“Questa volta ricorderemo tutto, Professoressa Fornero” (Blicero, La Privata Repubblica)

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È a dir poco sconcertante l’imponderabile casualità della brutalità verso certe categorie di esseri umani che guida le azioni delle molte persone ancora prigioniere di una visione pre-copernicana dell’universo, in cui loro sono al centro di tutto ciò che è vero, buono e giusto. È questa antiquata visione della realtà che permette loro di premere un interruttore e spegnere la coscienza, trasformandoli, a tutti gli effetti, in sociopatici.

Chi invece non riesce a spegnere la coscienza si trova nella scomoda posizione di essere circondato da specchi: gli sfruttati, i perdenti della competizione sociale, gli Untermenschen, sono degli specchi per le loro coscienze e l’immagine riflessa è desolante, a volte repellente. Non è sempre facile far finta di niente. La filantropia è solo un palliativo. La soluzione, molto spesso, è quella di dare la colpa agli specchi, i capri espiatori delle coscienze sporche. È complicato assumersi delle colpe finché non sei costretto a farlo.

Che cosa ci insegna, al riguardo, Elsa Fornero, che gode della stima di Bersani?

Blicero, La nostra cara Fornero, La Privata Repubblica, 1 dicembre 2012

“Eccoci, Professoressa Fornero. Ministro Fornero, a rapporto. Dott.ssa Fornero, iniziamo.

Le origini working class della Fornero. Fornero e l’aspra scalata sociale. Fornero e la scalata sociale ancora possibile, negli anni del miracolo. Fornero e quel lontanissimo 1965. Fornero, allieva di III B all’istituto tecnico Luigi Einaudi, su La Stampa. Fornero, «studentessa brillante» ma «non sgobbona». Fornero, «la prima della classe» nonostante «si limiti a studiare tre ore al giorno e mai di sera». La 17enne Fornero, «costretta a coricarsi molto presto in vista di una sveglia che suona sempre all’alba». La Fornero che abitava a San Carlo Canavese, oltre Ciriè, e raggiungeva Torino col pullman che partiva alle ore 6,30. Il mazzo di fiori regalato dal prof. Allemanno alla Fornero. «Non credo di meritare tutte queste attenzioni», arrossì la Fornero. La Fornero, che magari sotto sotto apprezzava. Rivalsa sociale per Fornero.

Un Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali senza alcuna preparazione, dice il Ministro del Lavoro Fornero. Fornero: «Me lo ha chiesto Mario Monti». La Fornero e la stima imperitura per il Presidente del Consiglio. La Fornero che non può rifiutare – in un momento come questo, poi. La Fornero che obbedisce. Allez Fornero. Fornero e la macroeconomia. Fornero e l’economia del risparmio, della previdenza e dei fondi pensione. Fornero, una vita passata a studiare i «sistemi previdenziali, pubblici e privati, le riforme previdenziali, l’invecchiamento della popolazione, le scelte di pensionamento, il risparmio delle famiglie e le assicurazioni sulla vita». Fornero la «tecnica», già consigliere comunale a Torino dal 1993 al 1998, eletta con una lista a sostegno del sindaco di centrosinistra. Fornero e l’opportunità di applicare la sua scienza alla realtà – finalmente. Fornero e i sacrifici. La Fornero che piange. Le lacrime della Fornero che precipitano dagli occhi incastonati nel reticolato di rughe. La Fornero in mondovisione. Fornero e il ritorno della Politica, quella vera, sentimentale, viscerale. La Fornero che, 46 anni dopo il mazzo  di fiori del prof. Allemanno, in fondo un po’ si è messa a cercarle, queste attenzioni. La Fornero che inizia a non disdegnarle, le attenzioni.

La Fornero nelle stanze del Potere. Primadonna Fornero. La diva Fornero. La Fornero che buca media, video e l’Internet. La Fornero che «si comporta come una star». L’enfant prodige Michele Martone – ipotizzano spifferi maligni di Palazzo – mobbizzato dalla Fornero. Fornero e la battaglia delle pensioni. La Fornero e gli esodati: centomila, no, trecentomila, aspetta, forse si arriva al milione. Fermi tutti, dice Fornero. Professoressa Fornero, guardi che qui nessuno ci capisce più un cazzo. La Fornero allora si scusa, fa ammenda, tutto sommato ridimensiona: «sugli esodati abbiamo sbagliato». «Tutti sbagliamo», aggiunge la Fornero. La Fornero che poi spiega dettagliatamente: «L’errore è stato fatto perché abbiamo dovuto agire in fretta, in 20 giorni, visto che il Paese era sull’orlo di un baratro finanziario». Ma questo, si lamenta stizzita la Fornero, «la gente l’ha già dimenticato». Già, la gente tende a perdere la memoria quando scorge davanti a sé l’orrore di un futuro decimato, Ministro Fornero. La vita è agra quaggiù, Fornero.

Nessuna variabile umana nelle previsioni della Fornero. La Fornero e l’incomprensione. La Fornero che cerca di addentrarsi nel campo minato della comunicazione. Il rapporto complicato tra Fornero e parole. Il tempo delle cattedre è finito, Professoressa Fornero. Il «totem» dell’articolo 18 picconato dalla Fornero. Fornero e il licenziamento per motivi economici. Fornero e l’esenzione per i ticket sanitari ai disoccupati. Un insignificante «refuso», s’affretta a precisare la Fornero. La Fornero e l’articolo 4 della Costituzione della Repubblica italiana. «Il lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso il sacrificio», rivela la Fornero al Wall Street Journal. Fornero e le polemiche. Fornero e l’atteggiamento delle persone che «deve cambiare». Fornero e la rivoluzione culturale. Fornero e la macellazione sociale.

La Fornero e le porte del suo Ministero, «sempre aperte, anche per quelli che protestano». Fornero e il desiderio di essere invitata in piazza. L’implicita provocazione della Fornero. L’invito mai pervenuto alla Fornero. Niente bagno di folla per Fornero. La Fornero che si avvicina alle finestre dell’ufficio, scosta le tende e osserva. I 2 milioni e 870mila disoccupati per strada guardano in alto e cercano di incrociare lo sguardo della Fornero. La Fornero che serra le tende. La Fornero che torna a sedersi dietro la scrivania. Un plico per Fornero: «Disoccupazione giovanile». Il groppo nella gola della Fornero.

La Generazione Perduta™ e la Fornero. Fornero, fine analista: «Giovani e donne sono i più penalizzati perché la via italiana alla flessibilità ha riguardato solo loro, risparmiando i lavoratori più anziani e garantiti». La doppia faccia della Fornero: «Siamo il paese dei “bamboccioni”», diamine; e sarebbe anche ora «di far crescere i nostri ragazzi». I ragazzi son già cresciuti, Ministro Fornero, i ragazzi son diventati grandi: il 36,5% è senza lavoro e 2 milioni 447 mila sono precari. I ragazzi ci sono sfuggiti di mano, Professoressa Fornero. I «nostri» ragazzi, bollati come troppi «choosy» dalla Fornero. «Meglio prendere la prima offerta e poi vedere da dentro e non aspettare il posto ideale», esorta Fornero. Piccolo problema, Ministro Fornero: «dentro» non si riesce più ad entrare. Nuova ondata di polemiche sulla Fornero. La Fornero addirittura querelata. Esplosione di rabbia nei confronti della Fornero. La Fornero e la rivolta dei «choosy». I «choosy» odiano: la Fornero non può riformare.

La Fornero fraintesa. La Fornero contraddetta. La Fornero colpita dal fuoco incrociato della protesta e dagli sberleffi degli opinionisti. Fornero, la donna politica più perseguitata d’Italia. La difesa d’ufficio del Ministro della Salute, Renato Balduzzi: «Fornero ha tutta la mia solidarietà in quanto è oggetto di persecuzione». La Fornero che «affama la gente», secondo un ferroviere fiorentino. Il ferroviere che per protesta decide di saltare il pranzo (una peperonata) e lo regala al Ministro Fornero: «Chissà se si ricorda gli antichi sapori». Le papille gustative della Fornero. Accanimento giornalistico contro la Fornero. «Parlerò molto lentamente perché ogni parola dovrò pensarla, naturalmente farò degli errori, e saranno gli errori a fare i titoli», deplora Fornero in conferenza stampa. Le fughe della Fornero dalle conferenze stampa. La Fornero sommersa dalle malignità. La dignità della Fornero: «Mi dicono maestrina, o anche professorina, sono professore all’Università di Torino». Vendetta sociale per Fornero.

Scorrete lacrime, disse la Fornero. Niente fondi per i malati di Sla, e Fornero che piange ancora, questa volta dentro le mura di Palazzo Chigi. La Fornero e il lutto privato. La Fornero e la disperazione pubblica. I coccodrilli che sguazzano placidi nelle pozzanghere prodotte della Fornero. I dolori della Fornero. «Deve capire com’è difficile la vita di un ministro», svela la Fornero a Salvatore Usala. Salvatore Usala che scruta la Fornero dalla sua carrozzina tecnologica da malato di Sla. L’empatia di Salvatore Usala indirizzata alla Fornero: «Io la capisco». La frase della Fornero e le insinuazioni velenose della stampa. Nessuna smentita da parte del Ministro Fornero. La Fornero e l’esistenza travagliata della Tecnocrazia.

I dogmi della Fornero. La Fornero e la meritocrazia über alles. L’ideologia della Fornero. L’ingegneria dell’austerità e la Fornero. Fornero e il welfare, le fabbriche dismesse, i capannoni in fiamme, le proteste sui tetti, gli operai abbarbicati sulle gru, i passamontagna del Sulcis, gli elicotteri dei ministri, i celerini che caricano selvaggiamente i disoccupati/cassintegrati/licenziati, i posti di lavoro evaporati, la crescita zero, la ripresa, il tunnel, le immolazioni, l’Italia che si uccide, la morte lasciva, l’universo in fibrillazione, l’entropia e tutto il resto. Fornero e l’incertezza del diritto. Fornero e il ribaltamento delle regole. La dott.ssa Fornero che affonda il bisturi nel corpo maciullato dello Statuto dei Lavoratori. La sofferenza della Fornero. Che compito ingrato, Ministro Fornero.

La Fornero & i colleghi tecnici che hanno salvato il Paese – affossandolo. La Fornero che dice a La Stampa: «ora tocca alle imprese». Le imprese allo stremo, le imprese che resistono, le imprese strangolate dal fisco, le imprese che sopravvivono, le imprese che soccombono, le imprese che rispondono alla Fornero: «Noi, più di così, non sappiamo davvero cosa fare». Gli occhi lucidi della Fornero. L’orgoglio latente della Fornero. La Fornero e l’incrollabile convinzione: «Il ministro passa, ma la riforma resterà per un po’». E allora avanti, forza, andiamo a ritagliarci questo posto nella Storia, Ministro Fornero. Anzi, già che ci siamo: proviamo a scriverla insieme questa storia, Professorezza Fornero.

La Fornero e l’implosione dei partiti. La Fornero e l’anno in cui l’Italia tornò a essere credibile. La Fornero e i costi umani della credibilità. Lo spread e la Fornero. La Fornero e l’orlo del burrone. La Fornero e l’autunno caldo. La Fornero e il lungo inverno europeo. Il gorgo della recessione e lo spurgo della Fornero. La Fornero e il prestigio comunitario. La Fornero e la burocrazia bruxelloise. La Fornero e i regolamenti, le direttive, i fondi strutturali, il debito pubblico, i tagli lineari. La Fornero che passerà. I contorni sfumati della Fornero. Il tono compassato della Fornero. La Fornero e il timbro ieratico. I gesti della Fornero. I dolori della Fornero. La Fornero e lo slittamento inesorabile nel ripostiglio della memoria. La Fornero che verrà dimenticata. Paura dell’oblio per Fornero. La Fornero che spera di non essere dimenticata. Non lo sarà, Ministro Fornero – non così facilmente.

Ce lo ricorderemo bene, quest’anno passato con la Fornero. Ce lo ricorderemo a lungo, perché ci è stato scavato sulla pelle. Ce lo ricorderemo, e proveremo a raccontarlo.

Questa volta ricorderemo tutto, Professoressa Fornero”.

http://www.laprivatarepubblica.com/la-nostra-cara-fornero/

Il complotto delle banche d’affari, documentato dall’Huffington Post (non da un blogger paranoico)

“L’Huffington Post pubblica una serie di articoli sulle misure di austerità e il loro impatto globale, “A Thousand Cuts”. Qui si analizza e si documenta con tanti esempi l’effetto Robin Hood al contrario.

I poveri e la classe media portano sulle spalle gli oneri di gran lunga più gravosi dell’ossessione politica globale per le politiche di austerità degli ultimi tre anni.

Negli Stati Uniti, i tagli di bilancio hanno costretto gli Stati a ridurre l’istruzione, i mezzi pubblici, gli alloggi a prezzi accessibili e altri servizi sociali.

In Europa, i tagli al welfare hanno portato alcune persone con handicap gravi, a temere per la loro vita. Ma il gioco dell’austerità ha anche dei vincitori.

Tagliare o eliminare i programmi di governo che vanno a vantaggio dei meno abbienti è stato a lungo un obiettivo ideologico dei conservatori. E rappresenta una manna dal cielo per le grandi aziende, con i servizi pubblici che vengono privatizzati e i risparmi dell’austerità che permettono tagli delle tasse per i cittadini più ricchi. Gli interessi finanziari degli Stati Uniti che vanno a guadagnare da Medicare, Medicaid e dai tagli alla sicurezza sociale “sono stati al centro della grande fregatura”, la “propaganda” secondo cui tali programmi sono in crisi e devono essere ridotti, ha dichiarato James Galbraith, economista presso la University of Texas. I sostenitori delle misure di austerità hanno venduto le loro proposte come un mezzo per migliorare l’economia. “E’ un errore pensare che l’austerità fiscale sia una minaccia per la crescita e la creazione di posti di lavoro”, ha dichiarato il presidente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet nel luglio 2010. “Stiamo andando a tagliare le spese per abbattere il debito, contribuire alla creazione di posti di lavoro e prosperità, e di programmi governativi di riforma”, ha promesso Rep. Paul Ryan (R-Wis.), presidente della commissione Bilancio della Camera, in una cronaca di febbraio 2011 per Real Clear Politics.

Ryan avrebbe poi dichiarato che il suo piano di bilancio, con misure di austerità molto più aggressive rispetto a quelle emanate alla fine dal Congresso – tra cui 6.200 miliardi dollari in tagli alla spesa – avrebbe stimolato una crescita economica per 1.500 miliardi di dollari e creato 2,5 milioni di posti di lavoro.

Per quanto riguarda il piano di riduzione del deficit Simpson-Bowles del 2010, viene spesso descritto dagli addetti ai lavori come una proposta “centrista” che potrebbe “unire il Paese” e migliorare l’economia. In realtà, il Simpson-Bowles è un altro programma di austerità che mira a ridurre Medicare e Social Security, garantendo al contempo agevolazioni fiscali per le grandi aziende e i benestanti, secondo un’analisi del Center on Budget and Policy Priorities.

Erskine Bowles, co-presidente della commissione bipartisan che ha lavorato al piano, è un direttore di Morgan Stanley, la sesta più grande banca americana, a vantaggio della quale gli Stati Uniti hanno assunto impegni enormi per aiutarla a superare la crisi economica. Morgan Stanley ha ricevuto 10 miliardi di dollari di fondi di salvataggio sotto il Troubled Asset Relief Program e ha ricevuto più di $ 100 miliardi al giorno sotto forma di prestiti economici da parte della Federal Reserve al culmine della passata crisi finanziaria. Per settimane, Morgan Stanley ha preso in prestito dalla Fed un ammontare di denaro maggiore del valore azionario di mercato della società.

Questa sollecitudine per i profitti delle grandi imprese si manifesta anche nel Simpson-Bowles. Il piano offre molteplici proposte di riforma fiscale per le aziende, ma una, che prevede di andare verso un cosiddetto sistema fiscale territoriale, sarebbe particolarmente vantaggioso per Morgan Stanley e altre banche di Wall Street.

Si consentirebbe alle imprese Statunitensi di evitare in modo permanente di pagare le tasse agli Stati Uniti sui redditi percepiti all’estero, incluso il denaro nascosto nei paradisi fiscali offshore come le isole Cayman.

Secondo un rapporto del 2008 del Government Accountability Office, Morgan Stanley opera attraverso 273 sub-società con sede nei paradisi fiscali. Mentre i sostenitori della sicurezza sociale hanno attaccato il piano, la Business Roundtable, una lobby degli amministratori delegati delle aziende, ha elogiato il Simpson-Bowles. Così ha fatto Peter Peterson, che è stato Segretario al Commercio per Richard Nixon, prima di fondare la Blackstone Group, un importante studio di private equity [una costola di Blackstone è BlackRock, che controlla la previdenza della regione Trentino-Alto Adige, Laborfonds]. Peterson ha a lungo sostenuto i tagli alla Social Security e Medicare, e ha avviato un think tank dedicato alla riduzione del debito federale nel 2008.

“Sono un grande fan di Erskine Bowles e Alan Simpson,” ha detto Peterson a Bloomberg nel 2011. “Penso che siano eroi americani”. Come molti economisti avevano previsto, tuttavia, le politiche di austerità attuate dopo la crisi finanziaria hanno dimostrato di essere una proposta perdente per l’economia globale.

La forte crescita economica prevista dai sostenitori dell’austerità non si è concretizzata; gli Stati Uniti mostrano dei miglioramenti anemici, e i paesi Europei sono scivolati in recessioni devastanti. Allo stesso tempo, secondo i dati del Dipartimento di Commercio, i profitti aziendali nel settore finanziario rimangono al di sopra anche dei livelli raggiunti al culmine della bolla immobiliare. E le élite su entrambi i lati dell’Atlantico si sono assicurate generose agevolazioni fiscali, rese possibili in parte dai tagli ai servizi sociali.

Negli Stati Uniti, le agevolazioni fiscali per i cittadini più ricchi del presidente George W. Bush sono state estese, mentre i sussidi di disoccupazione e addirittura i buoni alimentari sono stati tagliati. Questa divergenza è ancora più evidente a livello statale. Nel 2010, il governatore del New Jersey Chris Christie ha scelto di non versare i 3 miliardi di dollari di contributo annuale al fondo pensione dei lavoratori dello Stato”, e invece ha assicurato 1 miliardo di dollari di tagli fiscali per i benestanti residenti nello stato.

Il governatore del Wisconsin Scott Walker ha ugualmente proposto dei budget che prevedono agevolazioni fiscali per le grandi aziende ed i ricchi, richiedendo invece tagli degli stipendi e delle indennità per i lavoratori statali della classe media. “Le politiche di austerità sono letteralmente una redistribuzione dal basso verso l’alto nella scala dei redditi,” ha detto Dorian Warren, professore di scienze politiche alla Columbia University e borsista presso l’Istituto Roosevelt, un think tank di politica economica . “In Wisconsin, sia i ricchi che le imprese hanno ottenuto agevolazioni fiscali, mentre i dipendenti della classe media e della classe operaia sono sostanzialmente stati stroncati.” Warren ha sottolineato che ci sono delle dimensioni politiche nella spinta verso l’austerità.

Gli sforzi per ridurre i diritti della contrattazione collettiva – e quindi le retribuzioni e le indennità – per i dipendenti statali colpiscono al cuore il movimento operaio americano. Con solo il 7 per cento della forza lavoro del settore privato sindacalizzata, i sindacati del settore pubblico sono una componente fondamentale di influenza politica sul lavoro e un blocco importante del partito democratico.

Anche i governi in Europa, in particolare il Regno Unito, hanno perseguito tagli fiscali per i ricchi, imponendo misure di austerità sulle classi lavoratrici. E la classe finanziaria europea ha beneficiato in modo più diretto rispetto ai loro omologhi americani da questi bilanci. Ogni volta che l’Unione Europea ha affrontato una crisi del debito in Grecia o in Spagna, i leader europei, in particolare il cancelliere tedesco Angela Merkel, sono giunti in soccorso con i fondi di salvataggio. Quel denaro va alle banche che possiedono debito greco e spagnolo, che subirebbero un duro colpo se l’uno o l’altro dei due paesi non fosse in grado di rimborsare. Ma il salvataggio arriva con severe raccomandazioni di austerità volte ad incoraggiare la disciplina del bilancio pubblico, in modo che siano i comuni cittadini quelli che finiscono per ricevere il colpo. Le popolazioni più vulnerabili sono danneggiate dai salvataggi, mentre i ben pagati professionisti della finanza che in primo luogo hanno finanziato il disavanzo greco e spagnolo, continuano a trarre un profitto non indifferente. “Imporre i sacrifici ai Greci è … un prezzo di sangue per i ripetuti salvataggi i cui i beneficiari effettivi si dice che sono i Greci, ma in realtà sono i banchieri francesi e tedeschi”, ha dichiarato Galbraith.

Le conseguenze sono state disastrose. In Grecia, le infezioni HIV/AIDS sono aumentate del 1.500 per cento dalla fine del 2010, con i programmi di salute pubblica e le campagne anti-droga che sono stati decimati. La disoccupazione ha superato il 20 per cento in Grecia e Spagna. Eppure niente di tutto questo ha rallentato il movimento politico americano bipartisan per una maggiore austerità. Il bilancio degli Stati Uniti raggiungerà il cosiddetto “fiscal cliff” (baratro fiscale) alla fine dell’anno, quando una serie di agevolazioni fiscali scadranno e entreranno in vigore i difficili tagli di bilancio decisi durante la storia del tetto del debito del 2011.

I Repubblicani in Congresso chiedono ulteriori riduzioni della spesa federale, e sono appoggiati dai Democratici di Wall Street.

L’ex Rep. Harold Ford Jr. (D-Tenn.), ora managing director di Morgan Stanley che ha sostenuto il piano americano dei salvataggi bancari, ha parlato a favore dell’austerità a giugno, durante un’apparizione sulla NBC “Meet the Press”. “Ovviamente, speriamo che le cose vadano bene lì in Grecia”, ha detto Ford. “E quando dico ‘bene,’ voglio dire che vinca il partito dell’austerità”.

http://www.finanzaelambrusco.it/finanza/1202-e-provato-i-big-winners-dellausterita-sono-wall-street-e-i-ricchi.html

Sull’articolo 18 e le relative polemiche

 

di Mauro Poggi

 

Articolo 18

Il Blog La Monarchia delle Banane segnala le dichiarazioni di alcune fra le nostri più brillanti intelligenze politiche:

Maurizio Sacconi: Il problema dell’Articolo 18 è che impedisce i licenziamenti per motivi disciplinari.
Massimo Corsaro: Chi difende l’Articolo 18 finge di non capire che quello è il vero ostacolo ad una vera opportunità di sviluppo per la nostra economia.
Osvaldo Napoli: Devo ancora conoscere quell’imprenditore che voglia liberarsi di un dipendente operoso e scrupoloso, al quale, semmai, pensa di dare un aumento di stipendio.

Qualcuno dovrebbe preoccuparsi di far sapere in giro che non è l’art 18 a impedire i licenziamenti per giusta causa, ma la legge 604/66 (applicabile a tutte le aziende e non solo a quelle con più di 15 dipendenti). L’art 18, per le aziende con più di 15 dipendenti, si limita a stabilire le sanzioni nel caso il licenziamento fosse ritenuto illegittimo, ai sensi appunto di tale legge.
La quale, fra le giuste cause, prevede anche i motivi disciplinari; purché sufficientemente gravi – ovviamente.
Che un ex Ministro del Lavoro cumuli due sciocchezze in un unica frase la dice lunga sull’onestà intellettuale e la preparazione dei nostri politici.

Fare dell’art 18 il “vero ostacolo” all’opportunità di sviluppo dell’economia (Corsaro) è un’altra di quelle affermazioni che per quanto ripetute all’infinito non smettono di essere infondate. Su (purtroppo) migliaia di licenziamenti, quelli che danno adito a vertenze ex art 18 sono poche decine; solo chi non ha il senso del ridicolo può sostenere che quelli da soli condizionino “vere opportunità di sviluppo”. Il problema, semmai, sono i tempi processuali, per cui dopo due o tre anni il datore di lavoro rischia di dover riassumere pagando il pregresso; ma che di questo si possa incolpare l’articolo 18 mi pare eccessivo anche per la più approssimativa delle riflessioni.
Chi poi sostiene che il limite dei 15 dipendenti sia un disincentivo alla crescita per le piccole aziende italiane, dovrebbe guardare un grafico della distribuzione delle aziende per lavoratori occupati: una curva che non presenta alcuno scalino a giustificazione di questa tesi, né immediatamente prima né immediatamente dopo la fatidica soglia, come anche Confindustria ammette.

A Osvaldo Napoli, chiederei se può fornire una definizione incontrovertibile e condivisa dei termini “operoso” e “scrupoloso”, così da poterla usare come parametro inequivocabile che eviti ogni contenziosità. Un lavoratore che rifiuti di fare straordinario oltre i limiti di legge è ancora definibile operoso? E il dipendente che denuncia condizioni di lavoro che non rispettino le norme di sicurezza rientra nell’ambito degli scrupolosi o in quello dei pianta grane?
A meno che non si voglia lasciare al solo ed esclusivo giudizio  del singolo imprenditore il compito di stabilire chi fra i propri dipendenti possieda queste qualità. Un po’ come succede alla FIAT di Pomigliano, dove fra i 1845 lavoratori finora richiamati dalla CIGS quelli iscritti alla FIOM brillano per totale assenza: evidentemente perché ritenuti non abbastanza operosi o scrupolosi.

Personalmente non sono ideologicamente contrario a una revisione dell’articolo 18 che consenta all’imprenditore di sostituire l’obbligo di riassunzione con un congruo (congruo, sottolineo) indennizzo, parametrato sia all’anzianità lavorativa che a quella anagrafica del lavoratore. Ma l’accanimento con cui si insiste nell’affrontare il problema come prioritario, mentre la logica vorrebbe che venissero prima stabiliti nuovi e più efficienti ammortizzatori sociali, mi fa dubitare che in realtà ciò a cui si vuole arrivare sia la cancellazione di ogni tutela. Ho sentito ieri Monti elogiare il suo omologo Rajoi per le sue “coraggiose riforme”: fra le quali c’è anche la libertà per l’imprenditore di licenziare se per due esercizi successivi l’azienda ha registrato una diminuzione dell’utile (non una perdita, si badi bene). E l’altro super Mario, il signor Draghi, intervistato dal Wall Street Journal, sembra abbia cantato il de profundis  al vecchio modello europeo di stato sociale.
A pensar male si fa peccato ma…

http://mauropoggi.wordpress.com/2012/02/24/articolo-18/

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