11 settembre 1683–11 ottobre 2015: Vienna e l’Europa resistono alla marea nera

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Qualcuno sta manipolando la nostra percezione della crisi e della realtà per scatenare uno scontro di civiltà nel cuore dell’Europa.
Chi potrà mai essere? (domanda retorica)

VIENNA RESISTE ANCORA E SEMPRE ALL’INVASORE
Allo stragista norvegese Anders Behring Breivik, un seguace della famigerata Scuola di Vienna, sionista e anti-musulmana (Nella Rete di Breivik. Nei siti frequentati dall’attentatore di Oslo, due link della Lega, Lettera 43, 12 settembre 2011) era molto cara la data dell’11 settembre (Il primo 11 settembre: Vienna, 1683, Corriere della Sera, 6 settembre 2009).
Vienna è stata anche la culla del neoliberismo che imperversa nell’odierna Europa.
È una delle quattro sedi dell’ONU.
Infine in questa magnifica città hanno soggiornato, contemporaneamente, alcune delle figure storiche più significative per la costruzione dell’orizzonte ideologico del populismo razzista europeo (1913: When Hitler, Trotsky, Tito, Freud and Stalin all lived in the same place, BBC, 18 aprile 2013).

La capitale austriaca era perciò il trofeo più concupito dalle destre europee e da chi le finanzia generosamente.

Heinz-Christian Strache, il nuovo Haider, aveva impostato la campagna elettorale per la conquista di Vienna fondendo questo tipo di motivi mitologici con l’ostilità nei confronti degli immigrati e dei rifugiati.
La maggioranza rosso-verde che ha governato Vienna per tutto il dopoguerra, elevandola a città più vivibile del mondo (in un testa a testa con Melbourne e Vancouver), ha invece difeso strenuamente i valori che guidano l’altra civiltà europea (libertà, uguaglianza, fratellanza, dignità).
Il risultato dell’11 ottobre: la civiltà progressista ha battuto la civiltà reazionaria in 21 distretti su 23 (Spö al 39,5%, l’Fpö di Strache al 31%, al terzo posto i Verdi con l’11,7%).
La sinistra austriaca ha conservato Vienna, nonostante Charlie Hebdo, i rifugiati, ISIS, ecc. perché ha scelto di non scimmiottare la destra xenofoba (Keep them out, lock them up, bomb them all, or…Europe and the refugee crisis, 5 ottobre 2015) e difendere invece i valori costituzionali europei.

LA RESISTIBILE ASCESA DELL’ESTREMA DESTRA
Per una generazione i media europei ci hanno bombardati con un unico, ossessivo messaggio: l’irresistibile ascesa dell’estremismo di destra. Eppure, nonostante l’austerismo neoliberista, la Guerra al Terrore, l’immigrazione di massa, la guerra di sanzioni con la Russia sulla crisi ucraina e l’ondata di profughi principalmente provenienti da Siria, Iraq, Yemen e Afghanistan (guarda caso!), la crescita è stata tutt’altro che irresistibile

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11 settembre 1683–11 ottobre 2015: Vienna e l’Europa resistono alla marea nera

Come risolvere la crisi dei rifugiati e la crisi siriana

Palestinian children play soccer 06 February 1988 in the ruins of Chatila refugee camp, southern suburb of Beirut. In January 1988, avowedly as a gesture of support for the uprising by Palestinians resident in Israeli-occupied territories, which had begun in December 1987, Nabih Berri, the leader of Moslem Shi'ite Amal militia, announced the ending of the siege of the Palestinian refugee camps in Beirut and southern Lebanon. 27 June 1988, the Arafat loyalist in Chatila camp were overrun and surrendered to the fighters belonging to the Syrian-backed group, al-Fatah Intifada (Fatah Uprising) of Abu Musa. The following day Syria granted 100 PLO guerrillas safe passage from Chatila to the camp at Ain al-Helweh. 07 July, Bourj el-Barajneh, Arafat's last stronghold in Beirut, was captured by the forces of Abu Musa, and 120 PLO fighters were evacuated to Ain al-Helweh refugee camp. (FILM) (Photo credit should read NABIL ISMAIL/AFP/Getty Images)

Se la vita di un altro essere umano per te ha poco o punto valore, come farai a difendere il valore della tua, qualora dovesse toccare a te?

No alla campagna di demonizzazione dei profughi/rifugiati come potenziali terroristi, nuovi barbari distruttori, parassiti insaziabili.

La soluzione non è l’internamento, non è l’espulsione e non è l’assimilazione coatta.

La soluzione (oltre a un sistema europeo comune di asilo) è la seguente:
1. unire le forze siriane e kurde contro ISIS;
2. bloccare gli aiuti turco-sauditi a ISIS;
3. prevenire i bombardamenti israeliani e inglesi (ci hanno già pensato i russi);
4. negoziare il passaggio di consegne tra Assad e il governo che gli succederà (l’hanno già proposto Assad in questi giorni e Mosca 3 anni fa);
5. organizzare l’assistenza ai profughi in Medio Oriente senza che facciano la fine dei palestinesi (scacciati da Israele a milioni e trasformati in rifugiati permanenti).

La pulizia etnica del Medio Oriente non deve avere successo.
I profughi iracheni, siriani, yemeniti e palestinesi devono poter tornare a casa.
Questa gente deve sapere che non farà la fine dei palestinesi e che deve cominciare a pensare a come ricostruire il proprio paese.

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Assad: “Se vuole fermare davvero i rifugiati, l’Europa deve smettere di aiutare i terroristi”

Assad non è un santo e ha certamente commesso i suoi crimini (per questo se ne dovrà comunque andare), ma era felice quando faceva l’oculista a Londra.
E’ stato costretto a governare la Siria e certamente non si aspettava di trovarsi in mezzo a una guerra civile.
Chi sostiene che non sia nulla di più di un mostro con cui non si può negoziare non si è minimamente informato su di lui e sulla Siria e sta facendo il gioco dei guerrafondai internazionali.
Come farebbe un leader odiato da tutti o comunque sostenuto da una minoranza di seguaci a tenere insieme un paese circondato da nemici, con 6-7 milioni di sfollati interni da gestire, alle prese con decine di migliaia di mercenari e jihadisti e un embargo totale da parte dell’Occidente?

Qualcuno me lo spiega in modo razionale e non usando scorciatoie logiche pescate dai nostri media?

Most Syrians back President Assad, but you’d never know from western media, Guardian, 17 gennaio 2012

P.S. fin dai primi giorni (proprio come in Libia) gli insorti hanno preso d’assalto un commissariato e ucciso diversi poliziotti, ma a noi ci hanno detto che le proteste erano rigorosamente nonviolente. Nel giro di pochi giorni gli oppositori nonviolenti sono stati messi ai margini e l’Occidente ha appoggiato la lotta armata. Come mai? A chi faceva comodo far tacere i nonviolenti e i diplomatici e spingere per un’escalation?
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/07/27/uninchiesta-del-guardian-ci-spiega-chi-ci-vuole-portare-in-guerra-e-perche/

https://socialforecasting.wordpress.com/2015/08/03/what-will-happen-to-syria/
https://socialforecasting.wordpress.com/2015/09/06/a-saudi-afghanistan-the-chickens-will-come-home-to-roost-in-yemen/
https://socialforecasting.wordpress.com/2015/09/15/keep-them-out-lock-them-up-bomb-them-all-or/

La “civiltà occidentale” ha il diritto di esistere?

11987137_1045145435496586_1903334274013560540_nPREMESSA BREVE
Il titolo è radicale, non l’analisi.
Il titolo fa riferimento all’idea di “civiltà occidentale” difesa dai bruti citati dopo le premesse (sotto le cronolinee).
L’analisi sostiene che quella civiltà occidentale (che non è la mia e spero non sia la vostra) non ha alcuna ragione di esistere, essendo un cancro dell’umanità.

PREMESSA LUNGHISSIMA

Le anime belle della sinistra devono affrontare la realtà.

La rozzezza di chi difende un certo tipo di trattamento riservato ad altri esseri umani e un certo tipo di “civiltà occidentale” che appartiene a secoli bui rende improvvisamente attualissimo un grande film – CLOUD ATLAS – che aveva spiegato molto bene quale sia la posta in palio: la scissione dell’umanità (e del suo futuro) in due o più ramificazioni.

Alcuni, a SINISTRA, si dolgono all’idea che l’umanità possa essere differenziata (plurima).

Detestano chi, a DESTRA, protesta che siamo DIVERSI e che un bianco non è un nero e non lo sarà mai.

Naturalmente la destra ha ragione da vendere e la sinistra ha torto.

Un fascista è un fascista ed è diverso da un non-fascista.

Mentre un fascista ha il diritto di esistere, il fascismo non ce l’ha, come non ce l’ha l’antifascismo (o la civiltà “occidentale”, quella “cinese”, quella “islamica”, quella “ebraica”, ecc.).

Le idee non hanno alcun diritto di esistere. Si scontrano nell’arena della storia. Alcune vincono, altre perdono.

La questione dei rifugiati ha riesumato vecchie idee (marchiature, campi di concentramento, muri, demonizzazione, disumanizzazione, caccia alle streghe) che hanno trasformato la civiltà occidentale in una MACCHINA DI MORTE (da Cortés alle guerre dell’oppio, all’Olocausto, alla Guerra al Terrore).

In mezzo a questo orrore chi si è opposto (es. Bartolomé de las Casas, Martin Luther King, papa Francesco e, dall’altra parte, tutti quelli che hanno difeso un uso umanitario della tecnoscienza) ha potuto fare molto poco e se non la pensiamo così è molto probabilmente perché siamo diventati cinici e disincantati e ci accontentiamo di quasi niente (di molti secoli per poter abolire la schiavitù e altri secoli per abolire il servaggio debitorio-salariale, che ci sembra così naturale).

Al momento forse sono pochi quelli che possono credere che la polarizzazione tra gli esseri umani (che ignora categorie politiche, razziali, di genere, ecc.) possa arrivare a un punto tale da causare una scissione definitiva tra due (o più?) umanità.

I più sono certi che la polarizzazione sui social media e nei forum sia dovuta alla natura stessa dello strumento.

Io penso che si sbaglino. Siamo di fronte a una cesura radicale, epocale (La sesta estinzione e il prossimo balzo evolutivo della civiltà umana, FuturAbles, 15 agosto 2015).

La separazione è già un dato di fatto. Quante persone avete perso di vista che una volta frequentavate assiduamente e ora se le incontrate non sapete che dire e non vedete l’ora di salutarvi?
Con quante persone preferite non avere più contatti perché pensano cose che per voi non stanno né in cielo né in terra (“ma una volta non erano così”)?
L’umanità si sta dividendo tra quelli che mettono in discussione la realtà, ad ogni livello, e quelli che sostanzialmente o entusiasticamente la accettano.
Nulla del genere e non su questa scala, era mai successo in passato, fin dai tempi della comparsa di Cro-Magnon.

Non sto parlando di separazione fisica/geografica, ma psichica/spirituale.
Grazie a internet il vostro migliore amico/mentore/partner può abitare dall’altra parte del mondo ed essere cresciuto in una cultura totalmente altra, mentre invece i vicini coi quali non avete nulla in comune li potete ignorare tranquillamente.

Mentre sono convinto che, per quanto è possibile, sia utile e giusto unire l’umanità, una sua parte (nazista, ebrea, extracomunitaria, leghista, femminile, maschile, islamica, atea, gay, etero, ecc. non importa) resterà refrattaria e quella parte lì – e in special modo la mentalità che diffonde e che vuole imporre a tutti gli altri – è quella che rischia di portarci alla catastrofe.

Le anime belle della sinistra devono affrontare la realtà.

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Tomorrowland – The future of the future is ours to create

I profughi marchiati dalla polizia ceca con un numero di registrazione sull’avambraccio, il filo spinato ungherese e la richiesta di un leader nazionalista ceco di internare i rifugiati a Terezin (Theresienstadt), un ex campo di concentramento nazista, ci scuotono la coscienza.

Questa è la seconda chance per l’Europa e l’Occidente, dopo il test fallito con gli ebrei nel secolo scorso.

Non siamo partiti bene (Keep them out, lock them up, bomb them all, or…, 15 September 2015).

Wesley Clark, generale americano in pensione, già comandante supremo della forze NATO in Europa tra il 1997 e il 2000, propone di rinchiudere in campi di internamento i cittadini americani “a rischio di radicalizzazione” e raccomanda a Gran Bretagna, Germania e Francia di metter mano alle rispettive costituzioni per fare lo stesso (Wesley Clark: “Disloyal Americans” should be tossed in internment camps for the “duration” of the war on terror, Salon, 20 July 2015).

L’intellettuale di riferimento di Marine Le Pen (Marine Le Pen verrait bien Eric Zemmour comme son ministre de la Culture, BFMTV, 14 settembre 2015), Éric Zemmour, non esclude la prospettiva di deportare 5 milioni di musulmani francesi perché incompatibili con una non ben definita “francesità” (Il successo di Zemmour, l’arrabbiato anti-élite «La Francia si è suicidata», Corriere della Sera, 30 ottobre 2014).

L’ancor più influente Bernard-Henri Lévy, annunciando la morte imminente dell’Europa, dichiara che se la Siria fosse stata sufficientemente bombardata la crisi dei rifugiati siriani non avrebbe mai avuto luogo (Migrants: pour qui sonne le glas? Project Syndicate, 31 agosto 2015).

Il folgorante motivo del suicidio collettivo di una civiltà nazionale (Francia) e transnazionale (Europa) trova il suo portavoce tedesco nell’economista e controverso commentatore socio-politico Thilo Sarrazin, autore diDeutschland schafft sich ab” (“La Germania si auto-abolisce”). Questi invita l’opinione pubblica tedesca a considerare la possibilità di erigere grandi opere difensive come la Grande Muraglia cinese o il Limes romano (“Sie können mich ja gern fragen, was ich täte, wenn ich Chef von Frontex wäre”, Die Zeit, 13 settembre 2015).

Piero Ostellino, più modestamente, vede negli immigrati e rifugiati un cavallo di Troia che ci snazionalizzerà e pretende che abbandonino la loro inconciliabile cultura pacificamente (Piero Ostellino, Il buonismo che ci acceca, Corriere della Sera, 10 gennaio 2015).

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Questa civiltà occidentale non è la mia e non so cosa farmene. Per come la vedo io, non ha alcun diritto di esistere e chi scrive non sente alcun dovere di rispettarla e tutelarla.

Prima si estinguerà, meglio sarà per il genere umano (Scontro di inciviltà o incontro di civiltà? Armageddon o Pace? WazArs, 13 gennaio 2015).

Che fine farebbe la Grecia se il resto d’Europa ascoltasse queste sirene e seguisse l’esempio magiaro, saudita e israeliano, erigendo muri e accusando i critici di altruismo patologico?

Sommersa dagli “indesiderati” (cf. Arendt), con un governo debole, neonazisti scatenati, una popolazione impoverita…imploderebbe.

Come detto, l’Europa si gioca tutto.

Oleh Tyahnybok, leader della destra ucraina

Oleh Tyahnybok, leader della destra ucraina (Ukraine underplays role of far right in conflict, BBC, 13 December 2014)

Rifugiati, eurozona, ordine globale: Cucinotta vs. Dezzani

video-operatrice-sgambetto-migrantihttp://www.giornalettismo.com/archives/1885686/video-operatrice-calci-sgambetto-migranti-ungheria/

Da
http://federicodezzani.altervista.org/emergenza-immigrazione-ed-isis-lextrema-ratio-salvare-la-ue/#

Vincenzo Cucinotta (commenta anche su http://www.aldogiannuli.it/)

Condivido quasi interamente le tesi esposte nell’articolo, con qualche elemento di dissenso.
Il punto di dissenso più importante riguarda il progetto di Stati Uniti di Europa che io non credo venga realmente perseguito.
Il progetto di globalizzazione a cui assistiamo, prevede a mio parere il mantenimento degli stati attuali, ma totalmente svuotati di capacità decisionale e ridotti a strutture puramente repressive. Gli stessi USA sono una nazione in cui il potere delle istituzioni è gravemente mortificato, dove il capo della NSA si permette di replicare piccato allo stesso Obama, come nel caso dello scandalo delle intercettazioni alla Merkel. Obama appare sempre più come un burattino manovrato da dietro le quinte ma anche sbeffeggiato in modo palese e pubblico. Non si tratta della tradizone del capitale di influenzare gli organi istituzionali, siamo ormai ad un potere effettivo che allo scopo di portere avanti il suo progetto, è disposto anche a palesarsi. Non v’è quindi una nazione imperiale, c’è una cupola internazionale che detiene il potere e parassita i singoli paesi, sfruttandone la forza militare e tutte le risorse statali in generale.
Mi chiedo pertanto quale possa essere l’interesse a portare avanti il progetto di una federazione europea, secondo me anzi si teme la possibilità anche remota che possa costituirsi una entità statale potente in cui si possa innescare un processo per quanto improbabile di democratizzazione. Soprattutto, a cosa servirebbe una volta che verrà approvato il TTIP? Io mi spingo fino a dire che addirittura dopo la sua approvazione, la UE si scioglierà avendo svolto la sua funzione di globalizzazione e da allora in poi potrebbe costituire soltanto un ingombro. Bastano gli stati svuotati di ogni reale potere, ma aventi la funzione di fare il lavoro sporco, lasciando alla cupola finanziaria solo vantaggi.
Credo poi che questi potenti non abbiano un piano così preciso e dettagliato, anche perchè sanno che la situazione finanziaria che hanno determinato andrà in poco tempo verso un big bang che la distruggerà. Credo piuttosto ad una logica di breve periodo, la logica dell’arraffamento di chi non vede un grande futuro.
Si può spiegare tutto ciò che l’articolo descrive così bene come finalizzato a creare uno stato di caos organizzato per cui l’ISIS viene foraggiata e nello stesso tempo bombardata con droni (ma senza esagerare…). L’ISIS ha la funzione di impersonare il male assoluto per la ferocia diomostarta verso le persone, ma addirittura anche verso il patrimonio culturale dell’umanità. Gli europei, ma non solo loro, devono essere terrorizzati ma non realmente danneggiati, in modo che riconoscano la capacità degli USA di difenderli e quindi rendere questo legame indispensabile.
Non credo enanche ad un piano esplicito riguardo alle migrazioni, mi pare che questi potenti facendo i propri interessi, creano come effetto collaterale tali danni che poi non sanno come riparare e quindi questi profughi vengono dirottati dove è possibile, fregandosene degli effetti conseguenti, ma senza tuttavia che si possa parlare di un piano prestabilito. A quanto pare, questo imporvviso flusso di siriani a distanza di così tanti anni dall’inizio del conflitto, dipenda da una scelta di Erdogan di cacciarli o comunque di sollecitarli ad andarsene dai campi in cui risiedevano già da tempo, e mi pare che Erdogan abbia assunto già da tempo un atteggiamento diciamo dialettico rispetto al potente alleato, come del resto Israele e tutte le potenze di quella regione.

La reazione della Merkel mi pare improvvisata ed alquanto pasticciata in fondo. La Merkel, essendo un po’ meno peggio dei suoi colleghi, finisce per fare una figura migliore, ma solo per si confronta con politici di quarta fila.
Mi scuso per il lungo commento, suscitato dalla corposità dell’interessante articolo.

Federico Dezzani:

Grazie per il commento.
La federazione dell’Europa, gli USE, è senza dubbio l’obbiettivo sottostante all’euro: creando un governo federale per 500 mln di persone, il controllo del continente è enne volte più facile che cooptare 28 capi di Stato e comprare 28 parlamenti. Le sanzioni a Iran e Russia non sarebbero state possibili senza UE, da cui si ricava la necessità di mantenere viva l’Unione e di federare l’eurozona: senza USE, l’euro salta presto o tardi.
Credo che il “potere” abbia strategie di potere di lungo periodo, ma è non certo infallibile nell’attuarle: il capitolo immigrazione, assieme alla famiglia ed alla morale sessuale, è certamente in cima all’agenda.

Con favoloso candore, gli apprendisti stregoni ci dicono come intendono far scoppiare la guerra

Parola di Patrick Clawson uno stratega di un istituto neoconservatore di Washington (Washington Institute for Near East Studies):

“A dirla tutta, trovo che dare il via alla crisi sia davvero difficile. Ed è molto difficile per me vedere come il Presidente degli Stati Uniti possa farci entrare in guerra con l’Iran. Il che mi porta a concludere che, se non ci sarà un compromesso, la maniera tradizionale con cui l’America entra in guerra è la migliore per quel che concerne gli interessi degli Stati Uniti.

Qualcuno potrebbe pensare che il signor Roosevelt voleva farci partecipare alla seconda guerra mondiale, come ha accennato David, e per questo abbiamo dovuto aspettare Pearl Harbor. Alcune persone pensano che il signor Wilson voleva farci entrare nella prima guerra mondiale, e abbiamo dovuto aspettare l’episodio del Lusitania. Qualcuno potrebbe pensare che il signor Johnson abbia voluto inviare truppe in Vietnam, e per questo abbiamo atteso l’episodio del Golfo del Tonchino. Non siamo andati in guerra con la Spagna fino all’esplosione della USS Maine. E vorrei sottolineare che il signor Lincoln non se la sentiva di richiamare l’esercito federale fino a quando Fort Sumter fu attaccato; perciò ordinò al comandante di Fort Sumter di fare tutto ciò che i confederati della Carolina del Sud avevano detto che avrebbe provocato un attacco.

Quindi, se, in effetti, gli Iraniani non scenderanno a compromessi, sarebbe meglio se qualcun altro facesse cominciare la guerra. Si possono combinare le sanzioni con altri mezzi di pressione. Ho menzionato l’esplosione del 17 agosto. Si potrebbe aumentare la pressione.

Intendo dire che i sottomarini iraniani periodicamente si inabissano ed un giorno uno di loro potrebbe non risalire in superficie, chi sa perché? Potremmo fare una serie di cose, se volessimo aumentare la pressione. Non sto sostenendo che lo dobbiamo fare, sto solo suggerendo che un’opzione non esclude le altre: non è che le sanzioni devono funzionare oppure si fa diversamente.

Quel che facciamo è usare operazioni clandestine contro gli Iraniani. Potremmo fare di peggio”.

Questi apprendisti stregoni vogliono distruggere Israele e gli Stati Uniti. Anche insieme, i due paesi non sono in grado di occupare un paese di 70 milioni di abitanti poderosamente armato (2 milioni di effettivi sotto le armi e tecnologia russa: cf. drone americano catturato con relativa facilità) e che gode dell’appoggio di Russia, Cina e probabilmente Pakistan. Gli USA hanno perso in Corea, in Vietnam, in Somalia, in Afghanistan e anche la seconda volta in Iraq. La Libia non è certo “pacificata” e “democratizzata”. Le forze armate israeliane e statunitensi (+ CIA e Mossad) sanno di non potercela fare e hanno fatto di tutto per convincere i rispettivi governi a non commettere sciocchezze anche con dichiarazioni esplicite a mezzo stampa (arrivando in un paio di occasioni ad trattare Netanyahu come un imbecille – nulla di male in questo). Così siamo arrivati fino all’autunno senza essere in guerra. Ora ci sono le elezioni presidenziali. Obama è più debole. Un altro 11 settembre o un altro Golfo del Tonchino e non potrebbe astenersi dall’attaccare. Seguirebbe un cataclisma economico per il mondo, radioattivo per l’Asia meridionale e militare per tutto il Medio Oriente, con la distruzione di Israele, Iran, Turchia, Libano, Siria, Palestina, Egitto e petrodittature del Golfo. Milioni di profughi affluirebbero verso l’Europa, con mezzi di fortuna. Intanto l’austerità neoliberista sta annichilendo ogni nostra possibilità di far fronte ad una tale catastrofe.

Persa la sovranità sulla Sicilia, in bilico quella su “Padania” e Sudtirolo – quale futuro per l’Italia?

 

Un giornalista, tempo addietro, mi confidò che delle fonti istituzionali lo avevano informato del fatto che esisteva un progetto di dissoluzione dello stato italiano e che la Sicilia costituiva un tassello importante.

Pare che le sue fonti non fossero troppo sprovvedute o fuorvianti.

Maurizio Zoppi, “Niscemi si trasforma in star wars pronto il Muos degli Usa”, Il Manifesto, 21 settembre 2012

La Sicilia sarà il cuore pulsante dell’esercito Americano. Come in star wars la nostra Isola governerà le guerre climatiche e nucleari attraverso comandi satellitari e telematici. A Niscemi, proprio nel cuore della riserva naturale “Sugherata”, sta per vedere la luce il Muos.

VEDI IL VIDEO

La struttura verrà edificata nell’antico feudo niscemese ‘Ulmo’ dove, dal 1991, è operativa una delle più grandi centrali di telecomunicazioni della marina Usa esistente nel Mediterraneo. Questa centrale, con le sue 41 antenne, collega il nostro mare con l’Asia sud-occidentale, l’Oceano Indiano e l’Oceano Atlantico. La base ‘Ulmo’ è sotto il controllo della ‘U.S. Naval Computer and Telecommunication Station Sicily’ che ha sede a Sigonella, la base militare americana dislocata tra gli agrumeti della piana di Catania. La centrale militare statunitense assicura la comunicazione top secret e non di alleati Nato e Stati Uniti. Questo, per grandi linee, il quadro generale dell’egemonia militare a stelle e strisce in Sicilia. Troppo poco, a quanto pare, per gli Usa che, a breve, amplieranno la loro forza militare tramite il Muos (Mobile user objective system). Questo sistema satellitare è un’infrastruttura militare di ultima generazione. Sono quattro, oggi, le strutture tipo Muos presenti nel mondo. Tutte dislocate in zone desertiche. Solo quella che sta per essere realizzate in Sicilia, chissà perché, vedrà la luce in un’area vicinissima ai centri abitati. Da qui la ragionevole e giustificata paura delle popolazioni che si ‘sciropperanno’ le radiazioni con effetti sulla loro salute ancora tutti da capire.

L’impianto presenta due torri radio e tre antenne del diametro di 18,4 metri e dell’altezza pari a 149 metri. Il sofisticato sistema di comunicazione ad altissima frequenza integrerà comandi, centri d’intelligence, radar, cacciabombardieri, missili da crociera, velivoli senza pilota e altri strumenti di morte. Insomma dalla nostra Isola gli Stati Uniti, con un solo click, potrebbero immedesimarsi nel generale dell’esercito romano, Massimo Decimo Meridio, e dire: “Al mio segnale scatenate l’inferno”. Tutto questo con un solo unico obiettivo: aumentare la capacità offensiva militare.

[…].

La Commissione d’Inchiesta sull’uranio impoverito ha ritenuto che sussistono le basi per una moratoria, sia per quanto riguarda la costruzione del Muos, sia per il sistema di antenne già presente nella riserva.

MUOS e militarizzazione della Sicilia. Intervista ad Antonio Mazzeo

“In Sicilia cresce la protesta e l’opposizione ai processi di militarizzazione della regione portati avanti negli anni da parte degli USA e della NATO. Da decenni l’isola è letteralmente violentata dalla presenza di basi militari che oltre a nuocere alla salute distruggono l’ambiente e la biodiversità e che l’hanno ‘bellicizzata’ a tal punto da divenire il centro strategico per il controllo e le azioni militari su tutta l’aera del mediterraneo, dell’Africa e del Medio Oriente. Ne abbiamo discusso con Antonio Mazzeo, scrittore e giornalista, grande conoscitore di tali tematiche.

La Sicilia è sempre più armata e militarizzata e progressivamente sembra essersi trasformata in un’area di conquista degli USA. Che foto prenderesti oggi dell’isola in questo senso?

L’immagine che più mi viene in mente è quella di un’immensa portaerei superarmata nel cuore del Mediterraneo, in grado di lanciare terribili strumenti di morte (cacciabombardieri, missili, droni e testate persino nucleari) contro obiettivi civili e militari in Est Europa, Caucaso, Africa, Medio oriente e sud est asiatico. Un’isola soffocata da basi e porti militari per le forze armate italiane, Usa, Nato ed extra-Nato, dove le poche oasi naturali vengono sacrificate per ospitare selve di radar e antenne di telecomunicazione.

Ma contemporaneamente un territorio di frontiera dove s’innalzano gigantesche mura per negare l’accoglienza ai profughi e ai migranti che fuggono dalle guerre e dalla miseria. Per i pochi scampati ai tragici naufragi, la Sicilia si trasforma in un grande centro di detenzione, con decine di Cie e Cara che violano impunemente i diritti umani.

In pochissimi sono al corrente di tutte le infrastrutture militari esistenti in questa regione italiana…

Sì è vero, eppure in Sicilia proliferano e vengono ampliate le basi di guerra. Alle porte di Catania c’è la metastasi di Sigonella, la maggiore stazione aeronavale delle forze armate degli Stati Uniti d’America, destinata a fare da vera e propria capitale mondiale degli aerei senza pilota. Nel golfo di Augusta approdano le unità della VI flotta e i sottomarini a propulsione nucleare zeppi di missili e bombe atomiche. Più a sud, in contrada Testa dell’Acqua del comune di Noto, sorge una delle maggiori installazioni radar della Nato, per spiare l’intero bacino mediterraneo e concorrere a dirigere i blitz e gli attacchi militari.

La Sicilia è sempre più armata e militarizzata e progressivamente sembra essersi trasformata in un’area di conquista degli USA

A Niscemi, all’interno di una pregevole riserva naturale, la ‘sughereta’ di contrada Ulmo, da più di vent’anni la marina militare Usa ha installato 41 antenne per le comunicazioni con le unità di superficie e subacquee. E nonostante il lungo bombardamento elettromagnetico contro le comunità che vivono nelle vicinanze della base, a Niscemi fervono adesso i lavori di costruzione di uno dei quattro terminali terrestri al mondo del nuovo sistema di telecomunicazione satellitare Usa, il MUOS, un ecomostro per condurre le guerre sempre più disumanizzate e disumanizzanti del XXI secolo.

Ci sono poi gli scali aerei di Trapani-Birgi, Pantelleria e Lampedusa, utilizzati dai reparti Nato ed extra-Nato in caso di crisi e conflitto in nord Africa; gli aeroporti ‘civili’ di Palermo Punta Raisi e Catania Fontanorossa dove atterrano con sempre più frequenza i giganteschi aerei per il trasporto truppe e munizioni; il pericolosissimo radar di Marsala, e i sempre più numerosi radar che le forze armate e di polizia italiane installano nelle coste della Sicilia e delle isole minori per fare la guerra alle imbarcazioni dei migranti. Ma è prevedibile che nei prossimi mesi il processo di militarizzazione si faccia ancora più soffocante.

In un intreccio di accordi, consensi, assensi silenziosi ed affari tra la classe politica governante a livello regionale e nazionale, le organizzazioni mafiose e le forze armate statunitensi, la Sicilia è divenuta inoltre un territorio geo-politicamente e militarmente strategico, quali sono le conseguenze e le ripercussioni di tutto ciò per i cittadini e per il paese?

La diabolica alleanza tra forze armate alleate e organizzazioni criminali mafiose siciliane alla vigilia dello sbarco del ’43 [Accordi fra Allen Dulles e Lucky Luciano, http://it.wikipedia.org/wiki/Operazione_Husky, NdR] ha avuto come prima conseguenza storica quella di impedire, anche con il sangue, che nella Sicilia del dopoguerra venisse riconosciuta piena legittimità e cittadinanza alle forze politiche e sociali realmente democratiche e che si riconoscessero le giuste istanze sociali di libertà, uguaglianza e ridistribuzione della ricchezza delle classi popolari. Abbiamo pagato in termini di agibilità democratica, siamo stati per tutti questi decenni un’isola a sovranità più che limitata.

“Il MUOS è una bomba ambientale i cui effetti elettromagnetici saranno devastanti per le popolazioni, la flora e la fauna dell’isola”

La mafia è stata, accanto alla borghesia parassitaria dell’isola, il gendarme privato, una specie di contractor ante litteram, per assicurare il pieno controllo politico e sociale del capitale. La partnership con i poteri militari transatlantici è stata una costante. La mafia ha assicurato il controllo del territorio, impedendo con le stragi e gli omicidi selettivi di sindacalisti, giornalisti e leader politici di sinistra lo sviluppo di una coscienza democratica collettiva, ostacolando ogni forma d’opposizione contro l’uso e l’occupazione della Sicilia a fini di guerra. E la borghesia mafiosa è stata ricompensata con milioni e milioni di dollari grazie agli appalti di edificazione delle installazioni di morte o alla vendita o all’affitto dei villaggi-residence per i militari Usa e le loro famiglie.

Grazie alla vostra protesta, la faccenda MUOS è finalmente approdata in Parlamento proprio in questi giorni, ci daresti maggiori dettagli?

Finalmente, a seguito di decine di manifestazioni, incontri e dibattiti, in cui abbiamo denunciato l’insostenibilità socio-ambientale del MUOS e che la decisione di localizzarlo a Niscemi è stata presa bypassando del tutto il circuito parlamentare, l’11 settembre scorso una delegazione dei sindaci e dei Comitati No MUOS è stata ricevuta in audizione dalle due Camere.

Il primo incontro si è svolto davanti alla Commissione difesa della Camera dei deputati, mentre il secondo, sicuramente più proficuo, davanti al Comitato d’inchiesta sull’uranio impoverito del Senato della Repubblica. Tutti i membri di quest’organo si sono dichiarati d’accordo a convocare prima possibile il presidente della regione siciliana e il ministero della difesa per chiedere la moratoria del progetto d’installazione delle tre maxi-antenne radar del nuovo sistema militare Usa.

C’è da sperare in un miracoloso risveglio della politica italiana e in una ‘controffensiva’ al potere militare ed affaristico?

Pur condividendo la soddisfazione di tutti i membri della delegazione No MUOS in trasferta a Roma credo che non ci si debba fare molte illusioni sulle reali volontà di fermare il progetto da parte di una classe politica da sempre asservita agli interessi geo-strategici Usa e Nato e del complesso militare-industriale transnazionale.

Da decenni la Sicilia è violentata dalla presenza di basi militari che oltre a nuocere alla salute distruggono l’ambiente e la biodiversità

Per questo bisognerà continuare a sviluppare azioni di lotta il più possibile partecipate e radicali, rafforzando la mobilitazione e l’auto-organizzazione dei comitati popolari di base in tutta la Sicilia. Credo che sarà fondamentale riuscire a legare i temi dell’opposizione alla guerra e alla militarizzazione a quelli della difesa dello stato sociale, del diritto all’istruzione e alla sanità per tutti i cittadini, contro l’ondata neoliberista e di dissoluzione della Costituzione che ha investito l’Italia a partire dalla fine degli anni ’80.

Della protesta pacifica contro i MUOS e dei Comitati NO MUOS non c’è molta risonanza su scala nazionale quasi si trattasse di una faccenda relegabile a livello regionale e locale, vogliamo ricordare cosa rischiano gli abitanti della zona colpita e perché deve essere considerata una problematica scottante riguardante l’intero paese?

Il MUOS è una bomba ambientale i cui effetti elettromagnetici saranno devastanti per le popolazioni, la flora e la fauna dell’isola. Le microonde impediranno il regolare funzionamento dei sistemi di bordo degli aerei in rotta nei pressi della stazione di Niscemi e non consentiranno l’attesissima apertura dell’aeroporto di Comiso, ex base missilistica nucleare della Nato. Ancora una volta i processi bellici ostacoleranno ogni possibilità di sviluppo economico e occupazionale e genereranno nuove povertà.

Ma il MUOS è soprattutto un sistema di guerra ad uso esclusivo delle forze armate statunitensi, programmato per riaffermare la superiorità militare e strategica di Washington e consentire di colpire e uccidere a migliaia di chilometri di distanza, con gelido anticipo sui potenziali e sospetti avversari.

I futuri conflitti ipertecnologizzati esautoreranno qualsivoglia presenza decisionale dell’Uomo, annullando la ragione e l’assunzione di responsabilità innanzitutto etiche. Il MUOS risponde alle logiche di morte degli odierni apprendisti stregoni del Pentagono che puntano ad annientare gli antichi paradigmi dell’umanità sulla Vita e sulla Morte, sulla Pace e sulla Guerra. Per questo la sua installazione non va vissuta solo come un problema locale, ma innanzitutto come un Problema globale.

Quali sono le prossime mosse dei Comitati NO MUOS?

Dopo le audizioni a Roma, il Movimento si è dato appuntamento per una manifestazione nazionale No MUOS a Niscemi, sabato 6 ottobre. Stiamo raccogliendo le prime adesioni d’oltre Stretto e sappiamo già dell’arrivo in Sicilia di una delegazione delle donne del Presidio No dal Molin di Vicenza e di attivisti No TAV della val di Susa. All’appuntamento giungeremo con un fitto calendario d’iniziative in tanti Comuni siciliani e con azioni di protesta di fronte ai maggiori santuari di guerra dell’isola. Sarà importantissimo rafforzare i legami con i territori a partire dalle vertenze più drammatiche che riguardano soprattutto la mobilità e i trasporti, i settori maggiormente colpiti dall’asfissiante processo di militarizzazione.

Sarà opportuno così sostenere la mobilitazione perché venga utilizzata Sigonella per i voli di linea che dovranno lasciare Fontanarossa a novembre per consentire i lavori di ampliamento e messa in sicurezza delle piste (un primo passo per la riconversione a uso civile della stazione aeronavale Usa) o quella per l’apertura dello scalo di Comiso, il cui funzionamento sarà impossibile se malauguratamente dovessero essere attivate le antenne MUOS. Ma penso anche alla lotta contro il Ponte sullo Stretto e per impedire la trasformazione del porto di Messina in megadiscarica delle unità navali Nato da rottamare o a quella contro l’uso a fini militari dello scalo di Trapani-Birgi, da dove sono stati scatenati lo scorso anno, quasi il 70% degli attacchi contro la Libia.

Da un lato, c’è una parte della società civile, attiva, che cerca di fare emergere certe verità, dall’altra una maggioranza di cittadini italiani ignari probabilmente vittime passive di alcune forze d’interessi, in primis quelle politiche e quelle dell’informazione, che spesso manipolano per insabbiare. In questa Italia a due livelli, qual è la strada da percorrere per svegliare il paese?

Bisogna tornare a riconquistare le piazze, le strade e ogni spazio dove poter denunciare i crimini dei poteri finanziari transazionali e riconquistare agibilità, fiducia, speranza di cambiamento e trasformazione democratica. Un’azione generale, in prima persona, senza deleghe, con la convinzione che i tempi per impedire l’olocausto mondiale si sono fatti strettissimi.

Il paese non è spento e non vuole cedere alla rassegnazione, è così?

Sì, nonostante le amplificazioni generali del pensiero unico neoliberista, sono tantissime le coscienze che non si sono piegate, specie tra le fasce di popolazione più giovane. Come generazione, siamo stati pessimi padri e pessimi maestri. Mi auguro che riusciremo almeno ad essere buoni osservatori e buoni ascoltatori e che saremo in grado di star loro accanto con passione e profondo rispetto quando nei prossimi mesi, ne sono certo, ragazze e ragazzi torneranno a riprendersi la vita e il presente-futuro che gli sono stati sino ad ora negati.

http://www.ilcambiamento.it/territorio/muos_militarizzazione_sicilia_intervista_antonio_mazzeo.html

 

“Children of Men” (“I figli degli uomini”) – un film preveggente?

ART. 1 “Gli stranieri, sudditi dei governi con i quali la Repubblica è in guerra, saranno detenuti fino alla pace”

ART. 2 “Le donne, unite in matrimonio con dei francesi prima del 18 del corrente mese, non sono comprese nella presente legge, a meno che non siano sospette o mogli di sospetti”

ART. 10 “Il comitato di Salute Pubblica è egualmente autorizzato a trattenere in requisizione permanente tutti gli ex nobili e gli stranieri che crederà utile adibire ai lavori pubblici”

ART. 23 “Tutti gli oziosi, che saranno riconosciuti colpevoli di essersi lagnati della Rivoluzione, che non abbiano compiuto i sessant’anni e che non siano infermi, saranno deportati alla Guyana”.

Saint-Just, articoli proposti alla Convenzione.

Perché allora non ricorriamo ai detenuti nobili ordinando loro di compiere ogni giorno questi lavori di riassetto delle grandi strade?

Saint-Just, 1794

Occorre obbligare ogni cittadino a collaborare all’attività nazionale…non abbiamo forse navi da costruire, officine da migliorare, terre da bonificare?

Saint-Just, 1794

Un vero e proprio capolavoro visionario e tecnico della cinematografia, “Children of Men” (“I figli degli uomini”) di Alfonso Cuarón – tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice britannica P.D. James, prefigura l’instaurazione di una democrazia autoritaria nella Gran Bretagna del 2027. I due protagonisti, Theo e Kee, arrivano ad un campo di internamento di rifugiati in fuga dai disordini dell’Europa continentale per scoprire che  i guardiani si sono gradualmente metamorfizzati, assumendo le sembianze e gli atteggiamenti delle guardie dei lager nazisti. È peraltro probabile che la coppia in fuga non sia rimasta particolarmente sorpresa nello scoprire il livello di abbrutimento delle forze dell’ordine britanniche, visto che nel corso dell’intero film si notano mezzi pubblici blindati e trasformati in gabbie per la deportazione degli “immigrati illegali”, insegne e comunicati che esortano i cittadini inglesi a denunciare i medesimi, indipendentemente dal rapporto di fiducia che si può essere instaurato con loro. Un evidente riferimento alla caccia nazista agli ebrei, rafforzato dalla scelta di mostrare la cattura e probabile esecuzione sommaria di una loro compagna di fuga (Miriam) al campo profughi di Bexhill con nel sottofondo un brano dei “The Libertines”, intitolato “Arbeit Macht Frei”.

La grandezza dell’opera risiede appunto in questa sua capacità di esplorare i risvolti di questioni centrali del nostro tempo come l’immigrazione, la gestione di rifugiati e profughi, la xenofobia, il razzismo, in un contesto degenerato a causa della lotta al terrorismo – si intuisce che un ordigno nucleare è stato fatto esplodere a New York e che è stato possibile salvare solo alcune opere d’arte italiane e spagnole dalle devastazioni causate da una qualche rivoluzione – e di una possibile terza guerra mondiale, con ricaduta radioattiva sull’Africa.

In un’intervista, Cuarón spiega che l’intento era proprio quello di far riflettere gl spettatori sulle implicazioni dell’esistenza di realtà come Abu Ghraib, Guantánamo e Bagram, in Afghanistan. Nessuna democrazia formale è al sicuro dal rischio di deteriorarsi, precipitando verso l’estremo nazista: le cose brutte non succedono solo alle persone di colore. Per questo la vista del rifugiato italiano implorante ed incapace di esprimersi in inglese che viene trascinato via con la forza da un militare inglese con al guinzaglio il classico pastore tedesco ha l’effetto di un pugno nello stomaco: non è un arabo, non è un nero, non è “uno degli altri”; è “uno dei nostri”. Uno dei nostri ridotto alla condizione di “nuda vita” (cf. Agamben), di essere vivente senza diritti e senza dignità, alla mercé dell’arbitrio e della violenza, condannato a morte non per aver commesso un crimine indicibile, ma solo per essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, appartenendo alla categoria umana “sbagliata”, quella che non è più protetta dalle leggi dello Stato. Un individuo reso apolide, snazionalizzato, e quindi privato di ogni diritto. Un individuo segregabile e scartabile.

A pochi anni dalla realizzazione del film, questi scenari non sono più fantascientifici o comunque futuribili. Il futuro è dietro l’angolo.

Nel giugno del 2010, il senatore israelo-americano Joseph Lieberman – ex candidato alla vicepresidenza degli Stati Uniti – ed il senatore Scott Brown hanno presentato una proposta di legge – Terrorist Expatriation Act, S.3327, HR 5237 – che priverebbe della cittadinanza americana chiunque sia sospettato di appoggiare il terrorismo o una nazione in guerra con gli Stati Uniti. Questi non potrebbe avvalersi del giusto processo e delle altre forme di tutela specificate dalla Costituzione (cf. Miranda: l’insieme dei diritti costituzionali di cui si viene informati al momento dell’arresto nel diritto statunitense). Questo disegno di legge è motivato, così si sostiene, dalla necessità di impedire a cittadini come Faisal Shahzad, l’aspirante terrorista di Times Square, di fruire della protezione delle leggi americane, essendo un traditore. A parte il fatto che la possibilità di togliere la nazionalità escludendo un cittadino dei suoi diritti svuoterebbe di ogni significato lo stato di diritto e i principi sanciti dalla Costituzione Americana, la proposta di legge è così generica che potrebbe essere applicabile a migliaia di cittadini sospettati di “legami” con gruppi terroristici o nazioni ostili, che scomparirebbero letteralmente in una rete di centri di detenzione militare, senza che i loro avvocati possano rintracciarli e difenderli. Sarebbe, come vedremo, la prosecuzione delle logica adottata in passato, quando migliaia di cittadini di origine giapponese, italiana e tedesca furono internati per il tutto il corso della guerra, violando la Costituzione, per decisione di uno dei migliori presidenti americani di ogni tempo, F.D. Roosevelt.

Tra l’altro, è sconcertante che Joe Lieberman non si renda conto che una tale normativa, un giorno non troppo lontano, potrebbe anche giustificare la detenzione di decine, forse centinaia di migliaia di cittadini americani di religione ebraica, o ex coscritti nell’esercito israeliano, o titolari della doppia cittadinanza israelo-americana, come appunto lui. I terribili precedenti dovrebbero servire da monito.

A questa minacciosa proposta di legge si aggiunge quella promossa dal senatore John McCain, già candidato alla presidenza degli Stati Uniti e sconfitto da Obama, la S.3081 del 4 marzo – “Enemy Belligerent Interrogation, Detention, and Prosecution Act”. Presentata assieme al recidivo Joseph Lieberman e al potente senatore e fondamentalista cristiano James Inhofe, questa legge annullerebbe l’habeas corpus (la fondamentale tutela da un arresto illegittimo) agli Americani considerati “nemici belligeranti” (enemy combatants), in teoria, vista la vaghezza e quindi l’interpretabilità del testo, anche solo per aver apprezzato azioni di natura bellica contrarie agli interessi americani. Questi cittadini non avrebbero diritto ad un avvocato o a un giusto processo e sarebbero sottoposti a detenzione a tempo indeterminato in un centro di internamento militare. Queste due proposte, assieme al Patriot Act (prorogato da Obama fino al 2015) ed al Military Commissions Act del 2006, fanno letteralmente a pezzi la Bill of Rights americana allo stesso modo in cui la legislazione nazista preparava la strada ai campi di concentramento per i nemici del Terzo Reich.

Nessuno, a quel tempo, immaginava che cosa sarebbe avvenuto in seguito, allo stesso modo in cui quasi nessuno, al giorno d’oggi, potrebbe immaginarsi che il destino degli Stati Uniti sia quello di trasformarsi in una tirannia che incarcera arbitrariamente migliaia di cittadini e li fa processare da tribunali militari per aver osato opporsi alle politiche statunitensi.

Questa incapacità anche solo di concepire un tale sviluppo è essenzialmente dovuta ad ignoranza o attenzione selettiva. Nessuno può più sentirsi al sicuro, specialmente quando si profilano attentati anche più drammatici di quelli dell’11 settembre. Lo scenario descritto dal politologo ed ex leader politico canadese Michael Ignatieff, sul New York Times Magazine del 2 maggio 2004 è assolutamente plausibile: “Pensate alle conseguenze di un altro massiccio attacco (terroristico) negli Stati Uniti – magari la detonazione di una bomba radiologica o sporca, oppure di una mini bomba atomica o un attacco chimico in una metropolitana. Uno qualunque di questi eventi provocherebbe morte, devastazione e panico su una scala tale che al confronto l’11 settembre apparirebbe come un timido preludio. Dopo un attacco del genere, una cappa di lutto, melanconia, rabbia e paura resterebbe sospesa sulle nostre vite per una generazione. Questo tipo di attacco è potenzialmente possibile. Le istruzioni per costruire queste armi finali si trovano su internet ed il materiale necessario per costruirle lo si può ottenere pagando il giusto prezzo. Le democrazie hanno bisogno del libero mercato per sopravvivere, ma un libero mercato in tutto e per tutto – uranio arricchito, ricino, antrace – comporterà la morte della democrazia. L’armageddon è diventato un affare privato e se non riusciamo a bloccare questi mercati, la fine del mondo sarà messa in vendita. L’11 settembre con tutto il suo orrore, rimane un attacco convenzionale. Abbiamo le migliori ragioni per avere paura del fuoco, la prossima volta. Una democrazia può consentire ai suoi governanti un errore fatale – che è quel che molti osservatori considerano sia stato l’11 settembre – ma gli Americani non perdoneranno un altro errore. Una serie di attacchi su vasta scala strapperebbe la trama della fiducia che ci lega a chi ci governa e distruggerebbe quella che abbiamo l’uno nell’altro. Una volta che le aree devastate fossero state isolate ed i corpi sepolti, potremmo trovarci, rapidamente, a vivere in uno stato di polizia in costante allerta, con frontiere sigillate, continue identificazioni e campi di detenzione permanente per dissidenti e stranieri. I nostri diritti costituzionali potrebbero sparire dalle nostre corti, la tortura potrebbe ricomparire nei nostri interrogatori. Il peggio è che il governo non dovrebbe imporre una tirannia su una popolazione intimidita. La domanderemmo per la nostra sicurezza”.

I due summenzionati disegni di legge, che hanno incontrato il favore di Hillary Clinton, se convertiti in legge – il che avverrebbe in modo quasi automatico nel caso di un altro attentato terroristico, proprio come avvenne con il tremendo Patriot Act, approvato praticamente senza essere discusso –  conferirebbero al presidente degli Stati Uniti poteri straordinari, pressoché dittatoriali – incluso l’uso di tribunali militari, che non sono autorizzati a giudicare cittadini americani, finché a questi ultimi non viene tolta la cittadinanza – che si sommerebbero a quelli già previsti in seguito all’11 settembre. Nessun cittadino americano che dissentisse dalle decisioni del governo potrebbe dirsi al sicuro. Con il Patriot Act serviva una giusta causa, ora sarebbe sufficiente il mero sospetto, ossia l’insinuazione, un castello accusatorio fittizio fondato su un’arbitraria definizione di affiliazione ad un’organizzazione terroristica, che nessuna procedura processuale civile potrebbe smontare. Lo stesso Patriot Act, la cui bozza conteneva misure analoghe a quelle proposte da Lieberman ma che, alla fine, molto saggiamente, non furono approvate, fino al 2009 aveva già portato all’incarcerazione di oltre 200 passeggeri aerei per “cattive maniere” (Los Angeles Times, 20 gennaio 2009).

Barack H. Obama ha dichiarato solennemente che “non autorizzerà la detenzione militare a tempo indeterminato senza processo di cittadini americani. Una cosa del genere violerebbe le tradizioni e i valori più importanti della nostra nazione”. A parte il fatto che una tale misura sarebbe scandalosa anche se ad esservi sottoposti fossero cittadini non-Americani – e potrebbe accadere a chiunque, in qualunque luogo – la tragica verità è che, a dispetto delle sue promesse, Obama non ha chiuso il campo di concentramento di Guantánamo Bay, non ha bloccato le deportazioni illegali (extraordinary renditions), non ha soppresso i tribunali militari speciali istituiti da Bush, ha esteso la rete globale di prigioni segrete americane e la sua amministrazione è stata ancora più ostile all’habeas corpus della Bush-Cheney.

Alla fine del 2011 Obama ha controfirmato una legge (National Defense Authorization Act) che trasferisce all’esercito buona parte delle competenze in materia di operazioni anti-terroristiche e prevede la possibilità di imprigionare i sospetti terroristi a tempo indeterminato e senza processo. Persino il New York Times, normalmente molto pro-Obama, ha dedicato all’evento un devastante editoriale (16 dicembre 2011) che lo definisce maldestro e descrive il testo approvato come “così pieno di elementi discutibili che non c’è lo spazio per esaminarli tutti”, in particolare “nuove, terribili misure che renderanno la detenzione a tempo indefinito e i tribunali militari un aspetto permanente della legge americana”. In sintesi, “una deviazione dall’immagine che questa nazione si è fatta di se stessa, ossia di un luogo in cui le persone che hanno a che fare con lo stato o sono sottoposti ad un’accusa formale oppure restano a piede libero”.

Un gruppo di ventisei generali ed ammiragli in pensione, che si era già impegnato sul fronte del probizionismo della tortura, ha scritto ai rispettivi senatori spiegando che questa è una legge che arreca più danni che benefici. Trentadue parlamentari democratici hanno inviato le loro lettere di protesta alle due camere, temendo che la legge minerà alle fondamenta il quarto, quinto, sesto, settimo ed ottavo emendamento della Costituzione. Ulteriori critiche severe sono giunte da un articolo di Forbes, che la descrive come “la più grave minaccia alle libertà civili degli Americani”, dall’American Civil Liberties Union (ACLU) e da Human Rights Watch, che sostengono che l’ultima volta che poteri di detenzione così ampi sono stati conferiti allo stato è stato al tempo di McCarthy, con l’Internal Security Act. Secondo Jonathan Hafetz, avvocato ed uno dei massimi esperti di questo ambito giuridico, questa è la prima volta nella storia americana che si autorizza per legge l’incarcerazione militare illimitata e senza processo.

Quel che è grave è che questa disposizione non solo viola l’articolo 7 della Dichiarazione universale dei diritti umani – “Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione” – ma stabilisce un obbligo di detenzione militare per cittadini non-americani, inclusi quelli arrestati sul suolo americano e, di conseguenza, anche l’obbligo di approntamento di una rete di centri di detenzione militari sul suolo americano.

Queste leggi e proposte di legge si fanno beffe delle convenzioni di Ginevra e violano gli articoli 8, 9, 10 e 11 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e rendono impossibile chiudere Guantánamo e gli altri campi di detenzione/concentramento americani sparsi nel mondo (es. sezioni 1026 e 1027 di NDAA 2011), nonostante la dichiarazione di Obama che “il carcere di Guantánamo Bay compromette la sicurezza nazionale e la nostra nazione sarà più sicura il giorno in cui questa prigione sarà finalmente e responsabilmente chiusa”.

Sempre riguardo a NDAA, dei gravi problemi interpretativi affliggono la sezione 1021 (precedentemente 1031), che contempla la detenzione a tempo indefinito, senza un giusto processo, di persone accusate di essere stati o essere membri o di aver appoggiato in misura sostanziale al-Qaeda, i Talebani o forze ad essi associate in stato di belligeranza con gli Stati Uniti ed i loro alleati.

Dunque anche la resistenza palestinese, siriana e libanese all’occupazione israeliana? Saddam Hussein era stato falsamente collegato ad Al-Qaeda, pur essendone un nemico dichiarato: cosa succederà ai cittadini iraniani, siriani, palestinesi, libanesi, somali, yemeniti, pachistani, indonesiani, venezuelani, cubani?

L’amministrazione Bush è sempre stata molto elastica nella sua lettura di quel che era autorizzata o meno a fare e varie corti, in diversi gradi di giudizio, hanno simpatizzato con questo approccio che erodeva i diritti degli accusati/imputati (cf. Matteo Tondini, “Hamdan v. Rumsfeld. Se il diritto si svuota dei suoi contenuti”). Robert M. Chesney (University of Texas) ha criticato la scelta di non fare chiarezza, lasciando il testo in termini così vaghi da consentire interpretazioni restrittive e radicali. Il risultato è che Obama, o chi gli succederà, avrà una discrezionalità interpretativa senza precedenti nella storia americana e, quasi senza eccezione, chi arriva al potere tende a fare il massimo uso possibile delle sue prerogative.

D’altronde forse non bisognerebbe stupirsi di tutto questo, sapendo che gli Stati Uniti si fregiano del primato mondiale di possedere un quarto della popolazione carceraria del mondo (con il 5% della popolazione totale mondiale).

La mia conclusione è che esistono le premesse perché negli Stati Uniti si ripeta quel che accadde tra il 1941 ed il 1945 ai cittadini americani di etnia giapponese a Manzanar ed in altri campi di concentramento, ma anche ai trentini nel corso della Grande Guerra (cf. Katzenau).

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