Chiudi la porta quando esci

napolitano

RAI 1 Il Messaggio di Fine Anno del Presidente della Repubblica ha registrato 4.821.000 telespettatori, per uno share del 27,32%.

RAI 2 Il Messaggio di Fine Anno del Presidente della Repubblica ha registrato 693.000 telespettatori, per uno share del 3,93%.

RAI 3Il Messaggio di Fine Anno del Presidente della Repubblica 859.000 telespettatori, share 4,87%.

CANALE 5 Il Messaggio di Fine Anno del Presidente della Repubblica ha registrato 2.637.000 telespettatori, per uno share del 14,94%.

LA7 Il Messaggio di Fine Anno del Presidente della Repubblica ha registrato 692.000 telespettatori, per uno share del 3,92%.

http://www.tvblog.it/post/133763/ascolti-tv-lunedi-31-dicembre-2012

45 milioni di italiani (escludendo i bambini) non hanno sentito il bisogno di ascoltare cosa aveva da dire un presidente debole e, nella migliore delle ipotesi, inconsapevole di cosa c’era in gioco. Nella peggiore: un traditore dell’interesse generale.

In entrambi i casi la persona sbagliata, al posto sbagliato, nel momento sbagliato, dal punto di vista dell’Italia.

Naturalmente questo giudizio non piacerà a chi si pasce della retorica di un giornalismo che ha da tempo abdicato ad una qualunque funzione democratica di critica dell’establishment, tranne poche meritevoli eccezioni, e preferisce credere all’apparenza invece di guardare alla sostanza. Per la stessa ragione esistono persone che credono che Monti abbia salvato l’Italia nonostante il 90% degli indicatori economici dovrebbe far chiudere la bocca dello stomaco a chi è ancora in grado di leggere e capire i numeri e le tendenze.

Questa realtà inoppugnabile è decisamente spiacevole per il “professore”, tanto che, in Italia, la si censura anche su Wikipedia:

“Alle 22.28 del 24 dicembre si potevano leggere i dati non lusinghieri dell’economia italiana durante l’anno del governo tecnico: disoccupazione, Pil, debito, cose che conosciamo fin troppo bene. L’indomani, alle 10.18, qualche Erode aveva già spazzato via tutto. Le due versioni sono a disposizione a questo indirizzo: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Mario_Monti&diff=54873876&oldi….Il giorno in cui nasce Gesù si fermano tutti i quotidiani, ma non le forbici della wiki-censura pro-Monti. È un fenomeno solo italiano. Un wiki-utente, infatti, ha aggiornato la biografia del professore anche nella disinformata versione in lingua francese. I wiki-cugini, lungi dallo zittire il collaboratore, gli hanno chiesto notizie e dettagli aggiuntivi. E anche la relativa discussione è online”. http://www.ilgiornale.it/news/interni/vietato-dire-verit-su-monti-e-nella-rete-scatta-censura-870035.html

Si badi bene, le persone che ancora oggi apprezzano Monti e Napolitano (fortunatamente una minoranza) non sono le persone comuni, il cosiddetto “volgo”. Il “volgo” ha un fiuto che manca ai cosiddetti “istruiti”, che per di più sono carenti in umiltà: una persona veramente istruita continua infatti a cercare, non prende per buono un editoriale di Scalfari solo perché è in grado di capirlo, guardando dall’alto in basso il “volgo” che procede oltre, fino alla pagina sportiva. Quest’epoca è afflitta da un vero e proprio analfabetismo morale ed intellettuale di ritorno: milioni di persone troppo certe di aver capito quel che c’era da capire e troppo sicure di essere dalla parte giusta della storia (non come quei fanatici dei complottisti!) per rendersi conto del loro stesso fanatismo, del loro torpore morale, della loro apatia cognitiva, della loro hybris.

Daranno sempre la colpa alla crisi – un’entità misteriosa, una forza della natura, un castigo divino – mai alla propria dabbenaggine.

Mi auguro di non dover mai più parlare di Napolitano. Che se ne occupino i posteri, quando la potenza di fuoco della propaganda sarà un ricordo e le nuove generazioni saranno libere di distinguere i fatti dagli slogan.

La Primavera Araba, la Siria e l’Industria del Bene (R. Fisk, the Independent, 24.12.12)

The Arab Spring - Hitchhiker's Guide to The Near and Middle East

Medio Oriente – di luogo comune in luogo comune abbiamo raggiunto il “punto di svolta”

Ricordate i giorni in cui abbiamo pensato che il cammino dell’Egitto verso la democrazia fosse ormai un dato acquisito? Mohamed Morsi, educato in Occidente, aveva invitato la gente a venire a incontrarlo nel palazzo presidenziale che apparteneva a Hosni Mubarak, la vecchia aristocrazia militare del “Consiglio Supremo delle Forze Armate” era stata mandata in pensione ed il Fondo Monetario Internazionale era in attesa di poter distribuire un po’ di crudeli privazioni in Egitto, pronto a sua volta a ricevere la nostra benevolenza finanziaria.

Com’erano beati gli ottimisti sul Medio Oriente verso la metà del 2012.

Nella  vicina Libia si era affermato il filo-occidentale laicista Mahmoud Jibril, che prometteva libertà, stabilità, una nuova casa per l’Occidente in uno dei più fecondi produttori di petrolio del mondo arabo. Era un luogo dove persino i diplomatici degli Stati Uniti potevano circolare praticamente non protetti.

La Tunisia poteva anche avere un partito islamico al governo, ma era una gestione “moderata” – in altre parole, abbiamo pensato che avrebbe fatto quello che volevamo – mentre i sauditi e gli autocrati del Bahrain, con la muta disapprovazione di Obama e Cameron, sopprimevano silenziosamente ciò che era rimasto della rivolta sciita che minacciava di ricordare a tutti noi che la democrazia non era davvero benvenuta tra gli stati arabi più ricchi. La democrazia era per i poveri.

Nella primavera dello scorso anno, i commentatori occidentali davano per spacciato Bashar al-Assad. Non meritava “di vivere su questa terra”, secondo il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius. Doveva “dimettersi”, “farsi da parte”. Il suo regime aveva solo poche settimane di vita, forse solo qualche giorno. Era il “punto di svolta”.

Poi, entro l’estate, quando il “punto di non ritorno” si era dileguato, ci hanno detto che Assad stava per usare il gas “contro il suo popolo”, o che le sue forniture di armi chimiche potevano “cadere nelle mani sbagliate” (le “mani giuste” erano ancora presumibilmente quelle di Assad).

I ribelli siriani erano sempre sul punto di farcela – a Homs, poi a Damasco, poi ad Aleppo, poi di nuovo a Damasco. L’Occidente sosteneva i ribelli: un profluvio di armi e denaro provenienti da Qatar e Arabia Saudita ed il sostegno morale di Obama, Clinton, del patetico Hague, di Hollande, di tutta l’industria del bene – fino a quando, inevitabilmente, si è scoperto che i ribelli avevano tra le loro file un bel po’ di salafiti, carnefici, settari assassini e, in un caso, un decapitatore di adolescenti che si comportava un po’ come il regime spietato che stavano combattendo. L’industria del bene ha dovuto fare retromarcia. Gli Stati Uniti hanno continuato a sostenere i buoni, i ribelli laici, ma ora consideravano gli orribili ribelli salafiti come un’”organizzazione terroristica”.

E il povero vecchio Libano, manco a dirlo, era sul punto di esplodere in una guerra civile per la seconda volta in meno di 40 anni, questa volta perché la violenza della Siria si “riversava” nel territorio dei suoi vicini.

Il Libano non era forse settario come la stessa Siria? Gli Hezbollah libanesi non erano forse alleati di Assad? I sunniti del Libano non sostenevano i ribelli siriani? Tutto vero. Ma i libanesi … erano troppo intelligenti ed istruiti per ripiombare nel caos del 1975-1990.

L’Iran, naturalmente, stava per essere bombardato perché stava – o stava per – fabbricare armi nucleari, o poteva – o avrebbe potuto – fabbricare armi nucleari entro un mese, o un anno, o una decina d’anni.

Obama potrebbe non bombardare l’Iran, non ne ha davvero voglia, ma “tutte le opzioni” erano “sul tavolo”. Lo stesso per Israele, che voleva bombardare l’Iran, perché poteva o potrebbe fabbricare armi nucleari o era in procinto di farlo, o potrebbe averle in sei mesi, o un anno, o in alcuni anni ma – ancora una volta – “tutte le opzioni” erano “sul tavolo”. La “finestra di opportunità” di Netanyahu si sarebbe chiusa, ci dicevano, con le elezioni presidenziali negli Stati Uniti. E così queste sciocchezze sono continuate…ebbene, fino alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, al termine delle quali ci avevano avvertito ancora una volta che l’Iran stava producendo, o poteva produrre, o potrebbe produrre un’arma nucleare.

Israele ha anche minacciato il Libano, perché Hezbollah aveva migliaia di missili, e ha minacciato i palestinesi di Gaza, perché avevano migliaia di missili. E molti sono stati i giornalisti israeliani – con i loro cloni americani – che hanno preparato il terreno con i loro lettori per queste due guerre al “terrore”.

In questo caso il Libano è rimasto esente da bombardamenti mentre un conflitto molto insoddisfacente (dal punto di vista di Israele) scoppiato tra Israele e Hamas si è concluso quando Morsi ha convinto i palestinesi a rispettare un cessate il fuoco, che Netanyahu ha poi tristemente accettato.

Ha così rafforzato il suo prestigio Khaled Meshal, che ha successivamente annunciato che la Palestina dovrebbe estendersi dal fiume Giordano al mare. In altre parole: basta Israele.

Proprio come il ministro degli Esteri di Israele, Avigdor Lieberman, che si sarebbe presto dovuto dimettere, e i suoi sodali, che per lungo tempo avevano ripetuto che Israele doveva estendersi dal mare al fiume Giordano. In altre parole: niente più Palestina.

Al coraggioso e molto invecchiato israeliano Uri Avnery non è restato altro da fare che sottolineare che, se entrambi avevano questo stesso desiderio, poteva esistere solo una fosse comune tra il fiume e il mare.

Verso la fine dell’anno, l’amichevole, affettuoso Mohamed Morsi stava recitando la parte del Mubarak e stava facendo il pieno di tutti i vecchi poteri dittatoriali a sua disposizione, mentre una costituzione molto dubbia era imposta alla popolazione laica di quella terra, musulmana e cristiana, che Morsi aveva promesso di servire. In Libia, come s’è visto, gli Stati Uniti hanno scoperto di avere  più nemici di quel che si pensava, l’ambasciatore è stato ucciso da – e l’attribuzione deve restare in sospeso, nonostante i tentativi della Clinton di confondere le acque – una sorta di banda di miliziani di al-Qaeda.

In effetti, al-Qaeda – politicamente fallita dal momento dell’omicidio di Osama Bin Laden da parte di una squadra di sicari statunitensi in uniforme militare nel 2011 – era stata praticamente cancellata dal vocabolario della Casa Bianca prima della rielezione di Obama. Ma gli evanescenti disperati del wahabismo hanno acquisito l’abitudine tanto amata dai mostri del cinema di rigenerarsi in forma diversa, in paesi diversi.

Il Mali ha sostituito l’Afghanistan, così come la Libia ha sostituito lo Yemen e la Siria ha preso il posto dell’Iraq.

[…].

Eppure, ci potete scommettere, l’industria del bene ci farà piovere addosso un altro carico di luoghi comuni in sostituzione di quelli che sono già serviti al loro scopo.

http://www.independent.co.uk/voices/comment/a-word-of-advice-about-the-middle-east–weve-reached-the-tipping-point-with-cliches-8430495.html

**********

Cosa ne pensano i civili yemeniti dei droni che li uccidono? Cosa ne pensano i civili del Bahrein che vorrebbero ribellarsi alla dittatura ma non possono farlo perché sauditi e statunitensi inviano armi al regime? Cosa ne pensano i giornalisti di Al-Jazeera che si dimettono uno dopo l’altro per la faziosità del network sui conflitti in Libia e Siria? Cosa ne pensano gli indignati americani nello scoprire che sono state usate leggi anti-terrorismo per sorvegliarli minuziosamente?

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/dec/26/drones-yemen-fbi-occupy-terrorism#start-of-comments

Il precedente progetto angloamericano di destabilizzazione della Siria, risalente agli anni Cinquanta:
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/05/31/loccidente-e-la-destabilizzazione-della-siria-1957-2011-articolo-del-guardian/

“Contro i miti etnici” – un libro “preveggente” ed in offerta speciale (-20%) per i lettori del blog

Seguimi su FACEBOOK e nel gruppo FB “Contro i Miti Etnici”

Preveggente e lucido – (modestia a parte ;o)

Nelle annotazioni precisate che siete lettori del blog di Stefano Fait ed otterrete lo sconto (offerta valida fino al 31 agosto):
http://www.raetia.com/index.php?id=522&no_cache=1&lang=it&title=CONTRO%20I%20MITI%20ETNICI

Stefano Fait/Mauro Fattor
CONTRO I MITI ETNICI
Alla ricerca di un Alto Adige diverso

Osservandolo dall’esterno, l’Alto Adige appare una realtà molto particolare. Nel mezzo dello spettacolare scenario delle Dolomiti, due, anzi tre culture condividono un piccolo fazzoletto di terra, parlano tre lingue diverse e costituiscono un ponte tra nord e sud. Un’immagine che purtroppo, per ragioni storiche, non rispecchia la realtà. Stefano Fait e Mauro Fattor ritraggono l’Alto Adige da una prospettiva esterna e, (pur essendo) consapevoli del contesto storico mostrano che la “Matrix sudtirolese” si basa su principi troppo chiusi e rigidi, spesso interpretati erroneamente. Volk/popolo, Heimat/patria, Kultur/cultura sono concetti da ridefinire per il futuro di questa regione. Secondo gli autori, il presupposto per una pacifica convivenza è andare oltre il culturalismo.

Un’analisi corrosiva e spietata degli idoli e dei miti etnici che frenano la società sudtirolese e non solo. Dall’ideologia del Bergbauer/contadino al dispotismo degli idoli identitari, il libro è il tentativo di mettere a nudo la retorica della patria e del “tempo degli eroi” attraverso il filtro di un’analisi rigorosa che tocca sociologia, antropologia, politica, storia, filosofia.

Premio Itas 2011

del Libro di Montagna

 

SEGNALATO

dalla Giuria

 

59° Trentofilmfestival Montagna Esplorazione Avventura

 

 

 

 

Voci correlate al libro

“Se Fattor e Fait sono due utopisti, sono anche sufficientemente realisti da sapere che la distruzione del paradigma etnico è solo un lato della medaglia. Per questo non si limitano alla demolizione del mito etnico, ma anche a smontare la falsa consapevolezza che deriva dal rendere reale una costruzione sociale.”
Günther Pallaver

 

“È a questa Europa di minoranze in cammino e di identità mutabili che dovremmo affidare il futuro della nostra bella terra. Orgogliosi dell’autogoverno ma al tempo stesso responsabili nel costruire.”
Michele Nardelli

 

Eco della stampa

In Sudtirolo si scrive molto di Sudtirolo. Monografie e saggi di carattere politico e storico, talvolta assai ben documentati, non mancano. Con un piccolo, significativo, difetto. Una riflessione su questa terra pensata e redatta in lingua italiana stenta a decollare, oppure è consegnata alla fugacità di interventi giornalistici che non consentono il necessario approfondimento. Contrastando in modo programmatico questa tendenza, il volume “Contro i miti etnici”, uscito per l’attivissima casa editrice “Raetia” di Bolzano, colma questa lacuna e propone un punto di vista critico sul “modello Südtirol” con il quale è senz’altro utile confrontarsi. Il saggio, utilizzando un linguaggio accessibile a tutti e risultando con ciò comprensibile anche a chi non sia particolarmente esperto di problematiche locali, lancia la sua provocazione e vuol far discutere: decostruire le mitologie che innervano e condizionano un discorso pubblico tuttora impostato sulla prevalenza dei gruppi, proponendo – in opposizione – il senso di una progettualità più vicina alle esigenze degli individui.
Corriere dell’Alto Adige

Il volume di Fait e Fattor è un atto di accusa contro il “doping identitario” della politica locale. (…) Il libro è tanto un saggio quanto un pamphlet.
Alto Adige

Il libro è molto interessante e merita di essere letto con attenzione.
Corriere dell’Alto Adige, Gabriele di Luca

Stefano Fait und Mauro Fattor analysieren die ethnischen Mythen und versuchen die Mechanismen und Beweggründe hinter der patriotischen Rhetorik freizulegen.
Der Brixner

Quello di Fait e Fattor è un coraggioso tentativo di rendere fruibile ad un pubblico di non addetti ai lavori, quello che nasce come uno studio di natura sociale ed antropologica della società altoatesina.
dislivelli, Daniela Zecca

Un libro fondamentale, assolutamente da leggere, forse il testo più “vero” e doloroso mai scritto sull’Alto Adige.
Reinhard Christanell, franzmagazine

INTRODUZIONE

“Vi hanno detto che senza le radici non si costruisce il futuro, che senza un’identità collettiva la vita non ha senso, che l’atto di togliere il crocifisso dai luoghi pubblici è un’offesa a ciascuno di voi, prima ancora che a Dio, che ognuno dovrebbe essere orgoglioso della propria patria/Heimat ed è tenuto ad amare la propria lingua. Tutto questo lo si deve fare a prescindere. Un po’ come le Tavole della Legge donate da Geova a Mosè sul Sinai: “Io sono il Signore, tuo Dio… Non avere altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine… Non ti prostrerai davanti a quelle cose…ecc.” I Comandamenti sono stati debitamente aggiornati e la loro osservanza è dovuta. È curioso che l’unico animale terrestre nato per essere libero abbia trascorso la sua storia escogitando ogni possibile mezzo e metodo per ingabbiarsi. Eppure, per noi umani, non esiste a questo mondo nulla di inevitabile, tranne la morte. Geni, ambienti familiari, culture, lingue, estrazione sociale, ecc. non programmano la nostra esistenza. È estremamente facile provarlo…”
CONTINUA QUI

Iraq 2002 – Iran 2012: l’hybris dei veri stati canaglia

Ileana Ros-Lehtinen (R-FL), October 9, 2002:

Saddam Hussein non è lontano dallo sviluppare e acquisire i mezzi per colpire gli Stati Uniti, i nostri amici e i nostri alleati con armi di distruzione di massa. Se non agiamo ora, quando lo faremo?

Saddam Hussein is not far from developing and acquiring the means to strike the United States, our friends and our allies with weapons of mass destruction. Thus, if we do not act now, when?

Ileana Ros-Lehtinen (R-FL), May 15, 2012:

Il regime iraniano continua a rappresentare una minaccia immediata e crescente per gli Stati Uniti, i nostri alleati ed il popolo iraniano. Stiamo esaurendo il tempo per impedire che l’incubo di un Iran che possa sviluppare armi nucleare divenga realtà … Dobbiamo tener fede alle nostre responsabilità di fronte al popolo americano e proteggere la sicurezza della nostra nazione, dei nostri alleati e del mondo da questa minaccia di un Iran potenzialmente nucleare.

The Iranian regime continues to pose an immediate and growing threat to the United States, to our allies, and to the Iranian people.  We are running out of time to stop the nightmare of a nuclear weapons-capable Iran from becoming a reality…We must meet our responsibility to the American people and protect the security of our Nation, our allies, and the world from this threat of a nuclear capable Iran.

Madeleine Albright, February 18, 1998:

La più grave minaccia alla nostra sicurezza è che i leader di uno stato canaglia usino armi nucleari, chimiche o biologiche contro di noi o i nostri alleati

[T]hat the leaders of a rogue state will use nuclear, chemical or biological weapons against us or our allies is the greatest security threat we face.

Rush Holt (D-NJ), May 15, 2012:

La minaccia della proliferazione nucleare è la più grande minaccia alla pace mondiale. Un Iran nucleare destabilizzerebbe la regione e minaccerebbe gli Stati Uniti e i nostri alleati.

The threat of nuclear proliferation is the greatest threat to world peace. A nuclear Iran would destabilize the region and threaten the United States and our allies.

Howard Berman (D-CA), October 10, 2002:

Ma nelle circostanze attuali, il modo migliore per dare una possibilità alla pace e per salvare il maggior numero di vite, americane ed irachene, è che gli Americani non si dividano e che il Congresso autorizzi il presidente a usare la forza se Saddam non rinuncia alle sue armi di massa distruzione. Affrontare Saddam ora, o pagare un prezzo molto più pesante più avanti.

But under today’s circumstances, the best way to give peace a chance and to save the most lives, American and Iraqi, is for America to stand united and for Congress to authorize the President to use force if Saddam does not give up his weapons of mass destruction. Confront Saddam now, or pay a much heavier price later.

Howard Berman (D-CA), May 15, 2012:

Non c’è un momento migliore perché quest’assemblea mandi un messaggio inequivocabile: che all’Iran non deve mai essere consentito di raggiungere la capacità di ottenere armi nucleari e che il suo programma di armamento nucleare deve finire una volta per tutte.

What better time for this body to send an unambiguous message that Iran must never be allowed to achieve a nuclear weapons capability and that its nuclear weapons program must end once and for all?

George W. Bush, January 29, 2002:

Con la loro ricerca di armi di distruzione di massa, questi regimi pongono una grave e crescente pericolo … Il tempo non è dalla nostra parte. Non voglio attendere gli eventi, mentre i pericoli si accumulano. Non voglio stare a guardare mentre il pericolo si avvicina sempre di più. Gli Stati Uniti d’America non permetteranno ai regimi più pericolosi del mondo di minacciarci con le armi più distruttive del mondo.

By seeking weapons of mass destruction, these regimes pose a grave and growing danger…[T]ime is not on our side.  I will not wait on events, while dangers gather.  I will not stand by, as peril draws closer and closer.  The United States of America will not permit the world’s most dangerous regimes to threaten us with the world’s most destructive weapons.

Gene Green (D-TX), May 15, 2012:

L’Iran sta sviluppando la capacità di produrre rapidamente un’arma nucleare a sua discrezione. L’acquisizione da parte dell’Iran di una tale capacità creerebbe un nuovo e significativo pericolo regionale e rappresenterebbe un pericolo immediato per gli interessi degli Stati Uniti e dei loro alleati in Medio Oriente.

Iran is developing the capability to quickly produce a nuclear weapon at a time of its choosing. Iran’s acquisition of such a capability would create a significant new regional danger and be an immediate threat to America’s interest and allies in the Middle East.

John McCain (R-AZ), Jesse Helms (R-NC), Henry Hyde (R-IL), Richard Shelby (R-AL), Harold Ford (D-TN), Jr., Joe Lieberman (D-CT), Trent Lott (R-MS), Ben Gilman (R-NY) and Sam Brownback (R-KS), December 5, 2001:

La minaccia dall’Iraq è reale e non può essere contenuta in modo permanente … Non abbiamo alcun dubbio che queste armi micidiali siano destinate ad essere utilizzate contro gli Stati Uniti ed i loro alleati. Di conseguenza, crediamo che sia nostro dovere affrontare quanto prima e direttamente Saddam.

The threat from Iraq is real, and it cannot be permanently contained…We have no doubt that these deadly weapons are intended for use against the United States and its allies. Consequently, we believe we must directly confront Saddam, sooner rather than later.

Howard Berman (D-CA), May 15, 2012:

E così, mentre le opportunità si riducono, inviamo un messaggio chiaro che la Camera è allineata con l’amministrazione nel rifiuto categorico della strategia del contenimento … In realtà, non abbiamo altra scelta che fermare il programma nucleare iraniano prima che raggiunga il punto di sviluppo degli armamenti.

And so, as the window is closing, we send a clear message that the House is aligned with the administration in thoroughly rejecting containment…In fact, we have no choice but to stop Iran’s nuclear weapons program before it ever reaches that point.

Steny Hoyer, (D-MD), October 9, 2002:

[Saddam Hussein] insiste con i suoi sforzi per sviluppare e acquisire armi di distruzione di massa e sponsorizza il terrorismo internazionale. Saddam Hussein continua a essere una minaccia inaccettabile e contro la sua doppiezza è necessario agire, agire ora.

[Saddam Hussein] continues his efforts to develop and acquire weapons of mass destruction, and he sponsors international terrorism. Saddam Hussein continues to be an unacceptable threat whose duplicity requires action, action now.

Steny Hoyer (D-MD), May 15, 2012:

La minaccia più significativa per la pace, la sicurezza regionale e gli interessi americani in Medio Oriente è il programma nucleare iraniano … L’Iran continua ad essere uno sponsor di gruppi impegnati nella distruzione del nostro alleato Israele e dei gruppi che minacciano gli americani in tutto il mondo.

The most significant threat to peace, regional security, and American interests in the Middle East is Iran’s nuclear program…Iran continues to be a sponsor of groups committed to the destruction of our ally Israel and of groups that threaten Americans throughout the world.

John Edwards (D-NC), October 7, 2002:

Il regime di Saddam Hussein è una grave minaccia per l’America e per i nostri alleati, compreso il nostro alleato vitale, Israele … Ogni giorno si avvicina di più al suo obiettivo di lunga data di sviluppare una capacità nucleare. Non dobbiamo permettere che lui ottenga armi nucleari.

Saddam Hussein’s regime is a grave threat to America and our allies, including our vital ally, Israel… Every day he gets closer to his longtime goal of nuclear capability. We must not allow him to get nuclear weapons.

Eni Faleomavaega (D-American Samoa), May 15, 2012:

È indispensabile che gli Stati Uniti e la comunità internazionale capiscano che un Iran in possesso di una capacità nucleare è una minaccia globale ed un pericolo per gli Stati Uniti e, cosa altrettanto importante, per lo Stato di Israele … Si tratta di una minaccia diretta per il nostro più stretto alleato in Medio Oriente.

[I]t is imperative that the United States and the international community understand that a nuclear-capable Iran is a global threat and a danger to the United States and, just as important, to the State of Israel…This is a direct threat to our closest ally in the Middle East.

George W. Bush, March 19, 2003:

Il popolo degli Stati Uniti e i nostri amici e alleati non vivranno alla mercé di un regime fuorilegge che minaccia la pace con armi di distruzione di massa.

The people of the United States and our friends and allies will not live at the mercy of an outlaw regime that threatens the peace with weapons of mass murder.

Ileana Ros-Lehtinen, May 15, 2012:

Per il regime iraniano, il possesso della capacità di produrre un’arma nucleare sarebbe utile quasi quanto averne una … Teheran sarebbe al posto di guida e la sicurezza degli Stati Uniti, Israele, e dei numerosi altri nostri alleati sarebbe nelle loro mani.

For the Iranian regime, the possession of the capability to produce a nuclear weapon would be almost as useful as actually having one…Tehran would be in the driver’s seat, and the security of the United States, Israel, and our many other allies would be in their hands.

George W. Bush, March 13, 2002:

Prima di tutto, abbiamo tutte le opzioni sul tavolo, perché vogliamo rendere ben chiaro a tutte le nazioni che non si minacciano gli Stati Uniti o si usano armi di distruzione di massa contro di noi, o i nostri alleati o amici … [Saddam Hussein] è un problema e va affrontato. Ma la prima cosa da fare è consultare i nostri alleati e amici e questo è esattamente quello che stiamo facendo.

First of all, we’ve got all options on the table, because we want to make it very clear to nations that you will not threaten the United States or use weapons of mass destruction against us, or our allies or friends…[Saddam Hussein] is a problem, and we’re going to deal with him. But the first stage is to consult with our allies and friends, and that’s exactly what we’re doing.

Rob Andrews (D-NJ), May 15, 2012:

Stiamo negoziando con un paese che ha concepito il suo programma di armi nucleari in segreto, che ha brandito il suo programma di armi nucleari con una retorica ostile, e per il quale il raggiungimento di un’arma nucleare sarebbe uno sviluppo irto di pericoli per le persone libere di tutto il mondo … La nostra posizione dovrà essere chiara: non appoggeremo un Iran dotato di armi nucleari.

[W]e are negotiating with a country that has conceived its nuclear weapons program in secret, that has brandished its nuclear weapons program with the rhetoric of hostility, and for whom the attainment of a nuclear weapon would be fraught with peril for free people everywhere…[O]ur position must be that we will not support or stand for an Iran with nuclear weapons.

George W. Bush, August 13, 2005:

Come ho detto, tutte le opzioni sono sul tavolo. L’uso della forza è l’ultima opzione per qualsiasi presidente e voi sapete, abbiamo usato la forza nel recente passato per garantire la sicurezza del nostro paese … In tutti questi casi vogliamo che la diplomazia funzioni e quindi stiamo applicandoci febbrilmente alla via diplomatica e vedremo se avremo successo o meno.

As I say, all options are on the table. The use of force is the last option for any president and you know, we’ve used force in the recent past to secure our country…In all these instances we want diplomacy to work and so we’re working feverishly on the diplomatic route and we’ll see if we’re successful or not.

Barack Obama, January 24, 2012:

Non ci devono essere dubbi: l’America è determinata a impedire all’Iran di ottenere un’arma nucleare, e non toglierò alcuna opzione dal tavolo per raggiungere tale obiettivo. Ma una soluzione pacifica di questo problema è ancora possibile, e molto migliore, e se l’Iran cambia rotta e rispetta i suoi impegni, potrà ricongiungersi al consesso delle nazioni.

Let there be no doubt: America is determined to prevent Iran from getting a nuclear weapon, and I will take no options off the table to achieve that goal. But a peaceful resolution of this issue is still possible, and far better, and if Iran changes course and meets its obligations, it can rejoin the community of nations.

Howard Berman (D-CA), May 15, 2012:

L’urgenza della minaccia nucleare iraniana esige che gli Stati Uniti collaborino con i nostri alleati per fare tutto il possibile diplomaticamente, politicamente ed economicamente al fine di impedire all’Iran di acquisire una capacità di dotarsi di armi nucleari. Nessuna opzione, come ha detto il Presidente, può essere tolta dal tavolo.

The urgent nature of the Iranian nuclear threat demands that the United States work with our allies to do everything possible diplomatically, politically, and economically to prevent Iran from acquiring a nuclear weapons capability. No option, as the President has said, can be taken off the table.

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