http://www.motherjones.com/kevin-drum/2016/04/hillary-clinton-really-loves-military-intervention
Hillary Clinton e la terza guerra mondiale
21 aprile 2016 a 23:25 (Terza Guerra Mondiale e Secondo Olocausto)
Tags: false flag, Israele, neoconservatori, no-fly zone, Obama, Pentagono, Sanders, sionisti, Siria, Trump, zona d'interdizione di volo
Bernie = pace / Clinton = terza guerra mondiale (Armageddon)
17 aprile 2016 a 17:56 (Terza Guerra Mondiale e Secondo Olocausto, Verità scomode)
Tags: Armageddon, Assad, Bernie Sanders, elezioni presidenziali, Hillary Clinton, Iran, no-fly zone, primarie democratiche, Russia, Siria, zona d'interdizione al volo
La via maestra è sempre quella diplomatica – Miliband (UK) e Villepin (Francia)
1 settembre 2013 a 08:53 (Verso un Mondo Nuovo)
Tags: Afghanistan, aggressione, Arabia Saudita, armi chimiche, armi di distruzione di massa, avventurismo, Bandar, Big Ben, Cameron, Canada, Casa Bianca, ciclopi, Cina, civili siriani, corridoio umanitario, diplomazia, Dominique de Villepin, Ed Miliband, false flag, Hollande, interventismo, intervento umanitario, Iran, Iraq, isolazionismo, Israele, laburista, Libano, Libia, Mali, Miliband, militarismo, missione umanitaria, NATO, Nazioni Unite, neocon, neoconservatori, Netanyahu, no-fly zone, Obama, opposizione, pace, Pentagono, Polifemo, psicopatici, Russia, Saint-John Perse, Siria, Tour Eiffel, tribunale internazionale, Villepin, zona d'interdizione al volo, zone cuscinetto
Vers un monde nouveau sans rien rompre de ses liens avec son milieu originel, son ambiance antérieure et ses affinités profondes.
Netanyahu, lo sconfitto
Brzezinski 1 – Netanyahu 0
Se Giordania, Egitto, Canada e Italia si rifiutano di assistere l’attacco americano è perché questa è la volontà della Casa Bianca e del Pentagono. La decisione di Obama di lasciare che sia il Congresso a decidere – ben sapendo che il voto sarà contrario (e farà in modo che lo sia) – è la riprova che Putin, Cameron, Obama e Hollande erano contro un’escalation e si sono accordati per salvare la faccia a tutti e mettere nel sacco Netanyahu; il quale ha ricevuto un messaggio forte e chiaro: NESSUNO INTENDE ATTACCARE L’IRAN.
Il monocolo Polifemo è da sempre il riferimento simbolico degli psicopatici, che vedono il mondo a due dimensioni e non sono in grado di prevedere le conseguenze delle loro azioni (wishful thinking). Vignetta magistrale.
Solo Israele e i neoconservatori americani (che al Congresso saranno attaccati dal Tea Party quando si voterà sull’attacco) vogliono questa guerra e, per qualche ragione che va forse ricondotta agli eventi dell’11 settembre, pare che molti governi cerchino di compiacere questa piccola Prussia mediorientale, anche se solo all’apparenza. Un false flag contro la Tour Eiffel e/o il Big Ben non è un’eventualità piacevole.
Israele non la prenderà bene e agirà d’impulso, commettendo quasi certamente un errore grossolano. Attendiamo speranzosi che Netanyahu si impicchi con la sua stessa corda e che lo stesso succeda a Bandar e all’Arabia Saudita
Nel frattempo, riporto i pareri di due leader politici, uno inglese e l’altro francese, che prediligono il dialogo e l’accordo con la Russia e la Cina.
Ed Miliband, leader dell’opposizione laburista al governo conservatore britannico di David Cameron:
“Ci sarà chi crede che il voto di giovedì alla Camera dei Comuni significa che la Gran Bretagna non può aiutare concretamente i civili siriani innocenti che soffrono per una simile catastrofe umanitaria. Non sono d’accordo. Dobbiamo usare l’incontro del G20 della prossima settimana in Russia, che avrà gli occhi del mondo puntati sulla Siria, per cercare di riunire la comunità internazionale e costringere le parti coinvolte nel conflitto verso quella soluzione politica che è indispensabile.
[…].
Alcune persone hanno sostenuto che il significato di questo episodio è che la Gran Bretagna sta facendo un passo indietro rispetto al suo ruolo da protagonista nel mondo. Si è parlato di un giorno cupo e deprimente. Ci sono stati avvertimenti che la Gran Bretagna sta scivolando in un gretto isolazionismo, una dottrina che danneggia nel lungo termine gli interessi del nostro paese e che minaccia la pace e la sicurezza del mondo.
Non sono d’accordo. Gli inglesi sanno che il nostro paese prospera quando ci vogliamo al mondo, non quando ci ritiriamo in noi stessi. E il popolo britannico è disposto ad accettare i nostri obblighi verso gli altri, come lo era quando i miei genitori sono stati accolti come rifugiati in questi lidi al tempo della seconda guerra mondiale.
[…].
I britannici si aspettano però che la politica estera del nostro paese sia condotta in modo diverso da come è stato fatto in questi ultimi anni. A dieci anni dall’inizio della guerra in Iraq, è fondamentale dimostrare che abbiamo imparato la lezione. Ci ricordiamo come le decisioni di allora sono state raggiunte sulla base di prove meno che convincenti, con una perentorietà che ha impedito agli ispettori delle Nazioni Unite di avere il tempo di cui avevano bisogno per riferire. Dobbiamo ricordare anche che le vitali istituzioni internazionali vitali sono state aggirate in momenti cruciali. E dobbiamo ricordare che le conseguenze di un’azione militare non sono stati ponderate a sufficienza.
[…]
Il voto in parlamento ha dimostrato che…ci aspettiamo che la serietà delle nostre deliberazioni corrisponda alla gravità delle decisioni che siamo chiamati a prendere. L’evidenza delle prove deve sempre precedere le decisioni e, indipendentemente dalla forza delle emozioni, i britannici hanno il diritto di attendersi una leadership pacata e riflessiva.
In secondo luogo, quando si tratta di interventi militari, è chiaro che un impegno efficace con le istituzioni internazionali è essenziale. La Gran Bretagna deve quindi sempre cercare di lavorare con le Nazioni Unite e in conformità con il diritto internazionale, non respingendo l’ONU come nel migliore dei casi un fastidio e nel peggiore un ostacolo.
[…]”.
http://www.theguardian.com/commentisfree/2013/aug/30/britain-still-difference-syria
Dominique de Villepin, ex primo ministro francese e uno dei leader dell’opposizione gollista al governo Hollande:
Non cediamo all’illusione della scorciatoia militare – apparso su Le Figaro, 29 agosto 2013
“L’indignazione per i massacri perpetrati in Siria gas è unanime. Non ci sarebbe peggior politica che non fare nulla. Ma una politica del peggio sarebbe quella di aggiungere guerra alla guerra senza prove inconfutabili e senza strategia. La determinazione del presidente Hollande e dei nostri partner è lodevole, ma che cosa vogliamo veramente? Punire? Non è il ruolo di un esercito, ma quello di un tribunale internazionale. Placare la nostra coscienza? Farlo a rischio di peggiorare la situazione dei civili sarebbe cinico. Un cambio di regime? Non sta a noi decidere, soprattutto in assenza di un’alternativa credibile.
No, proteggere i civili è il compito primario della comunità internazionale. L’unico dibattito deve riguardare come farlo.
Ciò implica riflettere sulle esperienze passate. La strategia occidentale in Medio Oriente è un vicolo cieco basato sull’illusione di forza che non ho mai smesso di denunciare.
Si oscilla infatti tra la guerra contro il terrorismo e la guerra contro i tiranni. Vorremmo unificare i due obiettivi, ma abbiamo imparato a nostre spese che non è così che funziona la cosa. L’occupazione dell’Iraq ha alimentato un terrorismo senza fine. L’operazione in Libia ha armato, direttamente o indirettamente, tutti i jihadisti del Sahara, portando a una nuova guerra in Mali. Il circolo vizioso non si ferma qui. Preoccupati per l’islamismo in Egitto, consentiamo nuovi colpi di stato che, da sempre, sono un terreno fertile per i tiranni di domani. Dobbiamo una buona volta imparare la lezione in merito al ricorso alla forza. Ovunque, in Libia, Iraq, Afghanistan si è verificato il collasso di una nazione e la destabilizzazione della regione.
[…].
La spedizione punitiva simbolica che incombe su di noi metterebbe a rischio ingranaggi regionali che coinvolgono Libano, Iran e Israele, con pochi benefici per i siriani. Il futuro della Siria, dopo una nuova avventura militare, sarebbe la frantumazione etnica e territoriale e la radicalizzazione degli estremismi.
La Siria non esisterebbe più.
Attacchi di droni su personalità ritenute responsabili della strage sarebbero in linea con la nuova guerra al terrorismo dell’America di Obama. Ma possiamo uccidere gli assassini senza abbattere l’idea stessa di giustizia internazionale ?
Una grande offensiva, con l’obiettivo di un cambio di regime ? Gli stessi stati maggiori occidentali hanno smesso di crederci.
La guerra per procura armando ulteriormente l’opposizione? Ma come prevedere contro chi saranno rivolte queste armi, domani?
Rimane un’ultima opzione, l’azione a fini umanitari, combinando strumenti politici e militari per una strategia sostenibile di corridoi umanitari, zone cuscinetto e soprattutto zone interdizione al volo, l’unica soluzione per evitare massacri ed assumersi la responsabilità di proteggere la comunità internazionale.
Riducendo la violenza, creeremo le condizioni per un necessario intervento.
A volte è necessario effettuare la politica del “meno peggio”. Oggi potrebbe portare a una risoluzione delle Nazioni Unite, sostenuta dal Sud del mondo, e dare un mandato per attuare una no-fly zone o per creare una forza di pace internazionale. Penso che sia possibile, i russi potrebbero accettarla [N.B. Villepin mantiene rapporti molto amichevoli con l’establishment russo, essendo ostile alle politiche anti-russe della NATO].
Con questi strumenti la comunità internazionale avrebbe la migliore occasione per rilanciare i negoziati politici che per il momento si trovano in un vicolo cieco, coinvolgendo le potenze regionali e la Lega Araba.
Non dobbiamo cedere alla tentazione della scorciatoia militare che aumenterà i problemi della regione.
Dobbiamo scegliere invece la via della pace e della responsabilità collettiva”.
http://www.republiquesolidaire.fr/11791-ne-cedons-pas-aux-illusions-du-raccourci-militaire-29082013/
“La politica internazionale , non è un’avventura”.
Nel 2003 si oppose alla guerra in Iraq. Dieci anni più tardi Dominique de Villepin ritiene che l’intervento militare in Siria “non è la soluzione giusta”
“Non credo che possiamo decidere una strategia militare senza una visione politica”, ha detto mercoledì a BFM TV.
Dopo aver precisato che non ci sono prove che Assad abbia usato le armi chimiche [inizio dell’intervista, non riportata dalla sintesi che sto traducendo], pur comprendendo “la volontà del presidente di non rimanere con le mani in mano” dopo la strage di Damasco, l’ex primo ministro ha detto che “degli attacchi militari allontaneranno una soluzione politica e non daranno alcun sollievo al popolo siriano”.
[…].
Per Dominique de Villepin la Francia e la comunità internazionale devono concentrarsi principalmente sulla risposta umanitaria in Siria per proteggere le persone. Questo implica, secondo lui, una migliore organizzazione di “zone cuscinetto”, con “la possibilità di utilizzare corridoi umanitari” e la creazione di una no-fly zone [concordata con i russi e i cinesi, “dettaglio” che la sintesi omette, facendo pensare ad un pretesto per un “cambio di regime” come in Libia che Villepin ha sempre rifiutato categoricamente e condannato nel caso libico].
“Se è per evitare stragi, non è troppo tardi”, dice l’ex inquilino di Matignon .
“L’attacco è un salto nel buio…cosa faremmo se non cambiasse nulla?”. Ha continuato dicendo di aspettarsi una “vera e propria strategia” sul lungo termine e non una “strategia cieca”. “La politica internazionale non è un’avventura ( … ) non credo che la scorciatoia militare sia la soluzione ideale in emergenze complesse”. “La scelta non è tra fare qualcosa o non fare nulla, ma cosa fare e come farlo”.
Perché, secondo lui, “se la Francia decide di impegnarsi militarmente nella guerra civile siriana, ne diventerà parte e sarà responsabile del destino siriano, mese dopo mese, anno dopo anno”.
“Qual è il senso di un’azione da parte dei paesi europei o paesi occidentali se viene eseguita al di fuori del diritto internazionale e perfino al di fuori di una logica di efficienza, con il solo desiderio di placare le nostre coscienze?”
“Per almeno un decennio si è prodotta una militarizzazione delle menti nelle democrazie occidentali”. “L’ipotesi è che la risposta a tali disastri dovrebbe essere quasi sempre essere di natura militare”. “Io non la penso così”, ha detto de Villepin, che si era opposto all’intervento francese in Mali nel gennaio 2013.
Scemo e più scemo alla campagna di Siria, ovvero scemo di guerra
14 giugno 2013 a 09:29 (Terza Guerra Mondiale e Secondo Olocausto)
Tags: Aleppo, armi chimiche, armi di distruzione di massa, Biden, Bilderberg, Blair, Brzezinski, bugie, Cameron, Coluche, complotto, cospirazione, Erdogan, escalation, falsità, fosforo bianco, giornalismo, Grillo, guerra, Hagel, impeachment, informazione, Iran, Iraq, Kerry, linea rossa, manipolazioni, media, menzogne, montatura, NATO, neoconservatori, no-fly zone, Obama, propaganda, proteste, Rice, Romney, russi, sarin, scemo di guerra, scemo e più scemo, sionisti, Siria, Terza Guerra Mondiale, Turchia, uranio impoverito, zona d'interdizione al volo
https://twitter.com/stefanofait
Cosa intendiamo fare rispetto al problema che nel nostro [sic!] mondo di oggi c’è un leader dittatoriale e brutale che sta usando armi chimiche sotto il nostro naso contro il suo popolo?
David Cameron, aspirante criminale di guerra, giugno 2013
Il regime di Saddam Hussein è spregevole, sta sviluppando armi di distruzione di massa e non possiamo permetterglielo. È una minaccia per il suo popolo e per la regione e, se gli sarà concesso di sviluppare queste armi, diventerà una minaccia anche per noi.
Tony Blair, criminale di guerra, aprile 2002
Il governo siriano ha usato armi chimiche contro i ribelli: è la conclusione a cui sono giunte le autorità americane ed europee secondo quanto riporta il New York Times. Le autorità militari americane propongono una ‘no fly zone’ in Siria al fine di armare i ribelli e proteggere i rifugiati. Lo riferisce il Wall Street Journal citando una funte dell’amministrazione Obama.
Ansa 14 giugno
“Non è chiaro come l’amministrazione Obama sia giunta a queste conclusioni definitive circa l’uso di armi chimiche in Siria”.
http://www.nytimes.com/2013/06/14/world/middleeast/syria-chemical-weapons.html
Se non è chiaro è perché sono stronzate.
Quel che è chiaro è che ci stanno trattando come:
Un funzionario dell’amministrazione Obama si affretta a specificare che “sarà una no-fly zone limitata che non richiederà la distruzione delle batterie anti-aeree siriane”. Messaggio ai russi: non vi attaccheremo.
Qualcuno mi sa spiegare come sia possibile istituire una zona d’interdizione al volo su uno stato sovrano senza attaccare la sua contraerea?
AGGIORNAMENTO: Rhodes ha precisato che non c’è alcuna intenzione di imporre una zona di interdizione di volo e non ha chiarito che tipo di supporto militare intende fornire
http://nbcpolitics.nbcnews.com/_news/2013/06/13/18940169-us-offers-syrian-rebels-military-support-alleges-assad-used-chemical-weapons?lite
Quindi il New York Times e il Wall Street Journal hanno gonfiato e distorto la notizia, citando una fantomatica fonte interna all’amministrazione che o parla a titolo personale e quindi dovrebbe essere rimosso, oppure rivela la duplicità di Obama. Sospetto che questo funzionario non esista, oppure che Obama non sia veramente padrone di casa nella Casa Bianca. E’ un’ulteriore prova del fatto che Obama è estremamente riluttante e che la lobby della guerra controlla buona parte dei media e non solo.
Per come la vedo io questo non è un tentativo di Obama di distrarre l’attenzione dallo scandalo datagate. Mi pare più plausibile che Obama sappia che questa guerra è un’idiozia e stia concedendo ai neocon-sionisti-anglo-francesi solo il terreno che gli serve per allontanare la prospettiva dell’impeachment e quindi dell’avvento di un presidente guerrafondaio e apertamente dispotico. Ma se i lealisti non si affrettano a porre fine alla guerra civile (sviluppo certamente non auspicato da Obama, perché sarebbe una vittoria russo-iraniana), si avvererà lo scenario pronosticato da Brzezinski, che è totalmente contrario all’intervento: contagio dell’intera regione; conflitto con l’Iran; Russia e Cina coinvolti per ridimensionare l’egemonia americana e per ristabilizzare Medio Oriente a loro vantaggio:
http://swampland.time.com/2013/05/08/syria-intervention-will-only-make-it-worse/
Non è stata presentata alcuna prova dell’uso di armi di distruzione di massa da parte dell’esercito regolare siriano, mentre sono stati arrestati in Turchia degli insorti siriani che preparavano un attentato chimico. La cosa non sembra interessare i governanti ed i media occidentali che hanno cancellato quella notizia dal panorama dell’informazione italiana (Democrazia? Informazione obiettiva e pluralista? Puah! Per noi straccioni basta la propaganda: ci siamo bevuti Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, le larghe intese, la riforma elettorale, la luce in fondo al tunnel, ecc.):
Finora pretendono che ci fidiamo ciecamente di politici che fin dall’inizio volevano la guerra e che hanno spudoratamente mentito sull’austerità e l’assenza di una qualunque alternativa al taglio dei nostri diritti sociali sanciti dalla dichiarazione universale dei diritti umani, come hanno mentito sul vasto consenso popolare siriano per il cambio di regime (se i ribelli sono in rotta è perché i siriani hanno potuto constatare che Assad è il male minore).
Vogliono che entriamo in una probabile guerra mondiale senza fornirci alcuna prova, solo sulla parola. Alcuni di noi andranno a morire sulla fiducia, altri vedranno un’esplosione del costo della vita e la dovranno sopportare passivamente, sulla fiducia.
Hagel, Biden, Kerry, Rice erano pro-guerra in Iraq e ora sono pro-guerra in Siria. Obama li ha nominati per guadagnare tempo ed allentare la pressione neocon su di lui ma sa, come il suo mentore Brzezinski, che l’escalation militare in Siria sarebbe un suicidio per la NATO. Non è un pacifista o un democratico, è semplicemente un pragmatico che non vuole la fine dell’egemonia globale americana, che sarebbe la conseguenza certa di una sconfitta in Medio Oriente.
Domandiamoci perché il rapporto su uso delle armi chimiche in Siria non era convincente prima ma lo è diventato adesso?
Forse perché i lealisti stanno riprendendo il controllo di Aleppo?
Magari perché non è stato possibile inventarsi qualche orribile eccidio nelle ormai numerose città riprese dal regime e visitate dai giornalisti occidentali?
Perché gli americani e gli israeliani usano il fosforo bianco e l’uranio impoverito e nonostante questo si sentono autorizzati a stabilire a loro discrezione linee rosse da non oltrepassare?
Questa è una guerra decisa dal Bilderberg, che nel 2012 aveva appoggiato la candidatura di Romney proprio perché garantiva l’escalation e che ora, verosimilmente, ha approvato l’offensiva anti-Obama:
Gli oligarchi sanno benissimo che una solida maggioranza dell’opinione pubblica di ogni paese NATO (specialmente negli USA e Regno Unito) è contraria all’intervento militare in Siria (figuriamoci nelle altre nazioni) ma…come dire…se ne fottono.
A voi vi hanno detto che le proteste di massa turche sono iniziate per difendere degli alberi, quando invece risalgono all’attentato nella cittadina turca di Reyhanli che Erdogan ha imputato ad Assad, come se quest’ultimo fosse così scemo da cercare rogne con la NATO uccidendo civili del suo stesso gruppo etnico senza alcun obiettivo strategico (nessun convoglio, nessuna base degli insorti, nessun deposito d’armi, niente). I turchi sono meno scemi di noi e hanno fatto partire le manifestazioni contro il governo. In caso di attacco turco alla Siria capirete presto se sono gli alberi al centro dei loro pensieri. Il parco ha catalizzato il risentimento, ma le motivazioni trascendono le ansie ecologiste ed estetiche:
Se vivessi in un mondo in cui i giornalisti fanno il loro dovere non dovrei perdere tempo con queste cose.
*********
A proposito di Coluche e Grillo:
Il 30 ottobre del 1980, in un periodo critico per la Francia,in cui la disoccupazione e l’inflazione galoppavano, durante una conferenza stampa presso il théâtre du Gymnase annunciò di volersi candidare alle elezioni presidenziali francesi del 1981. Tutti pensavano stesse scherzando, anche se in seguito perfino alcuni intellettuali del calibro di Pierre Bordieu, Félix Guattari e Gilles Deleuze presero a sostenerlo accaloratamente; abbandonò il progetto a causa delle forti tensioni scatenate dai sondaggi a lui favorevoli (alcuni dei quali rilevarono fino al 16% dei consensi). In tale occasione, il suo collaboratore René Gorlin fu assassinato, ed egli ricevette anche delle minacce. Per questo motivo, nell’aprile del 1981, annunciò il suo ritiro dalla candidatura.
http://it.wikipedia.org/wiki/Coluche
L’opinione pubblica occidentale rifiuta il coinvolgimento nella questione siriana
2 luglio 2012 a 09:43 (Controrivoluzione e Complotti, Guerra al Terrore, Resistenza e Rivoluzione, Terza Guerra Mondiale e Secondo Olocausto, Verso un Mondo Nuovo)
Tags: Afghanistan, Al-Jazeera, Assad, conflitti tribali, Costa d'Avorio, diplomazia, fondamentalismo, Francia, Germania, Gheddafi, guerra umanitaria, guerre umanitarie, imperialismo umanitario, insorti, intervento, intervento armato, Italia, Libia, Nazioni Unite, neocolonialismo, no-fly zone, nonviolenza, occupazione, opposizione, pacifismo, pacifisti, regime, Regno Unito, ribelli, salafiti, Siria, Siriani, sondaggi, sondaggio, Spagna, Stati Uniti, Todorov, tortura, torture, truppe a terra, Turchia, Vietnam
Siamo al capolinea, direi. Chi si batte per la pace contro la guerra suscita scandalo, chi invoca la guerra in Siria e Iran viene considerato democratico, moderato e amante della pace.
Anonimo
Secondo questo sondaggio francese, il 57% degli Italiani è contrario all’intervento in Siria, solo il 18% è completamente a favore.
Il servizio della FAZ sulle menzogne degli insorti ha sicuramente aperto gli occhi a molti, in Germania (55% contrario – sondaggio francese).
Massicce maggioranze contrarie ad un coinvolgimento nelle vicende siriane si registrano anche in Turchia (57%) e negli Stati Uniti (66%).
Un sondaggio Cambridge-Essex nel Regno Unito (e USA) rileva che oltre l’80% dei cittadini non vuole truppe britanniche in Siria per proteggere i civili ed il 90% non vuole usarle per abbattere il regime (com’è invece successo in Libia); solo il 12% approva la fornitura di armi ai ribelli siriani. Però un 40% è d’accordo con l’imposizione di una no-fly-zone ONU sulla Siria (il 20% è categoricamente contrario ed un altro 25% è ambivalente)
“La nostra indagine suggerisce che l’opposizione all’impiego dell’esercito sul terreno rimarrà alta sia in Gran Bretagna sia negli Stati Uniti”.
Tzvetan Todorov, uno dei più importanti studiosi internazionali di genocidi, pulizie etniche, totalitarismi e colonialismo (invitato ad insegnare in una mezza dozzina tra le più prestigiose università del mondo), ricapitola sulla Repubblica (26 giugno 2012) le ragioni del no.
“Il vertice della Nato, nel maggio di quest’anno, ha annunciato il «ritiro irrevocabile » delle truppe straniere che si trovano in Afghanistan entro la fine del 2014.
Se così fosse, sarebbe la fine di una delle guerre più lunghe di questo secolo e del precedente: tredici anni, dal 2001 al 2014, superata in durata solo dall’intervento americano in Vietnam (1959-1975); è stata anche una delle più costose: si stima che siano già stati spesi 530 miliardi di dollari. Le vittime si contano a migliaia fra i soldati della coalizione e a decine di migliaia fra la popolazione afgana.
Le grandi potenze non amano ammettere che gli capita di sbagliarsi nelle avventure che intraprendono, perciò questo ritiro ci verrà sicuramente presentato come un successo politico. Preferiscono non rendersi conto che le guerre asimmetriche moderne sono impossibili da vincere, che i popoli rigettano l’occupazione straniera anche se viene spiegato che è per il loro bene. È abbastanza probabile che il ritiro, come successe dopo la fine della guerra in Vietnam, sarà seguito dal tracollo del governo messo al potere. Gli anni di sforzi, le vittime, le spese non saranno serviti a niente, nemmeno come insegnamento per gli anni a venire.
Succede già con l’intervento in Libia del 2011. Il cambiamento di maggioranza in Francia, nel 2012, non ha dato luogo ad alcuna critica sulla partecipazione del Paese alla guerra. Il suo principale promotore all’interno del governo, Alain Juppé, prima ministro della Difesa e poi degli Affari esteri, ha dichiarato al momento di lasciare il potere: «Sono fiero di quello che abbiamo fatto in Libia», ricevendo l’approvazione sia dei deputati socialisti che degli editorialisti dei giornali di sinistra. Ma è una scelta contestabile tanto a priori quanto a posteriori. Non è vero che il bagno di sangue annunciato da Gheddafi non poteva essere evitato con altri mezzi: d’altronde, non è stato evitato perché oggi sappiamo che la guerra ha fatto almeno 30.000 morti, contro le 300 vittime della repressione iniziale. E quando si ammetterà che la guerra non è uno strumento appropriato per imporre la democrazia, perché la sua lezione immediata consiste nell’affermare la superiorità della forza militare bruta e dunque la negoziazione, come la ricerca del compromesso, sono percepite come segnali di debolezza? Di per sé il risultato dell’intervento è tutt’altro che trionfale: la Libia è in preda a conflitti tribali, le milizie locali rifiutano di sottomettersi al potere centrale, l’islamismo salafita avanza sempre più, la repressione e le vendette contro i fedeli del vecchio regime proseguono, con atti di tortura che si aggiungono alle esecuzioni sommarie.
I dirigenti delle potenze occidentali, che amano credere di esprimere l’opinione della «comunità internazionale », non sembrano essere consapevoli del presupposto principale della loro politica, vale a dire che spetta a loro, come ai bei vecchi tempi degli imperi coloniali, decidere del destino di quei popoli privi di protettori potenti, in particolare in Africa e in Asia. Questi popoli, sembrano dirsi, sono condannati a restare eternamente minorenni e noi abbiamo la pesante responsabilità di decidere per loro. Come spiegarsi, altrimenti, il fatto che trovano legittimo destituire sulla punta del fucile i governi di così tanti Paesi, dalla Costa d’Avorio all’Afghanistan, perfino quando questi gesti spesso e volentieri hanno effetti controproducenti? Una simile mentalità del resto è condivisa da alcuni cittadini delle vecchie colonie residenti all’estero, che si indignano: ma che aspetta l’Occidente per venirci a liberare dal nostro tiranno?
Questi interventi sono tanto più problematici in quanto il contrario di un male non è necessariamente un bene.
Un potere tirannico può essere sostituito da un altro che lo è altrettanto. Oggi vediamo la complessità della situazione in Siria, per la quale si moltiplicano gli appelli all’aiuto. Il governo di Damasco reprime i suoi avversari nel sangue, ma si tratta di semplici manifestanti pacifici o di combattenti armati che cercano di impadronirsi del potere? Il governo orchestra la sua propaganda, ma c’è da credere a tutte le notizie diffuse dalla televisione al-Jazeera o dall’autoproclamato Osservatorio siriano dei diritti umani? Dobbiamo interpretare il conflitto come un confronto fra amici e nemici della democrazia o come un confronto fra maggioranza sunnita e minoranze di altre confessioni, o ancora come una lotta per il potere fra l’Arabia Saudita e l’Iran?
Certe situazioni politiche, come del resto certe configurazioni personali, non sono migliorabili attraverso interventi radicali, di alcun genere. È questo che le rende, propriamente parlando, tragiche”.
(Traduzione di Fabio Galimberti)
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=43572