Vaccini, vaccinazioni, vaccate – il dibattito è aperto

 

Due sentenze di tribunale, in primavera e in estate inoltrata, hanno scosso il mondo della pediatria: c’è una relazione tra i vaccini obbligatori, somministrati ai nostri figli, e l’autismo. Lo hanno detto due giudici, a Rimini e a Torino, e nel secondo caso la Corte d’appello ha deciso un risarcimento da primato: 1,8 miliardi.

Il maxi risarcimento è stato ammesso per una ragazza di 29 anni da ventiquattro in coma vegetativo dopo una vaccinazione obbligatoria (antidifterica-tetanica) fatta da bambina. Qui c’era l’aggravante: l’appello ha riconosciuto l’errore di un medico che si era rifiutato di dare un cortisone alle prime manifestazioni di crisi.

Queste sentenze, basate su perizie di clinici specialisti e medici legali, sono diventate fonte di preoccupazione per le famiglie. “Con ragionevole probabilità scientifica“, si legge nelle motivazioni del Tribunale di Rimini, “la malattia è correlata alla somministrazione del trivalente presso la Asl di Riccione”. Un’associazione di consumatori come il Codacons ha chiesto di abolire “i vaccini inutili, risparmieremmo 114 milioni”.

Ecco, in questi giorni si è riaperto un dibattito mai sopito: i vaccini quanto servono e quanto sono pericolosi? Perché sono obbligatori da noi e in Francia e nel resto d’Europa solo consigliati? Associazioni di genitori che hanno conosciuto disgrazie cliniche dopo una vaccinazione, il Comilva per esempio, stanno portando su internet contro-studi.

http://www.repubblica.it/salute/medicina/2012/09/12/news/vaccini_effetti_collaterali-42380015/

LE RAGIONI DI CHI È PER LA LIBERTÀ DI SCELTA, COME NEL RESTO D’EUROPA

In Europa rimaniamo, insieme alla Francia, Belgio, Portogallo e Grecia tra i pochi paesi dove restano in vigore ancora leggi dello stato per l’obbligo vaccinale. Molte regioni italiane si sono avviate verso una libertà di scelta di fatto, ma il percorso è ancora caratterizzato da insidie e continui passi indietro, soprattutto grazie alla persistente pressione dell’establishment sanitario che teme un calo consistente delle coperture vaccinali richieste dall’OMS in caso di liberalizzazione. Di fatto laddove le regioni hanno attenuato la pressione verso gli obiettori questo non si è verificato, anche perché nel contempo la cosiddetta offerta vaccinale è più che raddoppiata, insieme all’intensificazione delle operazioni di marketing delle case farmaceutiche produttrici dei vaccini che oramai coinvolge a pieno titolo le istituzioni sanitarie nazionali, gli ordini dei medici pediatri, OMS in testa.

http://www.comilva.org/come_esercitare_lobiezione/motivi_dellobiezione_di_coscienza_alle_vaccinazioni

LO SCANDALO DELLE VACCINAZIONI DI MASSA PER LA COSIDDETTA SUINA (A/H1N1)

http://fanuessays.blogspot.it/2011/12/terrorismo-sanitario-e-vaccinazioni-di.html

Massimo Gramellini su Schwazer e le possibili complicità esterne

Massimo Gramellini, “Schwazer, tra la testa e il cuore”, da La Stampa del 9 agosto 2012.

Le avventure di Schwazer, il Dopato Buono, dividono gli italiani. Ma non come succede di solito: gli uni contro gli altri. Stavolta la scissione è avvenuta dentro di noi.

Il cuore prova umana simpatia per questo reo confesso che ha osato autodenunciarsi pubblicamente.

Tanto più in un Paese dove persino l’assassino colto in flagrante urla al complotto della magistratura. Se avesse accusato, se avesse negato, sarebbe stato sepolto dal disprezzo che in Italia è riservato non a chi infrange le regole, ma a chi si fa beccare. Invece ci ha messo la faccia. Anzi, ha fatto televisivamente di meglio: l’ha tenuta nascosta fra le mani per tutta la durata della confessione. Con quella voce frignante, sempre sull’orlo di franare in pianto, ma capace di soprassalti puntuti, strano impasto di coraggio virile e debolezza bambina.

Anche la nostra pancia è un po’ schwazeriana. Rapita dalla curiosità, benché assalita da un certo disgusto per il rito sacrificale della gogna in diretta. Piena di comprensione per questo italiano dal cognome irto di consonanti che ha denudato un’anima fragile, i complessi di inferiorità nei confronti della fidanzata famosa, la paura di illudere, di deludere, di perdere e quella nausea nei confronti del suo sport che lo avvicina al tennista Andre Agassi, il quale in un libro memorabile ha raccontato il suo odio per il tennis, trasformatosi in passione solo dopo il ritiro.

Rimane ancora, chissà per quanto, la testa. E quella ovviamente stecca sul coro. La testa zittisce la pancia, suggerendole di non provare pena per un privilegiato che aveva liberamente accettato le regole crudeli e i ritmi folli dello sport moderno. Tutti i lavoratori faticano e molti sono nauseati dal proprio lavoro, più oscuro e peggio pagato di quello di Schwazer. E tutti i corridori vogliono arrivare primi, ma non per questo sono disposti a passare col rosso.

La testa fa vacillare persino il cuore, estraendo dal romanticismo delle sensazioni il linguaggio prosaico dei fatti: martedì Schwazer ha detto di avere comprato il doping su Internet, mercoledì di averlo comprato in una farmacia turca. Ma davvero nelle farmacie turche ti incartano il doping insieme con le supposte? Davvero un atleta che fino a un mese fa si faceva di cioccolato al latte, all’improvviso impara a prendere le dosi giuste di epo? Non serviva l’apporto di un medico specializzato, anche solo per evitare di ammazzarsi e per cercare di ingannare i controlli? Ma la testa ne ha anche per i dirigenti del nostro sport, i quali dipingono Schwazer come un solitario un po’ balzano. Capirei ancora, afferma la testa, se l’atletica italiana avesse cinquanta campioni da medaglia come Cina e Stati Uniti. Ma avendone soltanto uno, non sarebbe stato più facile, e più necessario, marcarlo stretto?

Questo e altro dice la testa, prima di lasciare al cuore l’ultima parola: l’animo umano è complesso e Schwazer ci tocca una corda profonda perché, come scrive oggi Riotta, rappresenta l’uomo del Tutto o Niente, la morale degli eroi e dei malvagi. Invece la vita di noi normali è un compromesso quotidiano e sfiancante fra il bene e il male, la fantasia e il senso comune, la disciplina e la tentazione. Proprio per questo, forse, rappresenta la forma più sottile e profonda di eroismo.

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