“Il Grigiocrate Mario Monti. Nell’era dei mediocri” di Augusto Grandi (Il Sole 24 Ore, Premio Saint-Vincent)

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Durante l’anno del Governo Monti I il PIL italiano ha registrato una contrazione del 2,4%. La contrazione del PIL non ha giovato alle politiche di rigore, che avevano tra i primi obiettivi la riduzione del debito pubblico. Il debito pubblico dell’Italia nel novembre 2011 ammontava a 1916 miliardi di euro, il 119% del PIL: un anno dopo aveva sfondato il tetto dei 2000 miliardi, e si era attestato al 126% del PIL. L’aumento del debito pubblico di sette punti percentuali rispetto al PIL è da addebitarsi anche e soprattutto alla pronunciata contrazione di quest’ultimo. Il deficit annuo dell’Italia è infatti leggermente diminuito per effetto dei tagli alla spesa sociale, dell’introduzione dell’IMU, del rincaro dell’IVA e delle accise. Questi provvedimenti hanno comportato un aumento della pressione fiscale esercitata dallo Stato sui cittadini dal 50,5% al 55,2%. Progressi significativi sono stati fatti sul fronte della lotta all’evasione fiscale, in linea di continuità con le politiche del precedente governo Berlusconi. La disoccupazione è cresciuta dall’8,6% al 10,8%. I consumi degli italiani si sono contratti del 3,6%. Risultati positivi si sono avuti sul piano dello spread, sceso da 500 a 300 punti, grazie soprattutto all’energica difesa dell’euro da parte del presidente della BCE, Mario Draghi”.

Passaggio censurato nella voce “Mario Monti” di wikipedia

Nonostante clamore e dibattiti, purtroppo la censura wikipediana non si è fermata, e mentre si accingeva a pubblicare questo testo, lo scrivente è stato testimone di un altro episodio tra il grave e il grottesco. In data 6 gennaio un utente aveva creato la voce Lista dei membri del gruppo Bilderberg, già presente sulle wikipedie inglese, tedesca, francese, spagnola, finlandese etc. etc. La voce era strettamente compilativa (se ne può consultare una bozza “sopravvissuta” qui) e non faceva altro che riportare la lista dei nomi dei vari membri dei Direttivi del gruppo, in primis quelli di David Rockefeller e dell’attuale presidente del gruppo Henri de Castries, amministratore delegato di AXA, presente alla riunione straordinaria del Bilderberg a Roma del 13 e 14 novembre 2012 (invitati d’onori Mario Monti ed alcuni suoi ministri, tra i quali la Fornero), documentata da Servizio Pubblico (vedi anche qui) ma anche dal Corriere della Sera. Sparsi tra i vari membri elencati, si potevano ritrovare anche i nomi di Franco Bernabè, Mario Monti, Romano Prodi, Tommaso Padoa Schioppa, Gianni e Umberto Agnelli, e dei pochi altri italiani (una dozzina in tutto) che hanno avuto l’onore di far parte del comitato-guida del Bilderberg dal 1954 ad oggi (i nomi sono reperibili sul sito ufficiale stesso). Ma la lista è stata quasi immediatamente cancellata (insieme alla voce su Henri de Castries), stavolta dall’amministratore Vituzzu, a testimonianza che la censura delle informazioni scomode sulla Wikipedia italiana non si ferma mai: così, dopo la clamorosa censura di Natale sui risultati economici del governo Monti, ecco la censura dell’Epifania sui membri, italiani e non, del Bilderberg ! Quale sarà la prossima puntata?

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11315

Il Grigiocrate Mario Monti. Nell’era dei mediocri (Fuorionda editore, 2012), scritto dallo stimato giornalista de Il Sole24Ore Augusto Grandi insieme agli scrittori e saggisti Daniele Lazzeri e Andrea Marcigliano con la prefazione di Piero Sansonetti.

[Intervista per Tiscali].

Grandi, lei denuncia il fatto che il premier può fare quello che sta facendo perché la classe politica “assiste inerme e impotente”. Lei definisce i partiti politici come “topolini che corrono più o meno festanti o riottosi verso il precipizio”.

“Quando noi parliamo di era dei mediocri non ci riferiamo alla Banda Monti e alla Fornero, che sono sicuramente mediocri, ma soprattutto a questa classe politica che va a suicidarsi. Abbiamo dei politici che dopo Berlusconi non hanno saputo reagire, che ancora oggi vanno a dire alla gente quanto sia bravo Mario Monti e che ripetono che non lo vogliono ma sono pronti a seguire tutti i punti della sua agenda. Questo è il suicidio della politica”.

In Spagna dove la politica non ha ceduto il suo ruolo ai tecnici, la situazione non è stata migliore. Il politico Rajoy non è tanto differente dal tecnico Monti.

“Ma quando parliamo di una classe politica mediocre non dobbiamo pensare che sia solo un caso italiano. Vale anche per Rajoy che, anche se è stato eletto, è stato messo lì per fare quello che hanno deciso di fargli fare. Mi spiego: la classe politica non è mediocre quando riesce a ribellarsi a questi poteri che ti dettano l’agenda. Non illudiamoci è esattamente quello che succederà presto in Italia con il ‘Monti bis’ o con un nuovo governo che decida di applicare le sue politiche. In base a che cosa tu dovresti andare a votare per elezioni primarie del centrosinistra per Renzi o Bersani quando a decidere tutto saranno ancora una volta Monti e Napolitano? Ma attenzione lo stesso discorso vale per il centrodestra, basta sentire quello che dicono Frattini e tanti altri. In queste condizioni è del tutto inutile andare a votare”.

Dal vostro libro emerge però che Monti e Napolitano sono in realtà un mezzo o un tassello di un disegno più ampio per impoverire l’Italia. Qual è questo progetto?

“La dimostrazione di quanto noi sosteniamo è sotto gli occhi di tutti. Quando Mario Monti dice che a questo punto l’Italia è in saldo ed è ora che qualcuno la compri e oggi Goldman Sachs dice che noi siamo una sorpresa positiva e meritiamo maggiori investimenti capisci che la svendita è iniziata. Noi avevamo ipotizzato questa situazione a maggio, oggi si è avverata. Prendiamo ad esempio anche l’Ilva. Per anni non ti sei preoccupato di imporre all’azienda determinate regole, si è giunti alla chiusura della fabbrica e ora sei pronto a versare tre miliardi di euro di finanziamento sapendo benissimo che non basteranno e che entreranno in scena altri investitori che non aspettano altro. Il prossimo obiettivo è Finmeccanica già sotto attacco, ma poi questa svendita proseguirà con tutti i beni dell’Italia“.

Finmeccanica è sotto attacco da parte della magistratura?

“Finmeccanica fa quello che fanno tutti i suoi concorrenti a livello internazionale ovvero cerca di oliare per chiudere una trattativa. Ma in Francia questo meccanismo, se utilizzato per corrompere governi o investitori esteri, è considerato un merito. Invece la magistratura francese interviene solo in caso di corruzione interna”.

Lei ricorda che Monti è accusato di applicare un “modello cinese”. Poi provocatoriamente ipotizza che il “modello italiano”, privato costantemente di diritti essenziali per i lavoratori, sarà presto peggiore di quello asiatico.

“La Cina si è resa ormai conto che il capitalismo d’assalto applicato in questi ultimi anni non può essere più portato avanti. Per questo, ad esempio, Pechino ha imposto che i figli debbano occuparsi dei genitori perché in un sistema sociale che funziona è necessaria la coesione e la famiglia. Non si tratta di affetto, ma di un calcolo preciso: il figlio che assiste il genitore alleggerisce il costo per lo stato. Mentre in Italia si invitano i giovani ad emigrare altrove, in Cina c’è una forte attenzione al fatto che tutti devono poter vivere. Ho visto tre lavoratrici pulire una fontana con tre spazzolini minuscoli, un lavoro per il quale bastava una persona con uno spazzolone. La filosofia è che guadagnano meno ma lavorano tutte e tre. Anche il forte inquinamento, che è reale, è da qualche tempo combattuto con tecnologie ecosostenibili. Noi, al contrario, da mesi non sentiamo parlare d’altro che di tagli e risparmi a scapito dello stato sociale. Emblematica l’ultima dichiarazione di Monti sulla Sanità“.

Le dico due parole: Gruppo Bilderberg e Rivoluzione Oligarchica.

“Non voglio addentrarmi nel campo di elite e aristocrazia che si contrappongono all’oligarchia, ma che Paese è quello in cui gli organi di informazione ignorano la riunione del  Gruppo Bilderberg a Roma e la notizia viene diffusa solo da Dagospia? Lei cita Bilderberg ma potremmo dire anche Goldman Sachs. Quando un uomo come Henry Paulson lascia la Goldman per diventare sottosegretario del Tesoro degli Stati Uniti, gestisce il fallimento e uccide la Lehman e poi torna in Goldman non si può parlare di complottismo. La stessa Goldman ha più volte ammesso pubblicamente di adottare il sistema della ‘porte girevoli’ che consiste nel mettere i propri uomini di fiducia nelle istituzioni e, dopo aver svolto il lavoro, riprenderseli. A questo punto è legittimo chiedersi se Mario Monti che era un uomo della Goldman stia lavorando per loro o per il Paese. Le recenti dichiarazioni della Goldman sull’investire in Italia lasciano molti dubbi. Stesso discorso per il Gruppo Bilderberg che non ha mai nascosto il progetto di un governo mondiale che possa prendere della decisioni a livello planetario. Questo governo degli oligarchi esiste a livello mondiale, ma anche a livello locale. In Italia quella che si considera elite, ma che è solo un’oligarchia, mostra il suo disprezzo per il popolo e cerca di mantenere il suo status. Un ministro come la Fornero arriva a dire: i vostri figli sono mammoni e devono andare all’estero. Ma i loro sono tutti a casa”.

Il vostro libro è stato valutato positivamente dalla critica specializzata, ma la grande distribuzione letteraria l’ha ignorato ed è edito da una piccola casa editrici alternativa. Un caso oppure una volontà precisa?

“Non credo sia stato un caso. Se un giornale del livello del Financial Times si è interessato al nostro lavoro e ha espresso un giudizio positivo, non credo possa essere messo in discussione il valore del libro [si trattava dell’edizione tedesca del Financial Times, così indipendente da essere stata chiusa con un pretesto, nonostante le proteste dell’intera redazione, convinta di essere stata punita per non essersi allineata, NdR]. Recentemente abbiamo ricevuto responsi favorevoli anche da un noto quotidiano di Bombay. Qui in Italia è stato ignorato dai grandi quotidiani come La Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa dai loro gruppi editoriali. In realtà non ci siamo sorpresi perché nel libro attacchiamo alcuni giornalisti di queste testate“.

28 novembre 2012

http://spettacoli.tiscali.it/articoli/libri/12/11/il-griogiocrate-mario-monti-intervista-augusto-grandi.html

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Noi di Qelsi ne abbiamo parlato con uno degli autori: Augusto Grandi, giornalista economico del Sole24Ore, scrittore di saggi politico-economici e di narrativa. Vincitore del premio St. Vincent di giornalismo, ha recentemente realizzato con reportage di viaggio alcune mostre fotografiche sullo sfruttamento del lavoro nel mondo.

In questa intervista esclusiva rilasciata a Qelsi, Augusto Grandi ci parla del “Grigiocrate”.

Augusto Grandi, la tesi principale de “Il Grigiocrate” suggerisce che l’Italia sia stata indicata come luogo giusto per sperimentare un nuovo modello politico. In cosa consiste questo modello? E perché l’Italia?

Il modello è quello di un’Europa del sud trasformata in una sorta di Bangladesh per l’Europa del nord. Bassi salari, fuga dei cervelli e importazione di braccia per lavori non qualificati. Ma un Bangladesh anche a vocazione turistica. Il paradiso dove verranno a svernare ricchi cinesi e tedeschi, russi e americani. Perché l’Italia? Perché la Grecia è troppo piccola e debole per sperimentare un modello. L’Italia è la terza economia europea, la seconda manifatturiera. Dunque la sperimentazione ha davvero senso.

Nel libro, Mario Monti è definito “un uomo abituato a essere nominato e non eletto”. Chi è Mario Monti? E perché è stato scelto lui?
Un uomo per tutte le stagioni. Commissario europeo in quota centrodestra e pure in quota centrosinistra. Membro del cda Fiat all’epoca delle tangenti di cui non si era accorto. E poi Goldman Sachs e agenzia di rating che declassava l’Italia mentre lui non se ne accorgeva. Un tipo distratto, ma silente e sobrio esecutore degli ordini dei poteri forti. Quei poteri forti che secondo lui non esistono, per poi sostenere che aveva perso il loro favore. L’uomo ideale per svolgere il lavoro sporco nell’interesse dei mercati internazionali e a danno dell’Italia.

Mario Monti si può definire un “uomo solo al comando” oppure la sua ascesa è frutto di un intreccio di rapporti e amicizie?

Mai solo al comando. Sempre e soltanto all’interno della sua cerchia di potenti e di camerieri dei potenti.

Altra figura di spicco di questo governo è Elsa Fornero, ministro del lavoro. Una frase del libro recita “In realtà ad Elsa interessava scardinare tutto il sistema sociale italiano, basato su tutele a volte eccessive ma comunque indispensabili per garantire la sopravvivenza dell’economia nazionale”. Perché questo?

La Fornero è il braccio armato del governo. Ha portato l’età delle pensioni ai livelli record d’Europa. Non si è accorta, distratta anche lei, delle decine di migliaia di persone che, grazie a lei, perdevano pensione e reddito da lavoro. Ha dato la libertà di licenziare e di fronte a 800 mila disoccupati in più ha ricordato che in un’azienda gli occupati erano aumentati. Grazie alle follie della Fornero i lavoratori italiani sono costretti ad accettare condizioni indecenti o ad emigrare. Il progetto di impoverire l’Italia non può prescindere da lei.

Nel “Grigiocrate” si fa più volte riferimento ai “giornali amici” del governo tecnico. Quali sono?

C’è solo l’imbarazzo della scelta. A partire dal Corriere, che ha avuto Monti come editorialista per vent’anni, per passare a Repubblica che su Monti vuol creare il partito “scalfariano”. E poi l’ipocrisia de La Stampa che descrive sbavando servilmente le sobrie vacanze di Monti a St. Moritz. E ancora Il Messaggero casiniano.

L’Italia ha già conosciuto precedenti esperienze di governi tecnici: Amato e Ciampi. Quali sono le analogie e quali le differenze con Monti?

Amato era un politico. E non a caso è finito nella squadra di Monti, visto che anche Amato era molto distratto quando non si accorgeva delle tangenti. In fondo Monti completa il disastro di Amato e Ciampi che hanno portato il debito italiano all’estero, creando le condizioni per la speculazione attuale. Il Giappone, con un debito doppio rispetto all’Italia, paga interessi pari a un terzo, perché il debito è in mano giapponese.

Cosa impedisce all’Italia di fare come il Giappone?

Avere governanti al servizio degli speculatori. Il debito deve rientrare in Italia, ma se i soldi dell’Imu e delle altre tasse servono per pagare gli interessi, non ci sono più per ricomprare il debito. E alla speculazione fa molto più comodo incassare il 6 per cento sui titoli italiani.

Cosa cambierà nell’Italia del dopo Monti? E quali alternative hanno gli italiani, soprattutto giovani?

Per cambiare servirebbe una volontà politica di cambiamento. Invece, con l’attuale classe politica, si rischia che il dopo Monti sia un altro Monti, o comunque una indecente ammucchiata che mantenga lo sfruttamento degli italiani per accontentare i mercati. Per i giovani italiani esiste un modello alternativo, quello dell’Argentina della tostissima Kirchner.

Si parla spesso di complotti delle banche, signoraggio primario e secondario, piani per impoverire i Paesi dell’Europa del sud. Eccessivo complottismo o c’è qualcosa di vero?

Nessun complottismo. La strategia per cambiare l’assetto europeo è dichiarata ufficialmente. Nessuna segretezza. I poteri forti non si nascondono neppure più.

Risanare i conti pubblici e ridurre il debito pubblico: sembrano queste le priorità del governo tecnico. Si tratta solo di spauracchi sventolati in faccia agli italiani o sono esigenze reali?

Risanare si deve. Ma per ridurre il debito pubblico si deve crescere. Se si continua a massacrare il risparmio degli italiani, si riducono i consumi e si provoca la recessione. E in queste condizioni non si risana l’economia e non si riduce il debito.

Quello di Monti è stato spesso definito dai critici un “modello cinese”, nel “Grigiocrate” si sostiene invece che il modello Monti rappresenti una regressione rispetto a ciò che sta avvenendo in Cina. Perché?

La Cina si è resa conto che deve migliorare le condizioni economiche della popolazione, Monti le peggiora in nome degli speculatori. La Cina recupera Confucio e chiede che i giovani si occupino degli anziani, Monti e Fornero vogliono che i giovani emigrino lasciando gli anziani a morire negli ospizi.

Il governo Monti può essere definito una sconfitta della politica? Se sì, in cosa ha sbagliato la classe politica italiana?

Sicuramente Monti è una sconfitta della politica. Che ha rinunciato a governare per asservirsi totalmente ai mercati internazionali. Politici che non hanno avuto la capacità di realizzare le riforme, che hanno assunto decine di migliaia di finti lavoratori per mero clientelismo. Che non hanno avuto il coraggio di prendere esempio dal governo peronista argentino. A Buenos Aires la popolazione vale più dei banchieri e degli speculatori.

All’Italia converrebbe uscire dall’euro oppure no? E’ vero che l’uscita dall’eurozona sarebbe una catastrofe?

Sarebbe un disastro per l’Europa, prima ancora che per l’Italia. Per noi i problemi potrebbero essere ridotti da accordi internazionali con Paesi come la Russia, in grado di garantire liquidità.

http://www.qelsi.it/2012/mario-monti-un-pericolo-mortale-intervista-ad-augusto-grandi-giornalista-del-sole24ore/

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“Pare strano per un milanese “doc”, ma tutto iniziò a Torino. Più di quarant’anni fa. La parabola del professor Mario Monti, da giovane e promettente docente di Economia a presidente del Consiglio di un’Italia commissariata e messa in svendita dalla finanza internazionale, prende infatti le mosse dall’arrivo del ventisettenne economista alla facoltà universitaria subalpina. Monti viene invitato dal suo “mentore” Onorato Castellino, che successivamente sarebbe diventato preside di Economia e Commercio e presidente della Compagnia di San Paolo, la potentissima fondazione dell’omonimo istituto bancario. E fin dall’inizio già si scorge una delle costanti della vita professionale del “nostro”: la cooptazione. Uno strumento tipico delle élite di cui il professore ha sempre usufruito in prima persona e che, a sua volta, ha usato per tessere intorno a sé una fitta rete di rapporti umani e professionali.

Nella Torino ancora “One Company Town” dei primissimi Anni Settanta, grigia e operaia, agitata dagli ultimi riflessi dell’Autunno Caldo e scossa dai primi vagiti del terrorismo rosso, il futuro premier si trova benissimo. Non al punto, però, di trasferirsi in pianta stabile: sull’asse Milano-Torino viaggia sobriamente in treno, in settimana trascorre le sue giornate dividendosi tra le aule universitarie e lo studio del professor Onorato, a due passi dalla facoltà di Economia, e va a dormire (presto, si suppone) nel centralissimo Hotel Patria, un albergo di buon livello ma tutt’altro che lussuoso. Monti, insomma, è già un uomo in grigio. Ma non ancora un “grigiocrate”, per usare l’azzeccato neologismo coniato da Augusto Grandi, Daniele Lazzeri e Andrea Marcigliano, gli autori appunto del volume Il grigiocrate (edizioni FuoriOnda), biografia non autorizzata di Mario Monti, con la prefazione di Piero Sansonetti.

Ci metterà un bel po’ a diventare da “grigio” a “grigiocrate”, ma intanto nel corso dell’esperienza torinese Monti entra in contatto (e in amicizia) con il gotha degli accademici subalpini, personaggi che poi ritroverà nel suo iter professionale: Franco Reviglio, Giovanni Zanetti, Mario Deaglio e la moglie di quest’ultimo, Elsa Fornero, che gli studenti avevano soprannominato “Elsa la belva”. Ora anche gli italiani hanno capito il perché.

Via elencando, gli autori ripercorrono la lunga e proficua carriera di Mario Monti, decollata nel 1988 con la nomina nel CdA Fiat: «La presenza di Monti nei consigli d’amministrazione del gruppo torinese – scrivono Grandi, Lazzeri e Marcigliano – coincide anche (nel senso che è una coincidenza) con l’epoca delle tangenti pagate dalla Fiat ai politici. (…) Ma il problema è un altro. Monti sapeva? Davvero poteva non sapere? Consigliere silente e pure non vedente? (…) . D’altronde le vicende del professore nostro si sono spesso incrociate con quelle di Giuliano Amato (un altro della scuola torinese, ndr), il cosiddetto “dottor sottile”. Così sottile, così acuto che, pur essendo stabilmente ai vertici del Psi, non si era mai accorto di quanto gli stava succedendo intorno. Sarà per questo che, prima Amato e poi Monti, non si sono accorti dei danni che le loro rispettive  politiche economiche  provocavano all’Italia? E, ovviamente, neppure si sono accorti dei vantaggi assicurati da entrambi  alla speculazione internazionale. Pure coincidenze operative».

Il volume scritto dal trio per l’editore toscano FuoriOnda ha più di un pregio: in primo luogo lo stile rapido, incisivo, giornalistico nel senso migliore del termine. Cita le fonti, fa nomi e cognomi, scava nel passato del Professore e soprattutto va a curiosare dietro le quinte. Ma c’è un’altra qualità da sottolineare: Il grigiocrate è un libro coraggioso, perché ha rotto il muro d’omertà che da novembre a oggi ha contraddistinto la saggistica e l’informazione giornalistica su tutto ciò che circonda il premier Monti. Lo spettacolo, diciamo la verità, non è stato edificante. Sarà anche una conseguenza dell’orgia (in tutti i sensi) berlusconiana, ma a partire dagli iniziali soffietti sulla sobrietà dell’professore in loden è stato tutto un crescendo di lodi sperticate all’uomo della Provvidenza bancaria. Un’informazione dopata, ricca soprattutto di censure, omissioni, edulcorazioni, infingimenti, riguardi, squilli di tromba e lingue felpate che ha dimostrato una volta di più la lontananza della casta giornalistica dal mondo reale e dagli umori dei lettori.

E se persino sui giornali italiani è capitato di leggere qualche accenno agli scheletri nell’armadio di Monti – dagli incarichi alla Goldman Sachs ai ruoli dirigenziali delle note organizzazioni mondialiste Trilateral e Bilderberg Club, fino al compito non troppo chiaro ricoperto per l’agenzia di rating americana Moody’s – è solo perché la vera controinformazione è circolata in Rete: sui blog, sui social network, su decine e decine di siti indipendenti. E lì ci si rende conto fin da subito quali sono le opinioni che prevalgono, fra la gente: basti dire che digitando le parole “Mario” e “Monti” su Google, la prima parola automaticamente associata dal motore di ricerca al nome del premier è “massone”…

“Il grigiocrate” ripercorre anche i primi mesi del governo Monti e sposa apertamente la tesi, che di recente sta trovando sempre più adepti, secondo la quale il Professore non sarebbe affatto stato chiamato per salvare un’Italia ormai sull’orlo del baratro, bensì per affondarla definitivamente; salvaguardando però gli interessi di quelle stesse élite da cui proviene e che ha sempre servito nel corso della sua lunga e prestigiosa carriera di tecnocrate. Nel capitolo intitolato «L’obiettivo non è il rilancio dell’Italia», Grandi, Lazzeri e Marcigliano lo scrivono con chiarezza: «Non a caso, appena insediato Monti, è cominciata la corsa ad accaparrarsi parti pregiate di Finmeccanica, 70 mila dipendenti, rispettati nel mondo. Tutela dell’italianità di aziende strategiche? Neanche a parlarne. Ce lo chiede l’Europa. In realtà ce lo chiede la Francia, che alle aziende strategiche altrui è sempre stata interessata. (…) Ovviamente  è vietato ricordare che Sarkozy aveva fatto ricorso a Mario Monti per la commissione Attali, che avrebbe dovuto rilanciare l’economia transalpina. Forse il rilancio francese passa attraverso Finmeccanica».

E via con gli altri esempi, che riproducono vent’anni dopo gli scenari emersi dal famoso vertice del 2 giugno 1992 sullo yachtBritannia, quando una folta schiera di manager ed economisti italiani decise, in compagnia dei banchieri inglesi, l’avvio delle privatizzazioni in Italia. Che, com’è noto, furono il più grande saccheggio di beni pubblici della storia repubblicana; avvenuto, proprio come capita adesso, in occasione di un forte “vuoto” della politica.

[…]

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=43557

Timeo anglos et dona ferentes (“adorata Spagna”…de che?)

PREMESSA

“La notizia è seria. Il premier spagnolo Mariano Rajoy ha scritto una lettera all’Unione Europea affinché questa si pronunci sulla possibile indipendenza della Catalogna. La parola “indipendenza” è sempre più sulle bocche dei catalani e qualcuno comincia a crederci davvero. Tra questi forse anche Rajoy, che altrimenti non si sarebbe premurato di chiedere a Bruxelles delucidazioni in merito. E Bruxelles ha risposto con una minaccia: se la Catalogna si dividerà dalla Spagna non sarà considerata membro dell’Unione e dovrà rinegoziare l’adesione.

http://www.eastjournal.net/catalogna-quando-lindipendentismo-distrae-dalla-crisi/22172

http://www.elperiodico.com/es/noticias/diada-2012/bruselas-avisa-que-catalunya-quedara-fuera-union-europea-independiza-2202243

Uscire dall’Unione Europea è come essere una gallina che si trova sbattuta fuori da un pollaio circondato da volpi (i mercati), in piena notte (va detto che il pollaio in questione è sotto il controllo di una volpe, ma almeno, assieme, le galline possono difendersi meglio).

Segue articolo di Ambrose Evans-Pritchard, intitolato “STAI MOLTO ATTENTA, ADORATA SPAGNA”

Ambrose Evans-Pritchard, figlio di un antropologo invischiato nella strategia del divide et impera dell’imperialismo britannico [cf. Jack Goody, The expansive moment: the rise of social anthropology in Britain and Africa 1918-1970, Cambridge [etc.]: Cambridge university press, 1995], scrive per il quotidiano simbolo dell’establishment inglese e preconizza la jugoslavizzazione/balcanizzazione della Spagna.

Molti internauti, senza informarsi, senza capire, hanno idolatrato AEP perché era contro l’euro, contro la troika e blablabla. Scrive per il quotidiano più neoliberista e promercati che esista nel Regno Unito ed è figlio di un emissario dell’imperialismo britannico: quanto ribelle ed anti-establishment potrà mai essere?

TESTO DELL’ARTICOLO

“Due settimane fa sono stato intervistato dal quotidiano catalano El Punt Avui (1). Ho detto la mia opinione secondo la quale sarebbe impensabile che lo Stato spagnolo intervenisse militarmente per fermare la secessione catalana.

Un gesto di questo tipo andrebbe a violare i trattati dell’Unione Europea e porterebbe alla sospensione della Spagna dall’Unione stessa. All’inizio del 21° secolo, queste cose non si fanno più.

“Non si può essere membri dell’ EU se si usa la forza” era il titolo.

Ma forse ho sottovalutato la solerzia dei responsabili dell’esercito spagnolo.

Infatti, è arrivato il commento da parte del Colonnello Francisco Alaman che ha fatto un parallelo storico con il 1936, garantendo la volontà di spazzar via i nazionalisti catalani, descritti come “avvoltoi”.

Il Colonnello ha proseguito: “L’indipendenza della Catalogna? Dovranno passare sul mio cadavere. La Spagna non è la Yugoslavia od il Belgio. Anche se il leone sta dormendo, non svegliatelo perché potrebbe tirar fuori una ferocia collaudata da secoli”.

In realtà non siamo minimamente come nel 1936. Ho passato parte del mio fine settimana a leggere nuovamente la magistrale biografia di Franco scritta da Paul Preston, un utile richiamo per tutti noi.

Nel 1936 il colpo di stato militare di Franco, era diretto contro il neoeletto Fronte Popolare, visto dai comandanti dell’esercito (ma non da tutti) come l’inizio di una conquista della Spagna da parte dei Bolscevichi. La rivolta di Franco era dunque una difesa della gerarchia cattolica contro il comunismo e la sovversione francese (nella loro mente).

Il governo spagnolo attualmente è un governo nazionalista di destra – Partido Popular – con collegamenti con l’Opus dei. Le parti sono completamente invertite.
In un certo senso il Colonnello Alaman ha ragione. La situazione sta diventando pericolosa.

E se pensate Alaman sia un caso isolato, il Tenente Generale Pedro Pitarch ha dichiarato che le parole di Alaman riflettono “il pensiero profondamente radicato in gran parte delle forze armate”.

Il generale Pedro Pitarch ha dichiarato che dell’indipendenza della Catalogna non c’è nemmeno da parlarne, aggiungendo che Madrid ha gestito la questione in modo disastroso, tanto da fargli affermare: “Abbiamo una Stato inetto?”

Inoltre c’è stata anche una minaccia da parte della Asociación de Militares Españoles (AME) – un’associazione di ufficiali in pensione – la quale mette in guardia chi ha intenzione di promuovere la “spaccatura della Spagna” che dovrà difendersi da accuse di tradimento davanti a tribunali militari.

Ecco cosa scrive El Mundo (2) :

Il comportamento del Governo catalano e dei membri del suo Parlamento è inammissibile.

In base all’articolo 8 della sua Costituzione, le Forze Armate sono i guardiani dello Stato spagnolo e dell’integrità del suo territorio e per difendere la sovranità e la Magna carta della nazione spagnola, eseguiranno il proprio compito “con scrupolo e in modo meticoloso”.

L’AME ha dichiarato che il minimo accenno di secessione “sarà represso”. I trasgressori devono avere bene in mente che “sotto la giurisdizione dei tribunali militari, dovranno rispondere rigorosamente alla pesante accusa di alto tradimento”.

Ma parlano a nome dell’esercito? Si dovrebbe presumere di no e ci si dovrebbe  aspettare un disconoscimento ufficiale – sull’ipotesi di intraprendere una tale linea – da parte del Re Juan Carlos, o dal premier Mariano Rajoy o dagli alti gradi delle Forze Armate.

Nelle democrazie l’uso di tribunali militari è proibito contro i civili (sorvoliamo su Guantanamo). I presunti cospiratori del presidente Abramo Lincoln furono portati davanti a tribunali militari USA e condannati all’impicccagione, dando il via ad una lunga battaglia legale alla fine della quale la Corte Suprema decretò che una simile procedura era anticostituzionale e che una cosa del genere non sarebbe mai più dovuta accadere.

Così alla luce di ciò, quello che sta succedendo in Spagna è un ribaltamento degli eventi molto pericoloso. Suggerire come una grande nazione quale la Spagna debba gestire le proprie questioni non è certo compito di un pirata inglese.

(Il mio problema poi consiste nell’essere un gallese supporter dell’unione con la Gran Bretagna che è un po’ come un supporter catalano a favore dell’unità con la Spagna… ma solo con mezzi democratici. L’uso della forza cambia tutte le cose).

In questo momento in Europa le cose si stanno muovendo molto velocemente. La settimana scorsa il Portogallo è stato sconvolto, mentre la Spagna è in uno stato di crisi maggiore. La maggior parte dell’Europa del sud è in una situazione imprevedibile.

È colpa dell’unione monetaria e dell’euro? Certo, naturalmente lo è [NO, NATURALMENTE NON LO È, È COLPA DI CHI HA CRIMINALMENTE GESTITO L’EURO E LA CRISI INCHINANDOSI AI DIKTAT DEI MERCATI E DELL’FMI E FAVORENDO GLI SPECULATORI PRO-DOLLARO, OSSIA PRO-NATO, NdR]. Mentre gran parte del mondo – inclusa la Gran Bretagna – sta pagando una profonda crisi economica, il danno concentrato con un’intensità letale in quegli stati vittime dell’Unione Monetaria Europea. Il tasso di disoccupazione spagnolo è al 25% e non si è ancora fatto sentire a pieno il morso dell’austerità.

E come se ancora non bastasse, le popolazioni hanno fatto la spiacevole scoperta che i loro Governi eletti non possono far nulla per liberarle dalla trappola e che hanno perso il controllo sul proprio destino.

Spagna e Portogallo sono intrappolate in un crollo cronico con le valute sopravvalutate. Pur avendo ripreso un po’ di competitività nel lavoro tagliando i salari, la cosa ha solo – ed obbligatoriamente – compensato il disastro dell’accoppiata debito-deflazione e li ha portati ancora di più vicino alla bancarotta.

Sicuramente il piano Draghi per l’acquisto di bond ha ritardato il giorno della resa dei conti. Ha abbassato il costo del rifinanziamento sovrano ed attutire la caduta, ma non è in grado di fermare la lenta asfissia di queste società.

Ci stiamo muovendo ora dalla fase finanziaria della crisi all’esplosione totale della crisi politica, il che davvero assomiglia agli anni ’30.

La gente mi domanda quando io sono diventato pessimista: la mia risposta è: “nel 1991, quando ho accompagnato le truppe Serbe nella città di Vukovar ed ho visto 300 prigionieri feriti portati via dall’ospedale, pensando che fossero finalmente al sicuro per poi venire a sapere che poco dopo erano stati falciati a colpi di mitra in una vicina fattoria, ecco, allora sono diventato pessimista”.

L’impensabile avveniva davanti ai miei occhi, ed era ancora nulla rispetto al massacro di 8.000 bosniaci musulmani – uomini e ragazzi – a Srebrenica, di cui poi ho riferito nel processo a l’Aia.

Quando le cose iniziano a prendere una brutta piega, vanno a finire ancora peggio. Stai molto attenta, adorata Spagna”.

Ambrose Evans-Pritchard

Fonte: http://blogs.telegraph.co.uk

Link: http://blogs.telegraph.co.uk/finance/ambroseevans-pritchard/100020330/be-very-careful-beloved-spain/

25.09.2012
Traduzione per http://www.comedonchisciotte.org a cura della redazione

Commento del lettore Bellerofon: “Come dimenticare i bombardamenti italiani in Serbia nel 1999 (D’Alema premier…), ed il riconoscimento del Kosovo indipendente da parte del nostro Paese nel febbraio 2008? Quella di Evans Pritchard non è una minaccia, bensì una “cronaca dal futuro”. Prossimo, già programmato, e che ci riguarderà MOLTO da vicino”.

http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/un-po-di-chiarezza-sullintervento-in.html

Molto da vicino:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/07/17/il-corriere-della-sera-pubblica-un-inno-alla-jugoslavizzazione-dellitalia-perche/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/07/20/bruno-luvera-tg1-rai-sulla-jugoslavizzazione-dellitalia-e-la-balcanizzazione-delleuropa/

Perché il lupo perde il pelo ma non il vizio:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/05/11/rivoluzioni-colorate-e-primavere-arabe-preludio-alla-terza-guerra-mondiale/

ed è ancora il lupo di sempre:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/03/31/il-terzo-impero-britannico-il-braccio-e-a-washington-la-mente-a-londra/

Come hanno distrutto la Spagna (Concita De Gregorio, la Repubblica)

MADRID – Maria Antonia Ribas ha 48 anni, un figlio matricola all’università e uno al liceo, un ex marito, un lavoro da bibliotecaria alla periferia di Madrid, 1.125 euro al mese, una permanente fatta in casa che le ha bruciato i capelli, una maglietta con il logo del supermercato, una laurea in filologia classica con encomio, un padre militare che la disapprova, una casa di 45 mq in affitto, 650 euro e meno di così in tre non si riesce a spendere.

Ora che passa a 980 di stipendio dovrebbe ritirare i figli da scuola, pensa, e trovare un posto in un alloggio sociale ma non è mica facile, sono tutti pieni e c’è la lista d’attesa, passano prima le donne sole con figli minori e i suoi hanno 16 e 18, non c’è speranza. Si è offerta nel quartiere per fare le pulizie a ore ma nessuno può permettersi più una domestica, quelli che le avevano le hanno già mandate a casa. Sta in piazza con un cartello che dice “se ci volete morti sparateci”, l’ha scritto a pennarello rosso su un cartone della spesa in un momento, chiarisce, “di vero malcontento”.

L’astio e il malcontento di chi sta sottovento. “Per sovrapprezzo – dice – a noi impiegati pubblici ci trattano da profittatori e sfaccendati, gente che ruba lo stipendio dandosi malata, assenteisti perché lo so, certo, ciascuno ha i mente un impiegato delle poste che lascia il cartello “torno subito” per andare a bere il caffè, un’addetta all’anagrafe che manca dal lavoro da due anni, gli aneddoti sono mille. D’altra parte i posti pubblici sono stati usati per decenni dai politici locali come merce di scambio, hanno piazzato figli amici amanti e devoti per generazioni e sicuro che fra questi ce ne saranno parecchi che ne hanno approfittato. Ma siamo quasi tre milioni, e di questi tre milioni la maggioranza, glielo assicuro, è fatta da gente come me: che non è mai mancata un giorno e se necessario ha lavorato fuori orario, che ha aiutato i suoi scolari nei compiti il pomeriggio, ha assistito i malati con pazienza, ha accompagnato a casa l’anziana che non ricordava la strada. Anche di questi episodi potrei raccontarne a centinaia. Noi siamo lo Stato, piaccia o non piaccia. Storto in qualche sua parte, difettoso forse, comunque quello che questo Paese è stato in grado di produrre nei secoli, e gli somiglia. Noi siamo la Spagna, e se ci vogliono morti bisogna chiamare le cose con il loro nome: è una guerra civile“.

Una guerra civile senza ideali da difendere, al contrario di quelle anche recenti di cui i vecchi hanno memoria. Senza parte politica né bandiere. Una guerra cattiva fra chi sta sopravvento e chi sottovento nella barca che fa acqua. Affonderà per tutti, nel caso, ma intanto chi siede sul bordo più alto spinge in mare il suo vicino e nessuno che pensi al vento e alla rotta da tenere: si salvi chi può, il mio vicino è il mio nemico.

E’ l’ossatura dello Stato, questa volta, a ribellarsi contro chi governa: milioni di funzionari pubblici, gente fra quaranta e cinquant’anni più esasperata che rabbiosa, più stanca che indignata. Li vedi in piazza con le magliette slabbrate dalle lavatrici, le donne con le forcine in testa e le ciabatte da ospedale, quello in cui lavorano nei turni di notte.

L’orda dei sottovento, nelle strade di Madrid e della Spagna intera, è un esercito di più due milioni e mezzo di persone, quasi tre. Se cerchi ci trovi la maestra dell’asilo di tuo figlio, l’infermiere che ha assistito tuo padre, la preside della scuola media, il pompiere dell’angolo sotto cas, l’autista del bus, il vigile urbano, la postina. Sfilano sotto i palazzi del governo con le maglie nere, a lutto. Sono la classe media, una volta si sarebbe detto la piccola borghesia impiegatizia. Guadagnano fra mille e duemila e cinquecento euro al mese: i loro stipendi sono stati tagliati tre volte in due anni, l’ultima volta la settimana scorsa, meno sette per cento.

A Natale non prenderanno la tredicesima. L’Iva intanto è salita dal 18 al 21 per cento, la bolletta della luce costa in media 36 euro in più al mese, le tasse universitarie per i figli segnano un più 50 per cento. L’assistenza sanitaria pubblica agli anziani è stata tagliata da quella che chiamano “legge canaglia”, 260 mila ultraottantenni non avranno più diritto a cure pubbliche. L’emigrazione di chi ha fra 25 e 45 anni quest’anno è cresciuta del 44 per cento: scappano. Quasi cinquantamila persone – qualificate, laureate, nell’età centrale della vita – da gennaio a giugno sono fuggite al Nord: Scandinavia, Inghilterra, Germania. Di quelli che sono rimasti uno su quattro è senza lavoro: 25 per cento di disoccupati, e ora sono finiti anche i sussidi.

Il governo di Mariano Rajoy detto “il bugiardo” ha bisogno di 65 milioni di euro. Il bugiardo perché nemmeno questo, gli rimproverano, ha avuto il coraggio di dire: a quanto ammontasse l’importo della manovra. Ieri al dibattito non era in aula. Giorni fa quando ha annunciato i tagli agli stipendi dei dipendenti pubblici e l’abolizione delle tredicesime i deputati del partito popolare lo hanno applaudito. Applausi osceni, con la folla a battere le pentole sotto le finestre del congresso.

Una deputata del Ppe, Andrea Fabra, 39 anni, terza legislatura, figlia di un vecchio notabile di epoca franchista oggi sotto inchiesta per malversazione, ha detto ai microfoni “che si fottano”, que se joden. E’ stata la scintilla che ha dato fuoco alle polveri. Per cinque giorni consecutivi hanno inalberato cartelli contro di lei e per estensione contro la classe politica intera: che si fottano loro, “la prossima disoccupata sia Andrea Fabra”, in spagnolo fa rima.

Per sventurata coincidenza, inoltre, negli stessi giorni si è inaugurato a Castellon, feudo della dinastia politica dei Fabra, il monumento in stile nordcoreano voluto dal padre di Andrea, Carlos, in onore di se medesimo e dell’aeroporto inutilizzato da lui fatto costruire con denari (miliardi) della regione. Il molosso, l’uomo-aereoplano, è costato 300 mila euro e consta di un gigantesco busto maschile sul cui capo sta appoggiato un aereo lucentissimo, l’unico per ora mai visto nell’aerostazione. I centralini dei giornali sono impazziti.

Altro argomento non hanno le lettere pubblicate dai quotidiani: che la classe politica cominci a tagliare da se stessa, che se ne vadano i corrotti, che rinuncino ai loro privilegi, ai posti sicuri per i loro figli incompetenti. Un’onda altissima, una rivolta che non conosce destra né sinistra, una sollevazione di popolo. L’eco dello tsunami è arrivato fino alle stanze ovattate della reggia se di punto in bianco il re e suo figlio Felipe hanno comunicato la decisione sovrana di ridursi del 7 per cento il vitalizio: da 290 a 270 mila euro quello di Juan Carlos, da 145 a 135 quello dell’erede al trono.

Mentre ancora ed ogni giorno si stendono per strada a simulare la morte uomini e donne vestiti di nero finalmente, dopo una settimana, la rampolla dei Fabra ha chiesto scusa, “mandarli a farsi fottere è stato inopportuno“, poi sottovoce ha detto “non penseranno mica che voglia diventare io il capro espiatorio”, perbacco. Il governo ha annunciato in pompa magna, dopo lungo conclave, che i “mileuristas”, coloro che guadagnano meno di mille euro, avranno la tredicesima. Quelli che prendono fino a 962 euro netti, per l’esattezza.

Peccato che, a conti fatti, siano meno di 15 mila: lo 0,6 per cento del totale. Peccato anche che in questo modo chi guadagna 960 euro finirà per avere più di chi ne prende 1100, una guerra fra poveri, nuove e più sgomente proteste. Per la prima volta nella storia del Paese si è assistito in diretta, durante il telegiornale delle nove di sera, all’occupazione del video. Canale 9, la tv autonoma di Valencia – le emittenti delle autonomie locali sono di proprietà delle regioni, in modo diretto o indiretto, e costano milioni di euro – ha presentato un piano di ristrutturazione in cui si annunciano 1295 licenziamenti. Il 76 per cento del personale. A casa, senza ammortizzatori. La nuova legge sui licenziamenti lo consente. Mentre il giornalista leggeva il tg hanno fatto irruzione nello studio a centinaia, quelli che non entravano hanno occupato il palazzo. Intervento della polizia, sgombero, trasmissioni interrotte, video nero. Alle famiglie a casa, all’ora di cena, è sembrato un presagio di guerra.

In effetti lo è. Fioriscono in rete appelli al razionamento, al boicottaggio dei consumi per contrastare l’aumento dell’Iva. Un decalogo diffusissimo inizia così: “Quando vuoi comprare qualcosa chiediti se è realmente necessario o se può aspettare. Non consumare energia: usa le scale per scendere e se puoi anche per salire. Spegni le luci, la sera usa candele. Limita l’uso di tv e computer: gioca a carte, leggi libri“.

Alla biennale di Venezia arriverà dalla Catalogna l’anno prossimo una performance intitolata “25%”, la percentuale dei disoccupati: dieci persone come fantasmi in vetrina. La copertina di un giornale portava la settimana scorsa le fotocopie di tre buste paga. Una maestra con 15 anni di servizio: 2000 euro. Un poliziotto di alto grado e fuori sede: 2300. Un consigliere comunale della stessa città: 5800. Intervistato, il consigliere comunale (34 anni, nessun titolo di studio, indicato dal partito e non eletto) diceva riecheggiando recenti parole di Rajoy: ci riprenderemo, è una fase, non siamo mica l’Uganda.

Di come vadano le cose in Uganda nessuno sa moltissimo, a queste latitudini. Il collasso della classe media del quarto paese più industrializzato d’Occidente [d’Europa, NdR] invece è qui sotto, basta affacciarsi alla finestra del Palazzo. Quasi tre milioni di persone coi piedi già in acqua. A lasciarli scivolare in mare sarà un’ecatombe. Non è detto che non corra sangue, nella lotta per la sopravvivenza. Non è detto, soprattutto, che senza equipaggio né rotta la barca comune non affondi comunque. 

http://www.repubblica.it/esteri/2012/07/20/news/spagna_pochi_soldi_e_tanti_sacrifici_la_classe_media_cos_ci_soffocate-39372664/

Messi, Kirchner, Rajoy – un magnifico rehén

Il governo spagnolo perde la testa e criminalizza Martin Luther King

 

E basta guardare il mercato immobiliare spagnolo per rendersi conto di quanto il paese sia nei guai. In marzo l’indice IMIE dell’immobiliare spagnolo ha registrato un calo record pari a -11,5 a 1.631 punti. Da quando ha toccato il picco massimo a dicembre 2007, l’indice dei prezzi delle case è crollato del 28,6%. Alla luce del crescente stress patrimoniale causato dal processo di deleverage del settore privato, dalle misure governativi di austerità e i requisiti di capitale che l’Europa imporrà, il sistema bancario spagnolo non ha molta scelta se non quella di ridursi. Uno dei modi più semplici è chiudere bottega e apportare tagli al personale. […]. La Spagna cadrà in una fase in recessione quest’anno, con il governo che prevede una contrazione dell’1,7% del Pil dopo una misera crescita dello 0,7% nel 2011. Visti gli ultimi dati, compreso il PMI di marzo, quelle previsioni sembrano addirittura ottimiste. Intanto dopo mesi di travagli economici e politici, il popolo greco sarà chiamato a recarsi alle urne il 6 e 7 maggio per votare un nuovo esecutivo.

http://www.wallstreetitalia.com/article/1359803/alla-spagna-ormai-resta-solo-la-negazione-della-realta.aspx

Un governo che toglie il guanto di velluto è un governo insicuro, timoroso, che se la vede brutta.

“Il ministro degli Interni, Jorge Fernandez Diaz, ha annunciato che prima del mese di giugno, il governo presenterà il progetto di legge di modifica del codice penale. La nuova riforma è destinata ad indurire tutti gli articoli che regolano i reati di ordine pubblico. Tra le nuove caratteristiche c’è anche quella di includere la “resistenza pacifica” tra gli “attacchi all’autorità”. Questa pratica è stata utilizzata dagli “indignati” della “primavera di Valencia”. Il Governo intende inoltre prendere in considerazione un aggravamento della disobbedienza all’autorità che si verifica in una dimostrazione o assembramento.

[…].

Il portavoce dell’Associazione Valenciana dei Giudici per la Democrazia, Ximo Bosch, asserisce che non è necessario cambiare il codice penale e che gli articoli vigenti “già puniscono gli atti criminali”. Bosch ritiene che l’intento dell’esecutivo sia quello di “criminalizzare le manifestazioni che nella stragrande parte dei casi sono state pacifiche”. “In un contesto di tagli, il governo fa un discorso di ordine pubblico per distogliere l’attenzione del pubblico”, dice. A suo avviso, inserire la “resistenza passiva” tra i reati “è inaccettabile” e tali misure suggeriscono che lo scopo della riforma “è più nel senso della repressione giudiziaria che dell’azione sociale”…La sua proposta: “Dovrebbero invece inasprire le pene per la corruzione, perché in questo caso stiamo offrendo un’immagine di impunità“.

Adoración Guamán, professoressa di diritto a Valencia e uno degli avvocati che hanno difeso gli indignati ha detto che la riforma “è un’azione preventiva” contro le manifestazioni: “Un giovane in carcere dopo una protesta perde la voglia di portare avanti le sue rivendicazioni

http://www.diarioinformacion.com/alicante/2012/04/09/reforma-penal-rajoy-convertira-actos-15-m-graves-delitos/1241732.html

“Di tutto questo quello che più ci dovrebbe interessare è quale sarà la reazione delle varie associazioni dei giudici, finora…Auspichiamo il loro rifiuto di una tale modifica del codice penale giacché, se si materializzasse, i giudici potrebbero trovarsi a presiedere un Tribunale dell’Ordine Pubblico, di tanta infausta quanto riprovevole memoria, esattamente come quelli dell’epoca franchista. C’è solo un passo tra questa riforma ed il ripristino di quei tribunali”.

http://www.diariosigloxxi.com/texto-diario/mostrar/83124/el-tribunal-de-orden-publico

PERICOLOSA RESTRIZIONE DEI DIRITTI. Tuttavia le dure misure annunciate, al di là della persecuzione dei singoli atti violenti, fanno pensare a una «pericolosa restrizione dei diritti», come ha spiegato a Lettera43.it David Bondia, professore di Diritto internazionale pubblico all’Università di Barcellona e direttore dell’Institut de drets humans de Catalunya (Istituto per i diritti umani della Catalogna).  Un’accusa non da poco.

UN INASPRIMENTO DELLE SANZIONI. La riforma propone infatti in primis un inasprimento delle sanzioni per contenere la violenza di strada. Il governo vuole inserire la resistenza passiva tra i reati classificabili come «attentato all’autorità», in modo da poter considerare, ad esempio, un pacifico sit-in degli indignados alla stregua di un attacco violento a un membro della forza pubblica. C’è poi l’intenzione di applicare ai disordini di piazza, «per motivi di ordine pubblico», alcune norme della legislazione antiterroristica promulgata negli Anni 90 per contenere il kale borroka, la lotta di strada dei manifestanti baschi vicini alla sinistra indipendentista abertzale.

«Il governo ha perso il lume della ragione», ha commentato con severità Bondia, «e anche i giudici stanno subendo la pressione del momento, tant’è che ci sono già persone detenute in via preventiva per impedire loro di partecipare alle prossime manifestazioni. Oltre ai tagli di bilancio, in questo Paese si stanno tagliando i diritti civili, cosa ben più grave. Si stanno minando le basi della nostra democrazia, rischiando di tornare indietro di 50 anni».

L’ALLARME: DIRITTI CIVILI A RISCHIO. Tra le novità annunciate dal ministro Díaz c’è l’inserimento, tra le «modalità di attacco violento ai funzionari di pubblica sicurezza», anche delle minacce verbali e lancio di oggetti.

Una nuova blindatura al già forte potere della polizia, ricordano le associazioni per i diritti umani, in un Paese che ha gli indici di criminalità più bassi dell’Unione europea e al contempo il tasso di detenuti più alto (157 per ogni 100 mila abitanti).

LA RESTRIZIONE SI ESTENDE ANCHE AL WEB. Nella proposta del governo Rajoy anche un attacco diretto a Internet, che sia nel movimento degli Indignados sia nelle proteste delle ultime settimane si è rivelato uno straordinario strumento di aggregazione. Convocare via web e sui social network manifestazioni sospettate di «alterare gravemente l’ordine pubblico» sarebbe considerato reato di organizzazione criminale, punibile con pene fino a 4 anni di carcere.

«Norma eventualmente inapplicabile, oltre che ingiusta», ha precisato Bondia, «perché porterebbe all’arresto di centinaia di migliaia di giovani che usano la Rete come strumento di condivisione di idee e progetti. Nessuno nega che ci siano i violenti e che vadano perseguiti. Il problema, però, è un altro: la gente scende in piazza perché vive disagi enormi, mentre lo Stato è disposto a tutto pur di fornire all’esterno un’immagine di rigore e “pulizia”».
NUOVA PROTESTA CONTRO LA RIFORMA. Il 14 aprile in molte città della Spagna si commemora la Seconda Repubblica, nata quel giorno del 1931 e finita il primo aprile del 1939, quando i falangisti di Francisco Franco, vinta la Guerra civile, entrarono a Madrid. Per i nostalgici dell’ordinamento repubblicano, l’evento di quest’anno diventa un’occasione per protestare contro la riforma del lavoro e le politiche di austerità del governo Rajoy, chiedendo più sicurezze nei diritti civili e sociali.

Soprattutto a Barcellona, città simbolo della resistenza al nazifascismo e di molte conquiste civili della nazione, come quelle relative ai diritti delle donne e degli omosessuali, che proprio nella città catalana hanno avuto i primi focolai.

Al ministro dell’Interno Díaz, secondo il quale «non è questo il momento per fare del buonismo giuridico», il professor Bondia risponde: «In strada ci saranno migliaia di persone, memori che il diritto alla salute, all’istruzione e allo sciopero sono gravemente minacciati. E i giovani sappiano che ciò che hanno ereditato dai vecchi non è scontato che ci sia anche domani»”.

Sabato, 14 Aprile 2012

http://www.lettera43.it/economia/macro/spagna-proteste-senza-diritto_4367547282.htm

“In Europa si assiste all’inasprimento del codice penale contro chi ha partecipato alle manifestazioni di protesta degli ultimi mesi e alla criminalizzazione degli stessi movimenti che si mobilitano per opporsi alle nuove misure economiche. È accaduto rispetto agli scontri di Londra lo scorso agosto, a quelli di Roma lo scorso ottobre e per i fatti avvenuti la scorsa estate in Val Susa e ora ci passano anche i giovani spagnoli dopo l’enorme mobilitazione che ha visto scendere nelle piazze della penisola iberica migliaia di persone.

Una nuova riforma del codice penale è stata pensata già da tempo in Spagna e nelle varie comunità autonome. Il ministro degli Interni, Jorge Fernández Díaz, ha giustificato oggi in una sessione del Congresso, le nuove proposte in materia di sicurezza dicendo che questo inasprimento delle pene è necessario per combattere contro quella che il ministro definisce una “spirale di violenza” praticata da “collettivi anti-sistema” che praticherebbero “tecniche di guerriglia urbana”, secondo quanto riporta l’agenzia Europe Press e il quotidiano Publico.

Tutte le misure che sono state annunciate nei giorni scorsi, insieme a quelle sostenute oggi dal ministro degli Interni, sono destinate a mantenere un maggiore controllo dell’ordine pubblico. Ma la preoccupazione più grande denunciata dai movimenti di protesta sta nella maniera in cui certe misure sono state pensate.

Una condanna più severa riceveranno coloro che parteciperanno a manifestazioni violente, con misure che ricordano i precedenti nei Paesi Baschi, secondo quanto ha offerto lo scenario del 29 marzo a Barcellona. Verrà proposto il reato di “minare le autorità con resistenza passiva o attiva” con chiari riferimenti, invece, a quanto avvenne il 15 marzo dopo le manifestazioni studentesche a Valencia.

Quest’ultimo provvedimento condannerebbe per aggressione tutte le persone che parteciperanno a proteste spontanee e che quindi non avrebbero ottenuto un previo permesso da parte della presidenza del governo. Non solo la partecipazione è giudicata un atto punibile, secondo le nuove misure infatti è considerato reato anche la diffusione nella rete (social network in primis) di materiale che viene chiamato “violento” e “inquietante per l’ordine pubblico”. Potrebbero ricadere sotto quest’ultima fattispecie la pubblicizzazione di eventi che non sono stati autorizzati o nei quali si rifiuta di sgomberare un posto nonostante l’avvertimento della polizia. Esattamente quanto successe il 15 maggio e nei giorni seguenti a Puerta del Sol a Madrid.

I movimenti di protesta salutano, per ora, le nuove misure con un ironico “Hola dictatura”. Ma ci sarà da aspettarsi ben altro, visto che il recente acuirsi della repressione ha portato anche ad un morto nei Paesi Baschi”.

http://www.eilmensile.it/2012/04/12/nuovi-codici-di-sicurezza-il-reato-di-resistenza-passiva/

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