grecia ha il DOVERE di aiutare tutti gli altri popoli europei a liberarsi, come ce l’avrebbe chiunque fosse nella posizione di farlo, specialmente perché sa qual è il destino che ci attende se l’Impero non crolla, avendolo subito per anni. In soldoni, sempre per come la vedo io (e potrei sbagilare), questo significa che devonoe ssere gli eurocrati ad assumersi la responsabilità di espellere la Grecia. Come in Ucraina, la battaglia fondamentale è quella per l’opinione pubblica: dev’essere chiaro che i veri bulli, quelli che sparano il primo colpo, sono gli euro-atlantisti.
Questo è il momento “Prison Break” per l’umanità. O la va o la spacca…
Dopo di noi non ci sono più altre tribù, ma soltanto scogli e onde e un flagello ancora peggiore, i romani, contro la cui prepotenza non servono come difesa neppure la sottomissione e l’umiltà. Razziatori del mondo, adesso che la loro sete di universale saccheggio ha reso esausta la terra, vanno a cercare anche in mare: avidi se il nemico è ricco, arroganti se povero, gente che né l’oriente né l’occidente possono saziare. Loro bramano possedere con uguale smania ricchezze e miseria. Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero. Fanno il deserto, e lo chiamano pace.
Calgaco, citato da Tacito
Continuo a trovare estremamente stimolanti le analisi di questo autore, pur trovandomi in disaccordo su alcune questioni nodali.
Ecco un passaggio che mi lascia perplesso:
Nei nostri lavori abbiamo sempre sottolineato come gli attacchi speculativi durante il “biennio dello spread rosso” 2011-2012, puntassero, oltre alla fabbricazione di ingenti utili per gli azionisti, a fornire l’assist decisivo ai collusi politici europei per la fondazione degli Stati Uniti d’Europa, contro la volontà dei cittadini ammutoliti da possibili bancarotte generalizzate. L’euro infatti non ha mai rappresentato una seria minaccia per la valuta americana o britannica ma, al contrario, è stato fin dagli albori lo strumento principe per introdurre il neoliberismo in Europa, tagliare lo Stato sociale ed impedire l’intervento della cosa pubblica nell’economia.
Perché allora, come sostiene il presidente della commissione europea Jean-Claude Junker7, “il mondo anglosassone” farebbe a fette l’eurozona qualora uscisse la Grecia? Dopotutto, come abbiamo evidenziato nelle nostre analisi, l’emergenza spread non scompare nel momento in cui gli Stati Uniti d’Europa sono abortiti (estate 2012) ed è chiaro che qualsiasi ulteriore assalto della finanza avrebbe realmente provocato la rottura dell’euro? [sottolineatura mia]
http://federicodezzani.altervista.org/rettilineo-finale/
Questo è il nodo della questione: se l’euro è nato per preparare il terreno ad un mondo multipolare di blocchi valutari successivo alla detronizzazione del dollaro, allora ogni indebolimento dell’euro e rafforzamento del dollaro fanno il gioco dell’Impero.
Dezzani, come tutti gli analisti schierati contro l’euro, è convinto che l’attacco anglo-americano all’euro servisse a indurre i cittadini europei ad ingoiare il progetto degli Stati Uniti d’Europa, non a puntellare un dollaro a rischio di collasso in seguito alla crisi della finanza americana.
Io invece penso che l’assalto finale all’euro non c’è stato perché un conto è attaccare la lira, la sterlina, la dracma, il rublo, o il povero bath thailandese – operazioni che richiedono ingenti (ma non illimitate) risorse – un altro conto è attaccare una valuta continentale come l’euro, specialmente se gli infiltrati non possono danneggiare più di tanto le sue difese (avendo le mani legate dalle normative europee). Puoi preparare la breccia greca e piazzare uomini di Goldman Sachs a destra e a manca, ma hai pur sempre da tirar giù un bestione e il resto del mondo (es. Cina e Russia) potrebbe anche non voler collaborare con te, ma anzi ostacolarti.
Dunque io mi domando: se gli Stati Uniti d’Europa erano l’obiettivo precipuo di Wall Street e della Casa Bianca e se l’Europa (BCE inclusa) è una colonia americana, perché non si è fatto un singolo passo in quella direzione ma, semmai, l’Europa si è avviata sulla strada della dissoluzione, del sospetto reciproco, della teutonofobia, del razzismo anti-mediterraneo?
Perché la stampa inglese ha sempre paragonato il progetto degli Stati Uniti d’Europa alla ricostituzione dell’Unione Sovietica e ha invece appoggiato tutti i movimenti separatisti europei che intralciavano l’integrazione europea? Perché Obama e l’establishment statunitense non hanno incessantemente tuonato contro l’inerzia europea?
Errori di calcolo così grossolani? Feroci dispute intra-atlantiste?
Mi pare strano. Le frizioni ci sono (sui mezzi, non sui fini: l’avidità dei finanzieri si scontra con il realismo degli strateghi, ma l’obiettivo è il medesimo), come pure gli errori di valutazione, ma lo scenario implicito nell’interpretazione euroscettica è un po’ troppo paradossale e contraddittorio (a mio avviso).
Mi sembra più probabile che l’euro sia stato usato per mettere in atto la tradizionale strategia del divide et impera, a partire dalla complicità di Goldman Sachs nell’ingresso greco.
Sull’austerità neoliberista.
E’ fuori questione che l’attuale assetto europeo sia stato impiegato per far trionfare il neoliberismo.
L’Economist di Rothschild e Schroder odia (letteralmente) Tsipras tanto quanto l’élite romana odiava (e temeva) Spartaco.
Mentre il Telegraph (quotidiano dell’establishment britannico) è sfacciatamente pro-Grexit,
http://www.telegraph.co.uk/finance/economics/11684495/Grexit-the-truth-is-it-would-help-Britain-no-end.html
l’Economist, in generale, teme che l’uscita della Grecia indebolirebbe la causa neoliberista nel mondo e rafforzerebbe Putin (il fratello maggiore di Spartaco).
Una Grecia sottomessa e umiliata all’interno dell’eurozona serve di esempio al resto d’Europa (affiorano alla memoria i metodi degli occupanti nazisti).
Ma cosa succederebbe se l’eurozona si scoprisse anti-liberista?
Poniamo per ipotesi che Angela Merkel fin dall’inizio abbia fatto il doppio gioco, d’accordo con Putin, e stia di fatto, molto pazientemente, traghettando il blocco europeo verso l’unione eurasiatica, sabotando il TTIP, mentre a parole lo appoggia (lo faceva assieme a Sarkozy, ma Sarkozy ha sottovalutato i suoi avversari ed è stato messo momentaneamente fuori gioco: sarà però il prossimo presidente francese).
Anche questo è uno scenario paradossale, ma sia Putin sia la Merkel parlano tedesco, hanno un passato nell’intelligence comunista, dove questo tipo di ruoli e finzioni è la norma. Lo stesso Sarkozy non è un “uomo nuovo”: se fosse stato veramente un agente NATO-sionista avrebbe forse frequentato pubblicamente ambienti di quel genere, esplicitando il suo ruolo? Oppure ha fatto anche lui il doppio gioco? E’ un caso che sia tra i più ardenti difensori della necessità di reintegrare la Russia nell’Europa e abbia accettato il voto della Crimea?
Non dimentichiamo che gli “eurocrati” rischiano la vita (cf. volo Germanwings 9525: pilota automatico catturato con controllo remoto -> l’equivalente Airbus del Boeing Honeywell “Uninterruptible” Auto-Pilot (BHUAP), che può essere penetrato da hacker specializzati).
Per poter attuare questo piano la Merkel (dopo aver riformato il tandem con Sarkozy, nel 2017) dovrebbe assicurarsi di non dover fronteggiare una “rivoluzione colorata” interna – molto probabile in Francia (cf. Charlie Hebdo) – e dovrebbe tenere a bada gli euroscettici bavaresi (peraltro particolarmente interessati a fare affari con la Russia: pecunia non olet).
Siamo sicuri che russi e cinesi auspichino il crollo dell’eurozona e la fine dell’Unione Europea?
Finora mi pare che le prese di posizione pubbliche delle rispettive leadership siano in favore del mantenimento dello status quo, salvo la necessità di emancipare il continente dalla NATO al fine di forgiare una zona di libero scambio eurasiatica che si estenda dal Portogallo al Giappone.
Gli unici che sostengono la tesi della volontà putiniana di disgregare l’Unione Europea sono gli editorialisti anglo-americani, che a me sembrano entrati in modalità “muoia Sansone con tutti i filistei”: l’Impero non se ne andrà senza aver prima fatto terra bruciata (in Europa, in Giappone, nel Medio Oriente, in America Latina, in Africa, ecc.).
In sintesi: se ha ragione Dezzani, allora l’euroscetticismo è l’unica posizione abolizionista della schiavitù neoliberista degna di questo nome.
Se invece Dezzani ha torto, allora l’euroscetticismo è un’arma in più dell’Impero contro gli “spartachisti” greco-russi, una sofisticata “rivoluzione colorata” per palati fini.
Per me su questo punto ha torto, ma è pur vero che non ho la certezza di aver ragione.
Aggiornamenti
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Baltimora, Ferguson e le altre rivolte sintetiche
29 aprile 2015 a 11:35 (Controrivoluzione e Complotti)
Tags: afroamericani, Baltimora, Ferguson, ingerenza umanitaria, lotta di classe, polizia, R2P, responsabilità di proteggere, rivolte, rivoluzione colorata, scontri interrazziali, sommosse, Stati Uniti, stato di polizia
Queste montature non meritano più di poche righe anche perché, forse a causa della crisi (camuffata), evidentemente non ci sono abbastanza soldi per pagare gente in grado di fare un buon lavoro (seminare zizzania in maniera credibile).
Nei prossimi mesi si moltiplicheranno i video che mostreranno come certi agitatori “professionisti” (leggi: dilettanteschi e prima o poi qualcuno rischierà di essere linciato) stiano incanalando la rabbia della popolazione nella direzione dello scontro razziale.
Nazione, fede, razza, etnia, cultura, ecc. sono gli strumenti da sempre adoperati da chi detiene il potere per dividere una popolazione in blocchi identitari contrapposti, neutralizzando il potenziale per una seria, implacabile lotta per rivendicazioni egalitarie e di giustizia sociale.
Se ho ragione nelle prossime settimane ci sarà un’escalation di “violenze bianche” vs “violenze afroamericane” (“scontri etnici”, “scontri razziali”). Così ce le presenteranno i media, perché la gente non deve sapere che l’economia americana è disastrata e milioni di statunitensi non ce la fanno più (Renzi: dobbiamo prendere esempio dagli USA).
Le leggi emergenziali sono già in vigore, grazie alla Guerra al Terrore: vanno solo applicate al primo pretesto “credibile” che verrà creato sinteticamente.
Ma siccome siamo nell’era di youtube, presto o tardi gli americani capiranno che li stanno fuorviando e usando e questo becero, disperato tentativo di abbindolamento che dovrebbe giustificare uno stato di polizia motivato dalla necessità di pacificazione interrazziale, scatenerà precisamente quella rivolta trasversale tanto temuta dai potentati trincerati.
Tra parentesi, non escludo una futura ingerenza umanitaria della “comunità internazionale” negli USA in nome del R2P (responsabilità di proteggere). Che ironia della sorte!
Perciò, paradossalmente, ben vengano questi giochini, perché costringeranno la gente ad aprire gli occhi, non solo oltreoceano.