Prima conferenza internazionale sull’anticipazione – Trento, 5-7 novembre 2015

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Conferenza Internazionale sull’Anticipazione

Il primo convegno internazionale di scambio e confronto fra gli studi sull’anticipazione recentemente condotti in psicologia, antropologia, economia, sociologia, design, architettura e ingegneria dei sistemi.

La Cattedra UNESCO sui Sistemi Anticipanti istituita presso l’Università di Trento, la WAAS-World Academy of Art and Science, la ISSS-International Society for the Systems Sciences, l’Advanced Design Network e il Dipartimento di Ricerca Sociale e Sociologia dell’Università di Trento organizzano per il prossimo 5-7 novembre 2015 la prima conferenza internazionale sull’anticipazione (Anticipation 2015). Il convegno si terrà presso il dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale e quello di Lettere e Filosofia dell’Università degli studi di Trento.

Il tema del futuro sta diventando comune in tutti i discorsi scientifici e politici come nei dibattiti sull’attualità di problemi come le crisi economiche, la sicurezza alimentare e il cambiamento climatico. Le comunità confidano sempre meno nelle prospettive tradizionali di gestione dei problemi perché si rendono conto che queste ci aiuteranno sempre meno nell’affrontare i nuovi problemi emergenti. L’impiego dell’anticipazione, nelle sue varie articolazioni, sta diventando un riferimento sempre più necessario per la vita delle aziende, delle istituzioni, delle comunità e anche delle singole persone. La ricerca scientifica però non è al passo con le esigenze della società.

Roberto Poli, docente associato presso l’ateneo trentino, assegnatario della cattedra di UNESCO sui sistemi anticipanti e organizzatore della conferenza, sostiene che “il confronto fra le diverse scienze umane e sociali e le discipline tecniche e sistemiche ci aiuterà a sviluppare una comprensione più ricca e compiuta dell’anticipazione. Una maggiore capacità di anticipazione può aumentare notevolmente la robustezza delle società di fronte a forze globali, pressioni locali e incertezze crescenti. Le ricadute a medio termine delle pratiche di anticipazione saranno migliori strategie politiche, economiche e, più in generale, sociali”.

Specifiche sessioni tratteranno dell’anticipazione collegata a diversi temi come: teoria delle decisioni, scienze umane e sociali, sfide globali, resilienza delle comunità, governance anticipativa, studi di futuro, includendo anche arti e design.

Tra i relatori su invito figurano alcuni dei nomi più rappresentativi degli studi recenti sull’anticipazione, nelle rispettive discipline: Jens Beckert (economia), Riel Miller (UNESCO, futures studies), Peter Bishop (strategic foresight), Ruth Levitas (sociologia), Flaviano Celaschi (disegno industriale), Mike Yearworth (ingegneria) e Winston Nagan (giurisprudenza).

Stando alle iscrizioni finora pervenute, si attendono circa 260 relatori di provenienza internazionale (29 paesi) e nazionale (13 università italiane) nonché decine di partecipanti esterni in qualità di osservatori e interessati.

PROGRAMMA

La democrazia perduta e la democrazia riconquistata (note e aforismi)

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L’umanità è la stessa, a ogni latitudine, e i suoi desideri e sogni sono grosso modo gli stessi (pace, amore, prosperità, sicurezza, felicità, libertà), ma il destino ultimo dell’umanità non è quello di un’evoluzione convergente verso un unico modello socioculturale e politico, perché le vie per realizzare le suddette ambizioni sono molteplici.

Nella pratica di bilancio partecipativo troppo spesso il decoro urbano prevale sulla giustizia sociale (Bilancio partecipativo 2015, Parigi tira le somme, L’Indro, 13 marzo 2015).

La democrazia partecipata permette alla gente comune di capire che amministrare la cosa pubblica non è uno scherzo (People’s panel pitches in to advise Melbourne City Council where it should spend $5 billion, The Age, 2 dicembre 2014).

Superata una certa soglia di astensionismo, non è più moralmente legittimo parlare di mandato pienamente democratico.

La “società civile” deve diventare adulta, ossia civile, assumendosi le responsabilità degli adulti, pensando e agendo conformemente a quello che ci si dovrebbe attendere dalle persone che hanno raggiunto l’età adulta e non necessitano di tutele paternalistiche. Non è più ammissibile delegare tutto ad altri e poi lamentarsi infantilmente tutto il tempo per le cose che non vanno.

Bisogna creare occasioni e luoghi in cui diversi punti di vista siano messi a confronto, in cui le persone imparano ad ascoltare e a raggiungere compromessi che non siano al ribasso.

Solo la partecipazione democratica sembra in grado di restituire dignità alla politica e a chi fa politica (Making local government engaging, The Boston Globe, 12 aprile 2015).

La regione alpina ama essere avanguardia del cambiamento, ma i cinesi ci stanno battendo al “nostro gioco”, da anni, con iniziative dal basso e dall’alto, ispirate e supervisionate dai pionieri australiani e nordamericani della democrazia deliberativa (How Can a Democracy Solve Tough Problems? Time, 2 settembre 2010; The Continued Search for Deliberative Democracy in China, 2012; Consultation and Deliberating in China: The Making of the Recent Healthcare Reform, 2012; China’s Experiment with Democracy, Huffington Post, 28 maggio 2014; Discourses on Chinese-Style Democracy in China, 2014; Online Consultation and Governance Reform in Chinese Ministries and Provinces, 2014).

La competizione a sostegno della cooperazione (egoismo illuminato) genera un equilibrio dinamico. La cooperazione a sostegno della competizione produce un’escalation compulsiva con effetti entropici.

Quel che invece serve è che la “società civile” divenga adulta, si assuma le responsabilità degli adulti, pensi ed agisca come fanno gli adulti, invece di delegare tutto ad altri e poi lamentarsi infantilmente tutto il tempo delle cose che non vanno.

Bisogna creare occasioni e luoghi in cui diversi punti di vista vengono messi a confronto, in cui le persone imparano ad ascoltare e a raggiungere compromessi che non siano al ribasso.

Bisogna che per la metà del secolo la gente pensi a noi come dei bamboccioni pieni di buone intenzioni ma ancora immaturi. Questo serve, perché l’umanità abbia un futuro dignitoso.

Non possiamo continuare a credere che tutto il genere umano ragioni come ragioniamo noi, in una specifica e breve fase della nostra storia. Siamo diversi da come eravamo, saremo diversi da come siamo, e la curiosità nei confronti del prossimo, il rispetto per la dignità delle sue declinazioni dell’umano è una necessità in un mondo globalizzato. L’ignoranza dell’altro è un’automutilazione; la curiosità è un accrescimento, un potenziamento. Non saranno i droni a salvarci, ma il dialogo profondo.

Se si fa democrazia deliberativa, lo si deve fare sul serio. Questo significa fare in modo che le minoranze non siano schiacciate dalle maggioranze, che l’interesse di una parte non sia fatto passare per interesse generale, che i cittadini attivi non constatino che il loro impegno era vano perché le decisioni erano comunque già state prese e serviva solo una qualche forma di legittimazione [Cf. Archon Fung (Harvard University), Putting the Public Back into Governance: The Challenges of Citizen Participation and Its Future, 2015].

L’evoluzione procede a partire da forme di vita e modalità di interazione semplici, che diventano sempre più complesse, ricche di sfumature e che, assieme, si dimostrano capaci di operazioni quantitativamente e qualitativamente superiori rispetto a quando erano separate: è allora che il comportamento egoista dei singoli finisce promuovere il benessere della rete di cui fanno parte, il beneficio reciproco [Cf. Mae-Wan Ho genetista britannica]

Una decisione saggia tiene conto dell’impatto atteso sulle future generazioni e sul resto del mondo; considera punti di vista esterni e diversi da quelli a cui siamo abituati nel nostro piccolo mondo universale e collettivo; riflette sulle esigenze più profonde e universali dell’umanità. Una decisione saggia è il frutto di un dialogo a 360 gradi, anche con chi non è ancora nato e non vive nei paraggi, perché siamo tutti sulla stessa barca e un evento locale può innescare impressionanti ripercussioni globali.

Diversità è resilienza. La natura, come gli investitori, cerca di diversificare e bilanciare il proprio portafoglio. Se anche qualcosa non va per il verso giusto, qualcos’altro andrà in porto e la vita continua. Per questo è saggio evitare di dipendere da monopoli di conoscenza, produzione e distribuzione di energia, cibo, ecc. (Fame a Dublino, il genocidio negato). Un mondo multilaterale, plurale, unito sinergicamente nella diversità è un mondo resiliente.

Se il rischio è che dei gruppi si separino rancorosamente, è meglio facilitare la rottura, nell’ottica di poter successivamente ricostruire uno spirito di comunità. Separazioni ed esclusioni sono soluzioni provvisorie. Ogni esclusione permanente dell’altro è disfunzionale e irrobustisce tribalismi ed egotismi personali che possono solo produrre conseguenze spiacevoli per tutte le parti coinvolte.

Non è saggio diventare schiavi del futuro. Le probabilità sono astrazioni, non fatti accertati; gli orizzonti sono per definizione remoti e indistinti; una previsione non è una presa di visione. Pessimismo e ottimismo avvelenano o condizionano il presente, impedendoci di osservare la realtà oggettivamente. La descriviamo sempre alla luce delle nostre anticipazioni. Una conversazione che includa una pluralità di voci scongiura l’egemonia di una visione monocola di ciò che ci attende, un fattore di distrazione che ci rende inefficaci, fatalisti, spettatori passivi, non co-creatori di realtà. Meglio andare incontro al futuro sapendo che il viaggio resta più importante della destinazione.

La democrazia non è una cosa, non è un’istituzione. È un processo, un rituale, una capacità acquisita che va costantemente esercitata e perfezionata. Si impara la democrazia come si impara a nuotare. Qualcuno diventa un campione, altri si tengono a galla, ma più facciamo esperienza e tocchiamo con mano i nostri miglioramenti, maggiore sarà l’entusiasmo e ogni fallimento sarà solo un passaggio a vuoto in un percorso di perfezionamento personale e collettivo.

Per essere democratici bisogna saper Ascoltare. Ascoltare aiuta gli altri e noi stessi a pensare e capire le proprie circostanze e a risolvere i propri problemi. È una prassi riconciliativa (hoʻoponopono, nella Polinesia).

Per essere democratici bisogna accettare l’idea che un conflitto creativo è un’opportunità di esaminare le questioni da prospettive inattese e più promettenti. Senza conflitti creativi saremmo condannati a vedere la realtà in modo drasticamente semplificato, in funzione dei nostri preconcetti e pregiudizi. Si può fare chiarezza su una questione anche senza tagliarla con l’accetta, imparando a tollerare la complessità e ad apprezzare l’apprendimento continuo.

Essere democratici non significa tendere sempre a compromessi al ribasso per raggiungere comunque un consenso. Occorre prendersi il tempo e ingegnarsi creativamente per identificare, laddove esistono, delle soluzioni che soddisfino gli interessi di tutte le parti. Per vedere delle possibilità che esistono ma non sono facili da scorgere serve immaginazione, umiltà, flessibilità, acume e quanta più conoscenza si possa mettere sul tavolo di una discussione.

Peter Elbow (University of Massachusetts) ha adottato questa strategia. Se qualcuno pensa che un’idea non è stata compresa dagli interlocutori, può chiedere che, per 5 minuti, tutti sospendano il loro giudizio critico o di chiusura nei confronti dell’idea e si sforzino di scovare delle virtù, come se ne fossero dei genuini sostenitori. Una ginnastica della mente utile quotidianamente in un mondo che non è statico e che conosciamo così poco. Così diventa più facile immaginare futuri possibili.

http://www.futurables.com/2015/04/21/come-il-pastore-separa-le-pecore-dalle-capre-e-dai-babbuini-psicopatie-e-democrazie-nel-ventunesimo-e-ventiduesimo-secolo/

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