NATO il 4 luglio – gli schuetzen americani del 2013 e il fallito golpe del 1934

945179_599860410032238_810896296_n

Questo sarà un evento non-violento, a meno che il governo non scelga di renderlo violento…C’è una remota possibilità che ci possano essere atti di violenza da parte del governo, come è già successo e penso che dovrebbe essere chiaro che se un qualche partecipante sarà avvicinato con rispetto dagli agenti, si sottometterà all’arresto senza opporre resistenza. Stiamo veramente dicendo nel modo più sottile possibile che preferiamo morire in piedi che vivere in ginocchio.
Adam Kokesh, 2013

La commissione ha raccolto prove che dimostrano che alcune persone hanno effettuato un tentativo di dar vita ad una organizzazione fascista in questo paese…Non vi è alcun dubbio che questi tentativi sono stati discussi, sono stati pianificati, e potevano essere attuati, se e quando i finanziatori lo avessero ritenuto opportuno.

Relazione finale della commissione d’inchiesta del Congresso sulle accuse del generale Smedley D. Butler

James E. Van Zandt, comandante nazionale dei veterani di guerra era stato contattato da Butler subito dopo la riunione del 22 agosto con MacGuire ed avvertito che … stava per essere avvicinato dai golpisti…Confermò che, proprio come gli era stato anticipato da Butler, era stato avvicinato “da agenti di Wall Street”, che avevano cercato di arruolarlo nella loro trama.

New York Times, 23 novembre 1934

Il colpo di stato mirava a rovesciare il presidente Franklin D. Roosevelt con l’aiuto di mezzo milione di veterani di guerra. I congiurati, che sono stati accusati di coinvolgere alcune delle più famose famiglie in America (proprietari di Heinz, Birds Eye, Goodtea, Maxwell Hse e il nonno di George Bush, Prescott Bush) credevano che il loro paese avrebbe dovuto adottare le politiche di Hitler e Mussolini per battere la grande depressione. Mike Thomson indaga le ragioni per cui si sa così poco sulla più grande minaccia della storia alla democrazia americana in tempo di pace

http://www.bbc.co.uk/radio4/history/document/document_20070723.shtml

http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/la-famiglia-bush-e-il-terzo-reich.html

kokesh-accusations

Gli eventi del 4 luglio potrebbero essere sanguinosi, a causa della stupidità o doppiezza di Adam Kokesh, ex marine dissidente fondatore dell’associazione veterani per Ron Paul (candidato alle presidenziali e pro-secessionismo), conduttore radiofonico, libertario in stile Tea Party (anarco-capitalista), con un largo seguito tra i feticisti delle armi, che qui discute con Webster G. Tarpley, rooseveltiano-gollista (come me)

pttab

“L’attivista libertario e conduttore radiofonico, Adam Kokesh vuole organizzare una marcia armata su Washington, DC per il giorno dell’Indipendenza. Lanciato come un gruppo su Facebook,  lo “Open Carry March on Washington“ spera di portare 1.000 sostenitori a marciare nella capitale della nazione con fucili carichi. Il gruppo prevede di incontrarsi al cimitero nazionale di Arlington in Virginia. Da lì, marciare attraverso il ponte di Memorial a Washington, DC e proseguire lungo Viale Indipendenza. Mentre la Virginia permette di portare armi cariche, Washington, DC non rilascia alcun permesso / licenze o porto d’armi”.
http://voxnews.info/2013/05/06/la-marcia-su-washington-armi-in-pugno/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/10/tea-party-il-totalitarismo-anarchico-alla-conquista-degli-stati-uniti/

Finora gli iscritti alla marcia sono circa 5mila (ma quanti verranno veramente?).

*****

This-Asshole

Ecco il recente appello di Kokesh dopo il suo arresto per un presunto assalto ai danni di un agente:

“Quando un governo ha ripetutamente e deliberatamente omesso di rispettare le proprie leggi, violato i diritti umani fondamentali dei suoi cittadini,  minacciato la santità di una stampa libera, creato istituzioni per la soppressione della privacy, intrapreso guerre per venire incontro ad interessi particolari che minacciano la sicurezza pubblica, ucciso centinaia di bambini con attacchi di droni, imprigionato e distrutto la vite di innumerevoli individui per crimini senza vittime, soffocato opportunità economiche per mantenere il dominio delle élite finanziarie, rubato al popolo attraverso un assurdo sistema di tassazione e attraverso l’inflazione, svenduto le future generazioni in una condizione di servitù del debito, abusato del suo potere per reprimere l’opposizione politica, non è degno di continuare ad esistere – e fin qui nulla da eccepire [NdT] – e il dovere del popolo è quello di cambiare o abolire quel governo con qualsiasi mezzo necessario per garantire la libertà e garantire la pace.

Una nuova rivoluzione americana è attesa da tempo. L’idea di questa rivoluzione è maturata nei cuori e nelle menti delle persone nel corso di molti anni, ma questo Independence Day, essa prende una nuova forma, quando l’Esercito Rivoluzionario Americano marcerà su ogni capitale dello stato per chiedere che i governatori di questi 50 membri avviino immediatamente il processo di ordinata dissoluzione del governo federale attraverso la secessione e la ridistribuzione delle proprietà federali.

Qualora trascorresse un anno intero da questo 4 luglio senza che i crimini di questo governo fossero interrotti, si potrebbe superato il punto in cui la rivoluzione non violenta diventa impossibile.

Il tempo di stare a guardare è passato. Restare neutrali è essere complici, limitarsi a fare il proprio lavoro non è una scusa: il dado è tratto.

Mentre alcuni animi miti diranno che è troppo presto, che siamo in grado di risolvere questo problema attraverso mezzi democratici forniti dal governo, che gli attuali livelli di tassazione sono ragionevoli per i servizi forniti, e che i crimini di questo governo sono solo un fastidio tollerabile, potrebbe essere già troppo tardi.

È vero che un’azione drastica comporta dei rischi, ma il maggiore pericolo sta nel permettere a questo governo di proseguire il suo operato in modo incontrastato.

Quindi, se siete soddisfatti dello status quo, rimanete a casa, ingrassate, guardate i fuochi d’artificio a distanza di sicurezza, e permettete che questo Independence Day sia come tutti quelli che l’hanno preceduto. Ma se anche tu vedi quel che vediamo e senti quel che sentiamo, ci incontreremo sul fronte della libertà il 4 luglio 2013 per la definitiva Rivoluzione Americana

Adam Kokesh, 23 maggio 2013, da una cella di una prigione federale di Philadelphia.

970520_371870826253040_67710855_n

Ora io vi chiedo: come può qualcuno che è rinchiuso in una prigione federale rilasciare qualsiasi tipo di dichiarazione, e specialmente un appello alla guerra civile e alla dissoluzione degli Stati Uniti in un’anarchica congerie di staterelli?

adambruce-500x275

L’establishment finanziario sta fomentando una violenta risposta popolare per giustificare misure da stato di polizia? È un trabocchetto? Manifestazione armata > rivolte > rivoluzione > guerra civile > dittatura?
Obama ha una vaga idea di quello che sta facendo e di quel che potrebbe succedere? E’ un burattino? E’ un idiota all’oscuro di tutto quel che conta? E’ un complice?

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/05/04/under-the-dome-linvoluzione-degli-stati-uniti-verso-un-quarto-reich/

“Ora sono diventato la morte, il distruttore dei mondi” – 100, 1000 Waco

Mountcarmelfire04-19-93-l

A tutti quelli che vorrebbero proibire le armi dico solo che se gli ebrei europei avesse avuto il diritto di portare armi prima dell’Olocausto i nazisti e i loro collaboratori avrebbero avuto un bel daffare nell’attuare la “Soluzione Finale”. (Questo tipo di situazione era precisamente il motivo per l’introduzione del 2° emendamento – serviva ad eliminare il monopolio di Stato sulla violenza, armando la popolazione). Questo è il problema fondamentale che riguarda il controllo delle armi in America. Senza un’arma da fuoco si è in balia del linciaggio, la vostra sicurezza dipende dalla buona volontà degli altri cittadini. Se improvvisamente questi se la prendono con te perché sei ebreo, musulmano, nero, gay, o qualsiasi altra cosa, allora tanti saluti. Per questo esiste un’associazione ebraica in favore del secondo emendamento come baluardo contro l’antisemitismo e per la stessa ragione il movimento delle Pantere Nere (Black Panther) lottò strenuamente contro il divieto di portare armi. Un’arma da fuoco dà alle minoranze una serie di diritti che non potrebbero altrimenti essere protetti, in particolare la garanzia di protezione dalla tirannia”.

Anonimo

Questo è il punto di vista di molti difensori del secondo emendamento negli Stati Uniti. Non lo condivido – come ho già scritto qui – ma chiunque può capire che ci può essere molta gente pronta a morire per questo ideale. Molta gente che non può essere dichiarata malvagia o fanatica. Ha le sue ragioni, magari non condivisibili, ma la vicenda dell’assedio di Waco e di quel che vari governi americani hanno fatto ai cittadini nativi americani, giapponesi, musulmani e neri (uccisi, internati, torturati, incarcerati a milioni) e ai civili non-americani nel mondo (ora si usano i droni) – oltre all’esame di quel che le recenti leggi autorizzano il governo a fare – non può essere trascurata nel nostro giudizio complessivo.

Com’era prevedibile, l’annuncio che si sta pensando di vietare la vendita di un certo tipo di armi e caricatori ha fatto impennare gli acquisti. In tre giorni si sono vendute armi e munizioni per una quantità che normalmente equivale a 3 anni e mezzo di commercializzazione e l’industria degli armamenti americana non è in grado di soddisfare le richieste: ci vorranno mesi prima che le consegne siano completate.
Il che significa che prima che la legge sia approvata il numero di armi d’assalto in circolazione sarà aumentato a dismisura (come quello di armi non registrate).

È evidente che l’America sarebbe un posto molto più sicuro se ci fossero meno armi in circolazione, ma questo lo sanno anche i cittadini americani che vogliono tenersi le loro armi.

È l’individualismo che li spinge a concepire l’idea che un certo numero di morti innocenti sia tollerabile per potersi sentire meno passivi e meno vulnerabili, per poter (pensare di) avere un certo livello di controllo personale sulla propria sicurezza. Il loro interesse principale non è la sicurezza della società ma la sicurezza della propria famiglia. Una logica della corsa agli armamenti devastante per la società perché più sono le armi in circolazione, meno ha senso essere tra quelli che si faranno trovare disarmati nell’affrontare dei loro potenziali aggressori. È come essere in piena Guerra Fredda.

È possibile che la popolazione possa essere disposta a disfarsi delle armi semiautomatiche, ma solo a patto che il governo federale sia considerato in grado di bandirle totalmente. Ma i cittadini che si sono armati l’hanno fatto proprio perché non si fidano né dell’efficienza né della buona fede del governo federale.

Negli Stati Uniti si è superato il punto di non ritorno, ma la maggior parte dei cittadini americani non vuole affrontare la tragica realtà dei fatti.

Ad un’escalation proibizionista corrisponderà un’escalation del risentimento, della paura, dell’aggressività.

Questa è la ragione per cui, nel futuro dell’America, ci sono centinaia, forse migliaia di Ruby Ridge e Waco.

E migliaia di Timothy McVeigh si stanno preparando alla guerra contro il governo federale

http://it.wikipedia.org/wiki/Timothy_McVeigh

Se consideriamo l’incapacità dimostrata dall’esercito americano di sconfiggere ribelli muniti di armi leggere in diversi paesi asiatici, non è chiaro come l’amministrazione Obama possa pensare di far applicare una legge che vieta le armi d’assalto senza far piombare la nazione nel caos per diversi anni, con migliaia di morti. Quanti soldati americani diserteranno e si schiereranno con i loro concittadini? Non svegliare il can (la guerriglia) che dorme, si dice.
Sarà interessante osservare l’arrampicata sugli specchi di chi proverà a dimostrare le “evidenti” differenze tra le azioni di Gheddafi/Assad/Netanyahu e quelle del Nobel per la Pace B.H. Obama.

**********

Scrive George Monbiot sul Guardian: “Le mere parole non sono all’altezza della profondità del vostro dolore, né possono guarire i vostri cuori feriti … Queste tragedie devono finire. E per porvi fine, dobbiamo cambiare”. Ogni genitore può identificarsi con il discorso del presidente Barack Obama sulla morte di 20 bambini a Newtown, Connecticut. Non ci può quasi essere una persona sulla terra con accesso ai mezzi di comunicazione che non sia toccata dal dolore della gente di quella città.

Ne consegue necessariamente che ciò che vale per i bambini uccisi da un giovane squilibrato vale anche per i bambini uccisi in Pakistan da un fosco presidente americano. Questi bambini sono altrettanto importanti, altrettanto reali, altrettanto degni della sollecitudine del mondo. Eppure non ci sono discorsi presidenziali o lacrime presidenziali per loro, nessuna foto sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo, non ci sono interviste con i parenti in lutto, non c’è alcuna analisi minuto per minuto di quello che è successo e del perché sia successo.

Se le vittime degli attacchi dei droni di Obama sono citati dallo Stato è per discuterne in termini che suggeriscono la loro sub-umanità. Le persone che operano i droni, ci informa la rivista Rolling Stone, descrivono le loro vittime come “insetti spiaccicati”, “poiché la visualizzazione dei corpi attraverso uno schermo video verde-granulato dà il senso dello schiacciamento di un insetto”. Oppure sono ridotti alla categoria di vegetazione: per giustificare la guerra dei droni, il consigliere sull’antiterrorismo di Obama, Bruce Riedel, ha spiegato che “si deve continuare a rasare il prato. Se smetti di tagliarla, l’erba ricresce”.

Come il governo di George Bush in Iraq, l’amministrazione Obama non documenta né riconosce le vittime civili degli attacchi di droni della CIA nel Pakistan nord-occidentale. […]. Obama non uccide i bambini deliberatamente. Ma le loro morti sono una conseguenza inevitabile del modo in cui sono impiegati i suoi droni.

[…].

La maggior parte dei media di tutto il mondo, che ha giustamente commemorato i figli di Newtown, ignora gli omicidi di Obama o accetta la versione ufficiale che tutte le persone uccise sono “militanti”. I figli del nord-ovest del Pakistan, a quanto pare, non sono come i nostri figli. Non hanno nomi, nessuna foto, nessun memoriale di candele e fiori e orsacchiotti. Appartengono agli altri: al mondo non-umano di insetti, di erba e di tessuti organici.

Obama ha chiesto, domenica, “siamo pronti a dire che la violenza che colpisce i nostri bambini anno dopo anno è in qualche modo il prezzo da pagare per la nostra libertà?”. È una buona domanda. Potrebbe porsela anche riguardo ai bambini del Pakistan”.

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/dec/17/us-killings-tragedies-pakistan-bug-splats#start-of-comments

I choosy e i gobj – “Se non hanno polenta, che mangino brioches!”

Ogni mattina in Italia, quando sorge il sole, un giovane si sveglia e sa che dovrà essere meno choosy o verrà rampognato dalla maestra.

 

Stay hungry, stay choosy.

 

La brillante carriera della figlia di Elsa Fornero. Due posti fissi nell’università di famiglia

Insegna nell’ateneo dei genitori e guida una fondazione finanziata dalla Sanpaolo, di cui la madre era vicepresidente.

http://www.corriere.it/politica/12_febbraio_07/La-titolare-del-welfare_1369e9e4-5167-11e1-bb26-b734ef1e73a5.shtml

“Elsa Fornero, nostra Maria Antonietta” di Salvatore Cannavò

È facile, ormai, ironizzare sulle presunte gaffes del ministro Fornero. Piena di sé e della propria missione “civilizzatrice”, la responsabile del Welfare non perde occasione per esibire un atteggiamento professorale che sta logorando la sua immagine, oltre che il nostro futuro. Le sue esternazioni sfociano ormai nello psicodramma e diventano occasione di una reazione popolare fatta di rabbia e disorientamento. Ma nel caso dell’ultima, in ordine cronologico, brutta figura, quel “choosy” rivolto ai giovani che cercano lavoro, colpisce non tanto il disprezzo e l’altezzosità quanto la buona fede del ministro.

Perché a Fornero quelle espressioni vengono naturali e rappresentano l’effetto genuino della sua estraneità dalla vita reale. Quali giovani frequenta, infatti, il ministro per parlare così? Dove sono questi giovani così schizzinosi? Tra coloro che, nonostante siano laureati e con un dottorato alle spalle, si “accontentano” di fare i camerieri, di lavorare in un call center, di fare le supplenze nelle scuole private senza contratto? Oppure tra quelli che accettano contratti a tempo determinato che non si determinano mai e aprono partite Iva per svolgere un lavoro dipendente? Nelle aziende in cui si ripetono all’infinito gli stage di formazione che sono prestazioni lavorative a tutti gli effetti? O tra i giovani che fuggono dall’Italia e cercano di farsi una vita all’estero?

I ministri tecnici, in realtà, sembrano guardare alla vita vera dall’alto di un Olimpo immaginario, con la lente dei grafici finanziari oppure con il ricordo delle stanze ovattate in cui hanno passato la propria, agiata, vita. Quella di qualche fondazione bancaria o di polverosi palazzi del centro di Roma, al riparo dalle intemperie, accucciati su un ricco conto corrente o accovacciati su una pensione d’oro. Tante nuove Maria Antonietta in cerca di moderne brioches da lanciare alla malcapitata folla di “schizzinosi”, esodati, precari e lavoratori a sbafo.

La classe dirigente italiana, quella della finanza, dell’alta burocrazia, della tekné, vive una propria vita parallela ma decide beatamente sulle vite degli altri, nascondendosi dietro a un simulacro di democrazia.

[…].

La democrazia che non c’è è il vero nervo scoperto del nostro tempo e la rivoluzione democratica quello che ci manca. In fondo, bisogna dire grazie a frasi come quelle di Elsa Fornero, perché ci aiutano a vedere le cose come stanno. E magari a indignarci davvero.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/23/elsa-fornero-nostra-maria-antonietta/390535/

*****

Maria Antonietta non ha mai detto una frase del genere, però il senso di un certo modo di atteggiarsi nei confronti del mondo era quello. E siamo tornati a quel punto. Ed è per questo che considero inevitabile lo scoppio di una rivoluzione. Se non è ancora successo è solo perché il simulacro di democrazia in cui viviamo ci trattiene: non vogliamo gettare la spugna, crediamo che sia ancora riformabile, che con le persone giuste al posto giusto si può tornare almeno nell’ambito della decenza.

Purtroppo temo che i predoni siano qui per restare, costi quel che costi.

La cosa buona è che sono congenitamente irrazionali: la loro avidità ed estraneità alla vita reale è un handicap insormontabile. Di esternazione insulsa in esternazione esasperante si stanno scavando la fossa da soli ed ogni volta che parlano di democrazia e meritocrazia mettono in risalto la loro appartenenza ad un universo differente ed incompatibile con questo.

Il tentato Golpe Borghese (1970)

3 anni dopo la cosa è andata in porto in Cile (Pinochet), 6 anni dopo in Argentina (Videla)

Il golpe Borghese

Sez. I – IL C.D. GOLPE BORGHESE
(Estratto dalla relazione del senatore Giovanni Pellegrino presso la Commissione stragi del Parlamento italiano)

1.1 Può ritenersi ormai certo che nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970 si attivò in Roma un tentativo di vero e proprio colpo di Stato, che tuttavia durò soltanto poche ore e fu subito interrotto ben prima che si raggiungesse uno stato insurrezionale. In merito può ormai ritenersi sufficientemente accertato che:

a) Un gran numero di uomini era stato raccolto e organizzato da Junio Valerio Borghese sotto la sigla Fronte Nazionale in stretto collegamento con Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale.

b) Sin dal 1969 il Fronte Nazionale aveva costituito gruppi clandestini armati e aveva stretto relazioni con settori delle Forze Armate.

c) Borghese stesso, con la collaborazione di altri dirigenti del Fronte Nazionale e di numerosi alti Ufficiali delle Forze Armate e funzionari di diversi Ministeri, aveva predisposto un piano, che prevedeva l’intervento di gruppi armati su diversi obiettivi di alta importanza strategica; sin dal 4 luglio 1970 era stata costituita una “Giunta nazionale”. Avrebbero dovuto essere occupati il Ministero degli Interni, il Ministero della Difesa, la sede della televisione e gli impianti telefonici e di radiocomunicazione; gli oppositori (e cioè gli esponenti politici dei diversi partiti rappresentanti in Parlamento), avrebbero dovuto essere arrestati e deportati. Il Principe Borghese avrebbe quindi letto in televisione un proclama, cui sarebbe seguito l’intervento delle Forze Armate a definitivo sostegno dell’insurrezione.

d) Nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970 il piano comincia ad essere attuato, con la concentrazione a Roma di alcune centinaia di congiurati e con iniziative analoghe in diverse città:

1) Militanti di Avanguardia Nazionale, comandati da Stefano Delle Chiaie e con la complicità di funzionari, entrano nel Ministero degli Interni e si impossessano di armi e munizioni che vengono distribuite ai congiurati.

2) Un secondo gruppo di militanti si riunisce in una palestra, in via Eleniana, ove attende la distribuzione delle armi, che dovrà avvenire a seguito dell’ordine di Sandro Saccucci (un tenete dei paracadutisti stretto collaboratore di Borghese) e a opera del Generale Ricci tra le persone radunate, in parte già in armi, vi sono anche ufficiali dei Carabinieri.

3) Lo stesso Saccucci (che avrebbe dovuto assumere il comando del SID) dirige personalmente un altro gruppo di congiurati, con il compito di arrestare uomini politici.

4) Il Generale Casero e il Colonnello Lo Vecchio (i quali garantiscono di avere l’appoggio del Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, generale Fanali) dovrebbero invece occupare il Ministero della Difesa.

5) Il Maggiore Berti, già condannato per apologia di collaborazionismo e ciò nonostante giunto ad alti gradi del Corpo forestale dello Stato, conduce una colonna di allievi della Guardia forestale, proveniente da Cittàducale presso Rieti, che attraversa Roma e va ad attestarsi non lontano dagli studi RAI-TV di via Teulada.

6) Il Colonnello Spiazzi (di cui si è già chiarito il ruolo nei Nuclei per la difesa dello Stato) muove con il suo reparto verso i sobborghi di Milano, con l’obiettivo di occupare Sesto San Giovanni, in esecuzione di un piano di mobilitazione reso operativo da una parola d’ordine.

7) L’insurrezione, già in fase di avanzata esecuzione, fu improvvisamente interrotta. Fu Borghese in persona a impartire il contrordine; ne sono tuttora ignote le ragioni, giacché Borghese rifiutò di spiegarle persino ai suoi più fidati collaboratori.

1.2. Sono questi fatti noti, di cui acquisizioni anche recenti hanno consentito una più ampia ricostruzione e una più approfondita lettura. E tuttavia gli stessi, anche per come percepiti nella immediatezza degli accedimenti, appaiono alla Commissione tali da non giustificarne la valutazione minimizzante che hanno avuto in sede giudiziaria (sentenza Corte d’Assise di Roma 14 novembre 1978 e Corte di Assise di Appello del 14 novembre 1984 che condussero al noto esito globalmente assolutorio) ed anche da gran parte dell’opinione pubblica, apparsa spesso orientata da aspetti velleitari dell’operazione e dallo scarso spessore di molti dei suoi protagonisti, a definire l’episodio come un “golpe da operetta”. Per ciò che concerne la valutazione giudiziaria, scarsamente condivisibili appaiono alla Commissione innanzitutto le motivazioni con cui già in sede istruttoria furono prosciolti molti di coloro che si erano radunati, agli ordini del Fronte Nazionale; il proscioglimento fu infatti così motivato: “molte persone aderirono al Fronte Nazionale perché illuse e confuse da ingannevolepubblicità… Nei loro confronti non sono state avanzate istanze punitive nella presunzione che l’iscrizione, il gesto isolato e sporadico, il sostegno ‘esterno’, la convergenza spirituale di per sé rilevano, piuttosto che un permanente legame, un atteggiamento psicologico non incidente sulla ‘condizione’ processuale degli interessati”. Indipendentemente dalla fondatezza giuridica di tale dichiarata presunzione, va rilevato che tra le posizioni così archiviate ve ne erano alcune riferibili a soggetti che negli anni successivi compariranno in momenti di rilievo dell’eversione di destra, quali Carmine Palladino, Giulio Crescenzi, Stefano Serpieri, Gianfranco Bertoli (autore della strage di via Fatebenefratelli a Milano), Giancarlo Rognoni, Mauro Marzorati, Carlo Fumagalli, Nico Azzi (autore della tentata strage del 7 aprile 1973 di cui si è già detto). Analogamente alcuni dati di fatto – pur non contestati – furono incomprensibilmente svalutati nella decisione della Corte di Assise di primo grado, vhe accetto le più ridicole giustificazioni di condotte che apparivano ictu oculi di straordinaria gravità (come quella del Generale Berti nell’avere condotto un’intera colonna di militari armati di tutto punto e muniti di manette, acquistate senza autorizzazione ministeriale appena pochi giorni prima, fino a poche centinaia di metri dalla sede della radiotelevisione). Esito di tale complessiva lettura minimizzate può ritenersi la finale ricostruzione della vicenda, cui approda la Corte di Assise di Appello romana nella già ricordata sentenza, affermando: “che i ‘clamorosi’ eventi della notte in argomento si siano concretati nel conciliabolo di quattro o cinque sessantenni nello studio di commercialista dell’imputato Mario Rosa, nella adunata semipubblica di qualche decina di persone nei locali della sede centrale del Fronte Nazionale (adunata cui potettero presenziare anche estranei al movimento, e cioè attivisti dell’M.S.I., incaricati dal loro partito di sorvegliare, senza neppure tanta discrezione, le attività di J. V. Borghese e dei suoi seguaci), nel dislocamento di uno sparuto gruppo di giovinastri in una zona periferica e strategicamente insignificante dell’agglomerato urbano, nel concentramento di un imprecisato numero di individui, alcuni certamente armati ma i più sicuramente non molto determinati, nella zona di Montesacro , in un cantiere impiantato dall’impresa di Remo Orlandini, e, da ultimo, nella riunione di cento o duecento persone, fra uomini e donne, senza armi in una palestra gestita dall’associazione paracadutisti nella via Eleniana di Roma”. Così come analogamente minimizzate appare la valutazione che nella medesima sede viene operata del Fronte Nazionale e del suo oraganizzatore: “La formazione creata e capeggiata da J. V. Borghese, con l’apporto determinante soprattutto di elementi legati, se non politicamente ed ideologicamente, almeno sentimentalmente al fascismo, ed al fascismo più deteriore, quello repubblichino, accolse nel suo seno esaltati, se non mentecatti, di ogni risma pronti a conclamare in ogni occasione la propria viscerale avversione al sistema della democrazia liberale, avversione condivisa dal loro capo, nonché ad alimentare deliranti segni di rivalsa e speranze e propositi illusori di rovesciare il regime creato dalle forze andate al potere dopo la disfatta del facsismo: conseguentemente è indubbio e risulta documentato in atti, che all’organizzazione del Fronte Nazionale apppartennero individui che, in assenza di qualsiasi elemento che potesse conferire caratteri di concretezza ai loro discor si, presero a farneticare di imminenti colpi di Stato, nei quali essi stessi e il movimento cui si erano affiliati avrebbero dovuto avere un ruolo determinante, o almeno significativo, a spingere le proprie sfrenate fantasie, apparse subito comiche alla generalità dei compari, un po’ meno sprovveduti di loro, sino al punto di vagheggiare spartizioni di cariche per sé e per i propri amici e conoscenti nell’aministrazione centrale e periferica dello Stato, a predisporre proclami da rivolgere al popolo dopo la auspicata instaurazione del fantasticato “ordine nuovo”, ad immaginare come imminenti sovvertimenti istituzionali….”. Sorprendente appare alla Commissione che a valutazioni siffatte si sia potuto giungere nel 1984, cioè al termine del terribile quindicennio che ha insanguinato la Repubblica; e cioè dopo che una serie di eventi, con la tragicità della loro evidenza, avevano dimostrato la estrema pericolosità dei fenomeni, in cui la vicenda della notte dell’Immacolata veniva ad inserirsi, preannunciando in qualche modo episodi successivi, di cui molti degli aderenti al Fronte Nazionale furono, come già segnalato, i negativi protagonisti. Vuol dirsi cioè che una valutazione giudiziaria così minimizzante dell’episodio avrebbe avuto senso se lo stesso fosse venuto ad inserirsi in un contesto storico sociale assolutamente pacifico; e cioè affatto diverso da quello che caratterizzò il Paese per l’intero decennio degli anni ’70. In quel contesto la vicenda della notte dell’Immacolata non può meritare una così intensa sottovalutazione che stride, fino alla inverosimiglianza, con la stessa personalità del suo protagonista, (il Comandante Borghese), quale già all’epoca nota e quale meglio è venuta a precisarsi a seguito di più recenti acquisizioni: un coraggioso uomo d’armi, avvezzo a responsabilità di elevato comando, esperto di guerra e di guerriglia, conoscitore degli aspetti e dei profili occulti del potere, sia in ambito nazionale che internazionale. Appare francamente inverosimile che personalità siffatta si sia posta alla testa di un gruppo di “mentecatti” o di “giovinastri” quali alla autorità giudiziaria sono apparsi gli affiliati al Fronte Nazionale, per assumere i rischi di pesanti responsabilità senza alcun tornaconto personale ovvero senza alcuna concreta posibilità di succeso.

1.3 Peraltro è estremamente probabile che anche gli esiti giudiziari della vicenda sarebbero stati diversi se intense e molteplici non fossero state le condotte di occultamento della verità anche da parte degli apparati. Le varie fasi del tentativo insurrezionale furono infatti costellate da contatti tra uomini del Fronte Nazionale e pubblici funzionari, in cui è difficile distinguere le condotte partecipative di questi ultimi da quelle di mero favoreggiamento successivo. Con nota del 13 agosto 1971, infatti, il SID comunicò all’autorità giudiziaria che le notizie in possesso del Servizio “portavano all’esclusione di collusioni, connivenze o partecipazioni di ambienti o persone militari in attività di servizio”. Sin dal 1974 emerse, invece, che il SID aveva occultato rilevanti elementi di prova sugli avvenimenti della notte dell’Immacolata. Erano infatti state raccolte, nell’immediatezza dei fatti (e per alcuni versi persino prima che essi accadessero), informazioni assai particolareggiate sulla organizzazione del colpo di Stato e sulla identificazione di coloro che – a diverso titolo – vi avevano avuto parte. Tra queste informazioni ve ne erano di provenienza non meramente confidenziale, come le registrazioni dei colloqui avvenuti tra il Capitano del SID Antonio Labruna e uno dei congiurati, Remo Orlandini, nonché registrazioni di conversazioni telefoniche raccolte sin dal giorno successivo al fallimento dell’iniziativa. Nel settembre 1974 il Ministro della Difesa, Giulio Andreotti, impose al SID (e per esso al nuovo direttore Casardi e a quello del Reparto D, Gian Adelio Maletti) di comunicare all’autorità giudiziaria le informazioni in possesso del servizio. Furono quindi inviate tre distinte memorie, che riguardavano rispettivamente il Golpe Borghese, la “Rosa dei Venti” e ulteriori fatti di cospirazione dell’estate 1974, a seguito delle quali fu infine esibito il materiale (che all’epoca si ritenne integrale) raccolto dl Reparto D. Già da questo materiale risultò evidente che ilServizio aveva seguito sin dalla nascita il Fronte Nazionale; risultano accuratamente descritti i contatti con i dirigenti di Ordine Nuovo (tra cui Pino Rauti) e di Avanguardia Nazionale (tra cui Stefano Delle Chiaie, definito “un tecnico della agitazione di massa e della cospirazione”); l’addestramento all’uso delle armi individuali; la preparazioni del colpo di Stato; la disponibilità di armi e i collegamenti con settori delle Forze Armate (ivi compreso il ricorso alle caserme per l’approvigionamento delle armi e munizioni in caso di necessità). Nessuna contromisura risultò però essere stata predisposta e il disvelamento della condotta del Servizio al suo interno portò all’ontanamento del suo Direttore generale Miceli e al rafforzamento di Casardi e Maletti. Fu però soltanto a seguito dell’asssassinio del giornalista Mino Pecorelli (avvenuto in Roma il 21 marzo 1979) che si accertò come solo una parte delle informazioni fosse stata effettivamente posta a disposizione degli inquirenti: quelle concernenti il coinvolgimento di alti ufficiali delle Forze Armate e dello stesso Servizio di informazione erano state in realtà in larga parte soppresse. Nel colorito linguaggio del settimanale OP – che appare sempre di più un singolarissimo crocevia, un luogo fitto di intrecci di svariati “fiumi carsici” che attraversarono la vita del Paese – ciò verrà sintetizzato nella espressione “malloppone e mallopponi” a segnalare che da un originario, grande rapporto erano state ricavate più modeste, purgate informative. I contenuti di OP, decrittati alla luce delle acquisizioni di cui oggi si è in possesso, convincono che tra le responsabilità da occultare vi fu anche con ogni probabilità quella di Lucio Gelli il cui ruolo sarebbe stato quello di cosegnare la persona del Presidente della Repubblica in mano al Fronte Nazionale, avvantaggiato in ciò dai rapporti diretti con il Generale Miceli che davano a Gelli libero accesso al Quirinale. Questo è il ruolo che a Gelli sarebbe stato assegnato nel colpo di Stato del 1970 in danno del Presidente Saragat; analogo ruolo Gelli avrebbe dovuto svolgere in danno del Presidente Leone secondo un altro progetto eversivo del ’73-’74, di cui in seguito più ampiamente si dirà.

1.4. In più recenti indagini giudiziarie (159), sulla base di nuovi apporti collaborativi di Spiazzi e Labruna, meritevoli indubbiamente di ulteriori verifiche, è in particolare emerso:

1. L’attività informativa svolta sul Golpe Borghese e sulla Rosa dei Venti, contattando soprattutto Remo Orlandini, e la successiva espunzione e manipolazione dei nastri operata dai responsabili del Reparto D, affinché non divenisse pubblico il coinvolgimento in tali progetti di alcuni alti ufficiali, di Licio Gelli e di parte della massoneria, nonché la piena conoscenza del progetto Borghese e di quelli successivi da parte degli ambienti militari americani.

2. La consegna allo stesso Labruna ad opera del giornalista Guido Paglia, divenuto alla fine del 1972 informatore del SID, di una dettagliata relazione sul ruolo svolto da Avanguardia nazionale nel golpe Borghese e sugli avvenimenti della notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970, relazione poi trasmessa al Generale Maletti e mai inviata da questi all’autorità giudiziaria, rimanendo praticamente inutilizzata.

3. La consegna da parte di Guido Giannettini sempre a Labruna di un’analoga relazione sul golpe Borghese, dalla quale i responsabili del Reparto D avevano soppresso la nota relativa all’ammiraglio Giovanni Torrisi affinché non ne emergesse il coinvolgimento nei fatti del 1970. Vengono in tal modo ad aprirsi nuove prospettive di indagine, di cui non è qui il caso di dar compiutamente conto, ma che se utilmente percorse porterebbero in luce più ampie connessioni di apparati istituzionali e con il golpe tentato del ’70 e con un successivo progetto eversivo del ’73-’74, che avrebbe dovuto perseguire, sempre con modalità sostanzialmente insurrezionali, la realizzazione di un progetto di revisione costituzionale, che portasse all’instaurazione di una Repubblica presidenziale, caratterizzata da programmi socialmente avanzati, ma da forti limitazioni dei diritti sindacali, concentrazione dei mezzi di informazione e da una forte scelta atlantista; un progetto di “stabilizzazione” quindi da realizzarsi attraverso mezzi destabilizzanti (attentati sui treni e in luoghi pubblici, eliminazione di avversari politici, scontri di piazza) la cui responsabilità sarebbe stata apparentemente attribuibile alla sovversione di sinistra, sì da determinare una f orte domanda d’ordine e quindi giustificare l’intervento delle Forze Armate.

1.5. In particolare, con specifico riferimento al tentativo insurrezionale del ’70, recenti acquisizioni processuali, soprattutto dell’autorità giudiziaria di Milano e di Bologna, consentono una lettura dell’episodio che ne aggrava la rilevanza, avuto riguardo ad una più precisa individuazione di quanto si sarebbe dovuto verificare. Ad agire in supporto degli insorti non avrebbero dovuto essere solo manipoli di congiurati, raccolti intorno a ufficiali infedeli. In realtà la notte del 7 dicembre sarebbe stato impartito (come afferma lo stesso Spiazzi) l’ordine di mobilitazione delle strutture costituite nell’ambito degli uffici I dell’Esercito con funzione di contrasto di moti comunisti. Si sarebbe trattato dunque della mobilitazione delle strutture miste, costituite da civili e militari, denominate Nuclei di difesa dello Stato, e di cui si è detto in altra parte della relazione. Ciò sembra confermato dalle dichiarazioni di uno dei componenti di questa struttura, direttamente dipendente dallo Spiazzi (Enzo Ferro) e da quelle rese sin dal 1974 da altro componente (con ruoli di maggior rilievo) Roberto Cavallaro. L’ordine, come riferito da Spiazzi, sarebbe stato impartito per radio, attraverso i codici del piano di mobilitazione; Spiazzi afferma che ricevendo, ne chiese conferma, ottenendola, e quindi si mosse; ricevette poi il contrordine, quando ormai aveva raggiunto le porte di Milano e fece ritorno in caserma. Se queste furono le modalità di comunicazione dell’ordine di mobilitazione, è da presumere che anche gli altri Nuclei siano stati attivati, anche se la loro stessa esistenza e poi rimasta coperta dal segreto per oltre vent’anni. E in effetti plurime fonti di recente acquisizione indicherebbero che la mobilitazione ebbe luogo:

1. a Venezia, di civili e militari, d’innanzi al comando della Marina militare;

2. a Verona di civili e militari;

3. in Toscana e Umbria, dove i militanti erano stati dotati ciascuno di un’arma lunga e di una corta e gli obiettivi assegnati;

4. a Reggio Calabria, ove avrebbe dovuto aver luogo la distribuzione di divise dei Carabinieri.

1.6. Si è in presenza, giova ribadirlo ancora, di nuove acquisizioni processuali non ancora sottoposte al necessario vaglio dibattimentale. E tuttavia le stessa appaiono idonee a rafforzare il convincimento della Commissione, nell’ambito delle competenze sue proprie, in ordine alla sottovalutazione già sottolineata che gli avvenimenti della notte dell’Immacolata ebbero nelle segnalate sentenze delle Corti di Assise romane e anche in sede pubblicistica. Ad una riflessione più meditata che tenga conto, come è alla Commissione possibile per la specificità dell’angolo prospettico che ne caratterizza l’indagine, gli avvenimenti oggetto di esame appaiono non già un “golpe da operetta”, quanto il punto di emersione di un ampio intreccio di forze, cospirative che furono occultamente attive per un lungo periodo; e che, analizzato nelle sue diverse componenti, rende leggibili una pluralità di avvenimenti anteriori e successivi, che altrimenti sarebbero destinati a restare oscuri e quindi inconoscibili nelle loro nascoste ragioni. Va peraltro riconosciuto che anche in tale più ampia ricostruzione resta irrisolto quello che sin dall’inizio apparve come uno dei nodi principali posti in sede analitica dagli avvenimenti del dicembre 1970; e che attiene alle ragioni per cui il tentativo insurrezionale, che oggi può ritenersi il frutto di un’ampia cospirazione, rientrò quasi immediatamente dopo l’iniziale attivazione. Si è già detto che il contrordine venne dato dallo stesso Borghese che non ne ha mai voluto spiegare le ragioni nemmeno ai suoi più fidati collaboratori. In merito resta aperta l’alternativa tra due ipotesi. La prima suppone che all’ultimo momento solidarietà promesse o sperate sarebbero venute meno, determinando in Borghese il convincimento che il tentativo insurrezionale diveniva a quel punto velleitario e senza possibilità di successo. Sicché lo stesso fu rapidamente abbandonato, fidando nella probabile impunità assicurata dalle “coperture”, che poi puntualmente scattarono. Una seconda lettura più articolata ipotizzerebbe invece in Borghese o in suoi inspiratori l’intenzione, sin dall’origine, di non portare a termine il tentativo insurrezionale. Quest’ultimo anche nella sua iniziale attivazione sarebbe stato concepito soltanto come un greve messaggio ammonitore inviato ad amici e nemici, all’interno e all’esterno, con finalità dichiaratamente stabilizzanti. Si sarebbe trattato in altri termini di un ulteriore avanzamento della logica della minaccia autoritaria, già sperimentata con il “tintinnare di sciabole”, che come si è visto fortemente condizionò la crisi politica dell’estate del 1964. Paolo Aleandri riferì alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia P 2 l’interpretazione che ne era stata data da uno dei protagonisti, Fabio De Felice, a Gelli molto vicino. Il contrordine, secondo il De Felice, sarebbe giunto proprio da Gelli, essendo venuta meno la disponibilità dell’Arma dei Carabinieri e non essendo stato assicurato l’appoggio finale degli U.S.A.; Alfredo De Felice, poi, aveva aggiunto che la mobilitazione non aveva una reale possibilità di riuscita e il fantasma di una svolta autoritaria era stato utilizzato da Licio Gelli come una sorta d’arma di ricatto. Queste indicazioni trovano ora conferma nelle dichiarazioni di Andrea Brogi, il quale riferisce informazioni provenienti da Augusto Cauchi, del quale risultano i diretti rapporti con Gelli.

La Profezia di Topolino (rivoluzione 2012)

Questa cosa è davvero curiosa e senza internet non sarebbe mai venuta fuori.

Scrive Informazione Libera:

“La profezia di Topolino, nel 1993, aveva già previsto tutto.
Sta facendo il giro della rete pagina 17 di un fumetto di Topolino del 1993 (numero 1956, 23 Maggio 1993).
Quasi una profezia. O forse i nostri politici si ispirano a Topolino? In ogni caso sembra scritto oggi.

IL FINALE: i Bassotti si sostituiscono ai tecnici che vengono sequestrati, tassano di tutto e di più assumendo come esattori loro “colleghi”. Paperinik alla fine trova i veri tecnici, li libera e smaschera i Bassotti (che erano già sulla via di fuga visto che stavano per venire linciati dalla popolazione).

A quel punto i tecnici dicono che quello che è avvenuto prima (stratassare tutti) è pericoloso perchè porta all’insurrezione e bisogna trovare il modo di fare cassa senza far insorgere la popolazione. Ad esempio tassare i supereroi che in quanto pochi e anonimi non possono fomentare proteste di massa. Con Paperinik che sviene”.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: