Goldman Sachs si mangia un altro stato europeo (UK)

 

L’Unione Europea prima

L’Unione Europea oggi

 

 

 

I “signori” dell’Eurozona

La famigerata Commissione Trilaterale esce allo scoperto sulla Grande Coalizione

 

Le idee della Commissione Trilaterale possono essere sintetizzate come l’orientamento ideologico che incarna il punto di vista sovranazionale delle società multinazionali, che cerca di subordinare le politiche territoriali a fini economici non territoriali.

Richard Falk (Emerito, Princeton), “A New Paradigm for International Legal Studies”, The Yale Law Journal (Vol 84, no. 5, April 1975)

Carlo Tecce (Fatto Quotidiano) intervista Carlo Secchi.

“Vuol sapere un segreto?”, dice Carlo Secchi con la voce impastata durante un’ora di colloquio a murare domande e tramandare leggende. La Commissione Trilateral, origine americana e desideri di tecnocrazia, dollari e diplomazia, maneggia sapientemente i segreti. Secchi è il presidente italiano, nonché ex rettore all’Università Bocconi e consigliere d’amministrazione di sei società quotate in Borsa tra cui Italcementi, Mediaset e Pirelli: “Quando il nostro reggente europeo Mario Monti ha ricevuto l’incarico dal Quirinale, e stava per formare il governo, noi eravamo riuniti: curiosa coincidenza, non l’abbiamo scelto noi”. Questo è un tentativo di respingere i complotti che inseguono la Commissione.

Monti premier, promosso o bocciato?

La Trilateral guarda l’Italia con grande interesse. Tutti sono contenti e ammirati per il lavoro di Mario Monti. È inevitabile che ci sia un’ottima considerazione del premier, che è stato un apprezzato presidente del gruppo europeo.

Prima osservava e giudicava, ora è osservato e viene giudicato.

Ovviamente i princìpi di fondo – su economia, finanza, riforme, bilancio, sviluppo – sono ancora condivisi. Mario non li ha rinnegati: c’è continuità fra il Monti in Commissione Trilateral e il Monti a Palazzo Chigi.
È un fatto positivo. Non è l’unico che passa per le nostre stanze: da Jimmy Carter a Bill Clinton, da Romano Prodi fino al greco Lucas Papademos.

Cos’è la Trilateral?

Una storia di quarant’anni, a breve onoreremo l’intuizione del banchiere David Rockefeller e le visioni di Henry Kissinger. Avevamo una struttura tripolare che rispettava i poteri di un secolo fa: americani, canadesi e messicani; l’Europa democratica, cioè occidentale; Giappone e Corea del Sud. Adesso ci spingiamo verso i paesi orientali, quelli più rampanti: India e Cina, Singapore e Indonesia. Siamo una specie di G-20 allargato. La Croazia è l’ultima ammessa.

Che ruolo giocate?

Favorire il dialogo su temi di carattere economico e geopolitico. Vogliamo coniugare l’interesse fra le istituzioni e gli affari.

Bella definizione, teorica però. Chi seleziona i componenti?

Siamo divisi in gruppi continentali e nazionali con un numero limitato. In Europa non possiamo superare i 200 membri, mentre in Italia siamo 18. Posso citare, per fare un esempio, Marco Tronchetti Provera (Pirelli), Enrico Tomaso Cucchiani (Intesa), John Elkann (Fiat). Io sono entrato come rettore della Bocconi.

Chi si dimette fa un nome per la successione, ma si cercano figure simili. Soltanto un banchiere può sostituire un banchiere.

Il nostro disegno è quello di contenere la società italiana: professori universitari, esperti militari, ambasciatori, imprenditori, politici, giornalisti. Ci vediamo due volte all’anno con vari argomenti da approfondire e cerchiamo di trovare una soluzione. Lanciamo idee.

E chi le raccoglie?

Ciascuno di noi ha un collegamento con le istituzioni. Il nostro presidente può chiedere un incontro con i commissari europei.

Noi elaboriamo proposte, non facciamo pressioni. Non votiamo mai per un nostro piano, discutiamo, punto.

Differenze con il Club Bilderberg?

Le nostre porte sono più aperte, c’è un profondo ricambio generazionale. A volte si può assistere ai dibattiti, invitiamo personalità a noi vicine, ma con un divieto assoluto: non è permesso riportare dichiarazioni all’esterno. Questo serve a garantire la nostra libertà.

C’è tanta massoneria fra di voi?

Personalmente non me ne sono accorto, può darsi che qualcuno dei membri maschi sia massone. Non c’è nulla, però, che rimandi a una loggia. Più che i grembiulini, noi indossiamo una rete: è chiaro che, avendo numerosi contatti sparsi ovunque, ci si aiuti a vicenda.

Come influenzate i governi?

Soltanto in maniera indiretta, non abbiamo emissari, non siamo un sindacato né un partito. Non mi piace il verbo influenzare.

Ma non posso negare che le nostre conoscenze siano ampie.

Scommettete contro l’Euro morente?

Non posso portare fuori il pensiero interno alla Trilateral. Posso raccontare spezzoni, elementi messi insieme durante l’ultima assemblea di Tokyo. Quando ragioniamo sull’euro ci rendiamo conto che siamo di fronte a una creatura incompiuta e quindi consigliamo un mercato europeo comune, non soltanto una moneta.

Previsioni?

La Cina è un chiodo fisso, a Tokyo è stata protagonista. Cina vuol dire crescita e integrazione, e il timore che quel mezzo potentissimo possa rallentare. Invece gli americani si sentono tranquilli, ma credono che l’Europa sia un po’ lenta a risolvere i suoi problemi e sono molto insoddisfatti di Bruxelles.

Meglio i tecnici o i politici al governo?

Ci sono tecnici ad Atene e Roma.

Papademos e Monti, due ex illustri esponenti della Trilateral.

Il prossimo modello, forse anche in Italia, sarà una coalizione trasversale come in Germania. Poi cambia poco se i ministri saranno o no dei partiti.

Quali sono i vostri amici nel governo italiano?

Oltre a Monti e al sottosegretario Marta Dassù (Esteri), per motivi professionali, dico i ministri Lorenzo Ornaghi (Cultura) e Corrado Passera (Sviluppo economico).

La Trilateral è potente perché misteriosa?

Siamo semplicemente una rete forte, la migliore al mondo. Non prendiamo direttamente decisioni importanti, ma ci siamo sempre nei momenti più delicati. Jimmy Carter non è diventato presidente perché era il capo americano: una volta alla Casa Bianca, però, sapeva di avere un gruppo di persone con cui consigliarsi“.

Carlo Tecce
Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it
26.04.2012

http://shop.ilfattoquotidiano.it/2012/04/26/noi-della-trilateral-contenti-di-monti/

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=43172

E, in fondo al tunnel dell’austerità neoliberista, già si scorge la nostra sorte…

a cura di Stefano Fait

 

Kendell Geers and K.O. Lab: T/Error, B/Order and D/Anger, 2003

Bisogna proseguire su questa strada, non c’è possibilità di uscire da questo sentiero più virtuoso e responsabile che abbiamo intrapreso…Ci impegnamo ad avere anche nella Costituzione il pareggio di bilancio. Non possiamo che continuare su questa strada. Le misure che vengono definite di austerità sono state imposte da una situazione molto delicata, come la crisi del debito sovrano in Europa, anche se le cause e le dimensioni della crisi economica sono molteplici. Ci muoviamo in questo orizzonte, sapendo che è il 2012 già è e sarà un anno difficile per le nostre economie.

Giorgio Napolitano, 20 marzo 2012

Quello che certamente si verificherà sarà una recessione dell’Area e il default della Grecia, con la possibilità che Atene arrivi all’abbandono dell’euro. Niente di tutto ciò renderà la vita facile al Portogallo.

Paul Krugman, Nobel per l’Economia, 28 febbraio 2012

Benché l’austerità non dia frutti, la risposta politica è quella di chiederne sempre di più. La crisi vede vacillare paesi come Spagna e Irlanda, che prima della crisi avevano avanzi di bilancio.

Joseph Stiglitz, Nobel per l’Economia, 7 marzo 2012

A me sembra che l’impostazione sindacale di Landini, che parte dai principi (repubblica imperniata sul lavoro, diritto di ogni cittadino al lavoro) piuttosto che dalle leggi naturali (domanda, offerta, libero scambio)…sia una scheggia di quel sindacalismo che prevaleva nell’Italia del dopoguerra, figlio dell’estremismo di sinistra.

Piero Ottone, Repubblica (un quotidiano che si diceva di sinistra), 22 marzo 2012

Notare la perla: ai principi costituzionali Piero Ottone antepone le “leggi naturali” (?), che poi sarebbero quelle del più forte ma detto in modo più algido, dimenticando che è proprio per difendersi da questo che i principi cui fa riferimento Landini sono stati scritti in Costituzione.La gente accetta per auto-evidenti affermazioni che sono tali solo perché appartengono al filone di pensiero prevalente. Mala tempora.

Mauro Poggi, 22 marzo 2012

L’incidenza dell’HIV / AIDS tra i tossicodipendenti per via endovenosa nel centro di Atene è aumentata del 1250% nei primi 10 mesi del 2011 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, secondo il capo di Medici Senza Frontiere Grecia, mentre la malaria sta diventando endemica nel sud del paese per la prima volta dopo il regime dei colonnelli.

Reveka Papadopoulos ha detto che, in conseguenza di tagli selvaggi al bilancio del servizio sanitario nazionale, comprese pesanti perdite di posti di lavoro e una riduzione del 40% dei finanziamenti per gli ospedali, l’assistenza pubblica greca “è stremata, se non a pezzi. Vediamo indicatori molto chiari di un sistema che non regge”. I pesanti e miopi tagli di bilancio sono coincisi lo scorso anno con un aumento del 24% della domanda di servizi ospedalieri perché le persone non possono più permettersi la sanità privata. L’intero sistema si sta deteriorando. L’aumento straordinario dell’HIV/Aids tra i tossicodipendenti, causato soprattutto della sospensione o cancellazione del programma di distribuzione di siringhe, è stato accompagnata da un incremento del 52% nella popolazione generale. “Stiamo inoltre assistendo per la prima volta in Grecia alla trasmissione tra madre e figlio. Qualcosa che siamo abituati a vedere nell’Africa sub-sahariana, non in Europa. Poi c’è la ricomparsa della malaria endemica in varie parti della Grecia, in particolare il sud. “La malaria è curabile, non dovrebbe diffondersi se il sistema funziona”.

http://www.guardian.co.uk/world/blog/2012/mar/15/greece-breadline-hiv-malaria

L’austerità uccide ed infligge il colpo di grazia ad economie stagnanti.

Herbert Hoover nell’America della Depressione e Arnold Schwazenegger in California hanno già dato ampia dimostrazione degli effetti dell’austerità neoliberista. Un altro politico che adottò la stessa strategia in un’analoga situazione fu il cancelliere di Weimar Heinrich Brüning: dopo di lui arrivò al potere Hitler, sull’onda del disastro economico prodotto dai suoi tagli alla spesa pubblica. Chi predica il dogma dell’austerità (incluso Napolitano) non può essere in buona fede. Lo ripeto: Napolitano e Monti non possono non sapere che stanno distruggendo l’economia italiana. Il loro è, necessariamente, un piano consapevole (è comunque anche possibile che Napolitano sia semplicemente troppo ignorante o senile per capire cosa sta succedendo). Monti, Cameron, Merkel, Sarkozy, Papademos, ecc. sono i Brüning dei nostri tempi.

È indispensabile fare un buon lavoro di sensibilizzazione perché il deterioramento degli standard di vita spingerà molte persone normalmente apatiche a prendere posizione e protestare contro un sistema sempre più iniquo. Questi milioni di persone, catapultate improvvisamente sul palcoscenico della storia, saranno un boccone prelibato per i demagoghi e potrebbero cadere nella trappola dell’estremismo di destra.

Sono giunto alla conclusione che il piano dell’élite sia appunto questo, perché, lo ripeto, è impossibile che non abbiano appreso neppure i rudimenti della storia economica. La crisi economica e l’attacco israeliano all’Iran saranno impiegati per demolire lo stato di diritto democratico e, se non li fermeremo in tempo, instaurare qualcosa di molto diverso e di molto minaccioso.

A questo proposito, riporto una fantastica analisi di Blicero:

“La parola che definirà il 2012 è principalmente una: austerità. La crisi azzanna le economie, il corpo della società è malato, la recessione incombente: l’unica soluzione è ingurgitare il pesante cocktail di tagli alla spesa pubblica, aumenti di tasse, esuberi, licenziamenti di massa e benzina a prezzi greci. Certo, i sacrifici – assicurano alteri e sobri i nostri politici/governanti – saranno durissimi. Ma alla fine la crescita sboccerà di nuovo, e la prosperità, dopo il carpet-bombing di misure di austerità, tornerà a scoccare e risuonare impetuosa in tutti i cieli d’Europa.

Giusto? Non proprio. Se si guarda alla storia dei programmi di austerità degli ultimi 90 anni si nota esattamente l’inverso: svolte autoritarie, feroci scontri  di piazza, tensione sociale, massacri, colpi di stato, rovesciamenti di governi e l’ascesa di regimi dittatoriali. Il paperAusterity and Anarchy: Budget Cuts and Social Unrest in Europe, 1919-2010” scritto da Jacopo Ponticelli e Hans-Joachim Voth1 rileva in maniera scientifica la correlazione tra austerità e instabilità politica e sociale.

In “Austerity and Anarchy” i due studiosi individuano cinque diversi tipi di instabilità (manifestazioni contro il governo, riots, assassinii, scioperi generali e tentativi di rivoluzione) in Europa nel periodo 1919-2009. Gli indicatori sono assommati e aggregati in una variabile chiamata CHAOS. Nella prima immagine, come si vede, gli anni antecedenti/successivi alla seconda guerra mondiale, gli anni ’70 e la fine anni ’80/inizio anni ’90 sono estremamente turbolenti.

 

(Grafico #1: Numero di incidenti in Europa, 1919-2009. Fonte: Ponticelli, Voth, “Austerity and Anarchy: Budget Cuts and Social Unrest in Europe, 1919-2010″)

Nella seconda immagine le barre indicano il numero di incidenti per anno e Paese. Più la barra diventa scura, più i tagli alla spesa pubblica sono massicci. Una volta che i tagli raggiungono il 2% del PIL, l’instabilità aumenta esponenzialmente. Quando i tagli arrivano al 5% del PIL vuol dire una cosa soltanto: Grecia odierna – e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.

(Grafico #2: Disordini e tagli al budget. Fonte: Ponticelli, Voth, “Austerity and Anarchy: Budget Cuts and Social Unrest in Europe, 1919-2010″)

Il programma di austerità più catastrofico della Storia è sicuramente quello della Repubblica di Weimar, portato avanti nel pieno della Grande Depressione (tra il 1930 e il 1932) dal “cancelliere della fame” Heinrich Brüning. Dopo aver appreso i fondamenti dell’austerity durante il dottorato alla London School of Economics, il cancelliere era fortemente supportato nel suo piano dai big dell’industria tedesca. Ma dopo due anni di austerità la situazione era degenerata: Brüning sospese di fatto la democrazia parlamentare e governò a colpi di decreti emergenziali; la disoccupazione raddoppiò dal 15% del 1930 al 30% del 1932; la miseria dilagò; le proteste si fecero sempre più violente; e le milizie paramilitari e i nazisti acquisirono un potere sconfinato. Brüning fu infine costretto a dimettersi, e nel 1933 salì al potere un certo Adolf Hitler.

Un altro interessante caso di studio sull’efficacia dei programmi di austerità è la Lituania dei primi anni ’90. L’URSS era appena collassata e la piccola repubblica sovietica cercava di sganciarsi definitivamente dall’orbita del Cremlino, anche e soprattutto sul versante economico. Per fare ciò, il governo lituano si rivolse all’economista Larry Summers (ex Segretario del Tesoro sotto Clinton ed ex presidente del National Economic Council sotto Obama), che prescrisse la solita medicina dell’austerità per la transizione dall’economia pianificata al libero mercato. I risultati? Disoccupazione alle stelle, corruzione galoppante, una popolazione che addirittura rimette al potere i comunisti (nel 1992, appena due anni dopo la dichiarazione di indipendenza dalla Russia) ed il più alto tasso di suicidi del mondo. Nel 1990, infatti, in Lituania il tasso era fermo a 26.1 persone su 100.000; dopo appena cinque anni era schizzato a 45.6 su 100.0002.

(Grafico #3: Suicidi in Lituania, 1986-1996. Fonte: Haghighat, “Psychiatry in Lithuania: the highest rate of suicide in the world” in “The Psychiatrist”)

[…].

I programmi di austerità non sono stati sperimentati solo in Europa. Nel paperTightening Tensions: Fiscal Policy and Civil Unrest in Eleven South American Countries, 1937-1995”, Hans-Joachim Voth analizza la corrispondenza tra le misure di austerità e l’instabilità politico-sociale in undici stati sudamericani nel periodo 1937-1995. Il risultato della ricerca, scrive Voth, “mostra una chiara e positiva correlazione tra austerità e instabilità”.

Il caso più eclatante del fallimento dell’austerity è quello venezuelano. Nel febbraio 1989 Carlos Andres Perez venne eletto presidente del Venezuela promettendo di combattere il piano di austerità che il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale volevano somministrare al suo paese. Ad appena tre settimane dall’elezione, però, Perez tradì le promesse e impose quegli stessi programmi a cui si era pubblicamente opposto. Le proteste furono massicce, la repressione cruenta: dopo aver dichiarato la legge marziale e sospeso la Costituzione, i reparti speciali della polizia trucidarono a Caracas circa tremila persone (i venezuelani chiamano il massacro “Caracazo”). In definitiva, il programma di austerity venezuelano aumentò esponenzialmente la povertà, fece esplodere la corruzione, rese incredibilmente ricco il solito ristretto club di oligarchi e nel 1992 portò ad un fallito tentativo di golpe da parte di Hugo Chavez. Perez, accusato di peculato e malversazione, venne destituito nel 1993 dalla Corte Suprema del Venezuela e fuggì a Miami, dove è morto il 25 dicembre del 2010.

 

(Grafico #4: Rivolte e Assassinii in Sud America, 1937-1995. Fonte: Voth, “Tightening Tensions: Fiscal Policy and Civil Unrest in Eleven South American Countries, 1937-1995″)

 

(Grafico #5: Rivoluzioni e Manifestazioni in Sud America, 1937-1995. Fonte: Voth, “Tightening Tensions: Fiscal Policy and Civil Unrest in Eleven South American Countries, 1937-1995″)

L’idea della “naturalizzazione de-politicizzata”3 della crisi sembra essere irrimediabilmente passata. Se vogliamo tornare a crescere, in parole povere, dobbiamo ingoiare l’amara pillola, rinunciare alle nostre pensioni, accettare di buon grado i tagli agli stipendi, accogliere con spirito di sacrificio lo smantellamento dello Stato sociale, chiudere un occhio sulle chiusure delle fabbriche, delle aziende e credere ciecamente nei vari pacchetti Salva-Qualcosa e Cresci-Qualcosa.

Il punto è che le misure di austerità non sono, come propugnano certi economisti e policy makers, l’unica & imprescindibile soluzione per imboccare nuovamente la retta via fiscale. La storia recente è lì a dimostrarlo: l’austerità non ha fatto altro che deprimere l’economia dei paesi che l’hanno adottata e ha risucchiato le società in una spirale di caos e disordine. “Ad eccezione della Germania, tutti i governi europei si stanno facendo in quattro per dimostrare ai mercati che non esiteranno a fare quello che è necessario – ha dichiarato tre giorni fa al New York Times Charles Wyplosz (professore di economia al Graduate Institute di Ginevra), riferendosi ai pacchetti di austerity approvati in questi ultimi mesi – Con questo tipo di politica stiamo andando dritti contro un muro. È follia pura”.

Quando si dice che l’alternativa all’austerità semplicemente non esiste, è una menzogna. Le misure di austerity sono una precisa scelta politica. Non è qualcosa che piove dall’alto. E non è nemmeno una catastrofe inevitabile come un terremoto, uno tsunami o un libro di Fabio Volo. Piuttosto, è la consapevole decisione di sfracellarsi contro un muro con una macchina senza l’airbag di serie”.

La rabbia e l’amore – sulla violenza in Grecia

 

di John Holloway [docente all’Istituto per le Scienze Umane e Sociali dell’Università Autonoma di Puebla]

Non mi piace la violenza. Non penso che ci sia molto di guadagnato nel bruciare le banche e rompere le vetrine. E tuttavia mi sento bene quando vedo la reazione ad Atene ed in altre città della Grecia all’approvazione da parte del parlamento greco delle misure imposte dall’Unione Europea. Di più: se non ci fosse stata un’esplosione di rabbia, mi sarei sentito sprofondare in un mare di depressione. Questa gioia è quella che si prova a vedere il poveraccio sempre bistrattato, ribellarsi e ruggire.  La gioia di vedere quelli che hanno preso mille schiaffi, ridarli indietro.
Come possiamo chiedere alla gente che accetti con calma i feroci tagli al tenore di vita che implicano queste misure di austerità? Possiamo immaginarci che siano d’accordo sul fatto che il massiccio pontenziale creativo di così tanti giovani venga semplicemente eliminato, i loro talenti intrappolati in una vita di disoccupazione di lunga durata? E tutto ciò solamente per ripagare le banche e far diventare più ricchi i ricchi?
Tutto ciò solamente per mantenere un sistema capitalista che ha oltrepassato da molto tempo la sua data di scadenza, e che adesso offre al mondo soltanto distruzione. Per i greci, accettare queste misure con moderazione significherebbe moltiplicare la depressione con la depressione, depressione per un sistema fallito con l’aggiunta della depressione per la dignità perduta. La violenza della reazione in Grecia è un grido che si rivolge al mondo. Per quanto ancora staremo seduti a guardare mentre il mondo viene fatto a pezzi dai barbari cioè dai ricchi e dalle banche? Per quanto ancora staremo a guardare le ingiustizie che aumentano, il sistema sanitario smantellato, l’educazione ridotta ad un non-senso acritico, le risorse di acqua del mondo privatizzate, le comunità spazzate via e la terra devastata per i profitti delle compagnie minerarie?
L’attacco che si mostra così acuto in Grecia sta avvenendo ovunque nel mondo. Da tutte le parti il denaro sta assoggettando l’umano e la vita non umana alla sua logica, la logica del profitto. Ciò non è qualcosa di nuovo, ma l’intensità e l’ampiezza dell’attacco sono nuove, ed è nuova anche la generale consapevolezza che la dinamica attuale sia una dinamica di morte, che è verosimile che tutti ci stiamo dirigendo verso la scomparsa della vita umana sulla terra. Quando i commentatori esperti spiegano i dettagli delle ultime negoziazioni tra i governi sul futuro dell’eurozona, si dimenticano di menzionare che ciò che viene negoziato così biecamente è il futuro dell’umanità.
Siamo tutti Greci. Siamo tutti dei soggetti la cui soggettività è stata schiacciata dal rullo compressore di una storia determinata dal movimento dei mercati finanziari. O così sembra e così avrebbero voluto. Milioni di italiani hanno protestato a più riprese contro Silvio Berlusconi ma sono stati i mercati a farlo cadere. Lo stesso in Grecia: manifestazioni una dopo l’altra contro George Papandreou ma alla fine sono stati i mercati che l’hanno allontanato. In entrambi i casi, sono stati nominati dei servitori leali e fedeli per prendere il posto dei politici caduti, senza neanche uno straccio di consultazione popolare. Questa non è nemmeno la storia condotta dai ricchi e dai potenti, sebbene alcuni ne traggano vantaggi: è una storia fatta da una dinamica che nessuno controlla, una dinamica che sta distruggendo il mondo se la lasciamo fare.
Le fiamme di Atene sono fiamme di rabbia, e ci fanno gioire. E tuttavia la rabbia è pericolosa. Se viene personalizzata o si rivolge contro un gruppo di persone specifico (i tedeschi in questo caso) può facilmente diventare puramente distruttiva. Non è una coincidenza il fatto che il primo ministro a dare le dimissioni in segno di protesta contro l’ultima serie di misure di austerità in Grecia sia stato un leader del partito di estrema destra Laos. La rabbia può diventare facilmente una rabbia nazionalista, addirittura fascista; una rabbia che non fa niente per rendere il mondo migliore.
È importante dunque essere chiari sul fatto che la nostra rabbia non è contro i tedeschi, nemmeno contro Angela Merkel o David Cameron o Nicolas Sarkozy. Questi politici sono soltanto dei penosi ed arroganti simboli del vero oggetto della nostra rabbia – il potere del denaro, l’assoggettamento della vita intera alla logica del profitto.
Amore e rabbia, rabbia e amore. L’amore è stato un argomento importante nelle lotte che hanno ridefinito il significato della politica durante l’ultimo anno, un tema costante durante i movimenti Occupy, un sentimento profondo persino nel cuore dei violenti scontri avvenuti in molte parti del mondo. Dunque l’amore cammina mano nella mano con la rabbia, la rabbia del «come osano portarci via le nostre vite, come osano trattarci come oggetti». La rabbia di un mondo diverso che si sta facendo faticosamente strada attraverso l’oscenità del mondo che ci circonda. Forse.
Il farsi strada di un mondo diverso non è soltanto una questione di rabbia, anche se la rabbia ne fa parte. Riguarda necessariamente la costruzione paziente di un modo diverso di fare le cose, la creazione di forme diverse di coesione sociale e di mutuo soccorso. Dietro lo spettacolo delle banche che bruciano in Grecia c’è un processo più profondo, un movimento più calmo di persone che rifiutano di pagare i biglietti degli autobus, le bollette dell’elettricità, i pedaggi autostradali, i debiti con le banche; un movimento, nato dalla necessità e dalla convinzione, di persone che organizzano le proprie vite in un modo diverso, che creano comunità di mutuo soccorso e reti per l’alimentazione, che occupano edifici e terreni abbandonati, che creano orti comunitari, che ritornano nelle campagne, che girano le spalle ai politici (che adesso hanno paura farsi vedere per strada) e che creano direttamente forme democratiche di decisione sociale. Forse è ancora qualcosa di insufficiente e sperimentale ma di cruciale importanza. Dietro le fiamme spettacolari, è questa ricerca per la creazione di un modo diverso di vivere che determinerà il futuro della Grecia, e del mondo.

Pertini, Berlinguer e don Milani si rivoltano nella tomba. Il PD non ancora.

 

a cura di Stefano Fait

 

 

Soltanto una crisi – reale o percepita – produce vero cambiamento. Quando quella crisi si verifica, le azioni intraprese dipendono dalle idee che circolano. Questa, io credo, è la nostra funzione principale: sviluppare alternative alle politiche esistenti, mantenerle in vita e disponibili finché il politicamente impossibile diventa politicamente inevitabile.

Milton Friedman, “Capitalism and Freedom”, 1982.

Non dobbiamo sorprenderci che l’Europa abbia bisogno di crisi, e di gravi crisi, per fare passi avanti. I passi avanti dell’Europa sono per definizione cessioni di parti delle sovranità nazionali a un livello comunitario. È chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una collettività nazionale, possono essere pronti a queste cessioni solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle perché c’è una crisi in atto, visibile, conclamata.

Mario Monti, discorso alla Luiss, 22 febbraio 2011.

Questo arcaico stile di rivendicazione, che finisce spesso per fare il danno degli interessi tutelati, è un grosso ostacolo alle riforme. Ma può venire superato. L’abbiamo visto di recente con le due importanti riforme dovute a Mariastella Gelmini e a Sergio Marchionne. Grazie alla loro determinazione, verrà un po’ ridotto l’handicap dell’Italia nel formare studenti, nel fare ricerca, nel fabbricare automobili.

Mario Monti, Corriere della Sera, 2 gennaio 2011

La Merkel e Sarkozy impongono al governo greco l’acquisto delle loro armi. Se volete gli aiuti e rimanere nell’euro, hanno detto, dovete comprare i nostri carri armati e le nostre belle navi da guerra, imponendo così tagli e sacrifici agli straziati cittadini greci. Questo è ciò che diceva il Corriere della Sera di ieri a pagina 5. Ma già l’estate scorsa il Wall Street Journal rivelava che Berlino e Parigi avevano preteso l’acquisto di armamenti come condizione per approvare il piano di salvataggio della Grecia. È questa l’Europa che vogliamo, cinica e armata fino ai denti?

Adriano Celentano, primo intervento a Sanremo, 15 febbraio 2012

Scrive il sempre prezioso Aldo Giannuli – http://www.aldogiannuli.it/2012/02/frasi-infelici/:

“Monti si è scusato della sua battuta sul “posto fisso che è monotono” dicendo che era stata una frase infelice ed altrettanto ha fatto la Cancellieri a proposito di quei bamboccioni che vogliono il lavoro “vicino a mamma e papà”. Ma non si tratta di frasi infelici perché tradiscono qualcosa che conviene capire meglio. Aveva iniziato il vice ministro Michel Martone dicendo che “chi a 28 anni non è laureato è uno sfigato” (ricordate?). Se poi uno si laurea anche a 30 anni, perché nel frattempo deve fare mille mestieri per vivere, perché ha dovuto interrompere gli studi per qualche tempo perché non aveva i soldi per pagarsi le tasse universitarie o per altre ragioni di disagio sociale, questo a Martone non importa. Cosa volete che ne sappia uno che è figlio dell’Avvocato Generale presso la Corte di Cassazione (scusate se è poco), che si è laureato a 21 anni ed a 31 (con ben poche pubblicazioni) era addirittura professore ordinario? Potete leggerne la brillante carriera sul “Fatto quotidiano”.

E, infatti, quello che contraddistingue questo governo è il nobile lignaggio dei suoi componenti.

Della Cancellieri si sa che è figlia  di “italiani emigrati in Libia”, quel che può voler dire tutto, e che “iniziò a lavorare a 19 anni alla Presidenza del Consiglio” (1962) quello che fa sospettare una provenienza sociale non proprio popolare.

Di Mario Monti non c’è nemmeno bisogno di dire: figlio di un direttore di banca ed, addirittura nipote del grande banchiere Raffaele Mattioli, che altro volete?

Diceva il vecchio Marx che è “l’essere sociale che determina la coscienza” e questi personaggi sono l’espressione di classi sociali molto elevate. Esprimono quel bel mondo di chi non ha mai dovuto dimostrare nulla perché bastava il cognome a dire tutto. Ceti sociali i cui individui  non si sono  mai guadagnati nulla – e che, se anche avevano dei meriti reali, non è per quello che sono stati scelti, ma che nutrono salda la convinzione di essere i migliori, che meritano senza ombra di dubbio le altissime retribuzioni che riscuotono, destinati naturalmente a dirigere, perché le gerarchie sociali non sono un dato storicamente determinato, ma un fatto del tutto naturale.

Conseguentemente, guardano tutti con una vena di disprezzo: i poveri? È giusto che esistano, non possiamo essere tutti ricchi. Le classi popolari sono così poco istruite, poco abili, poco intelligenti! Hanno condizioni di vita dure, con un carico di sofferenze spaventoso? È il prodotto delle loro scarse capacità e, poi, di che si lamentano? Appunto: sono sfigati!

La povertà per questa gente non è un problema sociale da affrontare e la miseria non è qualcosa da vincere, ma un dato di fatto da accettare senza fare troppe storie. Le crisi, per questi signori, sono i periodi in cui “voi dovete tirare la cinghia” è l’unica ricetta che conoscono è abbassare il costo del lavoro, liquidare le garanzie sociali ecc, perché “siamo tutti nella stessa barca”. Cose dette intrepidamente, senza traccia di rossore sulle guance: la vergogna? Cosa è?

Le frasi sul posto di lavoro e sugli sfigati non sono “frasi infelici” ma l’espressione di un feroce classismo e di una istintiva avversione a qualsiasi forma di eguaglianza.

Berlusconi, lo conosciamo, è stato un personaggio della cui indecenza non abbiamo bisogno di dire ancora una volta: ha mantenuto la goffaggine, l’ineleganza, la grettezza culturale, la sbruffoneria cafona, lo spaventoso egocentrismo tipiche del parvenu, ma almeno è uno che “si è fatto da sé” (lasciamo perdere come: sappiamo, sappiamo….), ha conosciuto disagi e privazioni,  ha dovuto inventarsi di tutto per arrampicarsi. Tutto questo può guadagnargli un attimo di simpatia umana (un nanosecondo: sia chiaro!) per poi tornare all’inimicizia di sempre.

Ma la gente di cui questo governo è espressione, con la sua odiosa protervia, non merita neanche quel nanosecondo.

Umanamente, sono molto più spregevoli di Berlusconi.

Aldo Giannuli, in un commento, aggiunge, e mi trova d’accordo: “Peraltro confermo che l’aristo-borghesia è umanamente più spregevole del parvenu cafone ed arraffatore”.

Questi i commenti di alcuni lettori.

Dario: “Sono pienamente d’accordo con Aldo Giannuli. Il governo dei professori è l’espressione massima dello strapotere di classe. Nel corso della mia vita lavorativa ho conosciuto molti di “signori” come questi per farmene un concetto non molto lusinghiero. Si tratta di persone che si dicono democratiche ma che, nel profondo, covano un algido disprezzo per chi non ha i loro buoni natali. Nella realtà e nel fare concreto sono profondamente classisti, conservatori, convinti che per il loro censo essi siano destinati sempre e comunque a primeggiare. Vengono allevati così fin da piccoli e condotti dai loro padri nelle scuole più esclusive, nei circoli internazionali più riservati, nelle logge massoniche o nelle segrete dell’opus dei. Nel secondo dopoguerra abbiamo avuto Giuseppe Di Vittorio, venuto dal profondo sud, bracciante autodidatta, indomito cuor di leone, che, salendo dal basso ai vertici del sindacalismo e della politica, ha saputo dare voce e speranza a chi non l’aveva. Fino alla fine degli anni ottanta anche i figli degli operai, dei contadini, degli impiegati, potevano diventare classe dirigente. Oggi, il classismo e l’elitismo, che promana fin dai vertici della UE scendendo per li rami giù per banche e istituzioni politiche, ha spazzato via ogni sorta di ascensore sociale, impedisce alle classi popolari di essere rappresentate per davvero e di avere aspirazioni di crescita, di benessere, di più ampi spazi di uguaglianza, giustizia sociale, libertà.
Il capitalismo ha disvelato ormai la sua vera natura: via ogni connotato socialdemocratico e avanti tutta con le ricette ultra-liberiste che hanno già impoverito milioni di persone. Per procedere su questa strada non vanno più bene i pagliacci, i barzellettari, i bunga bunghisti. Ci vogliono persone “serie”… Monti ha persino “le phisique du role” dell’oligarca, dell’uomo dell’èlite “illuminata”, cresciuta tra grandi banche d’affari (Goldman Sachs) e le organizzazioni che incarnano il potere vero e puro dei padroni del mondo. Non si diventa per caso membri della Trilateral Commission e del Gruppo Bilderberg!!!”

Nicola Mosti: “Quegli impersonali Mercati che in realtà hanno un nome ed un cognome: sono gli investitori istituzionali come i fondi pensione, i fondi comuni, le banche, le quali, si ricorderà, sono appena state salvate dalla bancarotta con i soldi dei contribuenti. Grottesco poi che, dopo l’emotrasfusione, abbiano iniziato a speculare sulla solvibilità dei debiti sovrani, cresciuti a dismisura anche a causa dell’irresponsabilità degli stessi istituti finanziari.

E qui starebbe il ruolo della politica, che dovrebbe intervenire nella rigorosa regolamentazione di questi maledetti Mercati (altro che deregulation), imponendo loro finalità sociali piuttosto che speculative. Purtroppo, l’attuale classe dirigente è talmente degenerata da aver lasciato le redini agli imbonitori dell’Economia di Mercato, quegli stessi personaggi il cui fanatico credo ha gettato le basi per la crisi attuale, oltre che per quelle pregresse.
Ma ora io dico: affidereste voi la vostra salute ad un medico le cui teorie – alla prova dei fatti – si sono rivelate tanto fallaci? Non credo”.

Angelo Iannacone: “È vero non si tratta di “infortuni” o semplici “frasi infelici”, ma di frasi che tradiscono quello che il governo Monti in realtà è: un governo di destra e precisamente il governo delle banche e di confindustria, un governo di destra peggiore del governo di destra berlusconiano, che lo ha preceduto. Certo non è il governo del bunga bunga, ma è il governo del loden grigio, ma è indubbiamente il governo di quelle forze che hanno le maggiori responsabilità della crisi e che conoscono un solo modo di uscirne: quello che consente loro di arricchirsi ancora di più anche con la crisi a danno delle classi sociali meno elevate, che devono solo fare sacrifici, lavorare, produrre e consumare, così da permettere al sistema di stare in piedi.

Il governo Monti non è affatto una medicina necessaria, ma è solo il modo, per chi è responsabile della crisi, di sfruttarla per arricchirsi ancora di più e di farla pagare a chi ne è stato solo vittima.

Ciò che allarma è il clima da regime che si sta instaurando:

Mancanza di opposizione, con i leader politici in particolare del PD, che sostengono con entusiasmo e cecità il governo delle banche e di CONFINDUSTRIA. Totale mancanza di informazione critica, con la stampa “progressista” (Repubblica in testa) tramutata in stampa di regime, che non da voce a chi osi criticare e dissentire, bollando semplicemente di lobbysmo e corporativismo chiunque osi criticare. Per giorni la Repubblica, gli altri giornali e telegiornali hanno riempito le loro pagine della visita di Monti negli States, dando la falsa impressione che Monti abbia conquistato l’America, quando invece la stampa americana ha pressoché ignorato l’evento, a cui è stato riservato solo un trafiletto. Clamoroso poi che la copertina di Time con la foto di Monti, che ci è stata propinata, non è invece la copertina con cui Time è stato distribuito negli States, insomma è una copertina diversa usata per le copie che si trovano negli aeroporti.

La Repubblica dell’altro giorno, a proposito degli emendamenti al decreto sulle c.d. liberalizzazioni, titolava in prima pagina “Liberalizzazioni: Lobby all’assalto”, ma non riferiva che molti degli emendamenti demonizzati vanno a colpire banche, assicurazioni ecc. Insomma il governo delle banche e di confindustria, secondo questa stampa illuminata, sarebbe il paladino delle liberalizzazioni e della redistribuzione della ricchezza e chi osa criticare sarebbe lobbysta, corporativista e perché no sciovinista, trotskista, spia e controrivoluzionario.

Piccolo particolare è che il governo Monti è il governo dei poteri forti e non è un governo rivoluzionario.

Certo anche il Presidente Napolitano ha detto che si tratta di sacrifici necessari, ma Napolitano aveva giustificato anche l’invasione dell’ Ungheria.
Alla soluzione, suggerita da qualcuno, di turarsi il naso ed affidarsi al male minore e cioè a Bersani, D’Alema, Veltroni ecc., sarebbe sicuramente preferibile (in quanto meno dannoso) affidarsi ai comici, che sin dai tempi del governo Berlusconi sembrano gli unici in grado di capire e spiegare realmente le vicende politico-sociali di questi anni ed a volte addirittura gli unici a fare informazione, restando le uniche voci di opposizione al potere… All’epoca dell’elezione a sindaco di Milano si costituì spontaneamente un gruppo di colleghi a sostegno della candidatura di Pisapia. Il gruppo è rimasto abbastanza coeso nel sostegno e nella collaborazione con la nuova giunta, ma ha posizioni ben distinte per quanto riguarda il governo Monti, che per molti va sostenuto ad ogni costo in quanto è visto come l’alternativa a Berlusconi. La mia posizione di minoranza fortemente critica (e direi di opposizione) mi porta ad avere forti preoccupazioni sulla capacità di certi ambienti della “sinistra ufficiale” di comprendere gli avvenimenti attuali.

*****

Scrive l’altrettanto prezioso Marco della Luna http://marcodellaluna.info/sito/2012/02/06/oligarchia-a-montecitorio/:

Nella storia dell’umanità tutte le società organizzate sono oligarchiche. Non si trovano casi di democrazia, intesa come pari distribuzione del potere  ultimo e reale tra tutti i cittadini. Le società sono governate, tutte, dal di sopra e, oggi soprattutto, dal di fuori di esse. La recente storia finanziaria e monetaria lo dimostra. Le grandi decisioni, che cambiano la vita dei popoli, sono prese senza i popoli, da vertici autocratici, a porte chiuse, senza trasparenza né partecipazione né accountability, come scriveva negli anni ’40 Charles Wright Mills in Power Elite, portando le prove che gli USA, arsenale della democrazia, non sono affatto democratici, ma retti esattamente in quel modo dai vertici degli apparati finanziario, politico e militare, cui si è ammessi solo per eredità o cooptazione. Il che manifesta come mere illusioni sia il principio di legalità (stato di diritto, costituzionale, rule of law) che lo stesso principio del diritto scritto, essendo le decisioni a porte chiuse prese attraverso consultazioni informali. E a ciò si aggiunge il fatto che è trascurabile la percentuale della popolazione che si informa delle cose economiche e geostrategiche rilevanti. Metà degli italiani non è in grado di capire nemmeno un articolo di giornale di media difficoltà. Legge libri uno su sette, e otto libri su dieci sono di evasione. […].Vi è nel mondo una piramide o catena alimentare: in cima stanno i banchieri che si producono il denaro a costo zero e senza vincoli di rimborso o limiti di quantità, in  segreto ed esentasse – i banchieri della Fed – e con esso comperano ciò che vogliono nel mondo (signoraggio internazionale). Sotto di loro, a scalare, cioè a salire coi tassi e a scendere con i volumi e i tempi di rimborso, il sistema-paese germanico, le banche italiane, lo Stato italiano, le grandi imprese italiane, le pmi italiane, gli artigiani…. chi paga il denaro il 12,25% o il 6 o il 5 l’anno non può competere con chi lo paga l’1%. Chi sta sotto è mangiato da chi sta sopra”.

Quel che sta succedendo è che un presidente della repubblica già membro della Gioventù Universitaria Fascista e apologeta dell’invasione sovietica dell’Ungheria (giusta perché garantisce la pace nel mondo: sue parole!) ha avallato la presa del potere di una cricca di neo-darwinisti sociali:

http://fanuessays.blogspot.com/2011/11/reza-moghadam-governa-monti-monti.html

http://fanuessays.blogspot.com/2011/11/premiata-ditta-goldman-sachs.html

Il darwinismo sociale è un’ideologia pseudo-scientifica in voga nel corso dell’Ottocento e Novecento, ma evidentemente mai defunta [cf. Markus Vogt, Sozialdarwinismus. Wissenschaftstheorie, politische und theologisch-ethische Aspekte der Evolutionstheorie. Freiburg, Basel, Wien: Herder, 1997].

Predica che solo una minoranza selezionata trionfa nella lotta per la vita e che la vera giustizia sociale è la disuguaglianza e la vittoria del forte sul debole.

Il duro lavoro, lo sforzo, la lotta denotano lo status dell’individuo: trionfatore o perdente. Chi sta in alto e chi sta in basso è perché si merita di stare lì.

Niente di più di una grottesca mascheratura scientista dell’etica protestante che giustifica la separazione della specie umana in guardiani dello zoo e bestie ingabbiate o animali da soma. Solo i guardiani sono veramente umani, gli altri sono poco più che animali al loro servizio.

Una dottrina della dominazione brutale della forza, della negazione dei diritti e della giustizia, dell’appello alla violenza (psicologica o fisica) nel nome del progresso, una dottrina dell’immoralità naturale. Una legittimazione ideologica del capitalismo rampante, della competizione spietata, dell’individualismo economica sregolato, che condanna gli inadatti ed esalta gli eletti ed i vittoriosi. Il darwinismo sociale è razzista ed elitista, imperialista e militarismo. In passato ha condotto ad Hitler ed ai campi di sterminio; più recentemente, alla distruzione delle nazioni più deboli, nel Terzo Mondo e nell’eurozona.

I leader politici al potere in questi anni ritengono di essere insostituibili, mentre gli altri sono intercambiabili. Queste persone non assegnano al prossimo lo stesso grado di realtà, non credono che l’amore, la sofferenza, l’affetto, la gioia degli altri siano intensi, profondi e significativi quanto i loro. Perciò non credono che i torti che subiscono gli altri siano Torti con la t maiuscola come quelli che sono inflitti ai loro danni. In ultima analisi, non li considerano umani quanto lo sono loro e si curano davvero poco delle loro afflizioni:

http://www.informarexresistere.fr/2012/01/16/golpe-psicopatico/#axzz1nHqhsU6c

Queste esternazioni da parte dei potenti che ci governano rivelano un panorama interiore gretto e meschino, gravemente compromesso da pregiudizi classisti e biologistici. Per questo i potenti post-berlusconiani fanno paura: non ritengono di appartenere alla stessa categoria umana e sono dogmaticamente persuasi che la loro ricetta sia non solo giusta, ma l’unica possibile, perché i pochi sono chiamati a decidere delle sorti dei tanti in quanto unici veri illuminati. La loro è protervia, un’ostinazione dettata dalla superbia che denota una colossale ignoranza delle cose del mondo. Stanno decidendo le sorti di milioni di persone e le loro dichiarazioni e decisioni lasciano intuire una distanza psicologica e morale davvero sconcertante, a corredare un menù neopuritano che include: austerità, formalismi, pessimismo, ubbidienza, decrescita forzosa, filoamericanismo, elitismo, gerarchizzazione, tecnocrazia, sacrificio, grigiore, prevedibilità, sobrietà, rinunce, sensi di colpa.

I puritani, accomunati dal medesimo temperamento dei darwinisti sociali, non erano noti per la loro passione democratica, apertura mentale, umanità, altruismo. Erano invece noti per la loro inclinazione all’eccellenza autocertificata ed a considerare gli altri come sub-standard, arretrati nell’evoluzione, superati, antiquati, obsoleti, un modello da sostituire. Se i puritani hanno perso la loro battaglia è perché non sono riusciti ad estirpare ciò che gli opponeva, a causa della loro incomprensione della natura del loro nemico. D’altra parte, se l’avessero capito, non avrebbero desiderato estirparlo.

Ora siamo da capo.

La logica di questi becchini della democrazia è quella del bonsaista: si tagliano via quasi tutte le radici, tranne quelle più giovani e si confina la pianta nella prigione di un vaso. Monti, Papademos e tutti quelli che verranno dopo di loro, sono qui per fare giardinaggio sociale: come il giardiniere estirpa erbacce e ramaglie, presenze indesiderabili perché rovinano l’estetica del giardino, così il “tecnocrate da resa dei conti” rimuove il sottobosco, le sterpaglie, le erbacce tutto ciò che impedisce all’eccellenza di rifulgere, di prosperare, come i superuomini nietzscheani.

Questi ingegneri sociali non possono consentire che l’eterogeneità umana interferisca con i loro programmi di “qualità totale” in un ordine rigidamente gerarchico: il valore del cittadino dipenderà dal suo contributo fattivo alla sforzo produttivo della nazione. Si privilegia il più forte (l’élite finanziaria) perché solo una casta selezionata può preservare la piramide sociale. Non c’è spazio per la contestazione dei comuni cittadini. Le obiezioni sono estremismi dottrinari, complottismi paranoici, sentimentalismi dozzinali indegni di uno stato moderno.

Stando così le cose, non ci può essere alcuno spazio per una consultazione popolare. Gli esperti sono qui per badare a tutto al posto dei cittadini. Come il Grande Inquisitore di Dostoevskij (”I Fratelli Karamazov”): “Essi ci ammireranno e ci considereranno come altrettanti dèi, per aver consentito, dopo esserci messi alla loro testa, a prendere sulle nostre spalle il carico della libertà, della quale essi hanno avuto paura, e per aver consentito a dominarli; tanto tremendo finirà col sembrar loro l’essere liberi!…Per l’uomo rimasto libero non esiste una preoccupazione più assillante e tormentosa che quella di trovare al più presto qualcuno davanti al quale prosternarsi”.

Servi di natura, come propugnato dai sofisti Gorgia e Trasimaco, secondo i quali “la natura vuole padroni e servi”, la giustizia naturale essendo “l’utile del più forte”, o servi per cultura, ma comunque servi. Per un breve periodo si erano ribellati, per poi ammansirsi nuovamente. Continua il Grande Inquisitore: “Ma il gregge di nuovo si radunerà e di nuovo si sottometterà, e stavolta per sempre. Allora noi gli daremo una quieta, umile felicità, una felicità di esseri deboli, quali costituzionalmente essi sono. Oh, noi li persuaderemo, alla fine, a non essere orgogliosi, giacché Tu li hai sollevati in alto, e così hai insegnato loro a inorgoglirsi: dimostreremo loro che son deboli, che non son altro che dei poveri bambini, ma che in compenso la felicità bambinesca è la più soave di tutte. Essi si faranno timidi e s’avvezzeranno a girar gli occhi a noi e a stringersi a noi tutti spaventati, come pulcini alla chioccia”.

Ci viene detto che questi Governi Tecnici sono provvisori: ma quanto provvisori? Si sta già parlando di posticipare le elezioni greche, ben sapendo che punirebbero gli eurocrati e i loro emissari in Grecia. E quanto temporanei saranno i loro effetti? Siamo davvero sicuri che la parola sarà restituita agli elettori? Oppure l’emergenza è ormai permanente e le conquiste democratiche dei nostri progenitori ci saranno sottratte per cause di forza maggiore? Nascerà un’Europa bi-gusto: “Tchu gust is megl che uan”? Gusto democrazia coloniale per i privilegiati e gusto autoritarismo tecnocratico per i PIIGS, i fratellini scemi incapaci di praticare l’etica protestante ed inebriarsi dello spirito del capitalismo?

http://www.informarexresistere.fr/2011/11/15/sicari-delleconomia-becchini-della-democrazia/#axzz1nHqhsU6c

Cosa può succedere quando un popolo si rende conto di essere stato circuito, quando smaschera la tirannia dissimulata? Un tirannicidio? Una rivoluzione? Una guerra civile?

James K. Galbraith è stato facile profeta quando ha previsto una fortissima resistenza popolare a questo programma neo-darwinista (“destroying the weak to protect the strong”), vere e proprie rivolte – “The crisis in the eurozone.  The continent is destroying the weak to protect the strong. But will that be enough?”, 10 Novembre 2011:

http://www.salon.com/2011/11/10/the_crisis_in_the_eurozone/singleton/

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