Mini Expo WazArs dell’artigianato creativo – seconda edizione (20 settembre)

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Il 20 Settembre 2014 dalle 18 alla Bookique di Trento torna il Mini Expo della Creatività (prima edizione, immagini dell’esordio) alla sua seconda edizione!
Con musica, aperitivi, vari workshop, una serata dedicata a tutti i creativi!
Il parco della Predara sarà tutto per noi.
Il tema è “Contrasti”: Sole e Luna, Chiaro e Scuro, Duro e Morbido, Vivacità e Quiete.

Informazioni per chi desidera partecipare:
– la scadenza per avanzare la propria candidatura è il 25 agosto;
– per la selezione ci servono immagini delle creazioni più rappresentative e specialmente di quelle che si desiderano sviluppare in futuro + una descrizione del tipo di laboratorio che si intende offire al Mini Expo;
– il numero di posti disponibili è limitato ma questa manifestazione si ripete stagionalmente: ci saranno altre occasioni;

http://wazars.com/

L’obbligo di morire in una società che invecchia – un altro delirio della torre d’avorio

di Stefano Fait

La frase “non mi sento ancora pronto per morire” non esenta una persona anziana dal dovere di farlo. Raggiungere l’età di 80 anni senza sentirsi pronti a morire è già di per sé un fallimento morale, l’indicazione di un’esistenza dissociata dalla realtà fondamentale della vita. Il dovere di morire può sembrare severo, e talora lo è, ma se davvero ci tengo alla mia famiglia, il dovere di proteggerla sarà spesso accompagnato da un profondo desiderio di farlo. Normalmente uno vuole proteggere le persone che ama: non è solo un dovere, è anche un desiderio. Di fatto, posso facilmente immaginare di volere risparmiare alle persone che amo il peso della mia esistenza più di quanto possa volere altre cose.

John Hardwig, “Dying at the Right Time: Reflections on Assisted and Unassisted Suicide”, 1996

La tesi che esiste un dovere di morire potrà sembrare ad alcuni come una risposta sbagliata alle negligenze della società. Se la nostra società si prendesse cura di disabili, malati cronici ed anziani come sarebbe suo compito fare, ci sarebbero solo rari casi in cui far valere quest’obbligo. Alla luce delle contingenze presenti, sto domandando ai malati e disabili di fare un passo avanti ed accettare una responsabilità che la società non intende assumersene un’altra. […]. Non devo, perciò, vivere la mia vita e pianificarla partendo dal presupposto che le istituzioni sociali proteggeranno la mia famiglia dalla mia infermità ed invalidità. Sarebbe da irresponsabili. Più plausibilmente, spetterà a me proteggere le persone che amo.

John Hardwig, “Is there a duty to die?”, Hastings Center Report 27, no. 2 (1997), p. 34-42

Queste persone animate dalle migliori intenzioni [come Hardwig], ahimé, non vivono nel mondo reale…Il loro mondo ideale non contiene figli e figlie o generi e nuore che non dimostrano amore e rispetto verso i loro genitori e suoceri…dove gli eredi non sono oberati da debiti che sarebbero saldati così facilmente se solo il nonno si desse una mossa a morire. Il loro mondo ideale contiene dottoresse ed infermieri che non necessitano di alcun tabù perché sono naturalmente più virtuosi, nobili ed intelligenti delle altre persone…medici ed infermiere che non trattano mai i loro pazienti sprezzantemente e non si stufano mai di avere a che fare con vecchi sporchi e molesti…che non falsificherebbero mai le cause della morte e non violerebbero mai la legge. [in questo mondo ideale] persino i dottori che hanno già violato le norme vigenti contro l’eutanasia non violerebbero o interpreterebbero arbitrariamente nuove leggi in materia.

Jenny Teichman, “Social ethics”, pp. 84-85

Il caso di Eluana dimostra ancora una volta che le persone restie ai condizionamenti vengono mal tollerate; reclamando il diritto alle loro libertà fondamentali sovvertono l’ordine prestabilito e questo infastidisce e spaventa.

Beppino Englaro – una riflessione applicabile anche al dibattito sul dovere di morire

John Hardwig, Dan Callahan, John Beloff, Margaret Pabst Battin, Judith Lee Kissell, Marilyn Bennett, Julian Savulescu, John Harris si sono tutti espressi in favore del dovere di morire. Lo ha fatto anche Richard Lamm, governatore del Colorado negli anni Ottanta.

John Harris (“Immortal Ethics”, Annals of New York Academy of Sciences, 1019, pp. 527-534, 2004), immagina un futuro in cui si porranno in essere pulizie generazionali (sul modello della pulizia etnica) decidendo collettivamente quanto a lungo è ragionevole che una persona possa vivere e garantendo che il numero più ampio possibile di persone possa farlo in buona salute fino a quell’età limite, per poi “invitarle” a suicidarsi – ingenerando nell’opinione pubblica un certo tipo di aspettative, nonché imbarazzo, disagio e vergogna in un ottuagenario che non voglia morire. In alternativa, suggerisce Harris, ci si potrebbe astenere dal somministrare certe cure o servizi di assistenza, oppure si potrebbe riprogrammare il genoma in modo tale da riattivare i geni dell’invecchiamento per dar spazio alle nuove generazioni, in uno scenario perfettamente descritto in un recente film che consiglio a tutti di vedere:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/03/01/in-time-occupy-hollywood-e-la-lotta-di-classe-del-terzo-millennio/

Nietzsche approverebbe, visto che definiva i malati [e lui stesso era malato] dei parassiti della società la continua esistenza dei quali, in certe condizioni, è indecente.

Dovremmo domandarci qual è la linea che separa il diritto di scegliere il suicidio e il dovere di scegliere di liberare gli altri della nostra presenza.

Il sacrosanto diritto di morire con dignità e quindi l’altrettanto sacrosanto diritto al suicidio assistito, non deve convertirsi gradualmente dapprima nel dovere di morire con dignità, poi nel diritto della società di insistere che le persone muoiano dignitosamente ed infine nell’eutanasia involontaria. Purtroppo però, come testimoniano i filosofi sopracitati, quando la qualità della  ed il suo costo sociale diventano i criteri principali per valutare se una vita sia degna di essere vissuta, improvvisamente uno si trova a dover meritarsi di poter vivere. Ingranaggi della megamacchina, abbiamo valore solo se siamo efficienti:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/03/18/la-soluzione-finale-alla-questione-dei-disabili-secondo-il-governo-inglese-cazzi-loro/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/03/19/questa-e-blasfemia-questa-e-pazzia-questa-e-oxford-quando-linfanticidio-diventa-un-diritto-inalienabile/

Non è implausibile immaginare che un giorno saranno inaugurati dei corsi di gestione mortuaria.

Dovremmo tener conto del fatto che quello del vecchio eschimese che si fa trasportare via dal ghiaccio verso la morte è un mito occidentale non confermato dai dati etnografici e, se anche fosse vero, noi non viviamo sulla banchisa polare, come forse molti hanno intuito.

Come può essere saggio generare delle pressioni morali o persino normative che spingano gli individui a porre termine alla propria vita (e che avranno effetti devastanti su chi ha già fantasie suicide)? È un genere di società in cui è desiderabile vivere quello che persuade persone di qualunque età che si trovano nella condizione di costituire un “fardello” per la famiglia e per la collettività che è giusto sentirsi in dovere di togliersi di mezzo con un suicidio o un suicidio assistito?

Che messaggio stiamo mandando alle persone che sono già molto anziane, molto malate e gravemente disabili? Si rendono conto, questi “filosofi morali”, che prima o poi anche loro rientreranno in una queste categorie? Non è abbastanza evidente che questo discorso indurrebbe moltissime persone che già si sentono in colpa a sentirsi di troppo sebbene non lo siano, e questo proprio quando il progresso tecnologico consente loro di condurre vite meno dipendenti dagli altri e più attive di quel che sarebbe stato lecito attendersi in passato?

Anni di assistenza a persone non-autonome mi hanno insegnato che prendersi cura del prossimo non è solo un peso, può anche essere un piacere ed una lezione di vita impareggiabile. Lo stress, l’ansia e anche il fastidio di certi momenti è più che compensato da un rapporto umano fatto di dialogo, di esplorazione dell’interiorità di entrambi e di affetto, se non amore.

Che reazione avrei se dovessi scoprire che una persona di cui dovevo prendermi cura ha scelto di togliersi la vita per non importunarmi con la sua presenza? Come potrei sentirmi sicuro che non malinterpreterà certe mie parole o gesti, decidendo che i sacrifici di cui mi faccio carico sono eccessivi? E che cosa succederebbe se il tentativo di suicidio di questa persona fallisse, aggravando ulteriormente la sua condizione: dovrei completare l’opera io?

Com’è possibile che questi pensatori non siano capaci di pensare alle ramificazioni più essenziali dei loro ragionamenti? Si sentono razionali perché sanno ipersemplificare l’esperienza umana? Non sono forse pagati per esercitarsi nel pensiero profondo, insegnando ai loro studenti a fare lo stesso? Oppure gli unici ragionamenti validi, per loro, sono quelli che gratificano il loro ego, le loro predilezioni, e che non si insozzano nelle contraddizioni, incertezze e complicazioni della realtà vissuta?

A me pare che l’inevitabile deriva morale di una società che accetta il dovere di morire la porterà a declinarlo nel senso del dovere di uccidere. Se io ho il dovere di morire e non lo faccio, non c’è ragione di impedire a qualcun altro di togliermi la vita al posto mio, assolvendo un compito assegnatogli implicitamente dalla società. Qualcuno potrebbe andare in giro a uccidere vecchi, malati e disabili proclamandosi un giustiziere, un raddrizzatore di torti, un’esecutore della volontà generale.

La somma ipocrisia di questa società è che si possano immaginare certe situazioni future solo in virtù del fatto che gli elettori continuano a votare stolidamente a fidarsi dei media e a votare per politici che approvano esenzioni fiscali per i ricchi o sussidi per le grandi industrie e banche e continuano a spendere per gli armamenti di destra o “sinistra” che siano.

DIRITTO ALLA VITA, DIRITTO ALL’ABORTO E DIRITTO AL SUICIDIO

Il diritto alla vita comprende, naturalmente, anche il diritto al suicidio. Non si può pensare che il suicidio sia un reato se si stabilisce che la mia vita è mia e di nessun altro, tanto meno proprietà dello stato, della società o di un dio/dèi. Se la mia vita è mia – e solo un fanatico mitomane indegno della mia attenzione potrebbe pensare che non lo sia – la posso anche concludere prematuramente e la società non ha il diritto di tenermi in vita contro la mia volontà. Il diritto all’aborto è collegato al diritto al suicidio nel senso che la donna non può essere considerata come un mero strumento biologico di perpetuazione della Vita. Entrambi questi diritti scaturiscono da e tutelano il senso che la mia vita non è una proprietà e non può essere adoperata da altri, né tantomeno sprecata da altri.

Se non capiamo questo semplice concetto rischiamo, un giorno, di risvegliarci in una società in cui lo stato si è fatto paladino della qualità della vita e ha promulgato norme che sanciscono l’obbligo di provvedere tutti i cittadini del servizio di una morte rapida e confortevole tramite la sospensione di trattamenti medici somministrati a pazienti la cui “qualità della vita” è anche solo marginalmente compromessa.

IL RISPETTO DELLA VITA UMANA E DELLA SUA DIGNITÀ

Una persona che non è più consapevole o normodotata non è meno umana degli altri, tanto quanto un maschio non è meno mammifero solo perché non ha le mammelle. L’unico significativo discrimine tra esseri umani è la morte. Prima si è interamente umani, poi lo si è meno; ma ancora permane, giustamente, un particolare rispetto per la salma che, di norma, non è trattata come un semplice ammasso di materia organica. Per come la vedo io, se perdessimo il rispetto per la dignità dei vivi e dei morti non saremmo più degni di continuare ad esistere e sarebbe meglio che una pestilenza ci spazzasse via tutti al più presto.

 

Scozzesi, baschi, catalani e sudtirolesi alle prese con il Nuovo Ordine Europeo

a cura di Stefano Fait

 

 

La seconda grande lezione della guerra del Kosovo è che non ci sono più scontri ineluttabili di culture, etnie e civiltà, se non nelle interpretazioni dei loro fautori. Le motivazioni e i comportamenti reali dei protagonisti di questi scontri sono molto distanti da quelli attribuiti loro dalla politica, dalla diplomazia e dal circuito dell’informazione internazionali. Il Kosovo non è una provincia di odi etnici secolari e di fanatismo religioso. E il resto dei Balcani non è diverso.

Pino Arlacchi, prefazione a “La Torre dei Crani. Kosovo 2000-2004”, di Antonio Evangelista

http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5597

Anche se la maggior parte delle persone continua a credere che la facciata della realtà sia tutta la realtà, le cose stanno diversamente:

http://fanuessays.blogspot.com/2012/01/ferruccio-pinotti-sui-poteri-occulti.html

Pensiamo solo alla candidatura della Clinton alla direzione della Banca Mondiale:

http://www.reuters.com/article/2011/06/09/us-obama-clinton-worldbank-idUSTRE7586P720110609

Cosa ci dice sull’equanimità, indipendenza e democraticità delle istituzioni globali, quelle che decidono delle sorti di popoli e nazioni?  Cos’è la Banca Mondiale, un istituto finanziario o un’appendice politica globale dell’impero anglo-americano?

E cosa ci dice la spietatezza con la quale sono stati trattati milioni di Greci, come se fossero collettivamente colpevoli, o la virulenza della germanofobia che si diffonde attraverso il continente?

Il bullismo delle istituzioni europee è ormai sfrenato. Ora se la prendono con la Spagna perché il nuovo governo conservatore di Mariano Rajoy ha ritardato l’implementazione delle misure di austerità a dopo le imminenti elezioni regionali perché, comprensibilmente, non è entusiasta all’idea di danneggiare i candidati del suo partito. Le sanzioni contro la Spagna sono assai probabili e potranno ammontare ad una quota pari a fino allo 0,1% del suo PIL:

http://www.euronews.net/business-newswires/1386450-eu-to-punish-spain-for-deficits-inaction/

Non è ancora chiaro se l’obiettivo sia quello di far vedere chi comanda o, il che è più probabile nel caso della Grecia, arrivare alla sua espulsione facendo ricadere la colpa interamente su di essa – strategia dell’agnello sacrificale. In Giappone i media spiegano ai cittadini giapponesi che se non accetteranno l’austerità finiranno come gli Italiani, in Italia ci spiegano che se non accetteremo l’austerità faremo la figura dei Greci. Ai Greci hanno spiegato che se non avessero accettato un severissimo regime di austerità sarebbero finiti male. Onestamente non vedo come possano finire peggio di così, salvo un’eventuale occupazione da parte di un esercito invasore o l’instaurazione di una dittatura militare.

Difficile che l’Unione Europea voglia fare a meno della Spagna, che è un boccone molto grosso. Dunque l’intento degli eurocrati potrebbe essere quello di intimidire gli Spagnoli. È l’ultima fase della strategia iniziata con un flusso di capitali in eccedenza (nazionali e bancari) diretto verso i PI(I)GS che garantisse il loro ingresso in Europa per poi poterli spennare, con la complicità dei politici locali, e simultaneamente spennare i contribuenti delle nazioni ricche:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/02/16/basta-prendersela-coi-tedeschi-siamo-tutti-sulla-stessa-barca/

Ora, scatenata la crisi, banche ed istituzioni europee sono legittimate a maramaldeggiare ed interferire con gli affari interni dei vari paesi nel mirino, facendosi passare per le vittime che pretendono a buon diritto dei risarcimenti, quando invece sono degli usurai/pusher che sapevano molto bene fin dall’inizio che stavano facendo cadere in trappola le loro prede. Questa conclusione non ha un puro valore teorico: la correttezza di questo ragionamento comporta che siamo di fronte a persone (sociopatici? psicopatici? schizoidi? narcisisti?) che si sono macchiate di vari crimini contro l’umanità per via della loro sconfinata avidità e carenza di coscienza/empatia. Ci sono dunque evidenti implicazioni giuridiche e morali di cui i futuri partigiani/resistenti/rivoluzionari e storiografi dovranno tener in conto. A ciò si dovrebbero aggiungere i capi di imputazione che si sono guadagnati nei rapporti con i paesi in via di sviluppo e che i cittadini delle nazioni “evolute” hanno convenientemente trascurato (qualche miliardo di umani in surplus).

Ad ogni buon conto, sebbene l’attuale configurazione istituzionale dell’Unione Europea sia ben lontana da quella statunitense, Bruxelles si comporta già come Washington, un atteggiamento che fino a pochi anni fa sarebbe stato giudicato intollerabile. La paura della crisi ha ammansito gli Europei. Per ora, solo i Greci hanno cominciato a dire no. È auspicabile che non siano gli unici, che non siano lasciati da soli. Se ho imparato a conoscerli bene, non penso che gli Spagnoli si asterranno dalla lotta. Così, mentre la sfera egemonica anglo-americana (e non solo) spinge centripetamente nella direzione di un governo mondiale, parallelamente prendono forma forze centrifughe che sono istantaneamente demonizzate, bollate come “etnopopulismi reazionari” anche quando hanno un carattere autenticamente progressista, democratico ed umanista/umanitario nel senso più vero del termine.

Come non tutto il separatismo sudtirolese è xenofobico e regressivo, così i movimenti catalani, baschi, galiziani, scozzesi, corsi e sudtirolesi/altoatesini per l’autodeterminazione non possono essere tutti, o nella loro interezza, designati come anti-moderni ed anti-europeisti. Quel che è certo è che non si lasceranno sottomettere facilmente. Non ho idea di quali potranno essere le conseguenze, ad esempio in Alto Adige, ma ho l’impressione che le perduranti conflittualità tra maggioranze e minoranze saranno sfruttate nel nome del divide et impera ed occorrerà fare di tutto per evitarlo, apprendendo le lezioni della storia:

http://fanuessays.blogspot.com/2011/11/si-puo-evitare-una-terza-guerra-civile.html

Sia come sia, la Scozia ambisce a tentare la strada della devoluzione integrale, se possibile tra il 2014 ed il 2016:

http://www.guardian.co.uk/uk/scotland

I politici inglese sono estremamente preoccupati riguardo a questo sviluppo non perché temano la secessione (non ci sarà, gli Scozzesi preferiscono una piena devoluzione alla problematica creazione di uno stato nazionale) ma perché sanno che il partito nazionalista scozzese (Scottish National Party) è progressista ed anti-neoliberista, ossia è la bestia nera delle politiche in voga nell’eurozona e che sono invece guardate come il fumo negli occhi nei paesi nordici, dall’Islanda alla Finlandia. Addirittura il leader dei nazionalisti scozzesi, Alex Salmond, ha dichiarato di voler servire da esempio per tutte le forze progressiste del Regno Unito e oltre. Insomma, Salmond vuole portare all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale ed internazionale tutti quegli argomenti che le oligarchie autoritarie dell’eurozona e della City di Londra cercano di mantenere lontano dai riflettori. Odiano il pluralismo, specialmente nei media. Odiano l’idea che qualcuno possa decidere di proporre sul serio – e non nella certezza che non si farà mai (cf. Merkel e Sarkozy) – l’introduzione di forme di tassazione delle transazioni finanziarie, o di contrastare l’evasione fiscale delle élite e le iniziative militari del Regno Unito e della NATO in giro per il mondo. Un esempio del genere sarebbe devastante per il loro monopolio della percezione pubblica della realtà. Nascerebbe un’autentica alternativa, non si potrebbe più dire che esiste un unico modo di affrontare la crisi e lasciarsela alle spalle. Il neoliberismo troverebbe un avversario in grado di sconfiggerlo, in Scozia, in Galles, nell’Irlanda del Nord, nella stessa Inghilterra e in Irlanda, qualcuno che sventoli la bandiera della giustizia sociale e dell’autodeterminazioni degli individui.

La Scozia potrebbe ambire anche all’indipendenza visto che produce più ricchezza della media britannica e invia a Londra più imposte dei trasferimenti statali che riceve in cambio, si emanciperebbe da politiche che favoriscono invariabilmente Londra ed il Sud-Est e che aggravano le disparità sociali, privatizzando le risose e servizi pubblici, non dovrebbe partecipare a guerre alle quali si oppone, si denuclearizzerebbe, si potrebbe opporre al continuo afflusso di scorie nucleari sul suo territorio, potrebbe diventare energeticamente autonoma, grazie allo sfruttamento delle rinnovabili, del petrolio e del carbone, avrebbe un seggio all’ONU e nell’Unione Europea. Le esportazioni di whisky scozzese rappresentano il 25% delle esportazioni alimentari britanniche. La Scozia potrebbe aspirare a raggiungere i paesi nordici in termini di sviluppo umano e qualità della vita.

La Catalogna vorrebbe l’autodeterminazione per il 2014, a trecento anni dalla perdita della sua indipendenza. Ci sono ostacoli ma si insiste, prendendo a modello la Scozia:

http://www.europapress.es/catalunya/noticia-carod-defiende-referendum-independencia-2014-si-era-viable-20120112111211.html

I separatisti sudtirolesi si ispirano ai separatisti catalani:

http://www.gruene.bz.it/index.php?option=com_content&view=article&id=287:lautodeterminazione-lalto-adige-non-e-la-catalogna-selbstbestimmungsuedtirol-ist-nicht-katalonien-&catid=35:landtag-consiglio-provinciale&Itemid=64&lang=it

http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2011/04/12/news/klotz-l-esempio-della-catalogna-3930391

Qui un sommario confronto tra le due esperienze:

http://fanuessays.blogspot.com/2011/11/separatismo-sudtirolese-separatismo.html

La situazione altoatesina è particolarmente delicata:

http://fanuessays.blogspot.com/2011/12/quel-che-i-politici-altoatesini-non.html

http://fanuessays.blogspot.com/2011/12/auspici-per-il-2012ed-il-2013ed-il-2014.html

http://fanuessays.blogspot.com/2011/12/giustizia-e-riconciliazione-in-alto.html

http://fanuessays.blogspot.com/2011/10/alex-langer-twin-peaks.html

In inglese:

http://fanuessays.blogspot.com/2011/12/gemutlich-segregation-multiculturalism.html

L’inevitabile, grave recessione infiammerà gli animi. Lo si intuisce esaminando le tendenze di voto per il partito nazionalista scozzese:

1929 3,000
1931 21,000
1935 30,000
1945 27,000
1951 7,000
1955 12,000
1959 21,000
1964 64,000 – 1963: scoperti giacimenti petroliferi nel Mare del Nord
1966 128,000
1970 307,000 – 1969-1970: scoperta di due enormi giacimenti petroliferi al largo della costa scozzese

1974 633.000 – [la prima di due elezioni]
1974 839,000 – 1973-1974: crisi petrolifera, crisi economica, austerità

1979 504,000
1983 497,000
1987 416,000
1992 629,000 – sfarinamento dell’Unione Sovietica in varie repubbliche indipendenti e Guerra del Golfo

1997 621,000 – Hong Kong torna alla Cina
2001 464,000
2005 412,000
2010 491,000 – crisi economica

Così proprio l’arma che doveva servire a sottomettere i popoli potrebbe ritorcersi contro gli aguzzini. Tutto dipende da come la gente impiegherà Internet, se per informarsi e poi rifiutarsi di cooperare, o per prendere per buone le versioni ufficiali delle autorità e servirle. Per il momento non sembra probabile che l’Internet possa essere soppressa a breve e in misura significativa. Dunque c’è la speranza che sempre più gente si renda conto, tra le altre cose, che altri paesi, prima della Grecia, hanno fatto default senza finire all’inferno, anzi – es. Russia, Brasile, Argentina, Ecuador, Messico – e si renda conto che non c’è alcuna ragione di credere che solo i Greci siano stati condotti al massacro dai propri politici.

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