a cura di Stefano Fait
È un nuovo inizio per la Grecia.
Margrethe Vestager, ministro danese all’Economia
L’accordo raggiunto garantisce la tenuta della Grecia nell’Euro e le dà il tempo di tornare su un percorso di crescita sostenibile.
Jean Claude Junker, presidente dell’Eurogruppo
Un accordo molto buono.
Mario Draghi, presidente della Bce
L’accordo raggiunto sulla Grecia ci allontana dal rischio contagio.
Mario Monti
Importante passo avanti nella crisi.
B.H. Obama
Tutta quest’idea di infliggere enormi sacrifici per generare un surplus con cui ripagare i creditori stranieri e conservare intatto l’euro è una politica economica assolutamente folle…le nazioni che incorreranno in un default tecnico come la Grecia, il Portogallo o la Spagna si ritroveranno con un debito ancora maggiore rispetto a quel che sarebbe successo se fossero state liberate prima dalle catene dell’euro.
Amartya Sen, premio Nobel per l’Economia nel 1998.
L’eurozona è un disastro ferroviario al rallentatore. Non tutti i paesi membri sono in grado di restare. La Grecia e forse il Portogallo potrebbero uscire dall’area euro, la Grecia entro i prossimi 12 mesi. Per il Portogallo potrebbe servire un pò più di tempo.
Nouriel Roubini, professore alla New York University
L’Unione Europea non sta salvando la Grecia, ma le banche tedesche.
Joseph E. Stiglitz, Nobel per l’Economia nel 2001
L’eurogruppo vuole che gli aiuti siano utilizzati solo per pagare il debito senza dare nulla alla crescita, che è però quello di cui c’è bisogno per evitare un fallimento dagli effetti imprevedibili.
Marcello De Cecco, Affari&Finanza (Repubblica), 20 febbraio 2012
La dottrina in questione consiste nell’asserzione che, in seguito ad una crisi finanziaria, le banche devono essere soccorse a spese dei cittadini. Così una crisi provocata dall’assenza di regole diventa un pretesto per muoversi ancora più a destra: una fase di disoccupazione di massa, invece di stimolare il settore pubblico per creare nuovi posti di lavoro, diventa un’epoca di austerità in cui gli investimenti statali ed i programmi sociali sono cancellati. Si è fatto inghiottire questa dottrina all’opinione pubblica sostenendo che non c’erano alternative – che i salvataggi e i tagli erano necessari per soddisfare i mercati finanziari – e che l’austerità fiscale creerà lavoro. L’idea era che i tagli alle spese avrebbero infuso fiducia nei consumatori e negli imprenditori e che questa stessa fiducia avrebbe incentivato gli investimenti privati, riequilibrando più che abbondantemente gli effetti depressivi dei tagli governativi. Alcuni economisti non si sono lasciati convincere. Una critica tagliente equiparava i pretesi effetti espansivi dell’austerità alla credenza in una “fatina della fiducia”. Beh, era una mia critica…Ma qualcosa accadde sulla strada dell’Armageddon economico: la disperazione islandese rese impossibile attenersi alle convenzionali norme di condotta e premise alla nazione di violare le regole. Mentre altrove si salvarono le banche con soldi pubblici, l’Islanda lasciò che le banche fallissero ed estese la rete della sua sicurezza sociale. Laddove tutti gli altri erano ossessionati dall’idea di placare gli investitori internazionali, l’Islanda impose controlli temporanei sul movimento dei capitali per concedersi spazi di manovra. E come stanno andando le cose? L’Islanda non è riuscita ad evitare seri danni alla sua economia ed un calo significato dello stile di vita dei suoi cittadini. Ma è riuscita a limitare la crescita della disoccupazione e i patimenti dei cittadini più vulnerabili; il welfare è sopravvissuto intatto, come l’integrità morale della società. “Poteva andar peggio” può non essere lo slogan più galvanizzante che si possa immaginare, ma quando tutti si attendevano un disastro, equivale ad un trionfo politico-amministrativo. E qui c’è una lezione per tutti noi: le sofferenze alle quali vengono sottoposti così tanti cittadini non sono inevitabili. Se questa è un’epoca di incredibile afflizione e durezza, lo è per delle precise scelte che sono state fatte. Nulla di tutto questo era ed è inevitabile.
Paul Krugman, premio Nobel per l’Economia nel 2008.
Ricordatevi di queste parole quando dovrete cercare dei colpevoli per l’affondamento dell’eurozona. Schettino è un dilettante rispetto agli eurocrati (e non era in malafede).
Persino Olivier Blanchard, il capo economista al FMI – un’istituzione più volte accusata di stritolare le economie per favorire regimi finanziari oligopolistici (anche da un premio Nobel come Stiglitz) – constata che i programmi di austerità sono controproducenti:
http://krugman.blogs.nytimes.com/2011/12/21/olivier-blanchard-isnt-very-serious/
Non è forse tipico degli strozzini prestare a chi non si può permettere di restituire per poi spolpare il debitore insolvente, non lasciandogli neanche le lacrime da piangere? E non è forse quello che sta succedendo, a colpi di austerità e salassi? Lo illustra molto bene Yanis Varoufakis, già docente di economia a Essex, East Anglia, Cambridge e ora capo del dipartimento di politiche economiche dell’Università di Atene:
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=9577
Eppure c’è chi ancora crede che siano errori di percorso e non atti criminali.
Loro sanno benissimo che hanno unicamente guadagnato tempo e che le ripercussioni saranno ancora più gravi, magari persino letali (ora le banche centrali dei paesi debitori devono oltre 500 miliardi di euro alle banche centrali dei paesi creditori).
Lo sanno perché c’è scritto nel più recente rapporto dell’FMI:
http://blogs.ft.com/brusselsblog/2012/02/more-on-leaked-greek-debt-report/#ixzz1mzZjoOH0
Un lettore del rapporto commenta: “continuare a ripetere le stesse azioni attendendosi un risultato diverso non corrisponde solo alla definizione di pazzia, significa anche gettare al vento centinaia di miliardi di euro dei contribuenti. È un errore madornale pensare che tutto questo non avrà conseguenze politiche allarmanti”.
Da mesi dicono che sono necessarie iniziative per la crescita economica. Si sono viste? No. Ogni sforzo è finalizzato a ripagare i debiti contratti con le banche:
http://www.spiegel.de/wirtschaft/soziales/0,1518,816369,00.html
Dunque stanno mentendo spudoratamente. Forse contano sulla variabile ennesima Guerra nel Golfo, che spariglierà tutto:
http://www.informarexresistere.fr/tag/iran/#axzz1mLNsw14z