Oscar Giannino c’è o ci fa? – chi lo vota danneggia gli Italiani e l’Italia?

69788_10151231926924887_1677812559_n

NOTA PRELIMINARE: Sarebbe sbagliato trattare con sufficienza il fenomeno Giannino, che è un fenomeno degno di nota.

Perché Giannino & co. sono così ansiosi di poter svendere il patrimonio strategico pubblico agli stranieri? C’è un conflitto di interessi in gioco? Chi vota “Fare per fermare il declino” vota contro l’Italia e gli Italiani senza esserne consapevole?

Se lo chiede l’economista Luciano Priori Friggi – con rara eleganza e rispetto, se messo a confronto con il livello del dibattito elettorale in corso – a proposito delle attività di Michele Boldrin, inossidabile partner intellettuale e politico di Oscar Giannino.

http://www.borsaplus.com/index.php/archives/2013/01/28/michele-boldrin-ha-un-conflitto-di-interesse/

L’inadeguatezza e distruttività del programma economico e politico di Giannino per una grande nazione come l’Italia:
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/08/05/il-programma-politico-di-oscar-giannino-alcune-obiezioni-tra-le-tante/

*********

Il mondo ideale privatizzato di Oscar Giannino è quello in cui tutti si comportano come un idraulico e arrivano quando si LIBERANO (non esiste un settore pubblico al servizio della comunità). E’ quello in cui c’è sempre qualcuno che compra e la crescita è illimitata. E’ quello in cui gli egoismi privati beneficiano la collettività, sempre (es. il suo vecchio sodale Berlusconi?), e quelli collettivi beneficiano il genere umano, sempre (es. Germania e Unione Europea?).

Nel mondo ideale di Oscar Giannino non esiste una comunità, esiste solo una moltitudine di contratti tra individui. Il mondo ideale di Oscar Giannino è un mondo per ricchi psicopatici o sociopatici, il tipo di mondo che scatena le rivoluzioni.

Oscar Giannino (“Fare per Fermare il Declino”), come Guglielmo Giannini (“Fronte dell’Uomo Qualunque”), è il sintomo di una società confusa, che vuole cambiamento e lo vuole subito, ma non sa bene a che santo votarsi. Non che lo sappia io – le soluzioni si trovano insieme, chi te le “regala” vuole fotterti -, ma penso di sapere almeno cosa non voglio. Il mondo ideale di Oscar Giannino (Sandy Springs) assomiglia troppo a Nea So Copros (cf. Cloud Atlas) per i miei gusti.
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/01/21/sonmi-451-e-thomas-sankara-quando-finzione-e-realta-riecheggiano/

**********

46755_497440030298048_769947372_n

Djannino unchained

OSCAR GIANNINO E IL NEOLIBERISMO EUROPEO

“Non c’è solo la Germania, a indicare la via della crescita nel rigore attraverso l’alta produttività della manifattura e dell’export. Il segnale che viene da Londra è di grande speranza”.

http://www.chicago-blog.it/2010/10/26/ultime-da-londra-ciao-ciao-keynes/

REGNO UNITO

Riuscirà finalmente a ripartire l’economia inglese o c’è addirittura il rischio che nel 2013 si registri una terza mini-recessione?

http://marconiada.blog.ilsole24ore.com/2013/01/e-il-2013-si-preannuncia-a-passo-di-lumaca.html

http://www.guardian.co.uk/business/2013/jan/25/britain-triple-dip-recession-manufacturing

GERMANIA

A dispetto di quel che la troika e i media vorrebbero far credere alla gente comune, chi mastica di macroeconomia e sociologia sa che la Germania sta affondando e non c’è alcuna Wunderwaffe (arma segreta miracolosa) che potrà salvarla (ed è il terzo conflitto mondiale che perde a causa dell’egoismo e della superbia della sua classe dirigente, altro che Guinness dei Primati):

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/01/29/quando-i-tedeschi-capiranno-che-la-merkel-li-ha-truffati/

Per futuri aggiornamenti sugli sviluppi tedeschi, rimando all’eccellente e meritorio http://vocidallagermania.blogspot.it/, che traduce le notizie principali riguardanti l’economia e la politica tedesca dal tedesco all’italiano (e lo fa molto bene).

OSCAR GIANNINO E L’ENERGIA ATOMICA

“Proprio la terribile intensità del fenomeno abbattutosi sul Giappone ci consegna una nuova conferma del fatto che in materia di sicurezza di impianti nucleari, i passi in avanti compiuti negli ultimi decenni sono stati notevolissimi, tali da reggere nella realtà dei fatti senza creare pericoli per ambiente e popolazione proprio l`impatto di eventi terribilmente fuori scala… Una delle ragioni per cui le centrali elettronucleari costano tanto, è proprio la sicurezza: ma come si vede sono soldi ben spesi.”

Oscar Giannino, “Nucleare sicuro. È la prova del nove”, da “IL MESSAGGERO” di sabato 12 marzo 2011

http://rassegna.governo.it/testo.asp?d=57358426

23 gennaio 2013 – A Fukushima ancora paura radiazioni: gli scienziati che monitorano la vita di mare nella regione hanno scoperto in un pesce catturato nei pressi della centrale, livelli di radiazione più alti di 2.500 volte rispetto al limite stabilito dal governo giapponese.

http://wwww.ansa.it/web/notizie/specializzati/energiaeambiente/2013/01/23/Trovato-Fukushima-pesce-2500-volte-piu-radioattivo-_8124734.html

2012 – l’inquinamento radioattivo arriva in California

http://abcnews.go.com/blogs/health/2012/04/10/radiation-from-japan-disaster-found-along-calif-coast/

OSCAR GIANNINO E L’EVASIONE/ELUSIONE FISCALE

“Ohimè nell’Italia di oggi l’invidia fiscale da tributi esosi si estende ormai da sinistra a destra. Il che rende ancor più necessaria la difesa dell’offshore, vero presidio di libertà che sconfiggerà sempre- non illudetevi, cari statalisti – la lega degli Stati ad alto prelievo e bassa crescita”.

http://www.chicago-blog.it/2010/10/20/viva-loffshore-abbasso-le-tasse/

OSCAR GIANNINO E SANDY SPRINGS

“Leggete qua. Sandy Springs, suburbio di Atlanta, Georgia. Nel 2005, vinte le elezioni dai repubblicani, un fan di Hayek e Reagan, Oliver W. Porter, convince i concittadini a farla finita con la vecchia concezione del potere municipale, la sua pletora di dipendenti, società pubbliche e via cantando.  Perché continuare a dare 190 milioni di dollari l’anno alla Contea di Fulton, per servizi municipali gestiti innanzitutto nell’interesse delle piante organiche dei suoi dipendenti e dirigenti a tempo indeterminato? Da allora, Sandy Springs ha fatto una scelta radicale: come un’impresa privata, il comune si è dato una mera forma societaria, come fosse un fascio di contratti. E’ diventata Priva-Topia. E ha dato tutto in outsorcing, dalla manutenzione delle strade al centralino 911 per le emergenze, dalla gestione delle licenze commerciali a quelle edilizie. Per ciascun settore gare aperte a privati, con le due società prime perdenti legate da un rapporto di immediato subentro se chi vince non offre esattamente ciò a cui si è impegnato, in termini di efficienza e contenimento di costo. Solo per polizia e pompieri i costi comparati delle gare a compagnie private hanno sconsigliato l’offerta pubblica gestita da pubblici dipendenti: ma tutti a tempo determinato, valutati su performance annuali, a cominciare dal città manager scendendo. Come vedete, si può fare eccome. 90 milioni su 190 sono la capienza finanziaria apertasi rispetto alle vecchie imposte, con un comune in forma di società privata.  Sandy Springs prospera assai più delle altre municipalità vicine che sono rimaste pubbliche, e c’è la fila per andarci a vivere rispetto alle distressed areas afroamericane della Georgia. Non è vero che non si può fare, il punto è liberarsi dello Stato tass-e-spendi!”

http://www.chicago-blog.it/2012/06/25/privatopia-esiste-come-prosperare-spellando-lo-stato-tass-e-spendi/

COME STANNO DAVVERO LE COSE A SANDY SPRINGS?

“Questa scelta ha danneggiato finanziariamente il resto della contea di Fulton? Certamente sì, sostiene l’amministratore della contea, Zachary Williams, che calcola che l’”incorporazione” di Sandy Springs, e delle città vicine che l’hanno seguita, è costata alla contea circa 38 milioni di dollari all’anno. Williams ha descritto la cifra come “significativa”, soprattutto in considerazione delle pressioni causate dalla crisi economica”.

http://www.nytimes.com/2012/06/24/business/a-georgia-town-takes-the-peoples-business-private.html?pagewanted=all&_r=0

La prospettiva di altre Sandy Springs preoccupa persone come Evan McKenzie, autore di “Privatopia: le associazioni proprietarie di immobili e la nascita del governo residenziale privato”. Il suo timore è che le enclavi ricche possano decidere di diventare quartieri fortificati (gated communities) su vasta scala, con muri che le separino da aree economicamente in difficoltà. “Si potrebbe realizzare uno scenario del tipo ‘due Americhe'”, dice. “Se permettiamo che le aree più ricche si isolino istituzionalmente, allora cosa resta da fare ai poveri? Tenersi tutta la povertà, tutti i problemi sociali e cavarsela da soli?”

http://www.nytimes.com/2012/06/24/business/a-georgia-town-takes-the-peoples-business-private.html?pagewanted=all&_r=0

I residenti, funzionari e politici di Sandy Springs sono stati in prima linea in un movimento controverso che aveva l’obiettivo di separare Sandy Springs e molti altri distretti periferici a nord di Atlanta dal resto della Contea di Fulton, per creare una nuova contea a maggioranza bianca chiamata Milton [in onore del padre del neoliberismo, Milton Friedman, quello della shock therapy, oggi applicata ai PIIGS ed all’eurozona nel suo complesso, NdR], lasciando che il resto della contea di Fulton si occupasse delle esigenze di una popolazione rimasta povera e con una base imponibile drasticamente ridotta. […].

Ad Atlanta, l’impulso verso la privatizzazione, presentato come una questione di efficienza e di responsabilità fiscale nel 2012, appare molto meno innocente in una prospettiva storica. Kruse ha mostrato molto efficacemente come i bianchi di tutta la regione, prima ad Atlanta e poi in periferia, abbiano smesso di utilizzare i servizi pubblici dopo Brown v. Board of Education [sentenza del 1954 che pone fine alla segregazione razziale negli Stati Uniti, NdR] proprio per evitare l’uso di strutture che la corte aveva ordinato che fosse desegregata.

http://metropolitanhistory.wordpress.com/2012/08/08/the-politics-of-place-and-race-in-americas-privatized-city/

OSCAR GIANNINO E AYN RAND

“Stamane con Alberto Mingardi ci siamo scambiati messaggi di esultanza, per il fondo del Sole 24 ore in cui si esalta Ayn Rand”.

http://www.chicago-blog.it/author/oscar-giannino/page/46/

Può essere a buon diritto definita la peggiore filosofia partorita nel dopoguerra. L’egoismo, si sostiene, è un bene, l’altruismo un male, l’empatia e la compassione sono irrazionali e distruttive. I poveri meritano di morire, i ricchi meritano di esercitare una potenza senza limiti. È già stata testata ed ha fallito clamorosamente e catastroficamente. Eppure la dottrina di Ayn Rand, morta 30 anni fa, non è mai stato più popolare ed influente.

Rand era russa, di famiglia benestante emigrata negli Stati Uniti. Attraverso i suoi romanzi (come “La rivolta di Atlante”) e la sua saggistica (come “La virtù dell’egoismo”), ha illustrato una filosofia chiamata oggettivismo. Questa sostiene che l’unica morale è il puro interesse personale. Non dobbiamo nulla a nessuno, neppure ai membri delle nostre famiglie. Descrive i poveri e i deboli come “rifiuti” e “parassiti” e critica aspramente chiunque cerchi di aiutarli. Oltre polizia, tribunali e forze armate, non ci dovrebbe essere alcun altro ruolo per il governo: nessuna sicurezza sociale, né salute pubblica o istruzione pubblica, infrastrutture pubbliche o trasporti pubblici, nessuna regolamentazione, nessuna imposta sul reddito.

 […]

Quella di Rand è la filosofia degli psicopatici, una fantasia misantropica di crudeltà, vendetta ed avidità. Eppure, come Gary Weiss mostra nel suo nuovo libro, “Ayn Rand Nation”, è diventata per la nuova destra ciò che Karl Marx una volta era a sinistra: un semidio a capo di un culto millenaristico. Quasi un terzo degli americani, secondo un recente sondaggio, ha letto “La rivolta di Atlante”, che ora vende centinaia di migliaia di copie ogni anno.

[…].

Non è difficile capire perché Rand piaccia ai miliardari. Offre loro qualcosa che è fondamentale per ogni movimento politico di successo: un senso di vittimismo. Dice loro che sono vampirizzati dai poveri ingrati ed oppressi da governi invadenti.

E invece più difficile capire che cosa ci guadagnino i militanti ordinari del Tea Party, che avrebbero molto da perdere se lo stato si ritraesse. Ma tale è il grado di disinformazione che satura questo movimento e così diffusa, negli Stati Uniti, è la sindrome di Willy Loman (il divario tra realtà e aspettative) che milioni, allegramente, si offrono volontari per fungere da zerbini ai miliardari. Mi chiedo quanti avrebbero continuato a venerare Ayn Rand se avessero saputo che, in età più avanzata, si iscrisse ai programmi di sanità e previdenza pubblica. Si era scagliata furiosamente contro entrambe, in quanto rappresentavano tutto quello che disprezzava dello stato invadente, ma il suo sistema di credenze non poteva competere con la realtà del’invecchiamento e della salute cagionevole.

[…].

Impregnata della sua filosofia, la nuova destra su entrambi i lati dell’Atlantico continua a chiedere il rimpicciolimento dello Stato, anche se i resti del naufragio di quella politica ci circondano. I poveri sprofondano, gli ultra-ricchi prosperano. Ayn Rand approverebbe”.

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/mar/05/new-right-ayn-rand-marx

OSCAR GIANNINO E LA SVEZIA

Al governo Monti farebbe molto bene adottare un modello che per decenni sinistra e keynesiani italiani additavano fino alla noia: quello della Svezia. E’ un Paese che ha effettivamente molto da insegnarci, sugli effetti dell’incauto connubio tra alta spesa pubblica e alte tasse. […] Perché è dalla dura crisi che la colpì negli anni Novanta, che la Svezia ha dovuto drasticamente cambiare strada, modificando in profondità il proprio welfare troppo generoso. Ed è dal 2006, da quando è al governo il conservatore Fredrik Reinfeldt, nel frattempo rieletto per la prima volta in un secolo per i suoi successi, che la Svezia ha imboccato con energia raddoppiata la via del menospesa-menotasse, col risultato di essere l’unico Paese europeo a rivelarsi immune o quasi dall’eurocrisi.

http://www.chicago-blog.it/2012/04/17/viva-la-svezia-monti-ci-ripensi/

9 gennaio 2013 – 2013, fuga dalla Svezia. Nonostante un tasso di disoccupazione al 7,7 per cento la Svezia si riscopre terra di emigrazione, soprattutto per i giovani. Il risultato è che ora gli svedesi che lavorano in Norvegia sono 75 mila: se prima dello scoppio della crisi a cercare occupazione oltre confine erano 4 mila ogni anno, nel 2011 sono stati quasi 10 mila.

http://news.panorama.it/esteri/I-giovani-fuggono-dal-modello-svedese

Prossima mossa neoliberista: chi non paga abbastanza tasse perde il diritto di voto (George Monbiot sul Guardian)

Ogni volta che sul Fatto Quotidiano o su qualunque altro quotidiano o rivista leggerete un articolo di supporto agli studi dell’Istituto Bruno Leoni – che è un covo di neoliberisti assatanati ed orgogliosi di esserlo – ricordatevi della seguente analisi di George Monbiot, uno dei giornalisti britannici più quotati ed uno dei pochi che si può ancora permettere di criticare l’establishment.

“Sovvertire significa rovesciare dal basso. Abbiamo bisogno di una nuova parola, che significhi rovesciare dall’alto. La principale minaccia per lo Stato democratico e le sue funzioni non è il governo della masse o un’insurrezione di sinistra, ma è costituita dai più ricchi e dalle multinazionali sotto il loro controllo.
Queste forze hanno affinato la loro strategia di assalto alla gestione democratica della società. Non c’è più bisogno – come invece facevano Sir James Goldsmith, John Aspinall, Lord Lucan e altri negli anni Settanta – di discutere la possibilità di lanciare un colpo di stato militare contro il governo britannico: i plutocrati hanno altri mezzi di sovvertirlo.

Nel corso degli ultimi anni ho cercato di capire meglio in che modo le esigenze delle grandi imprese e dei più ricchi vengano implementate nelle politiche statali, e sono arrivato a capire il ruolo centrale dei think tank neoliberisti in questo processo. Questi sono gruppi che pretendono di difendere il libero mercato, ma le cui proposte spesso appaiono come raccomandazioni per un più ampio potere delle imprese.

David Frum, ex membro di uno di questi think tank – l’American Enterprise Institute – sostiene che “funzionano sempre più come agenzie di pubbliche relazioni”. Ma in questo caso, non sappiamo chi siano i clienti. Come il lobbista Jeff Judson ribadisce entusiasticamente, sono “virtualmente immuni da qualsiasi punizione … l’identità dei finanziatori dei think tank è protetta dall’anonimato”. Un consulente che ha lavorato per i miliardari fratelli Koch [i responsabili della creazione del movimento Tea Party, quello di Oscar Giannino] sostiene che vedono il finanziamento dei think tank “come un modo per ottenere quello che vogliono senza sporcarsi le mani”.

Questo mi era già chiaro, ma negli ultimi giorni ho imparato molto di più. In Think Tank: la storia dell’Adam Smith Institute [Think Tank: the story of the Adam Smith Institute], il fondatore dell’Istituto, Madsen Pirie, fornisce una guida, involontaria ma inestimabile, su come opera realmente  il potere in Gran Bretagna.

Poco dopo la sua fondazione (nel 1977), l’istituto si avvicinò a “tutte le principali aziende”. Circa 20 di loro risposero con l’invio di assegni. Il suo sostenitore più entusiasta fu James Goldsmith, uno degli aspiranti golpisti, una degli speculatori più spietati del suo tempo. Prima di fare una delle sue donazioni, scrive Pirie, “ascoltò con attenzione la descrizione del nostro progetto, i suoi occhi brillavano per la sua audacia e la sua scala. Poi ci fece consegnare dalla sua segretaria un assegno di 12mila sterline [sterline degli anni Settanta!]”.

Fin dall’inizio, giornalisti veterani del Telegraph, Times e Daily Mail offrirono volontariamente i loro servigi. Ogni sabato, in una vineria chiamata “the Cork and Bottle”, i ricercatori di Margaret Thatcher e gli editorialisti e giornalisti del Times e Telegraph incontravano il personale dell’Adam Smith Institute e dell’Institute of Economic Affairs. Durante il pranzo, “pianificavano la strategia per la settimana successiva”. Queste riunioni “coordinavano le nostre attività per massimizzare la nostra efficacia collettiva”. I giornalisti poi si incaricavano di tradurre in editoriali le proposte dell’istituto mentre i ricercatori s’incollavano ai ministri ombra.

Molto presto, riferisce Pirie, il Mail iniziò a pubblicare articoli di sostegno volta che l’Adam Smith Institute pubblicava qualcosa. L’allora direttore del giornale, David English, curava in prima persona la loro stesura ed aiutava l’istituto a migliorare le sue argomentazioni.

[…]

Pirie si prende, tutto o in parte (e fornisce un mucchio di prove a sostegno) il merito della privatizzazione delle ferrovie e di altre industrie, dell’appalto di servizi pubblici a società private, dell’imposta procapite (indipendente dal reddito e quindi favorevole ai ricchi), della vendita di case popolari, delle liberalizzazioni nel campo dell’istruzione e della sanità, della creazione di penitenziari privati e, successivamente, delle politiche fiscali dell’attuale governo Cameron [neoliberista].

Pirie, restando anonimo, scrisse anche il manifesto dell’ala neoliberista del governo Thatcher, “No Turning Back”.

[…]

Successivamente Monbiot stabilisce un parallelo con il think tank neoliberista “Free Enterprise Group”, che ha raccolto il testimone.

“Ancora una volta la stampa ha risposto alla chiamata. Il Telegraph ha commissionato una serie di articoli che promuovono lo stesso desolante programma a base di meno tasse per i ricchi, meno assistenza ai poveri e meno regolamentazione delle attività delle imprese. Un altro articolo sullo stesso giornale, pubblicato una quindicina di giorni fa dal responsabile delle questioni finanziarie dell’istituto Ian Cowie, propone che non sia prevista alcun rappresentanza per chi non paga le tasse. In pratica chi non paga abbastanza tasse sul reddito perderebbe il diritto al voto.

Considero queste persone come gli avanguardisti della destra, mobilitati per sfasciare prima e assumere il controllo poi di un sistema politico che è stato concepito per appartenere a tutti noi. Come sovversivi marxisti, parlano spesso di rompere le cose, di “distruzione creativa”, di spezzare le catene e togliere il guinzaglio. Ma pare che stiano più che altro tentando di liberare i ricchi dai vincoli della democrazia. E al momento stanno vincendo.

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/oct/01/rightwing-insurrection-usurps-democracy

Qui un’altra traduzione in italiano, con il testo completo:

http://znetitaly.altervista.org/art/7947

**********

Sul potere e le “profezie” dei think tank

http://www.informarexresistere.fr/2012/10/12/la-perniciosa-influenza-planetaria-delle-fondazioni-e-think-tank-degli-stati-uniti/#axzz29HXJDac0

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/15/il-futuro-visto-da-un-think-tank-della-rockefeller-foundation/

32mila miliardi di dollari – la radice dei mali del presente

Tanto quanto le economie di Stati Uniti e Giappone messe assieme: i patrimoni dei super-ricchi di tutto il mondo nascosti nei paradisi fiscali arrivano a qualcosa come 21mila miliardi di dollari, secondo uno studio condotto da un ex capo economista di McKinsey, James Henry, intitolato “Il prezzo dell’offshore rivisto” e che fa il punto a fine 2010. Secondo l’autore, precisa la Bbc, in realtà la vera cifra potrebbe arrivare a 32mila miliardi di dollari, poiché il suo monitoraggio ha preso in considerazione solo i depositi bancari e gli investimenti finanziari, tralasciando beni concreti come proprietà o yacht.

Il rapporto è stato commissionato da Tax Justice Network, un gruppo che milita contro l’evasione fiscale. «Le mancate entrate fiscali che risultano dalle nostre stime sono enormi. Abbastanza da cambiare sensibilmente le finanze di molti Paesi», ha dichiarato Henry. Il tutto, costituisce «un enorme buco nero nell’economia mondiale»”.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-07-22/oltre-miliardi-dollari-sono-172901.shtml?uuid=AbmE63BG

Sono gli oligarchi che finanziano le campagne presidenziali, i colpi di stato nei paesi in via di sviluppo, le rivoluzioni colorate nei paesi ostili. Sono gli oligarchi che producono armi e le vogliono vendere, che occultano la reale quantità di riserve di greggio, che impongono colture geneticamente modificate e medicalizzano la popolazione per incrementare le vendite di farmaci.

Sono i padroni del mondo, perché li lasciamo fare, finché li lasciamo fare.

Il rapporto, realizzato sulla base dei dati della Banca dei Regolamenti Internazionali e del Fondo Monetario Internazionale, spiega che questa concentrazione di ricchezze sottratte alla tassazione è stata resa possibile dalla globalizzazione, che ha gradualmente reso vani i controlli di frontiera. Le 10 maggiori banche hanno messo da parte un quinto del totale, nel 2010, quasi triplicando il gruzzolo di 5 anni prima. Miracoli delle crisi globali. La ricchezza sottratta ai paesi in via di sviluppo (in primis la Russia post-comunista) negli ultimi 40 anni sarebbe più che sufficiente per coprire il loro indebitamento con il resto del mondo. Il rapporto precisa che “il problema è che i beni di queste nazioni sono controllati da un ristretto numero di persone mentre i governi ridistribuiscono i debiti sui cittadini ordinari”. La somma calcolata è così colossale da lasciar capire che la misura dell’ingiustizia sociale dei nostri tempi è “drammaticamente sottostimata”. Quasi la metà di queste ricchezze è posseduta da 92mila persone, ossia circa lo 0,001% della popolazione mondiale. Altro che mano invisibile ed effetto di ricaduta/redistribuzione (trickle-down), altro che austerità senza alternative, altro che masse pigre e dissolute che vivono al di sopra delle proprie possibilità. Il capitalismo deregolato è una calamità globale per la quasi totalità del genere umano, salvo per un ridottissimo numero di enormi parassiti neoliberisti che usano i servizi pubblici (pulizia delle strade, nettezza urbana, forze dell’ordine, ecc.).

Che ne è stato delle promesse dei leader del G20 di porre fine ai paradisi fiscali e garantire maggiore trasparenza nel settore bancario?

http://www.guardian.co.uk/business/2012/jul/21/global-elite-tax-offshore-economy

In seguito alla guerriglia urbana nelle città inglesi sono state emesse sentenze di 6 mesi di carcere per aver rubato una bottiglietta d’acqua o un cono gelato (senza precedenti penali). Cosa potrà succedere a queste persone?

Il criptofascismo dei “liberalizzatori” e dei privatizzatori

 

Lo stato è oggi ipertrofico, elefantiaco, enorme e vulnerabilissimo, perché ha assunto una quantità di funzioni di indole economica che dovevano essere lasciate al libero gioco dell’economia privata. […] Noi crediamo, ad esempio che il tanto e giustamente vituperato disservizio postale cesserebbe d’incanto se il servizio postale, invece di essere avocato alla ditta stato, che lo esercisce nefandemente in regime di monopolio assoluto, fosse affidato a due o più imprese private. […] In altri termini, la volontà del fascismo è rafforzamento dello stato politico, graduale smobilitazione dello stato economico.

Benito Mussolini. Opera Omnia., XVI, p. 101

Una dittatura può essere un sistema necessario per un periodo transitorio. […] Personalmente preferisco un dittatore liberale ad un governo democratico non liberale. La mia impressione personale – e questo vale per il Sud America – è che in Cile, per esempio, si assisterà ad una transizione da un governo dittatoriale ad un governo liberale”.

Friedrich von Hayek, nume tutelare dei neoliberisti, intervistato daRenée Sallas per El Mercurio”, il 12 aprile 1981. Pinochet rimase al potere fino all’11 marzo 1990 e continuò a ricoprire l’incarico di comandante in capo delle Forze armate cilene fino al 1998.

Hayek fu nominato presidente onorario del “Centro de Estudios Públicos”, think tank liberista fortemente voluto da Augusto Pinochet, dittatore cileno giunto al potere grazie al sostegno della CIA.

La mano invisibile del mercato non funzionerà mai senza un pugno invisibile. McDonald’s non può prosperare senza McDonnell Douglas e i suoi F-15. E il pugno invisibile che mantiene il mondo sicuro permettendo alle tecnologie della Silicon Valley di prosperare si chiama US Army, Air Force, Navy e Marine Corps“.

Thomas L. Friedman, A Manifesto for the Fast World“. New York Times. March 28, 1999.

*****

Ha sempre immaginato se stesso un libertario, che a mio modo di vedere significa “Voglio la libertà di arricchirmi e tu puoi avere quella di morire di fame”. È facile credere che nessuno dovrebbe dipendere dalla società finché non ti accorgi di avere bisogno di tale aiuto.
Isaac Asimov, “I. Asimov”, p. 308

L’uomo è veramente libero quando può fare tutto ciò che gli piace. È una concezione naturalistica, nella misura in cui l’azione umana segue o ubbidisce ai propri occasionali istinti o appetiti; ma, per avere la possibilità di soddisfare i propri desideri e quindi di essere libero, l’uomo non deve trovare ostacoli e, se li trova, deve avere anche la forza (e il potere) di costringere e subordinare gli altri uomini. È una libertà che presuppone, dunque, la disuguaglianza. Dato che la libertà coincide con il potere, chi ha più potere è maggiormente libero: paradossalmente l’uomo veramente libero è il despota.

Nicola Matteucci sul credo liberista/neoliberista [da: Norberto Bobbio, Nicola Matteucci e GianfrancoPasquino, Dizionario di politica, Roma: l’Espresso, 2006. p. 362]

Correttamente inteso, il libertarismo assomiglia ad una visione che il liberalismo nacque per contrastare, ossia la dottrina del potere politico privato che sta alla base feudalesimo. Come il feudalesimo, il libertarismo concepisce il potere politico legittimo come fondato su una rete di contratti privati. Esso respinge l’idea, essenziale al liberalismo, che il potere politico sia un potere pubblico che va esercitato imparzialmente per il bene comune…Dato il ruolo cruciale della libertà assoluta di stipulare accordi contrattuali che devono essere pubblicamente riconosciuti e resi effettivi, ne consegue che tutte le libertà possono essere alienate, come qualsiasi bene economico. Di conseguenza, non c’è posto in un regime libertario per l’inalienabilità, l’idea che alcuni diritti sono così essenziali per mantenere la dignità e l’indipendenza delle persone che uno non può rinunciarvi consensualmente.

Samuel Freeman, “Illiberal Libertarians: Why Libertarianism Is Not a Liberal View”, Philosophy and Public Affairs, Vol. 30, No. 2. (Spring, 2001), pp. 105-151)

 

Quel che Hayek non vede, o non vuole ammettere, è che un ritorno alla “libera” concorrenza significa, per la grande maggioranza delle persone, una tirannia probabilmente peggiore, perché più irresponsabile di quella dello Stato…Il professor Hayek nega che il libero capitalismo conduca necessariamente al monopolio, ma in pratica è lì che ha portato.

George Orwell, recensione a “The Road to Serfdom” di F.A. Hayek (1944).

 

La libertà dei lupi comporta la morte delle pecore.

Isaiah Berlin

Gli anarco-capitalisti sono contro lo Stato semplicemente perché sono prima di tutto capitalisti. La loro critica dello Stato è basata su un’interpretazione della libertà nel senso del diritto inviolabile alla proprietà privata. Non sono interessati alle conseguenze sociali del capitalismo per i deboli, i senza potere e gli ignoranti…L’anarco-capitalismo è solo un far west in cui solo i ricchi e gli scaltri trarrebbero beneficio. È fatto su misura per chi non si preoccupa del danno al prossimo o all’ambiente che lascia dietro di sé.

Peter Marshall, “Demanding the Impossible: A History of Anarchism”

[NOTA BENE: la cosa ridicola dei libertari è la loro superba ed egotistica pretesa di essere più scaltri, forti ed abili degli altri e quindi la convinzione che una società del genere li avvantaggerebbe, NdR]

La ricerca di una superiore giustificazione morale per l’egoismo.

James K. Galbraith sul liberismo

I poveri sono contrari all’idea di essere governati male, i ricchi sono contrari all’idea di essere governati.

G. K. Chesterton

L’alternativa allo stato (la coercizione privata e non regolamentata) dà risultati ben peggiori, come mostra piuttosto chiaramente la storia degli stati privatamente controllati (monarchie, dittature, dispotismi) e delle “leggi” private come la schiavitù, le mafie, i signori della guerra, ecc. Abbiamo costruito un governo che è di proprietà congiunta di tutti, perché la proprietà privata incentiva eccessivamente lo scopo di lucro per mezzo dell’altrui coercizione.

Mike Huben

I mercati funzionano comprando e vendendo, trattano le cose come merci e, se non glielo impediamo, anche le persone. Fino a quando non sono stati imposti dei controlli, l’esito delle operazioni di mercato è stato la schiavitù, la servitù della gleba o bambini che trascinavano i vagoncini delle miniere. È stato il “libero” mercato che ha cacciato i neri attraverso le foreste africane e li ha messi all’asta a Charleston.

George Walford, “Friedman or Free Men?”

*****

Come li possiamo chiamare se non fascio-libertari?

Vogliono avere la libertà totale per se stessi ma anche il potere di negare la libertà di scelta a coloro che non farebbero le loro stesse scelte (e che quindi, con il loro rifiuto, ostacolerebbero i loro piani). Il loro vero motto è “io sono libero di fare qualsiasi cosa che ritengo giusta e voi siete liberi di fare qualsiasi cosa che ritengo giusta“.

La società fascio-libertaria è psicopatica:

* L’organizzazione è tipicamente piramidale, per molti versi neo-feudale, secondo la tradizionale logica della Rangordnung, che stabilisce una differenza morale ed ontologica tra persone sulla base della forza e della mancanza di scrupoli; adatta ai conformisti ed arrivisti;

* si neutralizzano gli “intollerabili formalismi” e le “vergognose garanzie” della democrazia;

* il più forte deve poter stabilire le regole del gioco, il più debole può solo adeguarsi, allontanarsi o perire;

* la sua evoluzione finale sarebbe un sistema totalitario in cui si è schiavi verso l’alto e tiranni verso il basso, laddove la sovranità in una direzione deve compensare la mancanza di libertà nell’altra;

* la psicologia del fascio-libertario è quella di una persona aggressiva, predatoria, sempre al limite delle proprie capacità e magari oltre, che desidera possedere più di quanto gli spetta, che vede il potere come un’opportunità di trasgressione e prevaricazione, che rifiuta il limite e la proporzione (l’euthymia di Democrito) in virtù dell’ethos virilista che incornicia tutto questo. I fascio-libertari sono dominatori, amano il potere in quanto tale, bramano il controllo degli altri. Sono spietati, intimidiscono, sono vendicativi. Cinici verso chi aiuta il prossimo, preferiscono essere temuti piuttosto che amati. Sono dmonati dalla brama di prendere e possedere invece che dare e condividere, di sfruttare invece che di accordarsi;

* il sistema sociale a cui aspirano è fondato sullo sfruttamento, sul consumo smodato e sul controllo di chi sta sotto e chi sta sotto tende a sognare di prendere il potere al posto del padrone, non di mitigare, trasformare o abolire il sistema;

* il fascio-libertarismo è la concretizzazione della filosofia nietzscheana, incapsulata in questo aforisma (259), tratto da “Al di là del bene e del male”: “Lo ‘sfruttamento’ non compete a una società guasta oppure imperfetta e primitiva: esso concerne l’essenza del vivente, in quanto fondamentale funzione organica, è una conseguenza di quella caratteristica volontà di potenza, che è appunto la volontà della vita”;

* i fascio-libertari sono tendenzialmente immaturi, petulanti, mancano di autodisciplina, grondano di narcisismo;

* il loro attaccamento agli eroi riflette la tendenza a deificare i genitori per placare le ansie rispetto ad un mondo percepito come ostile e fuori controllo.

Oscar Giannino e la svolta neoliberista di Repubblica

Test superato: nucleare sicuro, è la prova del nove
Oscar Giannino, Il Messaggero, sabato 12 marzo 2011 (su Fukushima)

Oscar Giannino è una persona molto intelligente ed è stato, a mio avviso, grossolanamente malinterpretato in alcune circostanze, come ad esempio riguardo al suo discorso sul Vesuvio e sull’illegalità, semplificato in modo tale da farlo sembrare un mostro.
Giannino non è un mostro, è un libertario/anarchico di destra. Un libertario di destra, come sono solito dire, è uno che non l’ha ancora ricevuto in quel posto, ossia non si è ancora trovato dalla parte ricevente e sofferente. In altre parole, non è una persona completa e le sue analisi saranno sempre parziali ed inesatte.
Purtroppo, per questa stessa ragione, un libertario di destra è spesso anche un uomo pericoloso. Giannino, con la sua trasmissione radiofonica aizza i radioascoltatori alla violenza eversiva (ma quando lo esaudiranno non sarà in prima linea a beccarsi i cazzotti, le manganellate e le pallottole: armiamoci e partite!).
Fa parte di quella categoria di perdenti radicali che si sentono più virili se si riempiono la bocca di proclami nichilistici.  Troppo avidi per poter essere solidali, troppo insicuri per poter amare la concordia (a loro basta essere dalla parte dei forti, o comunque di chi si crede forte).
Mi si dice che, al contrario di quel che sospetto, ha avuto una storia travagliata e merita rispetto. Ma io della sua storia personale me ne faccio davvero poco. Ci sono bulli che accusano i genitori di averli picchiati come se questo potesse giustificarli: li si può capire, ma non giustificare. Proprio chi è vittima di bullismo dovrebbe ben sapere quanta sofferenza infligge facendo il bullo. Un neoliberista è un darwinista sociale, ossia un bullo e la storia del Tea Party (l’antipolitica criptofascista finanziata da multimiliardari!), che tanto sta a cuore a Giannino, è un caso emblematico.

Detto questo, se il neoliberismo non esistesse bisognerebbe inventarlo, perché solo grazie al suo continuo sprone i suoi avversari, come il sottoscritto, sono costretti ad elaborare teorie e pratiche più sofisticate rispettose della dignità umana. Quindi ringrazio Oscar Giannino per quello che fa.


Lo stato è oggi ipertrofico, elefantiaco, enorme e vulnerabilissimo, perché ha assunto una quantità di funzioni di indole economica che dovevano essere lasciate al libero gioco dell’economia privata. […] Noi crediamo, ad esempio che il tanto e giustamente vituperato disservizio postale cesserebbe d’incanto se il servizio postale, invece di essere avocato alla ditta stato, che lo esercisce nefandemente in regime di monopolio assoluto, fosse affidato a due o più imprese private. […] In altri termini, la volontà del fascismo è rafforzamento dello stato politico, graduale smobilitazione dello stato economico”.

Benito Mussolini. Opera Omnia., XVI, p. 101

“Si è persuasi che l’unica persona che possa degnamente sostituire Berlusconi e, al contempo, far tornare a vincere il Pdl e a renderlo, agli occhi degli elettori, credibile sostenitore della Rivoluzione liberale e reaganian-thatcheriana, sia Oscar Giannino

http://www.camelotdestraideale.it/

“Conoscevamo il Giannino liberista, innamorato di Luigi Einaudi e dei Chicago boys. Ricordavamo il Giannino salottiero di Porta a porta, l’opinionista in gessato e con la voce da cartoon che agitava il bastone col pomello e ripeteva una parola strana (“spread”). Non abbiamo dimenticato il Giannino nuclearista, fiero nemico dei referendum contro l’acqua pubblica e certa facile demagogia sulle rinnovabili. Ma con la Grande crisi è nato un nuovo Oscar Giannino.[…]. Per Giannino la triade dei nemici è la stessa: banche, stato, tasse. Lui è il nuovo Glenn Beck, l’aedo dei Tea party americani, ma in una versione meno vitalistica e ribellistica, anzi quasi millenaristica, ripiegata su se stessa come la voce del profeta che sa di predicare nel deserto, il monaco stilita che annuncia la fine dei tempi”.
http://www.circolo-latorre.com/home.jsp?idrub=1646

“È giunta anche su Facebook la voglia di Tea party. oltre 2.000 fan. Il proclama è di quelli decisi. “Il gruppo ufficiale finalizzato all’organizzazione delle tappe del Tea Party in Italia. Se volete organizzare la rivolta dal basso anche nella vostra città, questo è il posto giusto!” E via col merchandising delle teiere (sono turbocapitalisti d’altra parte), i video con un Oscar Giannino vestito sempre più sobriamente, i tasti per diventare amici su Facebook, Twitter ed il canale Youtube (il minimo sindacale).  Ed un networking di tutto rispetto: Il Treno del Reno – Centro Studi Liberali – ISFIL – JEFFERSON – UltimaThule – Libertiamo – ConfContribuenti – CARTA LIBERA – Gioventù Liberale Italiana – Scenari Politici – L’Officina – Centro Culturale Verona – La Cittadella Interiore – Tocqueville – SBL – Zuppa di Porro – il blog di Nicola Porro – Percorsi in Libertà – Jimmomo – Mondopiccolo – The Common Sense Revenge – Tea Party Piemonte. Destra xenofoba, romanticherie ottocentesche, patriottismi e liberalismi vari. Qualche confusione dottrinaria: ma, ormai, chi ci bada?

[…]

Chi sono i frontier-man – e soprattutto le frontier-girl – dei Tea party statunitensi? Jerk & Bitch, il loro modello antropologico. Meglio se con gambe lunghe e tacco 12” per le donzelle, eloquio macho ed irrefutabile, pistola al fianco e mascella volitiva per i maschi alfa, o presunti tali. 

I Repubblicani, provati dalle sconfitte militari e politiche di Bush, individuano nel Tea il movimento politico di riferimento, ormai – e seguono pedissequamente le sue linee politiche e comunicative. Sarah Palin è ben nota. Completamente ignorante di questione economiche (e geopolitiche). Favorevole alla caccia, alle armi ed alle liste di proscrizione dei suoi avversari politici. Con una target list ed un’infografica, con tanto di mirino esplicativo, pubblicata anche sul suo profilo pubblico su Facebook. Se poi qualche pazzo la prende sul serio e tenta di uccidere uno dei “target” da lei indicata, la Deputata Gabrielle Gifford, assassinando nel frattempo un giudice federale e altre cinque persone, tra cui un bambino, è solo uno sfortunato incidente. Glenn Beck, l’anchorman, lo scrittore, il videoblogger dell’ultradestra americana – ricordiamolo, multimilionario – ha detto la sua sulla strage di Oslo e dell’isola di Utoya. Quei giovani massacrati gli ricordano molto, visto che erano lì, tutti insieme, per fare proselitismo politico, la gioventù hitleriana. “There was a shooting at a political camp, which sounds a little like, you know, the Hitler youth. I mean, who does a camp for kids that’s all about politics? Disturbing.” Michelle Bachmann, che ha vinto una sorta di sondaggio pre-elettorale in Iowa, ha esplicitamente affermato di voler creare il gruppo dei Repubblicani che si richiamano alle idee del Tea Party. Chiaramente per lei l’omosessualità è una malattia, e i bambini neri crescevano più sani durante il periodo della schiavitù che nell’era-Obama. 

Su L’Espresso del 18 agosto 2011, a pagina 15 Alessandro De Nicola ripete il mantra: “Per ridurre il debito si devono tagliare le spese e non aumentare le imposte”. Il comandamento unico viene ripetuto da tutti coloro che si professano “anti-casta”, senza alcuna distinzione. Nessuna analisi, nessun criterio di selezione delle spesa da tagliare. L’importante è “che siano liberate risorse per investimenti e consumi, restituendole ai privati”. Attenzione al ragionamento. “La litania sull’evasione ha stancato: bisogna stanarla, ma nel frattempo che si fa, si tassa chi già paga?”.

http://www.valigiablu.it/doc/488/e-su-facebook-sbarca-il-tea-party-allitaliana.htm

“Nelle redazioni di tutti i grandi quotidiani coesistono normalmente più anime. Quando La Repubblica era prevalentemente dalemiano-blairiana all’insegna della Terza Via neoliberista nella sua filiera più “istituzionale” (Scalfari-Mafai-Pirani?), si poteva – purtuttavia – individuare una seconda linea (Bocca-Maltese-Rinaldi?) decisamente critica dell’inciucismo neocentrista di cui si stava facendo promotore “il Blair de noiantri”D’Alema.

Niente di strano: trattasi di un fisiologico e sano contesto pluralistico.

Molto più strano – invece – è assistere oggi alla colonizzazione della testata da parte di personaggi minori, tipo Alberto Bisin e Alessandro De Nicola, i quali venerdì scorso ne occupavano quasi manu militari la prima pagina con sproloqui che avrebbero deliziato Margaret Thatcher>; imponendo una linea di critica da destra del pur moderatissimo governo Monti e recependo l’impostazione che Francesco Giavazzi promuove da tempo sulle pagine concorrenti del Corriere della Sera.

Tra l’altro, ottenendo con il De Nicola l’onore di quelle due pagine che in passato erano riservate a penne ben più robuste della sua, quale quella di Giuseppe D’Avanzo (e non è chiaro con quanta condivisione entusiastica da parte dello stesso direttore Ezio Mauro).

Dunque, è davvero singolare che mentre si assiste sulle corazzate del giornalismo nazionale (Repubblica e CorSera) allo sminuzzamento delle notizie giornalistiche ridotte allo spazio di un boxino, questi bravacci manzoniani del pensiero mainstream ottengano l’onore di lenzuolate in controtendenza. Segno di potenti “santi in paradiso”, che non sembrano essere neppure il padre fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari, il quale su l’Espresso dell’altra settimana si domandava da dove spuntasse fuori questo De Nicola.

Anche noi ce lo domandiamo, sebbene si sappia che Alberto Bisin salta fuori dal crogiolo fondamentalistico di NoisefromAmerika (e non è soltanto un quasi omonimo del ben noto Michele Boldrin), mentre il De Nicola è animatore di quella società Adam Smith che vorrebbe stipare nella stessa gerla l’illuminismo scozzese e il fanatismo di Hayek (roba che deve far rivoltare nella tomba il venerando autore de “La ricchezza delle Nazioni”). Oltre che sistematico frequentatore dalle ospitate radiofoniche da parte di Oscar Giannino.

Forse l’enigma del “da dove saltano fuori” questi neoliberisti un tanto al chilo può essere sciolto proprio ascoltando la voce di qualche padrone. Per esempio di Rodolfo De Benedetti, che poco tempo fa manifestava tutta la propria ammirazione per quel Centro Bruno Leoni (dal nome del guardaspalle di Hayek nelle manovre antikeynesiane dei liberisti da Guerra Fredda) di cui è diventato coordinatore l’ex dalemiano iperliberista Nicola Rossi.

Naturalmente fatti loro.

Resta ancora un’ultimo dubbio: ma dove pensa di andare una testata tradizionalmente progressista come La Repubblica consegnandosi all’attivismo polemico di questi fanatici banditori  di un filone ideologico, organico alle manovre della finanza ombra internazionale, smascherato nella sua pericolosità dai ricorrenti disastri che ha promosso sulle due sponde dell’Atlantico?”
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/01/22/se-il-liberismo-invade-anche-i-giornali-progressisti/185568/

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: