Mi amareggia sapere che Serge Latouche goda in Italia di una popolarità sproporzionata rispetto a quella riservatagli nel resto d’Europa e dell’Occidente, dove è relativamente poco conosciuto. E per fortuna, dico io
Latouche è uno dei tanti frutti di una corrente reazionaria e misantropica dell’ambientalismo. Reazionaria perché rimuove il benessere umano dal centro del discorso politico e lo sostituisce con un distorto “amore” per il pianeta / terra / natura che, per qualche ragione, esclude l’umanità.
Se questa corrente non sarà sconfitta sul terreno delle idee e dei dati empirici finirà per pugnalare alle spalle il pensiero progressista e lo stesso ecologismo.
Infatti il suo principale effetto è quello di dirottare l’attivismo progressista in campagne contro il meteo (tra lo scetticismo di tutti gli esperti che cercano di far capire che clima e tempo meteorologico sono cose diverse) e contro il progresso economico, anche se ciò condanna a morte e alla miseria milioni di esseri umani.
Questi nostri fratelli dei paesi in via di sviluppo desiderano ardentemente energia elettrica abbondante e poco costosa, acqua pulita e servizi igienico-sanitari adeguati, non vogliono morire prematuramente di indigenza e indifferenza o guardare i loro figli morire o appassire. Vogliono sfuggire alla prigione della povertà. È un loro diritto, è una scelta perfettamente razionale e moralmente inappuntabile.
Ma apparentemente non per Latouche o per Al Gore. Per loro crescita equivale a consumismo, mentre per il resto del mondo crescita significa speranza di diventare un po’ più liberi, un po’ meno discriminati, un po’ meno disuguali.
I dati reali danno ragione ai due miliardi di abitanti del pianeta privi di elettricità e torto ai guru dell”ecologismo reazionario:
Non è una questione di dover fare un po’ meno shopping, è una questione di trovare finalmente la forza, la volontà e il modo di dimostrare che ce ne importa qualcosa dei nostri fratelli di colore più scuro.
I poveri del mondo non hanno solo bisogno di un po’ di luce elettrica e di alcuni gadget elettronici per condurre una vita dignitosa. Oltre all’energia necessaria per alimentare una moderna produzione industriale e agricola, prerequisito per una vita dignitosa per centinaia di milioni di poveri, c’è la questione di come cucinare il cibo. Al momento moltissimi di loro disboscano per poter cucinare e ogni anno decine di milioni di (per lo più) donne soccombono di malattie polmonari conseguenti ai sistemi di cottura a legna e carbone in ambienti chiusi. Queste persone devono poter essere in grado di cucinare su fornelli elettrici e avere frigoriferi, sia a casa che durante lo stoccaggio e il trasporto.
Non è normale che qualcuno ci venga a dire che questi sono privilegi e non diritti per i quali si sono battuti i nostri genitori, nonni e bisnonni. E’ il pensiero di persone dissociate dalla realtà o, come nel caso del multimiliardario Gore, in malafede.
Dovremo abituarci a vivere con meno, ci spiegaJames Cameron, regista di Avatar, proprietario di 3 ville a Malibù con 3 piscine riscaldate, un ranch di 100 acri, un elicottero privato, 3 Harley-Davidson, una Corvette, una Ducati, uno yacht, un Humvee, una Ford GT, una flotta di sottomarini (ne ha donato uno da 10 milioni di dollari alla Woods Hole Oceanographic Institution).
Non che Latouche se la cavi troppo male, nel centro di Parigi.
Tornando al cuore della questione, la decrescita e l’aumento dei costi energetici in un paese sviluppato non sono fatali (salvo che per quegli anziani che non si potranno permettere di riscaldare le case in inverno). Se lo stesso però succede in un paese in via di sviluppo, si avrà un enorme disastro umanitario che costerà la vita a milioni di persone e condannerà a languire in miseria un numero ancora maggiore di esseri umani.
Una cosa del genere non è altro che un moderno programma eugenetico, dove una parte dell’umanità viene sacrificata per far sentire meglio i privilegiati.
Per fortuna il resto del mondo non ascolta le prediche di Latouche e Gore. Non è infatti concepibile difendere la tesi che la gente dovrebbe volontariamente restare povera. Non succederà mai ed è meglio che i decrescisti/serristi se ne facciano una ragione.
Miliardi di esseri umani, chi più chi meno, vogliono la stessa cosa, ossia una ragionevole aspettativa di vita, una ragionevole prosperità materiale, un posto in cui vivere che sia ragionevolmente piacevole, energia abbondante e a costi ragionevoli, opportunità di viaggiare, educarsi, curarsi e migliorarsi, acqua potabile, igiene, ordine e sicurezza. Sono diritti fondamentali di ciascun essere umano, o comunque dovrebbero essere riconosciuti come tali.
In ogni caso nessun politico può pensare di rimanere a lungo al potere impedendo alle future generazioni di soddisfare queste legittime ambizioni.
Introduzione di Al Gore, appunto
È questo che alla fine ci salverà dal radicalismo chic, cioè da chi, come giustamente nota Laura Fedrizzi, firma appelli e parla ex indignata conscientia, e troppo poco ex informata conscientia.
Fedrizzi si riferisce alla vergogna dell’affaire Silent Spring.
L’ondata di panico generata da “Silent Spring” (“Primavera silenziosa”, 1962) della biologa e ambientalista Rachel Carson, ha ucciso oltre 40 milioni di persone, tra le quali moltissimi bambini. Lo sta ancora facendo. Il libro ha contribuito in modo significativo alla decisione di bandire l’insetticida Ddt (1972 negli Stati Uniti, 1978 in Italia), un modo sicuro e molto efficace per frenare la malaria, la prima causa di morte nell’Africa sub-sahariana, e un’invenzione per la quale il chimico elvetico Paul Hermann Müller era stato insignito del Nobel per la Medicina nel 1948.
Ci sono voluti oltre 30 anni perché l’Organizzazione Mondiale della Sanità riconoscesse l’errore commesso e tornasse a raccomandare l’uso mirato del Ddt.
Il Ddt comporta alcuni rischi per gli uccelli, ma vale la pena di salvare milioni di uccelli al costo di milioni di vite umane e, chi dovesse rispondere affermativamente, ha pensato che potrebbero essere i suoi figli (se le temperature mondiali dovessero riprendere a salire)?
È un libro che ha promosso un tipo di ambientalismo che prioritarizza l’ambiente sempre e comunque, anche a discapito del benessere umano ed è la ragione per cui ha successo anche e soprattutto negli ambienti reazionari – il conservazionismo è nato su iniziativa di quelli stessi magnati che predicavano l’austerità e la sterilizzazione eugenetica al tempo della Depressione e poi della crisi del 1973-1974 –, in cui il riscatto delle masse dalla miseria e dall’ignoranza non è visto come un obbligo ma come una minaccia per lo status quo.
Entro settembre fino a 750.000 madri saranno tagliate fuori dai programmi di welfare che garantiscono dei pasti nutrienti ai figli di madri povere e alle madri incinte. Succede negli Stati Uniti, nel 2013.
1,6 miliardi di dollari di tagli alla ricerca biomedica, 173 torri di controllo aeroportuali in via di chiusura, altri 10 miliardi di tagli alla sanità e Obama è pronto ad offrirne ulteriori 500 per far star buoni i repubblicani. 125mila famiglia non saranno più assistite nel pagamento degli affitti, fino a 100mila resteranno senza tetto.
“Individualismo e individualità vanno separati. L’individualismo può prendere una brutta piega e diventare egoistico. Io, io, io, io, e quello che voglio e quello che mi interessa, quello che penso e quello che mi piace. Oh, certo, abbiamo bisogno di avere la libertà di esprimere tutto questo, ma un vero individuo è una cosa diversa. E per essere veramente se stessi occorre essere realmente in contatto con il Sé interiore, la divinità interiore. Ed il paradosso della vera individualità è che più si è in contatto con ciò che tutti gli esseri umani hanno in comune, più si è genuinamente se stessi. Ed è per questo che dico che dobbiamo recuperare gli obblighi che accompagnano i diritti al fine di comprendere la profondità del significato dei diritti umani”.
Sulla libertà
“Un cittadino democratico non è un cittadino che può fare tutto quello che vuole. Si tratta di un cittadino che ha degli obblighi, allo stesso tempo. E, tanto per fare un esempio, se mi è consentito, la libertà di parola: qual è il dovere ad essa associato? Beh, se … io ho il diritto di parlare, ho anche il dovere di farvi parlare. Ora, questo non è così semplice. Ciò non significa solo aspettare fino a che l’interlocutore ha terminato e poi tornare all’assalto e metterlo con le spalle al muro. Significa che ho un obbligo interiore – ed è di questo che stiamo parlando, è la dimensione interiore. Interiormente, devo sforzarmi di ascoltarti. Non c’è bisogno che io sia d’accordo con te, ma devo lasciare che il tuo pensiero entri nella mia mente in modo che ci sia un reale scambio democratico tra noi. E questa è un’attività umana davvero molto interessante, non credi?”
Sulla coscienza
“Per i padri fondatori e per tutti gli insegnanti spirituali – e parlando di “fondatori”, tra parentesi, vorrei includere anche persone che sono venute in seguito, tra le quali, ovviamente, Lincoln e anche – il che potrebbe sembrare strano – Frederick Douglass e tutte quelle persone che si sono espresse vigorosamente a proposito della coscienza. La coscienza è quel potere assoluto all’interno della psiche umana di intuire i veri valori del bene e del male, del giusto e dello sbagliato. Siamo nati con questa capacità. Non è solo il risultato del condizionamento sociale [NOTA BENE: gli psicopatici/sociopatici, a causa dell’assenza di empatia, sono privi della naturale bussola morale di cui parla Needlemann e la cui esistenza è stata ampiamente dimostrata da innumerevoli studi pedagogici – per questo alcuni di loro diventano degli intransigenti moralisti, inquisitori, censori e terroristi di stato o per fede]. Questo è ciò che ci insegnano le grandi tradizioni. Questo è quello che penso. Ma la coscienza è incrostata di egoismo e del caos prodotto dalla nostra vita interiore imprigionata”
Sull’importanza del “pensiero” nella vita pubblica e politica
“Gridare non significa pensare. “Vieni, discutiamone assieme” è l’invito di Dio ad Isaia … Penso che il momento in cui si inizia a pensare insieme a qualcuno, i suoi occhi si illuminano … devo confessare di aver parlato – non dirò con chi, ma ho parlato con alcuni membri del Congresso non molto tempo fa. Abbiamo trascorso assieme una serata molto tranquilla ed abbiamo iniziato ad aprirci, proprio quello che tu e io stiamo facendo ora. E in effetti mi hanno detto: ‘Noi non abbiamo mai la possibilità di farlo. Siamo là a cercare di parlare, sai, per le telecamere, per gli elettori, per i gruppi di pressione, ma non abbiamo mai …”. “Intendete dire che non vi trovate mai a riflettere assieme?” E hanno risposto di no. Per me, questo è lo scheletro nell’armadio d’America in questo momento. Questo è il problema”.
Grillo non ha sposato la decrescita, ma molti elettori ed eletti del M5S sì
Maurizio Pallante
Non sono assolutamente a favore della decrescita; io sono per una crescita qualitativa e per un calcolo del Pil diverso come ha provato a dimostrare Joseph Stiglitz
Diffido della decrescita come idea ma apprezzo la portata etica del richiamo al cambiamento degli stili di vita, occorre fare meglio con meno e in modo sostenibile per le nuove generazioni.
Walter Ganapini, co-fondatore di Legambiente, ex presidente di Greenpeace Italia
Sinora si è agito all’insegna del motto olimpico “citius, altius, fortius” (più veloce, più alto, più forte) che meglio di ogni altra sintesi rappresenta la quintessenza dello spirito della nostra civiltà, dove l’agonismo e la competizione non sono la mobilitazione sportiva di occasioni di festa, bensì la norma quotidiana ed onnipervadente. Se non si radica una concezione alternativa, che potremmo forse sintetizzare, al contrario, in “lentius, profundius, suavius” (più lento, più profondo, più dolce), e se non si cerca in quella prospettiva il nuovo benessere, nessun singolo provvedimento, per quanto razionale, sarà al riparo dall’essere ostinatamente osteggiato, eluso o semplicemente disatteso.
Alexander Langer
Prima di tutto, riflettete: gli oligarchi che governano il mondo si sono dimostrati a favore della crescita o dell’austerità (1929-2014)? Hanno favorito il progresso tecnologico (es. fusione fredda) o l’hanno ostacolato? Hanno favorito la diffusione della conoscenza o l’hanno ostacolata (es. brevetti e accesso salatissimo a riviste scientifiche)? Si sono comportati come signorotti feudali oscurantisti oppure come emancipatori dei singoli e dell’intero genere umano? Una società privata di reali prospettive di crescita è più facile o difficile da controllare, rispetto a una società in crescita, che sa quanto vale e avanza rivendicazioni che considera intrinsecamente legittime (quante rivoluzioni/rivolte/insubordinazioni di massa in Europa e Stati Uniti – quante nel Terzo Mondo)? Almeno su quest’ultimo punto, Marx aveva completamente ragione.
Chi ha lanciato il meme “decrescita”? Uno studio commissionato dal Club di Roma che ne ripudiò le conclusioni, ma non riuscì mai a dissociare il suo nome dal sensazionalismo che circondò quella che divenne presto la Bibbia dell’ecologismo.
I “decrescisti” non si curano di chi gli darà un lavoro, chi pagherà le loro pensioni e ricoveri quando saranno vecchi, o i loro sussidi di disoccupazione. Latouche vada un po’ a sentire cosa ne pensano della decrescita (austerità pianificata e volontaria) gli immigrati, i rifugiati, i profughi, i precari, i disoccupati, gli abitanti dei paesi in via di sviluppo.
I decrescisti raccomandano una decrescita gestita al posto dell’austerità subita, ma non è chiaro che tipo di “governance” abbiano in mente e come questa potrebbe essere democratica. È possibile, lecito e morale vietare ad ogni imprenditore, centro di ricerche, agricoltore, commerciante, artigiano, giovane coppia, ecc. di intraprendere una qualunque iniziativa espansiva per evitare che l’effetto cumulato sia quello di una crescita? In che senso ciò sarebbe diverso dal programma di Pol Pot e dei Khmer rossi? Sarebbe, suo malgrado e con le migliori intenzioni, una società totalitaria, determinata a conservare ogni essere umano allo stato di bonsai.
La legatura dei piedi e il bonsai sono efficaci metafore per illustrare il tipo di restrizioni che dovrebbero prevenire il ritorno alla crescita e quindi all’espressione concreta dell’eccellenza dei singoli. Sarebbe una distopia falsamente egalitaria che abolirebbe per decreto e in nome di una presunta utilità collettiva tutto ciò che potrebbe distinguere una persona dall’altra, sancendo che il mero atto di far valere la propria personalità e dar forma materiale alla propria creatività e ai propri talenti è intrinsecamente sbagliato e disdicevole; in altre parole, che qualcosa è andato storto nell’evoluzione umana se ci si ostina a voler crescere.
L’alternativa al capitalismo globalista sfrenato ed insostenibile è solo un’autarchia localista incapace di garantire un reddito a tutti? Non ci sono alternative tra un estremo e l’altro? Bianco o Nero? Obesità o anoressia?
Non è forse vero che l’ossessione crescista dipende dal fatto che le risorse non circolano e non vengono ridistribuite ma si concentrano nelle mani di pochi? Il benessere della civiltà umana dipende dal costante flusso di energia/risorse: la decrescita lo bloccherebbe allo stesso modo in cui lo bloccano le oligarchie del nostro tempo.
Il fatto che, dal 2011 in poi, sia sempre più difficile trovare interviste di Latouche (a proposito, se ama così tanto il mondo contadino e nel suo decalogo chiede una moratoria sull’innovazione tecnico-scientifica, perché continua a risiedere a Parigi?) in inglese, francese (!!!), spagnolo o tedesco, mentre abbondano in italiano, è significativo: provinciali eravamo e provinciali siamo rimasti – ci meritiamo proprio un profeta del localismo. Mi auguro solo che, prima o poi, anche l’Italia sappia recuperare il terreno perduto, superando questa fase di immaturità culturale ed intellettuale.
La differenza tra austerità recessiva e decrescita “felice” è quella che passa tra dissanguamento e donazione del sangue. La sera vai a letto presto in entrambi i casi, perché non ti reggi in piedi
[Sono in disaccordo con Bagnai sull’euro, ma qui non posso che sottoscrivere tutto il suo ragionamento: e cita pure Piga! ;o)].
Non potete permettervi di avere figli a causa dell’austerità? E’ un’ottima cosa per il bilancio demografico mondiale.
Il vostro datore di lavoro vi lascia a casa perché è costretto a contrarre la produzione? Perfetto: è esattamente quel che bisognerebbe fare comunque, crisi o non crisi.
Niente ferie quest’anno? Meglio! Meno inquinamento, meno consumi superflui. Il mondo vi sarà grato.
Pochi clienti nel vostro ristorante? Convertitelo in una trattoria ecosostenibile come quella in Danimarca che ha eliminato l’olio d’oliva italiano e il formaggio francese per sostituirli con l’olio di colza e lo yogurt skyr: poco importa se la gente è stufa dei sapori locali e, se decide di uscire la sera, è per provare qualcosa di diverso.
Se volete un esempio eclatante di dove conduca questa ideologia farneticante:
Più che di federalismo, si dovrebbe più correttamente parlare di localismo. Il paradigma perfetto di un localismo sano, non razzista ma neppure scioccamente egualitarista, si può trovare nella seguente formula: è cittadino con pieni diritti chi si prende cura del luogo che abita. Non tutti i residenti possono dirsi veri cittadini se non hanno una coscienza di luogo e non la mettono in pratica con la partecipazione attiva alle decisioni. Patrioti della propria città, della propria valle, del proprio monte, della propria regione storica e naturale: ecco i buoni localisti. Chi si estrania come se ciò che lo circonda non lo riguardasse dovrebbe perdere, ad esempio, i diritti politici…un’economia il più possibile locale, basata su filiere circoscritte, su una mobilità ridotta al minimo e sul recupero e ripopolamento della campagna agricola. http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11941
Non stupitevi: per loro stessa orgogliosa ammissione il patrono dei decrescisti è J.J. Rousseau (mito del buon selvaggio, Parigi = Sodoma e Gomorra, Sparta = società ideale, morte agli atei, plebiscitarismo). Ecco un’utile descrizione del pensiero di Rousseau (da Michel Onfray, “Illuminismo estremo. Controstoria della filosofia IV”, p. 13): “discredito gettato contro l’invenzione della stampa, colpevole di aver reso possibile la pubblicazione di tanti libri pericolosi; odio per il teatro che infiacchisce le coscienze e i corpi; genealogia difettosa della scienza e di tutte le arti; elogio dell’ignoranza; volontà di mantenere il popolo nell’obbedienza; messa in guardia contro ogni desiderio rivoluzionario; elogio di Sparta; difesa della pena di morte; esaltazione della rusticità, del lavoro manuale, dell’ignoranza, della fede e della religione, della disciplina militare; il tutto accompagnato da una critica dei lavori intellettuali, della filosofia e della metafisica. Un autentico breviario oscurantista”.
Scrive un’amica FB: “Ormai è come se ci fosse solo una grande area grigia in cui non si distingue più nulla. Tutto è opinabile. Tutti sono uguali. Se non riusciamo a recuperare qualche riferimento, rischiamo di non trovare più la via d’uscita“.
Purtroppo è in queste fasi che gli apprendisti stregoni possono avere successo. Maurizio Pallante [che è chiaramente animato dalle migliori intenzioni: ma la strada per l’inferno è lastricata di buone ed ingenue intenzioni] si ostina a ripetere che si può essere contro la decrescita solo se non la si conosce. Ma lui stesso classifica come misure di decrescita quelle che sono misure di sviluppo sostenibile (es. lotta agli sprechi, tutela dell’ambiente, riproducibilità delle risorse energetiche, qualità anteposta alla quantità, disciplinamento dell’avidità, del materialismo consumistico, dell’edonismo, giustizia sociale e ridistribuzione/condivisione delle risorse del pianeta):
Dopo aver convenientemente rimosso l’esistenza di un intero campo di ricerche multidisciplinari che include diversi premi Nobel, tra i quali Elinor Ostrom, l’economista dei beni comuni e della sostenibilità, tanto amata dalla sinistra riformista, proclama che la scelta è tra la decrescita (come la intende lui) e il turbocapitalismo. Il resto è fuffa. L’UNESCO è fuffa. Stiglitz (Nobel 2001) è fuffa. Amartya Sen (Nobel 1998) è fuffa. 3 premi Nobel non valgono nulla.
I decrescisti citano Robert F. Kennedy e la sua critica al feticcio del PIL come se fosse stato un paladino della decrescita. Ma né lui, né suo fratello avevano stilato programmi economici finalizzati alla “decrescita felice”: sarebbero stati presi per dei venditori di fumo o degli squilibrati. Quello in cui credevano era lo sviluppo sostenibile, come farebbe qualunque persona non superficiale, in grado di analizzare obiettivamente la realtà e che non scelga di schierarsi con la decrescita perché fa fico, perché è moralmente giusta, perché è ovvio che non ci sono alternative. Ci vuole l’umiltà di informarsi prima di prendere posizione ed informarsi significa esaminare le tesi al centro della controversia, non decidere che lo sviluppo sostenibile è una sciocchezza o un complotto degli industriali solo perché l’ha detto Pallante.
A questo punto l’obiezione diventa: “non è solo Pallante a dirlo, ma Nicholas Georgescu-Roegen”. Georgescu-Roegen, un economista rumeno-americano giustamente piombato nell’oblio (GOMBLODDO!! SVEGLIAAAA!!!11!): pensava che la Terra fosse un sistema chiuso– “La difficoltà principale consiste allora nell’impossibilità che le innovazioni continuino all’infinito in un sistema chiuso”. Non esistono sistemi chiusi nell’universo a noi noto:
Le menti umane e il nostro pianeta non sono sistemi chiusi, in quanto scambiano energia con l’esterno e riducono l’entropia (aumentano la complessità, la diversità). Diversamente non ci sarebbe evoluzione. Perciò la premessa fondamentale della decrescita è assolutamente infondata: è un articolo di fede confutato dalla fisica (e astrofisica), dalla biologia (e astrobiologia) e dall’esperienza. Il decrescismo è un culto come tanti altri.
Un ispiratore di ben altro calibro del movimento per la decrescita è nientemeno che il biologo Paul Ehrlich. Oltre quaranta anni fa vendette circa 3 milioni di copie di un suo libercolo apocalittico intitolato “La bomba demografica” (1968) in cui (traduzione mia) dichiarava: “La battaglia per nutrire l’umanità è finita. Negli anni Settanta il mondo sarà colpito da carestie – centinaia di milioni di persone moriranno di fame a dispetto di tutti i programmi emergenziali intrapresi in questi anni… Non possiamo più permetterci di trattare solamente i sintomi del cancro della crescita della popolazione, il cancro stesso deve essere estirpato. Il controllo della popolazione è l’unica risposta”.
3 milioni di copie vendute!
La decrescita piace solo a chi non ha capito cosa sia e cosa implica.
Non solo non può risolvere i problemi del presente, ma è il perfetto strumento per trincerare lo status quo che vogliamo sovvertire introducendo un nuovo feudalesimo (N.B. il feudalesimo è il modello sociale antesignano del neoliberismo, con i feudi al posto degli oligopoli economico-finanziari).
Infatti Serge Latouche è diventato contemporaneamente un guru di CasaPound, dei Giovani Padani e di una certa sinistra amante delle idee più che della realtà quotidiana. Maurizio Pallante,intellettuale di riferimento del M5S per la decrescita, desidera che tutti divengano contadini, in quanto “quella contadina è l’unica civiltà“, un classico topos della destra reazionaria e filo-nazista (es. Jean Giono).
Come il collaborazionista Giono (quello de “L’ussaro sul tetto” e de “L’uomo che piantava gli alberi”), Latouche predica il ritorno al localismo, all’orticoltura, alla borgata autarchica sia dal punto di vista alimentare, sia da quello economico e finanziario.
Serge Latouche (parole sue), profeta della decrescita, auspica l’avvento di una dittatura che bandisca o spinga alla bancarotta multinazionali, grande distribuzione, industrie automobilistiche, compagnie aeree, agenzie turistiche, industria alberghiera, allevamento intensivo, agricoltura intensiva, trasporti merci, gran parte delle banche, borse, industria del lusso e della moda, le agenzie pubblicitarie.
Il commercio sarà limitatissimo, principalmente confinato alla propria “bioregione”, con valuta bioregionale. Il turismo sarà inesistente perché “bisogna avere i piedi ben piantati in terra” e “l’immaginazione ha le ali”, specialmente grazie a internet (almeno quello resta). Non dovendo camminare molto, si potrà anche fare a meno di quel mucchio di scarpe che abbiamo: due, tre paia sono sufficienti. Ma il numero giusto sarà stabilito dalla comunità.
Sì, Latouche ci vuole ridurre allo stile di vita delle tribù che ha studiato da etnografo, per “recuperare l’abbondanza perduta delle società di raccoglitori-cacciatori”, oppure riportare alle epoche oscure dopo la caduta dell’Impero Romano (decrescita felice al tempo delle carestie, epidemie, bande di predoni, guerre, anarchia, ecc.?).
Il problema è che a quel tempo eravamo molto meno numerosi, noi umani. Così suggerisce che la soluzione ideale sarebbe avere una popolazione mondiale ridotta a 3 miliardi di persone (c’è un surplus del 60-70% di umani: poco male). Ma si può anche provvedere a stabilizzare la crescita demografica e costringere la gente a mangiare molta meno carne (peccato che proprio la crescita economica e del benessere siano il fattore determinante per il calo demografico).
Felicissimi i russi e i cubani dopo il crollo dell’Unione Sovietica, quando il loro tenore di vita è sprofondato, causando un collasso demografico che la Russia deve ancora riassorbire (!), mentre Cuba (-35% del PIL tra 1989 e 1993), si è salvata da un analogo disastro solo grazie a Cina, Venezuela ed al turismo. Giulivi anche i cambogiani deportati da Phnom Penh nelle campagne dai Khmer rossi e morti a decine di migliaia.
Felicissimi i lavoratori europei, specialmente quelli tedeschi, di dover subire una costante riduzione del salario reale, cosicché tedeschi ed italiani si trovano assieme ai giapponesi in fondo alla classifica mondiale per tasso di natalità. L’asse delle culle vuote. Serge Latouche si compiace che i giapponesi siano stati felici di decrescere e che il buddhismo li abbia aiutati. Pensa che il confucianesimo possa attutire l’impatto psicologico della decrescita per i cinesi. I Giapponesi sono certamente molto lieti di non potersi permettere di pagare le pensioni per via del declino demografico che, nei prossimi decenni, si porterà via circa un milione di abitanti l’anno (!!!).
L’ideologia della decrescita non è altro che una dottrina neo-malthusiana che non si sostiene su un singolo dato socio-economico e storico. Scoprirete che la letteratura scientifica citata serve unicamente a dimostrare che l’attuale sistema è folle e completamente insostenibile. Non che la cosa ci colga di sorpresa. Di contro, nessun esempio storico di decrescita viene preso in esame per capire se la decrescita possa essere essa stessa sostenibile. Si dà per scontato che non ci possa essere uno sviluppo sostenibile, mentre la decrescita lo è per definizione. Un po’ come dire che la morte è più sostenibile della vita. Non è scienza, è dogma. Anzi, è verosimilmente apologia di genocidio.
La vita è crescita, la decrescita è atrofia e morte. L’intelletto decresce con l’invecchiamento, le civiltà decrescono con la decadenza e la scomparsa. La decrescita del Sole lo trasformerà in una nana nera. La decrescita di una specie la porta facilmente all’estinzione.
La decrescita del nostro sistema non sarebbe possibile senza un collasso demografico (es. catastrofe globale) o una dittatura planetaria che decretasse la composizione delle famiglie e decidesse chi può consumare cosa e a quali servizi pubblici (limitatissimi) può accedere.
Istruzione, sanità, previdenza sociale, trasporti, infrastrutture, ordine pubblico, energia, poste e telecomunicazioni, ecc.: ogni servizio considerato essenziale sarebbe ridotto ai minimi termini. Per non parlare della ricerca nel settore dell’energia nucleare (es. fusione fredda), delle rinnovabili, del risparmio energetico, dei nuovi materiali, della medicina, dei trasporti, dell’alimentazione, della tutela ambientale, delle esplorazioni spaziali, delle scienze cognitive. Non è chiaro come la Rete potrebbe essere alimentata.
Chi già possiede terreni (i ricchilatifondisti come il principe Carlo e tanti altri aristocratici europei non propriamente progressisti ed umanitari) sarà avvantaggiato, la gente comune urbanizzata dovrà accontentarsi di “quel che passa il convento”, morire d’inedia o suicidarsi. Gli abitanti delle megalopoli del terzo mondo morirebbero come mosche.
Il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, socio fondatore del circolo del Movimento per la Decrescita Felice di Parma risponde alla domanda: “Pensa che il cambiamento di paradigma culturale proposto da Mdf sia davvero realizzabile?”
Tutti i cambiamenti non si possono fare da un giorno all’altro. Puoi promuovere correttamente gli orti sociali, giusto per fare un esempio, o i mercatini a km-zero (ne abbiamo aperti già due ma ne vorremmo attivare degli altri), oppure lo Scec, che stiamo cercando di lanciare, o ancora cercare modi per sostenere l’economia locale, ma è tutto collegato alla disponibilità di tempo. Per fare l’orto, infatti, hai bisogno di tempo; per andare a fare la spesa nei mercatini bio devi avere tempo; per occuparti dei figli o dei parenti anziani senza doverli affidare ad altri a pagamento perché tu sei sempre al lavoro hai bisogno di tempo. Si possono dare alle persone gli strumenti, ma se poi la maggior parte di queste, per vari motivi, non ce la fa (o non vuole), rischia di essere tutto vano.
mmmmh…
Mi accadde diverse volte di scorgere nei suoi occhi un’espressione di dolore e disappunto quando la realtà non corrispondeva alle idee romantiche che si era fatto, o quando qualcuno che amava o ammirava non riusciva a dimostrarsi all’altezza dei suoi inarrivabili standard.
Graham Greene, “Un Americano Tranquillo”
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La sindrome di Peter Pan è quella situazione psicologica in cui si trova una persona che si rifiuta o è incapace di crescere, diventare adulta e di assumersi delle responsabilità. La sindrome è una condizione psicologica patologica in cui un soggetto rifiuta di operare nel mondo “degli adulti” in quanto lo ritiene ostile e si rifugia in comportamenti ed in regole comportamentali tipiche della fanciullezza.
L’autore, nel ruolo di un personaggio, suggerisce attraverso motivazioni economiche ed un convinto moralismo, di trasformare il problema della sovrappopolazione tra i cattolici irlandesi nella sua stessa soluzione. La proposta dell’autore consiste nell’ingrassare i bambini denutriti e darli da mangiare ai ricchi proprietari terrieri anglo-irlandesi. I figli dei poveri potrebbero essere venduti in un mercato della carne all’età di un anno per combattere la sovrappopolazione e la disoccupazione. Così facendo si risparmierebbe alle famiglie il costo del nutrimento dei figli fornendole una piccola entrata aggiuntiva, si migliorerebbe l’alimentazione dei più ricchi e si contribuirebbe al benessere economico dell’intera nazione.
L’autore offre un supporto statistico per le sue asserzioni e fornisce dati specifici sul numero di bambini da vendere, il loro peso, il prezzo ed i possibili modi di consumazione. L’autore suggerisce alcune ricette per preparare questo «delizioso» tipo di carne ed è sicuro che questa cucina innovativa darà spunto per ulteriori piatti. Anticipa, inoltre, che le pratiche di vendita e di consumo di bambini avranno positivi effetti sulla moralità familiare: i mariti tratteranno le loro mogli con più rispetto ed i genitori valuteranno i loro bambini in modi finora sconosciuti. La sua conclusione è che l’implementazione di questo progetto aiuterà a risolvere i problemi complessi dell’Irlanda in materia sociale, politica ed economica più di ogni altra misura finora proposta.
Quest’opera è ritenuta il più grande esempio di ironia nella storia della letteratura inglese.
Jonathan Swift, “Una modesta proposta: per evitare che i figli degli Irlandesi poveri siano un peso per i loro genitori o per il Paese, e per renderli un beneficio per la comunità”
Un uomo che nasce in un mondo già occupato, se non può ottenere di che sussistere dai suoi genitori, verso cui è portatore di una giusta domanda, e se la società non vuole il suo lavoro, non ha il diritto di pretendere la più piccola porzione di cibo, e, di fatto, è di troppo in questo mondo. Nel grande banchetto della natura, non c’è alcun coperto vacante per lui.
Thomas R. Malthus, “Saggio sul principio della popolazione”, ed. 1803
Nel 2010 le Forbes Global 2000, assieme, avevano un fatturato di 32mila miliardi di dollari (il PIL mondiale era di 60mila miliardi di dollari).
“Il costo della disuguaglianza: come l’estrema polarizzazione di ricchezze e redditi ci danneggia tutti”, rapporto Oxfam, 18 gennaio 2013
“Negli ultimi 30 anni la disuguaglianza è cresciuta drammaticamente in molti paesi. Negli Stati Uniti la quota di reddito nazionale che va al 1% più ricco è raddoppiata, dal 1980, dal 10 al 20%. Per lo 0,01% è addirittura quadruplicata, a livelli mai visti prima. A livello globale, per l’1% (60 milioni di persone), e in particolare per l’ancora più ristretto 0,01% (600.000 persone – ci sono circa 1200 miliardari in tutto il mondo), gli ultimi trenta anni sono stati un periodo di incredibile abbuffate. Un fenomeno che non si limita agli Stati Uniti, o anche ai paesi ricchi. Nel Regno Unito la disuguaglianza sta rapidamente tornando a livelli che non si vedevano dai tempi di Charles Dickens. In Cina il 10% ora porta a casa quasi il 60% del reddito complessivo. I livelli di disuguaglianza cinesi sono ormai simili a quelli del Sud Africa, che è il paese più iniquo sulla terra, molto più rispetto alla fine dell’apartheid. Anche in molti dei paesi più poveri la disuguaglianza si è rapidamente accresciuta.
Globalmente i redditi dell’1% più ricco sono aumentati del 60% in 20 anni. La crescita del reddito per lo 0,01% è stata ancora più consistente.
A seguito della crisi finanziaria, il processo si è accelerato, con l’1% che ha incrementato ulteriormente la sua quota di reddito. Il mercato dei beni di lusso ha registrato una crescita a due cifre ogni anno, dopo l’inizio della crisi. Che si tratti di una vettura sportiva o un super-yacht, caviale o champagne, non vi è mai stata una tale richiesta dei beni di lusso più costosi.
Il FMI ha dichiarato che la disuguaglianza è pericolosa, produce divisioni e potrebbe portare a rivolte sociali. I sondaggi mostrano che l’opinione pubblica è sempre più sensibile alla crescente disuguaglianza in molti paesi, e ciò riguarda tutti i cittadini, indipendentemente dall’orientamento politico.
[…]
I 100 miliardari più ricchi del mondo hanno aggiunto 240 miliardi di dollari alle loro ricchezze nel 2012 – un quarto di quella cifra sarebbe sufficiente a porre fine alla povertà estrema nel mondo. La crescita nei paesi più egalitari è molto più efficace nel ridurre la povertà. Le ricerche effettuate da Oxfam hanno dimostrato che, per via delle sue gravi disparità, in Sud Africa, anche con una sostenuta crescita economica, un milione di persone in più saranno spinte verso una condizione di miseria entro il 2020, se non si prenderanno delle contromisure.
Le parole del vecchio adagio ‘soldi uguale potere’ indicano che nelle società più disuguali la democrazia è più a rischio. Questo potere può essere esercitato legalmente, con centinaia di milioni spesi ogni anno, in molti paesi, per fare lobbismo politico (corruzione legale), o illegittimamente per corrompere il processo politico e comprarsi il processo decisionale democratico.
[…]
I membri dell’élite hanno più probabilità di ricoprire posizioni politiche prominenti o altri alti uffici, rafforzando le disuguaglianze. I loro figli hanno più possibilità di essere almeno ricchi quanto lo sono i loro genitori, il che significa che le disparità intergenerazionali aumentano. La disuguaglianza è stata ricollegata ad una pluralità di problemi sociali, quali la violenza, la malattia mentale, la criminalità e l’obesità.
Fondamentalmente la disuguaglianza ha dimostrato di essere non solo un male per i poveri nelle società disuguali, ma anche per i ricchi. Le persone più ricche sono più felici e più sane se vivono in società più uguali.
Nella Nouvelle Justine, Sade giustifica la dittatura dell’aristocrazia sulla plebaglia, vanta i meriti del cristianesimo e della monarchia, ai quali, secondo lui, si deve la grandezza e la prosperità della Francia. Adepto della “tirannia più sfrenata”, dà alcune ricette: costringere i poveri a uccidere i figli, praticare un brutale eugenismo su vasta scala, sopprimere gli “esseri meno importanti”, abolire l’assistenza pubblica, chiudere gli ospizi per i poveri, proibire la mendicità, sopprimere la carità, punire l’elemosina, tassare pesantemente i contadini, accelerare la pauperizzazione, proibire i matrimoni tra persone di condizione sociale differente, trasformare le esecuzioni capitali in spettacoli pubblici, organizzare immense carestie con malversazioni commerciali, impiccare e sciabolare i mendicanti, agire da despoti. La parola d’ordine? “Siamo disumani e barbari”. La formula di Sade, non “Libertà, Uguaglianza, Fraternità”, ma: “Fatalità, Disuguaglianza, Crudeltà”.
Michel Onfray, “Illuminismo estremo. Controstoria della filosofia IV”, p. 244
Comincio ad avere il terribile sospetto che, in effetti, il neoliberismo non sia di destra (né tantomeno di sinistra, ovviamente). La destra classica era attenta agli equilibri e si curava della comunità. Il neoliberismo è realmente sociopatico, odia la comunità, esalta l’interesse privato, è essenzialmente anti-politico (ed anti-umano, anti-ecologico, anti-tutto quel che non è egotistico o oligarchico). E’ di una radicalità normalmente aliena alla specie umana, proprio come lo è la psicopatia. Il neoliberismo conduce ai castelli di Sade e ad Auschwitz (industria dello sfruttamento finale al servizio della grande industria tedesca). La destra in quanto tale certamente no.
Segavano i rami sui quali erano seduti e si scambiavano a gran voce la loro esperienza di come segare più in fretta, e precipitarono con uno schianto, e quelli che li videro scossero la testa segando e continuarono a segare.
Bertolt Brecht (da Esilio)
In discesa la fiducia degli italiani nel presidente del Consiglio Mario Monti: con 3 punti in meno rispetto ad una settimana fa,si attesta al 33 per cento, toccando il minimo storico da quando è in carica…la fiducia nell’intero esecutivo è più bassa di almeno 8 punti, quindi intorno al 25%.
Monti ed il suo governo, avendo fallito su tutta la linea – incluso lo spread -, erano in caduta libera di consensi (solo 10 punti percentuali meglio di Berlusconi al momento della sua sostituzione e il governo Monti è sopra di un misero 5% ). Berlusconi torna in campo (con il 73 per cento degli elettori contrari – stesso sondaggio di SWG) e lo redime. La sua campagna elettorale sarà verosimilmente incentrata sull’uscita dell’Italia dall’euro (è sempre stato contrario), che è un errore gravissimo, ma gli conquisterà forse il 20-25% dei voti. La sua candidatura spingerà il voto utile verso i partiti che daranno vita a quella Grande Coalizione che riformerà la Costituzione in senso autoritario ed oligarchico.
Ricordiamoci che Bersani aveva ripetutamente negato di voler fare una grande coalizione con Berlusconi, ma non ha mai escluso grandi coalizioni con Casini, Fini, Renzi e Montezemolo.
Questa scena si ripeterà migliaia di volte in tutta Italia: “Ma come? Non voti per il PD? Voti de Magistris e Ingroia? Voi estremisti fate sempre il gioco di Berlusconi. Quando imparerete? Siete dei faziosi incorreggibili, la rovina d’Italia!“ Berlusconi ci ha stroncati. Evidentemente il quarto polo aveva davvero qualche chance di entrare in Parlamento ed incarnare un’alternativa: sono dovuti ricorrere all’arma finale. Poliziotto buono e poliziotto cattivo: è da millenni che questo giochetto funziona.
La Grande Coalizione nel Patto dei Democratici e dei Progressisti (quello sottoscritto alle primarie della coalizione di centro-sinistra): “I democratici e i progressisti s’impegnano altresì a promuovere un “patto di legislatura” con forze liberali, moderate e di Centro, d’ispirazione costituzionale ed europeista, sulla base di una responsabilità comune di fronte al passaggio storico, unico ed eccezionale, che l’Italia e l’Europa dovranno affrontare nei prossimi anni”.
“Dopo Goldman Sachs anche Morgan Stanley e Citigroup auspicano che l’Italia non abbandoni la linea del premier che dovrebbe restare al governo alla guida di una grande coalizione o in alternativa salire al Colle” (Milano Finanza, 26 settembre 2012).
Non so se quella di Berlusconi sia un’iniziativa personale (tendo a dubitarlo, visto che è stato tenuto per mano fin da giovane nella sua ascesa al potere) o se gli sia stato chiesto di recitare una parte – il distruttore dell’eurozona – per poter avviare la fase 2.
Gli obiettivi di Monti erano quattro: 1) politica economica a carattere comunitario, 2) riduzione del debito pubblico, 3) strategie per lo sviluppo, 4) crescita del Paese. In riferimento al primo punto i rendimenti dei titoli di stato decennali sfiorano il 5%, lo spread è ancora altalenante e dipende dall’azione della BCE, il ruolo dell’Italia in Europa rimane poco incisivo e la Germania rimane egemonica. Il debito pubblico è aumentato sia in valori assoluti sia in rapporto al PIL (126,1%). Per quanto riguarda la strategia di sviluppo è chiaro a tutti che il prodotto interno lordo si è inabissato, la produzione industriale è diminuita in modo significativo, i consumi sono precipitati. Ciò che è aumentato è l’inflazione e la disoccupazione. Per la crescita forse è presto per fare previsioni, ma oggi questa è la fotografia del Paese: PIL – 2,4%; produzione industriale – 4,8%; consumi – 3,2%; inflazione 3%; disoccupazione 10,8%.
L’utilizzo quasi senza controllo della Cig vuole nascondere una situazione preoccupante: il lavoro è fermo. Nel secondo trimestre del 2012 le imprese dell’industria hanno utilizzato 67,8 ore di Cig ogni mille ore lavorate con un incremento di 21,5 ore ogni mille rispetto allo stesso trimestre del 2011.
il debito pubblico è cresciuto di ben €88,4 miliardi nei primi 9 mesi dell’anno arrivando ormai a sfiorare di un soffio la soglia psicologica dei €2000 miliardi (1995,1), e l’Italia è di nuovo sotto scacco delle agenzie di rating…come mai i declassamenti sono avvenuti quando i conti dell’Italia erano ancora in ordine, mentre oggi che tutti i dati virano in negativo le agenzie americane tacciono? Se il problema dell’Italia è il debito pubblico e questo continua ad aumentare, per quale motivo le agenzie non intervengono? Cosa è cambiato oggi rispetto a maggio 2011? E’ cambiato un governo certo, questo lo sappiamo tutti, il caimano Berlusconi ha lasciato il posto al vampiro Monti, che come ci viene ricordato ad ogni ora da tutti i mezzi asserviti della propaganda ha dato più credibilità internazionale al nostro sistema paese. Ma è davvero così? Non dovrebbero essere i numeri a confermare la stabilità di un paese e la buona o cattiva azione di un governo? E se questi numeri sono tutti negativi, dal PIL alla disoccupazione, alla produzione industriale ai consumi, come mai i mercati finanziari si fidano ancora dell’Italia? Cosa si aspettano in verità i mercati dall’Italia e dal governo Monti in particolare?
Ma torniamo allo spread. Effettivamente, nei giorni scorsi la differenza tra il costo del debito italiano e quello tedesco era giunta a dimezzarsi, e questo significa che gli investitori hanno chiesto un “premio” considerevolmente più basso per rinunciare ai sicuri bund tedeschi e prendere i nostri btp. Ma il merito è davvero di Monti?Analizzando dati e graficisi arriva senza possibilità di dubbio a concludere di no.
Infatti, ancora il 24 luglio scorso, lo spread toccava valori intorno al 5,4%. Ma subito dopo il governatore della BCE, Mario Draghi, faceva capire a tutti che avrebbe finalmente assunto una linea interventista, in funzione anti-spread. Nel giro di tre giorni lo spread si riduceva di un punto percentuale. Successivamente, ai primissimi di settembre, i nuovi annunci sulla disponibilità della BCE ad effettuare acquisti illimitati dei titoli dei Paesi in difficoltà procurò, nel giro di un paio si settimane, un nuovo crollo dello spread che andava ad attestarsi su valori di poco superiori al 3%. Gli accordi sul fondo salva-stati e, nei giorni scorsi, a sostegno delle finanze greche hanno fatto il resto.
Chi avesse dubbi su quanto appena affermato potrebbe estendere il confronto ad altri titoli del debito sovrano, ad esempio a quelli spagnoli o a quelli portoghesi. E avrebbe conferma che si tratta di una dinamica europea, in tutto simile a quella appena descritta.
[…].
Insomma, l’unico magro risultato raggiunto nel periodo di Monti non è attribuibile al suo governo che al contrario, a dispetto dell’enfasi che pone sulle politiche di risanamento, non riesce a tenere sotto controllo i conti. Purtroppo, infatti, continua l’inesorabile crescita del debito pubblico che giungerà – parola di OCSE – a sfondare il 132% del Pil da qui al 2014.
Nel terzo trimestre del 2012 il prodotto interno lordo è diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e del 2,4% nei confronti del terzo trimestre del 2011…Nella media dei primi dieci mesi dell’anno la produzione industriale è diminuita del 6,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Tre italiani su dieci rischiano di finire nella triste categoria dei poveri. Quelli che la bistecca si mangia una volta la settimana, che non riescono a fare una vacanza lontano da casa, che devono tenere i riscaldamenti spenti e che una spesa di 800 euro imprevista è un salasso inaffrontabile. Sono gli anziani, le famiglie con un solo reddito o quelle con tanti figli. Secondo il rapporto dell’Istat su reddito e condizioni di vita, il 28,4% delle persone residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale.
Quasi 2,9 milioni di disoccupati. È il record negativo dell’Italia. A ottobre il numero dei disoccupati ha raggiunto il livello più alto sia dall’inizio delle serie storiche mensili (gennaio 2004) sia dall’inizio delle serie trimestrali (IV trimestre 1992).
Il surplus della bilancia commerciale tedesca si è ridotto ad ottobre raggiungendo il minimo in oltre sei mesi con le esportazioni che hanno registrato una crescita esigua alla luce del calo delle richieste da parte dei partner europei di Berlino colpiti dalla crisi. Le importazioni sono aumentate del 2,5% in un dato ben superiore rispetto all’aumento dello 0,3% delle esportazioni, secondo i dati dell’Ufficio federale di statistica, un dato che va a sostegno delle proiezioni secondo cui la più forte economia europea registrerà una contrazione nel quarto trimestre.
La produzione industriale è calata a ottobre in Germania, la prima economia della zona euro, del 2,6%. Si è trattato del più forte calo dall’aprile del 2009. Gli economisti avevano previsto un calo dello 0,5%. Il dato di settembre è stato rivisto al rialzo da -1,8% a -1,3%. Su base annua la produzione industriale tedesca ha registrato ad ottobre un calo del 3,7%.
Dice Herr Wuerth a Handelsblatt, «sto affrontando problemi insostenibili. Il mio giro d´affari in Italia, Spagna e Portogallo si è praticamente ridotto quasi a zero» perché laggiù mancano i soldi e i clienti non sono in grado di pagare. E lui, fornitori di materie prime e operai protetti dal più forte sindacato del mondo, deve continuare a pagarli puntuale come un orologio svizzero, o giapponese. «In Italia abbiamo bloccato le forniture a 60 mila clienti, riceveranno nuova merce soltanto quando avranno pagato le vecchie fatture», ammonisce.
«Se vogliamo vivere in libertà e in pace», aggiunge, «vale la pena di introdurre a livello europeo o dell´eurozona un meccanismo di compensazione finanziaria alla tedesca». Analogo cioè a quello che nel federalismo tedesco impone ai Bundeslaender più ricchi di aiutare quelli più poveri versando loro parte delle entrate tributarie. Il volo delle vendite in Cina e India, egli sottolinea, non compensa il calo in Europa «dove realizziamo il 70 per cento del fatturato».
Il titolo italiano ‘Furore’ cita uno dei passi più intensi del testo: “Le donne osservavano i mariti, per vedere se questa volta era proprio la fine. Le donne stavano zitte e osservavano. E se scoprivano l’ira sostituire la paura nei volti dei mariti, allora sospiravano di sollievo. Non poteva ancora essere la fine. Non sarebbe mai venuta la fine finché la paura si fosse trasformata in furore.”
La descrizione delle conseguenze della crisi economica, presente nell’opera di Steinbeck, fa riferimento alla Grande Crisi del 1929, ossia a quel periodo della storia del Novecento (fatto iniziare convenzionalmente con il crollo della Borsa di Wall Street il 24 ottobre 1929, il cosiddetto “giovedì nero”) a partire dal quale i livelli di produzione, occupazione, redditi, salari, consumi, investimenti, risparmi si ridussero in modo rapido e radicale a partire dagli Usa per poi raggiungere un autentico impatto mondiale. Il governo statunitense del presidente Franklin Delano Roosevelt (che ottenne quattro mandati consecutivi, dal 1932 al 1944 – unica eccezione nella storia del Paese) lanciò, tra il 1933 e il 1937, un corposo piano di riforme economiche e sociali definito “New Deal” (Nuovo Patto) per affrontare e superare la fase di grave recessione. Gli storici hanno sottolineato chiaramente come gli effetti della grande depressione del 1929 abbiano favorito l’ascesa al potere di Hitler e il deterioramento delle relazioni internazionali (a partire dall’introduzione di misure protezionistiche all’indomani della diffusione globale della crisi economica), tanto da considerare l’evento come un fattore non secondario tra quelli che portarono allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Nel 1998 l’American Film Institute ha inserito Furore al ventunesimo posto della classifica dei cento migliori film americani di tutti i tempi. Dieci anni dopo, in seguito ad un aggiornamento della lista, è sceso al ventitreesimo posto.
Il film vinse due premi Oscar (1941) nelle categorie “Miglior regista” (John Ford) e “Miglior attrice non protagonista” (Jane Darwell, nel ruolo di Ma’ Joad).
Citazioni
Siamo vivi. Siamo il popolo, la gente, che sopravvive a tutto. Nessuno può distruggerci. Nessuno può fermarci. Noi andiamo sempre avanti.
Non ci vuole coraggio a far qualcosa che si deve fare per forza.
Io non saprò più niente di te, Tommy: tu potresti morire e io non lo saprei. E se ti arrestano, chi me lo verrà a dire? – Mah, forse è come diceva Casy. Uno non ha un’anima per sé solo, ma un pezzetto d’una grande anima, che è la grande anima di tutta l’umanità. Quindi… – Che cosa, Tommy? – Quindi non importa, perché io non potrò mai morire. Io sarò dovunque, dovunque ci sia un uomo. Dovunque ci sia un uomo che soffre e combatte per la vita, io sarò là. Dovunque ci sia un uomo che lavora per i suoi figli, io sarò là. Dovunque il genere umano si sforzi di elevarsi, coi ricchi e coi poveri, in questa comune aspirazione di continuo miglioramento, e dove una famiglia mangerà la frutta d’un nuovo frutteto, o andrò a occupare la casa nuova, là mi troverai.
Quando c’è il raccolto sei un lavoratore stagionale, e dopo sei un vagabondo.
Tom, io sono una povera donna ignorante, ma se te ne vai sarà anche peggio. Una volta avevamo una casa, qualcosa che ci teneva insieme. I vecchi morivano, nascevano i bambini, ed eravamo sempre una cosa. Eravamo la famiglia, che era sacra e forte. Ma adesso non è più lo stesso. Niente più ci tiene uniti.
State bene a sentire: non cominciate a dare fastidio, lavorate, fatevi i fatti vostri, e starete bene.
E’ difficile dire quello che è giusto, Tom. Anch’io non lo so, e sto cercando di scoprirlo.
Noi non vogliamo altri vagabondi qui in paese. Non c’è lavoro nemmeno per quelli che ci sono già. – E dove dobbiamo andare? Tornatevene da dove siete venuti.
Perché la sorte si deve accanire contro di noi senza ragione? La resistenza di un uomo ha un limite. Viene il momento che se ne ha abbastanza, che un uomo non ne può più. – Devi farti forza. – Lo so, e ti giuro che faccio di tutto, mamma. – Tu devi resistere, sennò la famiglia si sfascerà, tu devi resistere!
Va’ dentro la tenda e mangia. – Eh, tanto è inutile. Li vedrò anche dentro la tenda.
State a sentire, voi altri. Andate tutti a prendere un bel recipiente adesso, e se avanza ve ne darò, eh? Su andate!… Non lo so nemmeno io, se faccio bene o male.
C’è del lavoro. Se volete farlo, sta bene. Sennò, state qui a morir di fame. – Badate, ci sono cascato già due volte io. Ha bisogno di mille uomini? Ne fa venire cinquemila, li paga quindici centesimi l’ora, e quando ci siete restate perché avete fame. Se vuole ingaggiare della gente deve dire quant’è la paga, e farci vedere la licenza. Non può ingaggiare nessuno se non ha la licenza. – Ehi Joe…agitatore.
Ma tu cosa avevi fatto? – Gli ho risposto.
Non passate la notte in città. Alla periferia c’è un campo. Se vi trovo in città dopo le otto, vi metto dentro.
A me hanno ordinato di dirvi di andarvene da questo podere ed io ve lo sto dicendo. – E io dovrei andarmene dalla mia terra? – Ma non te la prendere con me, non è colpa mia. – E di chi allora? – Lo sapete di chi è la terra, della società agricola di Shione. – E chi è la società agricola di Shione? – Ma non è nessuno, è una società. – Avrà un presidente no?! E lo saprà che così ci condanna a morire di fame! – Ma non è colpa sua, è la banca che gli dice che cosa deve fare. – E va bene, dov’è la banca? – A Tulsa. Ma con chi te la prendi, lì c’è soltanto il direttore, che sta impazzendo per fare quello che gli impongono da New York. – Insomma, chi è allora? – Aah io proprio non lo so. Eh sennò te lo direi, ma proprio non lo so di chi è la colpa. – E io dico che ancora non è nato l’uomo che mi caccerà via dalla mia terra. L’ha dissodata mio nonno, più di 75 anni fa. Mio padre c’è nato qui, siamo tutti nati qui, e qualcuno c’è stato anche ammazzato!
Come mai i miei si sono rassegnati? La mamma, lei che ha sempre tenuto a quello che era suo. Una volta ha pescato uno che le aveva rubato una gallina, gliel’ha strappata dalle mani e con quella l’ha picchiato finché non le sono restate che le zampe.
Ti hanno maltrattato? Ti hanno fatto diventare cattivo? – Perché, mamma? – Dicono che succede… – No mamma, sono rimasto come ero prima. – Perché ne ho sentito raccontare tante. Che quando ti maltrattano si comincia ad odiare tutti. E più ti maltrattano e più diventi cattivo, finché uno non è più neanche un uomo ma una specie di pazzo che parla da solo. Sei ridotto così, figlio mio? – No mamma, non temere. – Perché…io non lo voglio un figlio cattivo.
Lo avevo detto, lo avevo detto che Tommy sarebbe scappato dalla galera come un torello da un recinto di canne! Non ce lo tieni un Joad in galera, nossignore! – Ma io non sono scappato. – Anch’io ero così da giovane!
Domani veniamo coi trattori, d’accordo? – Sì d’accordo, ce ne andiamo, ce ne andiamo all’alba.
Dici che regge? – Se regge bisognerà prenderne nota nelle sacre scritture.
Questa è la mia terra, e io non me ne vado!
La polizia si interessa sempre dei morti più di quanto si interessi dei vivi.
Questo povero vecchio ha vissuto la sua vita e adesso ha finito. Io non so se fosse buono o cattivo, e poi non importa. Una volta ho letto una poesia che diceva: tutto ciò che vive, è sacro. Ma io non compiango questo povero vecchio che è morto, perché lui sta bene. Se dovessi pregare, pregherei per voi che siete vivi e non sapete dove andare.
L’avviso è uguale per tutti. Ottocento raccoglitori vuole? Va bene, lo sapete cosa fa allora? Ti fa stampare sei o settemila avvisi, e forse in ventimila lo vedono, e magari due o tremila se ne vanno in California per colpa di quell’avviso. Due o tremila persone che già non sanno come vivere, mentre ce n’è soltanto bisogno di ottocento. Vi sembra giusto, questo? – Tu cerchi di seminare zizzania. Ci scommetto che tu sei un agitatore.
Poi viene il dottore: i bambini sono morti di polmonite, dice. E scrive sul registro: polmonite. Sono morti di fame, altro che polmonite!
Sono un centesimo quei dolci? – Quali dice? – Questi, questi qui davanti. – Ah questi?… No… due, per un centesimo. – Allora me ne dia due ,signora… avanti, avanti prendete… Grazie, signora. –Quelli non erano da mezzo centesimo. –Pensa ai fatti tuoi! –Sono da dieci centesimi l’uno.
Quella gente non ha né cervello né anima. Sono bestie. Un uomo non potrebbe vivere come loro. Un essere umano non sopporta tanta miseria. –Ormai ci sono abituati.
Nessuno dica: “non potevamo saperlo”. Le informazioni c’erano. Chi non protesta è complice di crimini contro l’umanità e di suprema imbecillità.Le generazioni future ci condanneranno senza appello come dei codardi senza cuore e senza cervello.
Ettore Livini, Repubblica di lunedì 26 novembre 2012, pagina 19
“Un milione di malati in fila: greci curati dalle Ong internazionali
Catastrofe umanitaria innescata dai tagli alla Sanità. Introvabili oltre 100 medicinali di prima necessità, bloccati i rifornimenti dall’estero Doctors of the world: prima venivano solo immigrati, ora il 50% sono locali
Helena Dimitriadis e il suo bel pancione («di sette mesi, due gemelli!») oggi ce l’hanno fatta. «I novecento euro da pagare per esami e parto non ce li ho», si scusa lei. Così stamattina si è alzata alle 6.30, ha preso il tram dal Pireo e adesso è in pole position («devo fare la flusso-metria doppler») tra i fantasmi della sanità greca in coda sotto il tiepido sole ateniese davanti alla porta dell’ospedale di Doctors of the World, ad Atene. Il serpentone umano dietro di lei è colorato e lungo. Duecento persone in paziente attesa di un a visita o di una vaccinazione gratuita nella clinica della Ong, l’avamposto di quegli 1,2 milioni di “dannati” che — per il solo peccato di essere disoccupati da più di un anno in Grecia (e in Europa) — hanno perso il più elementare dei diritti: quello alla salute. Un esercito invisibile senza mutua, cure e medicinali se non a pagamento. «Vede la gente là sotto? — dice amaro dal suo studio Nikitas Kasaris, responsabile di Doctors of the World—. E’ una catastrofe umanitaria. Ogni giorno la coda è più lunga. Siamo sull’orlo del crac sociale».
[…].
L’austerity ha costretto il governo a ridurre da 15 a 11,5 miliardi in tre anni i fondi per la sanità. Obiettivo ufficiale: ridurre gli sprechi in un sistema dove per farsi operare bisognava pagare una “falekaki” (alias mazzetta) tra 150 e 7.500 euro (dati Transparency International) e dove le forniture ospedaliere costavano quasi il doppio del resto dell’Europa. I risultati sono stati però differenti. «Abbiamo innescato una bomba ad orologeria pronta a scoppiare», dice Katerina Kanziki, 25enne infermiera volontaria alla clinica di Psiri. «Le nostre farmacie hanno finito le scorte di 100 medicinali di prima necessità tra cui insulina e ipertensivi» ha annunciato venerdì l’associazione panellenica di settore. «Abbiamo esaurito gli anti-retrovirali per i malati di Aids e non ci sono soldi per ordinarli», hanno scritto al ministero della salute i medici dello Tzaneio al Pireo. «Noi siamo senza siringhe, guanti chirurgici e cotone per operare la gente», snocciola Thomas Zelenitas, rappresentante dei dipendenti dell’ospedale Geniko Kratico. Appelli destinati a cadere nel vuoto: lo Stato versa in ritardo di mesi gli stipendi ai medici e molte multinazionali (la Merck l’ha fatto persino con un anti-cancro) hanno sospeso o rallentato le forniture di farmaci perché la Grecia, in arretrato di 2 miliardi, non onora i suoi debiti sanitari. Il risultato è scontato: festeggiano virus e parassiti (nell’Est dell’Attica è ricomparsa dopo decenni una forma endemica di malaria) e pagano i più deboli. «Tre anni fa da noi venivano solo immigrati—calcola Kasiris. Oggi il 50% dei pazienti di Doctors of the World è greco».
[…].
La Troika ha imposto che le spese per la Sanità scendano da 15 miliardi a 11,5 miliardi in tre anni
Merck e le altre società farmaceutiche vantano crediti con Atene per oltre 2 miliardi di euro 30 mila
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[…]
La scorsa settimana il vice-ministro della ‘sanità’ Salmas ed il ministro del lavoro Vroutsis hanno deciso, indipendentemente dal “pacchetto di austerità”, di imporre una tassa del 10-25% sull’acquisto dei medicinali prescritti ai malati cronici delle seguenti categorie: insufficienza renale, epilessia, Alzheimer, demenza, vasculite di Burger, malattia di Charcot-Marie-Tooth, Parkinson, diversi tipi di diabete, malattia di Wilson ed altre patologie croniche (Qui, la lista completa in greco http://iatropedia.com/articles/read/3057).
Contributo dello zero per cento per il cancro, l’HIV ed altre malattie croniche, anche se solo per le medicine direttamente collegate alle loro patologie.
I pazienti dovranno pagare un 10% di tasse per le medicine direttamente collegate alle loro malattie ed un 25% per quelle non direttamente collegate e indipendentemente dal fatto che la malattia secondaria, come problemi cardiovascolari, diabeti, ipertensione, sono causate dalla malattia primaria.
Ora non è chiaro: chi deciderà se il collasso dei reni è collegato al diabete o viceversa, o se le medicine per l’Alzheimer richiederanno una tassa del 10% mentre i rimedi vascolari ne richiederanno una del 25%?
Senza nessuna esenzione per i redditi bassi, i pazienti cronici delle categorie menzionate, alcuni dei quali hanno bisogno di cure che valgono diverse centinaia di euro ogni mese, dovranno sborsare anche più di 100 euro. Anche se le loro pensioni sono inferiori ai 500-600 euro.
[…]
Forse Salmas, Vroutsis & Co. dovrebbero considerare di far passare anche una legge sull’eutanasia, dal momento che i malati cronici e le loro famiglie non saranno in grado di sopportare l’ulteriore onere finanziario.
“C’è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall’altra. Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m’intendi? Uguale al loro, va perduto, tutto, servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un’umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi. L’altra è la parte dei gesti perduti, degli inutili furori, perduti e inutili anche se vincessero, perché non fanno storia, non servono a liberare ma a ripetere e perpetuare quel furore e quell’odio, finché dopo altri venti o cento o mille anni si tornerebbe così, noi e loro, a combattere con lo stesso odio anonimo negli occhi e pur sempre, forse senza saperlo, noi per redimercene, loro per restarne schiavi. Questo è il significato della lotta, il significato vero, totale, al di là dei vari significati ufficiali. Una spinta di riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni: per l’operaio dal suo sfruttamento, per il contadino dalla sua ignoranza, per il piccolo borghese dalle sue inibizioni, per il paria dalla sua corruzione. Io credo che il nostro lavoro politico sia questo, utilizzare anche la nostra miseria umana, utilizzarla contro se stessa, per la nostra redenzione, così come i fascisti utilizzano la miseria per perpetuare la miseria, e l’uomo contro l’uomo.” — Italo Calvino – Il sentiero dei nidi di ragno
I Greci sono stati letteralmente calpestati, trattati come una casta di paria, come dei parassiti, per salvare le banche europee dall’effetto domino che tanto arriverà comunque.
Ecco alcuni degli effetti (a un certo punto ho interrotto l’elencazione perché mi mancava il respiro) dei diktat della troika.
Un greco su quattro è disoccupato (oltre il 55% dei giovani), un lavoratore su tre non si può permettere assicurazioni sanitarie e non riceverà una pensione, ogni giorno mille greci perdono il lavoro o il sussidio di disoccupazione, l’inflazione è in costante crescita, oltre 400mila bambini greci soffrono la fame (fonte: Unicef), le organizzazioni mediche internazionali lanciano insistenti allarmi sui rischi epidemici causati dal collasso del sistema sanitario e della prevenzione, i manifestanti vengono torturati dalla polizia, l’estrema destra perpetra pogrom contro gli immigrati, un possibile golpe militare è stato sventato nel novembre del 2011 con la sostituzione di alcune figure chiave delle forze armate elleniche, migliaia di disabili e pazienti di ospedali psichiatrici sono stati abbandonati alla loro sorte, malati di cancro non si possono permettere le cure e reparti di oncologia rinviano le operazioni per mancanza di fondi e personale, suicidi in forte aumento, un negozio su tre nel centro di Atene costretto a chiudere per cessata attività, uffici comunali devono sospendere le attività per mancanza di fondi, deputati tedeschi e ministri finlandesi raccomandano alla Grecia di svendere i suoi beni, incluse le isole e i monumenti e di impegnare il Partenone, la Bild titola in prima pagina “Vendete le vostre isole, Greci bancarottieri!”, i prodotti scaduti sono venduti legalmente nei supermercati ad un terzo del prezzo per aiutare la gente a procurarsi i pasti quotidiani, creditori suggeriscono al governo greco di far evacuare le isole con una popolazione inferiore a 150 residenti per poter risparmiare (e magari per renderle disponibili a ricchi acquirenti stranieri? Per il momento sono 40 le isole disabitate disponibili per leasing della durata di 50 anni).
Per inciso, il ministro delle finanze fiammingo Philippe Muyters ha proposto di alzare le tasse a chi vuole vivere in aree remote delle Fiandre: migliaia di persone che vivono da generazioni nelle borgate rurali costrette a trapiantarsi nelle aree metropolitane per non finire in galera per debiti. Il criterio è identico, nella sua disumanità.
I rapporti del FMI ammettono di aver commesso gravi errori nel gestire la crisi greca e nel 1953 tutti i paesi creditori abbuonarono i debiti tedeschi. Qualche anno prima si era messo in piedi il piano Marshall per salvare la democrazia in Europa e far ripartire l’economia (il nome ufficiale era “Piano per la ripresa europea”).
Ciò nonostante, proseguono le iniziative prive di giudizio, di senno, di buon senso, che rischiano di forze impossibili da controllare. Come si può pensare di poter fare tutto questo senza pagare uno scotto, senza fare la fine degli apprendisti stregoni?
Com’è possibile che milioni di persone chiudano volontariamente gli occhi e le orecchie e le bocche per non vedere, per non sentire, per non protestare, per non capire.
Il prossimo passo, possiamo supporre, saranno i lavori forzati per i disoccupati greci insolventi in campi di lavoro gestiti da imprese e banche del Nord Europa.
Chi non ha denunciato queste iniquità, chi ha fatto il gioco delle tre scimmiette, è complice di tutto questo. Se ha una coscienza, non gli/le sarà facile placarla quando il velo della propaganda sarà stracciato e sociologi, storici, economisti, antropologi, medici e politici potranno dire quel che andava detto e queste diventeranno pagine nerissime del passato della “civiltà” europea, degna del premio Nobel per la Pace!
L’ufficio statistico dell’Unione Europea certifica che c’erano 79 milioni di poveri in Europa nel 2007 e che nel 2010 erano già 116 milioni (23% della popolazione totale). Dato che nel 2011 l’economia dell’eurozona è tornata in recessione, è ragionevole supporre che al prossimo conteggio il valore oscillerà tra i 120 milioni ed i 150 milioni, su una popolazione totale di poco più di 500 milioni. Cioè a dire, almeno un quarto della popolazione europea è in miseria o si sta avviando alla miseria.
Nel 2010, di quei 116 milioni di poveri, ben più di un quarto erano bambini (sono il 40% in Brasile). Il numero di persone anziane che vivono in condizioni di povertà era di circa il 20 per cento.
Social forecaster, horizon scanner
entrepreneur
Arts and Culture reporter for "Trentino" & "Alto Adige"
social media & community manager
professional translator
editor-in-chief of futurables.com
peer reviewer and contributor for Routledge, Palgrave Macmillan, University of British Columbia Press, IGI Global, Infobase Publishing, M.E. Sharpe, Congressional Quarterly Press, Greenwood Press.
Laurea in Political Science – University of Bologna (2000). Ph.D. in Social Anthropology – University of St. Andrews (2004).
Co-author of “Contro i miti etnici. Alla ricerca di un Alto Adige diverso” (2010)
https://medium.com/@stefano_fait