Breve lista dei crimini commessi contro il popolo greco dai premi Nobel per la Pace

C’è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall’altra. Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m’intendi? Uguale al loro, va perduto, tutto, servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un’umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi. L’altra è la parte dei gesti perduti, degli inutili furori, perduti e inutili anche se vincessero, perché non fanno storia, non servono a liberare ma a ripetere e perpetuare quel furore e quell’odio, finché dopo altri venti o cento o mille anni si tornerebbe così, noi e loro, a combattere con lo stesso odio anonimo negli occhi e pur sempre, forse senza saperlo, noi per redimercene, loro per restarne schiavi. Questo è il significato della lotta, il significato vero, totale, al di là dei vari significati ufficiali. Una spinta di riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni: per l’operaio dal suo sfruttamento, per il contadino dalla sua ignoranza, per il piccolo borghese dalle sue inibizioni, per il paria dalla sua corruzione. Io credo che il nostro lavoro politico sia questo, utilizzare anche la nostra miseria umana, utilizzarla contro se stessa, per la nostra redenzione, così come i fascisti utilizzano la miseria per perpetuare la miseria, e l’uomo contro l’uomo.
— Italo Calvino – Il sentiero dei nidi di ragno

I Greci sono stati letteralmente calpestati, trattati come una casta di paria, come dei parassiti, per salvare le banche europee dall’effetto domino che tanto arriverà comunque.

Ecco alcuni degli effetti (a un certo punto ho interrotto l’elencazione perché mi mancava il respiro) dei diktat della troika.

Un greco su quattro è disoccupato (oltre il 55% dei giovani), un lavoratore su tre non si può permettere assicurazioni sanitarie e non riceverà una pensione, ogni giorno mille greci perdono il lavoro o il sussidio di disoccupazione, l’inflazione è in costante crescita, oltre 400mila bambini greci soffrono la fame (fonte: Unicef), le organizzazioni mediche internazionali lanciano insistenti allarmi sui rischi epidemici causati dal collasso del sistema sanitario e della prevenzione, i manifestanti vengono torturati dalla polizia, l’estrema destra perpetra pogrom contro gli immigrati, un possibile golpe militare è stato sventato nel novembre del 2011 con la sostituzione di alcune figure chiave delle forze armate elleniche, migliaia di disabili e pazienti di ospedali psichiatrici sono stati abbandonati alla loro sorte, malati di cancro non si possono permettere le cure e reparti di oncologia rinviano le operazioni per mancanza di fondi e personale, suicidi in forte aumento, un negozio su tre nel centro di Atene costretto a chiudere per cessata attività, uffici comunali devono sospendere le attività per mancanza di fondi, deputati tedeschi e ministri finlandesi raccomandano alla Grecia di svendere i suoi beni, incluse le isole e i monumenti e di impegnare il Partenone, la Bild titola in prima pagina “Vendete le vostre isole, Greci bancarottieri!”, i prodotti scaduti sono venduti legalmente nei supermercati ad un terzo del prezzo per aiutare la gente a procurarsi i pasti quotidiani, creditori suggeriscono al governo greco di far evacuare le isole con una popolazione inferiore a 150 residenti per poter risparmiare (e magari per renderle disponibili a ricchi acquirenti stranieri? Per il momento sono 40 le isole disabitate disponibili per leasing della durata di 50 anni).
Per inciso, il ministro delle finanze fiammingo Philippe Muyters ha proposto di alzare le tasse a chi vuole vivere in aree remote delle Fiandre: migliaia di persone che vivono da generazioni nelle borgate rurali costrette a trapiantarsi nelle aree metropolitane per non finire in galera per debiti. Il criterio è identico, nella sua disumanità.

I rapporti del FMI ammettono di aver commesso gravi errori nel gestire la crisi greca e nel 1953 tutti i paesi creditori abbuonarono i debiti tedeschi. Qualche anno prima si era messo in piedi il piano Marshall per salvare la democrazia in Europa e far ripartire l’economia (il nome ufficiale era “Piano per la ripresa europea”).

Ciò nonostante, proseguono le iniziative prive di giudizio, di senno, di buon senso, che rischiano di forze impossibili da controllare. Come si può pensare di poter fare tutto questo senza pagare uno scotto, senza fare la fine degli apprendisti stregoni?

Com’è possibile che milioni di persone chiudano volontariamente gli occhi e le orecchie e le bocche per non vedere, per non sentire, per non protestare, per non capire.

Si faceva lo stesso con gli Ebrei nell’Europa di qualche decennio fa. La storia ha condannato gli aguzzini di allora e condannerà quelli di oggi che impongono ad un popolo i lavori forzati: “Arbeit macht frei!” spiegano ai Greci mentre milioni di loro vivono sotto la soglia di povertà.

Il prossimo passo, possiamo supporre, saranno i lavori forzati per i disoccupati greci insolventi in campi di lavoro gestiti da imprese e banche del Nord Europa.

Chi non ha denunciato queste iniquità, chi ha fatto il gioco delle tre scimmiette, è complice di tutto questo. Se ha una coscienza, non gli/le sarà facile placarla quando il velo della propaganda sarà stracciato e sociologi, storici, economisti, antropologi, medici e politici potranno dire quel che andava detto e queste diventeranno pagine nerissime del passato della “civiltà” europea, degna del premio Nobel per la Pace!

Luigi Gallo e i luoghi comuni anti-immigrati

Luigi Gallo, assessore alla Partecipazione, al Personale e ai Lavori Pubblici del comune di Bolzano, ha saputo centrare il cuore del problema con un tempestivo intervento sull’Alto Adige (25 luglio 2012), in risposta ad una litania di luoghi comuni anti-immigrati contenuta in un paio di lettere inviate al quotidiano locale da alcuni lettori. Un commento che pone in risalto l’insufficienza del paradigma utilitaristico del calcolo costi-benefici in una società che fomenta le guerre tra i poveri per preservare uno status quo spaventosamente iniquo:

“Negli ultimi giorni sono state pubblicate due lettere di cittadini che avevano come tema la crisi, la povertà che avanza e i presunti privilegi degli immigrati. Non sono le prime e ormai non mi scandalizzo più, né giudico: ognuno guarda la realtà con gli strumenti che ha e dal punto di vista delle sue condizioni di vita materiale. Gli anatemi non servono a cambiare la percezione delle persone soprattutto in un’epoca di sofferenza economica. Tuttavia non si possono mai far passare luoghi comuni come verità acquisite. Massimo rispetto quindi per i due lettori in quanto cittadini ma anche massima chiarezza nel ribadire loro che i cittadini immigrati che ormai fanno parte della nostra società non hanno nessun privilegio rispetto ai cittadini italiani, nessuno. Anzi, subiscono ancora trattamenti differenziali e spesso discriminatori. La stragrande maggioranza dei cittadini immigrati è in età lavorativa e lavora realmente, producendo una ricchezza economica che è molto maggiore di quanto non ricevano in prestazioni sociali; detto in altri termini, sono i contributi dei lavoratori immigrati che ci aiutano a pagare le pensioni degli italiani così come sono le prestazioni lavorative degli immigrati che fanno andare avanti ospedali, case di riposo e cantieri. I due lettori hanno sacrosanta ragione a lamentare una drammatica crisi economica che colpisce giovani, pensionati, lavoratori; ma dovrebbero rivolgere i propri strali verso altri bersagli; mentre loro guardano male il carrello della spesa del vicino immigrato o notano con invidia la marca della sua auto di “seconda mano”, qualche decina di speculatori a livello mondiale – con un clic sulla tastiera di un computer – guadagna miliardi di euro con operazioni di Borsa che mandano sul lastrico interi paesi, Italia compresa; le conseguenze sono poi che i governi di quei paesi devono tagliare gli ospedali, le scuole e le pensioni per risparmiare e pagare interessi astronomici sul titoli di stato. Forse i due lettori potrebbero prendersela con queste politiche economiche che tagliano pensioni e diritti del lavoro mentre gli evasori fiscali rimangono salvi. Certo, è più facile guardare il vicino di casa che viene dal Marocco o dal Pakistan e pensare che sia colpa sua, ma non è così. Piaccia o meno, semplicemente non è così. Avete tante ragioni cari signori ma la guerra fra poveri serve solo distruggere la solidarietà fra le persone e a far ridere “quelli in alto, ma molto in alto” che decidono la nostra vita. Sta a voi decidere da che parte stare…”
http://ricerca.gelocal.it/altoadige/archivio/altoadige/2012/07/25/NZ_29_04.html

BlackRock: i suoi tentacoli sulla Grecia e sui fondi-pensione del Trentino-Alto Adige

Cos’è BlackRock?
http://www.clarissa.it/editoriale_int.php?id=301

Leggiamo i cinque punti del programma di SYRIZA, il partito greco di sinistra guidato dal giovane Alexis Tsipras, un politico che spero venga clonato ed importato in Italia:
1. immediata cancellazione delle incombenti misure che impoveriranno ulteriormente i greci, come i tagli alle pensioni ed ai salari;
2. cancellazione immediata delle misure tese a indebolire i diritti fondamentali dei lavoratori, come l’abolizione di CCN;
3. abolizione dell’immunità parlamentare; riforma elettorale e generale ristrutturazione del sistema politico;
4. indagine sulle banche greche, e pubblicazione immediata dei risultati dell’audit eseguito da BlackRock sul settore bancario greco;
5. istituzione di un comitato internazionale di revisione dei conti, che indaghi sulle cause del deficit pubblico greco, in aggiunta ad una moratoria sulla riparazione del debito fino a che i risultati dell’indagine non siano resi pubblici.

BlackRock ha in mano i fondi-pensione della regione Trentino-Alto Adige (i politici tagliano le pensioni, gli squali della finanza si pappano i fondi integrazione):
“I gestori finanziari vengono ridotti da 6 a2. Ci sarà un gestore passivo e un gestore attivo. Il gestore passivo Eurizon Capital (gruppo Intesa) amministrerà il 60% del capitale e avrà lo scopo di replicare il benchmark. Vale a dire dovrà impegnarsi a conseguire i rendimenti medi di mercato. Il gestore attivo-tattico, BlackRock, amministrerà invece il 40% del patrimonio da investire e il suo obiettivo sarà addirittura di battere i rendimenti del benchmark nella linea bilanciata e dinamica, la quale ultima gli sarà consegnata in esclusiva. Altro scopo di BlackRock, in netto contrasto con il primo, sarà di proteggere il patrimonio nei momenti difficili. Insomma alla multinazionale americana si chiede nello stesso tempo di rischiare e proteggere il capitale. Non occorre essere esperti finanziari per capire che questo modello innovativo non sta in piedi. Da una parte la drastica diminuzione dei gestori, se porterà ad un risparmio minimo delle commissioni, sarà controbilanciata da un aumento del rischio di gestione per il principio della diversificazione e dalla mancanza di concorrenzialità fra gestori.
Ma soprattutto la scelta del gestore aggressivo americano è altamente rischiosa e poco affidabile per un’analista non legato agli interessi di mercato come Mauro Bottarelli, scrittore e giornalista (Il Riformista) che nel suo Blog (ilsussidiario.net) scrive: “Lo stato dell’arte, al netto dell’ottimismo per il piano Geithner e i rimbalzi da gatto morto delle Borse, è il seguente: l’amministrazione Obama sta arricchendo a dismisura banche e fondi a spese dei contribuenti senza intervenire realmente verso quegli istituti i cui default potrebbero pregiudicare pesantemente l’intera economia mondiale. Un esempio è quello di BlackRock, uno dei primi due enti privati che hanno aderito al piano di riacquisto degli assets tossici. Sapete qual è il motto di Blackrock? Aderire al piano Geithner per il bene dell’America e contemporaneamente scommettere contro la sua ripresa. Certo non lo troverete stampato sulla brochure informativa, ma è proprio questa la filosofia, tipica del fondo hedge, con cui Blackrock ha approcciato all’ultima mossa del Tesoro Usa per cercare di eliminare dai bilanci di banche e assicurazione gli assets (titoli) tossici che continuano a regalare perdite e svalutazioni a ogni trimestre, con conseguente necessità di intervento della Fed.

Il pericolo del gestore unico l’ho constatato di persona come consulente di parte davanti al tribunale di Milano, dove rappresentavo un consumatore truffato da una SIM. Il gestore finanziario giornalmente esegue un grande numero di operazioni speculative in tutte le direzioni, cercando di sfruttare le tendenze del momento, in continua competizione con gli altri operatori. Alla fine della giornata fa il bilancio delle perdite e degli utili. Se il bilancio è positivo passa alla ripartizione, trattenendo la “parte del leone” come meritato compenso per sé e la società finanziaria dalla quale dipende. La fetta più grande dunque viene fatta vincere al fondo favorito (l’Alpha Fund per BlackRock – hedge fund che nel2008 ha guadagnato il 41%). Il resto va nei fondi dei clienti in ordine d’importanza. le perdite vengono ripartite fra i clienti in ordine inverso.

Laborfonds per BlackRock è un piccolo cliente e niente più. Gli toccheranno le briciole degli utili. E per le perdite? Se si dovranno socializzare perdite speculative per salvare l’economia americana e rieleggere Obama, la cosa più logica è che finiscano a carico dei piccoli fondi. Come Laborfonds.

Queste sono le dure leggi della finanza. E l’esperienza ci dice che alla lunga distanza i fondi tendono a perdere non solo l’inflazione, ma anche parte del capitale. È la storia dei primi fondi lussemburghesi e quella recente dei fondi pensione americani finiti a zero. Basta un evento o un gestore truffaldino (sul mercato ce ne sono parecchi). BlackRock, a parer mio, è uno dei più pericolosi e rischiosi”.

http://www.questotrentino.it/qt/?aid=12208

http://www.beppegrillo.it/listeciviche/liste/bolzano/2011/10/fondi-pensione-e-speculazione-finanziaria-lesempio-laborfonds-2.html

Black Rock è anche il nome del brigantino schiavista di Lost

Gli eurobond sono la nostra rovina vs gli eurobond sono la nostra salvezza

Un Bond per domarli, Un Bond per trovarli,

Un Bond per ghermirli e nel buio incatenarli,

Nella Terra di Europa, dove l’Ombra cupa scende.

“Riprenderà il cammino di una idea che lanciò Delors nel 93 e che dieci anni dopo, durante il semestre di presidenza italiana, il sottoscritto ripresentò: gli Eurobond”.

Giulio Tremonti, intervista a La Stampa dopo vittoria Hollande

http://www.wallstreetitalia.com/article/1372505/francia-tremonti-con-hollande-in-arrivo-gli-eurobond.aspx

“I paesi dell’eurozona molto probabilmente decideranno di adottare gli eurobond nei prossimi anni, ha poi sostenuto Juncker. L’emissione degli eurobond dovrà avvenire in base a regole molto rigide e sarà la logica conseguenza di una ulteriore integrazione europea, ha affermato Juncker”.

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=193421&sez=HOME_ECONOMIA&ctc=0

Romano Prodi: “Gli eurobond sono la soluzione. L’eurobond è uno strumento che mette a posto la politica europea, ma la Germania non ne vuole sapere”.

http://blog.panorama.it/ultimora/2011/11/21/prodi-eurobond-sono-la-soluzione/

“L’idea di emettere obbligazioni garantite da tutti gli stati membri della zona euro sembra ragionevole, in quanto abbasserebbe immediatamente i tassi di interesse per i paesi fortemente indebitati. Tuttavia, c’è anche un problema, dato che innalzerebbe i tassi di interesse di quei paesi che hanno goduto della fiducia dei mercati finanziari in passato. Coloro che affermano che questo effetto sarebbe limitato sono vittime di un’illusione o sottovalutano deliberatamente questo rischio. Considerando la quantità di debito che con il passare del tempo diventerebbe condiviso per ciascun paese, è difficile sopravvalutare il rischio d’interesse per i debitori che finora si sono comportati responsabilmente.

Un bond comune inoltre allevierebbe immediatamente il carico di conseguenze per alcuni paesi dovuto alla loro irresponsabilità fiscale. Difficile immaginare di potersela cavare più a buon mercato. La mancanza di disciplina fiscale viene premiata, mentre la solidità fiscale è punita. Il trasferimento del denaro dei contribuenti avverrebbe inoltre senza il coinvolgimento dei parlamenti nazionali – una chiara violazione del principio democratico fondamentale del “no taxation without representation” (“solo le assemblee elette possono tassare i cittadini”).

Le proposte su come si potrebbe controllare e limitare l’emissione di tali obbligazioni non sono convincenti. Quasi tutti i trattati che promettevano una disciplina fiscale europea sono stati infranti di volta in volta. L’esempio peggiore è stato quella della Francia e della Germania nel 2002-03, quando hanno violato il Patto di Stabilità e Crescita, e perfino organizzato una maggioranza politica contro l’applicazione delle sue regole. […]. L’idea che un nuovo processo europeo di trasferimento del denaro dei contribuenti che non è né democratico né governato da principi che sostengono la solidità delle finanze pubbliche si muoverà nella direzione dell’unione politica è totalmente fuorviante. […]. Qualsiasi tentativo di “salvare” l’unione monetaria attraverso accordi di trasferimento della sovranità ad un livello europeo, dove le violazioni dei trattati fondamentali sono diventati un appuntamento fisso, è privo di qualsiasi logica. Alla fine potrà solo alienare ulteriormente la gente dalla stessa Europa. […]. Questo tipo di unione politica non sopravvivrebbe. Il suo crollo sarebbe provocato dalla resistenza della gente. In passato le grida di “no taxation without representation”, hanno portato alla guerra. Questa volta la conseguenza sarebbe quella di minacciare il crollo del progetto di integrazione economica di maggior successo nella storia dell’umanità“.

Otmar Issing, già capo degli economisti della BCE tra il 1998 ed il 2006, “Slithering to the wrong kind of union”, Financial Times, 15 agosto 2011

“Prendiamo gli eurobond, uno strumento assai popolare in Italia. Un eurobond è un titolo emesso con la garanzia illimitata e in solido di tutti i Paesi europei, il cui ricavato viene prestato all’Italia a un tasso inferiore a quello pagato dallo Stato italiano sul proprio debito. La differenza tra i due tassi di interesse misura il rischio che si accollano i contribuenti europei per aiutare l’Italia. C’è da stupirsi se la Merkel, che ha il dovere di rappresentare i propri elettori, non è d’accordo? Continuare a invocare gli eurobond in questa situazione denota mancanza di realismo politico, e allontana la soluzione dei problemi. Oppure prendiamo l’invocazione di “più Europa”, anch’essa così frequente nel dibattito italiano. “Più Europa” significa più decisioni prese da organismi sovranazionali: perché queste siano efficaci, è necessario anche dare più risorse a questi organismi: in altre parole, accentrare le entrate. Ancora una volta, non è realistico (né sarebbe equo) pensare che Germania e Olanda mettano in comune con l’Italia il proprio gettito fiscale senza avere un peso sulle decisioni di spesa di quest’ultima. Quando si invoca “più Europa” ci si rende conto della perdita di sovranità che ciò comporta? Si è disposti ad accettare che la Merkel e i suoi successori decidano di fatto su una parte delle nostre pensioni?”

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-11-05/rendere-debito-meno-rischioso-081047.shtml?uuid=AavfDvIE

“Ora crescono le pressioni per adottare un bilancio europeo, attraverso la creazione dei cosiddetti “Eurobonds”. Questo schema, se verrà adottato, significherà un passo gigantesco verso la dittatura e l’iperinflazione. Infatti, il vero scopo degli Eurobond, o titoli di stato europei, è quello di rifinanziare il debito marcio del sistema bancario. Anche se qualcuno sostiene che gli Eurobond saranno usati per finanziare gli investimenti, questa è una pia illusione. Finché il sistema bancario non sarà ripulito dai titoli tossici, le garanzie illimitate concesse dai governi costringeranno quest’ultimi a rifinanziare le banche, tagliando gli investimenti e i programmi sociali”.

http://www.movisol.org/11news142.htm

“Gli eurobond, così come sono intesi da molte persone, sono un’assurdità. Non si può credere che l’Unione Europea o i Paesi membri possano garantire il debito dei singoli Stati: se così fosse, la Grecia potrebbe indebitarsi allo stesso tasso della Germania, ricomincerebbe a spendere senza limiti, e si troverebbe presto con un debito ancora più grande“.

http://www.linkiesta.it/la-grecia-una-scusa-allargare-il-potere-politico#ixzz1uGiQfcO7

 

Miseria o Rivoluzione – a questo hanno ridotto gli Europei

Stiamo uscendo dalla crisi

Mario Monti, 25 gennaio 2012

http://www.repubblica.it/politica/2012/01/25/news/mozioni_senato_monti-28727394/

Possiamo dire che con le severe misure politiche adottate, stiamo uscendo dalla crisi

Mario Monti, 30 marzo 2012

http://www.italiaoggi.it/news/dettaglio_news.asp?id=201203301316001068&chkAgenzie=CLASSNEWS&sez=news&testo=&titolo=Monti:%20%27%27Stiamo%20uscendo%20dalla%20crisi%27%27

La crisi è nata fuori ma anche perché l’Italia non ha affrontato le sue debolezze strutturali, ora ne stiamo uscendo con fatica.

Mario Monti, 18 aprile 2012

http://www.tgcom24.mediaset.it/politica/articoli/1043516/def-monti-evitato-uno-shock-distruttivo.shtml

L’Italia è davvero sul sentiero giusto

Mario Draghi, 3 maggio 2012

Noi abbiamo il consenso, loro no.

Mario Monti, marzo 2012

Nella sofferenza l’Italia dà una prova esemplare.

Mario Monti, 18 aprile 2012

Si stanno creando tutte le condizioni per far sì che il Paese possa rimettersi a crescere

Corrado Passera, 23 aprile 2012

Che monotonia il posto fisso, i giovani si abituino a cambiare

Mario Monti, febbraio 2012

Gli italiani sono fermi, come struttura mentale, al posto fisso, nella stessa città e magari accanto a mamma e papà, ma occorre fare un salto culturale.

Anna Maria Cancellieri, ministro dell’Interno, febbraio 2012

Le auto blu sono una limitazione della libertà.

Michel Martone, viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, febbraio 2012

Dobbiamo dire ai nostri giovani che se non sei ancora laureato a 28 anni, sei uno sfigato.

Michel Martone, viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, febbraio 2012

Siete l’Italia peggiore

Renato Brunetta, rivolgendosi a dei precari, giugno 2011

Un sondaggio realizzato per le Acli da Ipr Marketing tra il 22 ed il 25 aprile del 2012 e pubblicato il 2 maggio 2012 mostra che il numero di Italiani che ritiene che l’unico mezzo per cambiare il paese sia una rivoluzione (32,5%) non si discosta molto da quello di chi preferirebbe “interventi graduali e condivisi” (35,7%). Solo un 14,6% di persone pensa che delle riforme impopolari cambieranno il paese, mentre il 17,2% non pensa che l’Italia possa essere cambiata. In altre parole ben il 49,7% degli Italiani non crede più alla capacità o volontà dei politici di migliorare la società. L’opzione rivoluzionaria è di gran lunga maggioritaria tra i giovani (18-34 anni) dove raggiunge il 41,4% e tra gli adulti di età compresa tra i 35 ed i 54 anni (36,7%); anche tra le persone più anziane (oltre i 54 anni) è comunque condivisa da un ragguardevole 22,1%. Il 32,3% delle donne approverebbe una rivoluzione.

D’altronde il 48,6% degli intervistati ha risposto che la crisi durerà come minimo altri quattro anni (37,7%) e potrebbe non terminare mai, essendo una condizione strutturale di un’economia che ha superato il punto di non ritorno (10,9%). Meno di un quinto (19,1%) degli intervistati crede che tra dieci anni sarà più ricco di oggi.

*****

Monitorare l’impatto sociale della crisi: percezione dell’opinione pubblica nell’Unione europea” – Rapporto Flash dellEurobarometro 338 (ricerca sul campo dicembre 2011, pubblicazione aprile 2012)

Proporzioni relativamente elevate di persone affermano che la povertà è aumentata, nel loro paese, in Grecia (97%), Francia (93%), Portogallo (93%) e Spagna (92%).
Il 32% degli intervistati ritiene che 1 su 3 dei loro concittadini può essere descritto come povero, mentre il 64% pensa che almeno 1 persona su 5 è povera.
Quasi un quinto (18%) degli intervistati dice che ad un certo punto il suo nucleo familiare ha finito i soldi per pagare beni e servizi essenziali nel corso degli ultimi 12 mesi.
Più di un terzo delle persone in Grecia (45%), Lettonia (42%), Lituania (37%), Bulgaria (36%), Romania (36%) e Ungheria (34%) dice che la sua famiglia è al verde. Per la prima volta la Grecia guida questa classifica [grazie Papademos! NdT]
Il 63% degli intervistati in Europa dice che corre il rischio di non riuscire a far fronte ad un spese impreviste di € 1.000 per il prossimo anno, il 45% dice di non potersi permettere di pagare le bollette ordinarie o acquistare cibo; 43% dice di non essere in grado di pagare l’affitto o un mutuo, e il 31% pensa che ci sia il rischio che non riesca a saldare i suoi debiti.
Guardando ai prossimi 12 mesi, più di uno su 10 (14%) dei cittadini dell’UE ritiene che la situazione finanziaria della sua famiglia migliorerà, mentre poco meno della metà (47%) si aspetta che tutto rimanga come prima. Più di un terzo (36%) si aspetta un peggioramento, rispetto al 26% dell’ottobre 2010.
Il 6% degli intervistati teme di poter essere costretto a lasciare la casa entro i prossimi 12 mesi, non potendo permettersele. Questa percentuale sale al 26% in Grecia, al 16% nel Lussemburgo (!!!) ed al 15% a Cipro.
Quasi un quinto (18%) degli intervistati non è sicuro di potersi tenere il lavoro nei prossimi 12 mesi.
Mentre il 46% delle persone crede di poterne trovare un altro, il 48% crede che avrà difficoltà a trovare un altro impiego.

Quasi un terzo (32%) dei cittadini dell’Unione europea dice che è diventato più difficile coprire i costi dell’assistenza sanitaria in generale; il 38% fa fatica a coprire i costi per i propri figli.

La maggioranza (57%) degli intervistati europei teme che non avrà un reddito sufficiente per vivere la propria vecchiaia dignitosamente (53% a ottobre 2010). In Germania il dato è del 58% (persino lì!!! NdT).

1 cittadino su 6 nel corso degli ultimi 12 mesi ha dovuto scegliere tra pagare le bollette o comprare generi di prima necessità.

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