Le mie previsioni per il 2014

A cura di Stefano Fait

Paradiso Riconquistato [blog per architetti di mondi nuovi – poliglotta]

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Il prossimo anno sarà un anno più particolare degli altri.

Fin dal 2011 ho sempre terminato nel 2014 le mie analisi previsionali sugli scenari futuri.

La ragione è che non ho la minima idea di cosa accadrà da qui in poi.

Quest’anno siamo stati sfiorati da una guerra potenzialmente globale (Francia e USA pronti a colpire la Siria), l’eurozona ora si ritrova sul groppone un altro micro-stato devastato dall’austerità, con la popolazione tornata ai livelli del 1957 (alla faccia della diaspora)

http://www.forbes.com/sites/markadomanis/2013/01/03/latvia-is-a-success-story-if-by-success-story-you-mean-disaster/

gli Stati Uniti che non sono messi meglio

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/12/23/paradiso-riconquistato-nuovo-blog/

La Francia è messa economicamente MOLTO PEGGIO dell’Italia e la pentola a pressione sociale sta per esplodere  (cf. quenelle). Attenzione alle banlieues: il 1789 potrebbe essere stata una prova generale di quel che succederà in una Francia governata da un totale inetto o delinquente (figlio di un collaborazionista del Terzo Reich e legato a Jacques Attali, il gran complottista di Francia) che vende armi ai sauditi e scodinzola dietro ai capricci dell’establishment israeliano (nel mondo) e tedesco (in Europa).
Se la nonviolenza (quenelle) prevale, allora la rivoluzione sarà del tipo “caduta del muro di Berlino”, ossia la Rivoluzione Perfetta: nessuna giacobinizzazione-stalinizzazione-hitlerizzazione sarà possibile e il movimento trionferà.

http://stefanofait.tumblr.com/archive

In questi anni siamo diventati l’incarnazione di Tantalo e di Sisifo: Tafazzi è un dilettante.

È successo perché abbiamo pensato che bastava la teatralità rituale delle nozze (voto) per far funzionare il matrimonio (democrazia).

Sensazionalizziamo per generare un’apparenza di estasi che funga da surrogato per la vera felicità che non c’è (crediamo di averla solo perché non conosciamo alternative migliori alla nostra condizione – come la donna analfabeta e seviziata che non sa che si può essere donna in mille modi migliori, avendone l’opportunità).

Poi è arrivata la delusione. L’apparenza non ci rende felici. Ora molti non credono più al matrimonio. E cosa fanno? Come i bambini: frignano, schiamazzano, scassano, finché qualcuno non interviene (dall’alto) per sistemare le cose e calmarli.

Ma noi non siamo bambini, siamo genitori e sposi. Siamo noi che ci dobbiamo assumere la responsabilità di cambiare le cose, cambiando noi stessi senza aspettare che siano gli altri a dirci cosa fare, oppure l’intervento di una figura messianica-paternalista (Renzi, Obama, Monti, Putin, gli alieni, ecc.), né pianificando la distruzione delle istituzioni esistenti, che hanno l’unica “colpa” di essere occupate da una leadership globale non semplicemente mediocre – come in passato – ma criminalmente, deliberatamente, malignamente votata a promuovere gli interessi dei pochi a danno dei molti.

Finiamocela di illuderci: le cose non miglioreranno finché non le miglioreremo noi tutti, coralmente.

Per parafrasare l’ultimo grande presidente americano – ucciso da un golpe nel 1963: “Non chiedete che cosa il Grande Evento può fare per voi, ma cosa voi potete fare per il Grande Evento”.

Che Dio ci benedica e che l’insubordinazione di massa all’oppressione neoliberista si diffonda come non mai.

Gesto di ribellione al sistema ( = infilatelo nel culo), immediatamente bollato dal sistema come “neonazi” e “antisemita”, per neutralizzarlo

Succinto trattatello sull’oligarchia

 

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L’oligarchia si fonda su un rapporto del genere “padrone-servo”.

L’oligarchia è sempre minacciata dalle masse per la semplice ragione che rappresenta una costante minaccia per la popolazione.

Gli oligarchi sono in lotta perpetua con chi sta sopra di loro e vuole depredarli, con chi sta al loro livello e vuole depredarli, con chi sta sotto di loro e vuole depredarli. Hanno sempre molto da perdere e quindi sono sempre sul chi vive.

Per questa ragione tendono a far fronte comune per minimizzare le minacce interne e concentrarsi su quelle esterne (il popolo).

Per sopravvivere, l’oligarchia cerca di dividere la popolazione in fazioni. L’unione fa la forza e le masse organizzate sarebbero invincibili. Per questo gli oligarchi disseminano entusiasticamente miti, arbitrarie divisioni sociali ed –ismi di ogni sorta, e con essi zizzania, rancori, sospetti, sfiducia, apatia.

Pertanto, gli oligarchi sono sempre all’offensiva: la miglior difesa è l’attacco. Sono inestinguibilmente avidi ed insicuri: per questo tendono, auto-distruttivamente, ad aggravare le disparità, fino a quando il sistema collassa. Quanto maggiore è la concentrazione di psicopatici tra i loro ranghi, tanto più rapida e disastrosa sarà la caduta.

L’oligarchia è un arbitrio che non dipende dalla prosperità di una società. Esiste nelle società povere ed in quelle ricche.

Non è interessata allo sviluppo tecnologico e scientifico se non ne può trarre vantaggio e addirittura lo ostacola se può mettere a repentaglio lo status quo.

L’oligarchia favorisce la scarsità (anche di informazione) e la crea laddove non c’è, perché in un regime di abbondanza (es. energia illimitata e virtualmente gratuita) perderebbe la sua rendita di posizione ed il suo semi-monopolio del potere: lo status quo sarebbe sovvertito. Austerità e decrescita sono quindi una panacea per gli oligarchi.

Lo 0,1% degli oligarchi necessita dell’appoggio del 5% dei ricchi non sufficientemente facoltosi da potere essere inclusi nella classe oligarchica. L’alleanza è facilitata dal comune interesse a difendere le proprie risorse e possibilmente accrescerle a spese del resto della società (ci sono comunque ricchi di buona volontà che non sono interessati a questo tipo di cospirazione e che perciò non accederanno mai ai piani alti delle oligarchie). Lo 0,1% difende gli interessi del 5% e il 5% incensa i membri dello 0,1% e li copre.

Due forze possono ostacolare i piani delle oligarchie: il potere esecutivo e l’insubordinazione delle masse. I governi godono di una legittimità che gli oligarchi non possiedono e possono promulgare leggi che riducono il loro arbitrio (es. Washington ed Hamilton, Lincoln, Roosevelt, de Gaulle, Olof Palme, Bruno Kreisky, Willy Brandt, Aldo Moro ed Enrico Berlinguer).

La disobbedienza civile deve perciò sempre venire DOPO un serio tentativo di conquistare il governo di una nazione. Per serio intendo una proposta di governo chiara, con proposte solide, pragmatiche e radicate nella tradizione riformista dei summenzionati statisti, non fumose visioni palingenetiche senza capo né coda che fanno affidamento sulla forza redentrice della democrazia diretta e della rete e glissano sulle questioni del lavoro, dell’economia e dei rapporti internazionali (chi ha orecchie per intendere…).

Il fratello di tutti gli scioperi (ora si attende la Madre)

Il problema è molto semplice: finché li lasciamo fare, loro andranno avanti. Le bolle speculative possono esplodere, ma poi le riformeranno, a spese dei contribuenti. Ne consegue che il nostro futuro è nero: non c’è la cavalleria che interviene, non c’è un nascondiglio o rifugio per proteggerci. È in corso una lotta di classe (di casta) tra un’oligarchia di super-ricchi parassiti (100 milioni circa) e chi fa stare in piedi l’economia reale (inclusa una maggioranza di imprenditori, che non ha ancora capito che se la sta per prendere nel sedere: cf.  -1,8% della produzione industriale tedesca).

Se non ci ribelliamo all’austerità ci sarà un futuro tetro per tutte le generazioni a venire. Arriva il momento in cui bisogna battersi per salvare quel che abbiamo ricevuto in eredità da chi si è battuto prima di noi.

Senza un movimento di massa le cose non cambieranno e saremo responsabili delle nostre ed altrui afflizioni per molti anni a venire.

Ecco il tipo di europeismo e paneuropeismo (dal basso) che piace a me. Altro che secessioni e fughe dall’euro. Si resta e ci si batte e si cerca di vincere, in nome della dignità di 500 milioni di europei (e di 7 miliardi di esseri umani), dei principi costituzionali e di un’idea di sviluppo moralmente, socialmente ed ecologicamente sostenibile, alternativo al gioco al massacro dei nostri giorni.

“A CHI NON CONVIENE LO SCIOPERO ?”

di ESTHER VIVAS
Público

Il 14 novembre avremo uno sciopero generale e ciò che è più importante ed inedito è che avverrà contemporaneamente in Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro, Malta, Belgio e, per quattro ore, anche in Italia. Sembra quindi che un fantasma stia iniziando a muoversi per la periferia dell’Unione Europea, per questa Europa colpita dalla crisi, dalle rettifiche, dal debito e dall’austerità. Uno sciopero generale che deve essere un primo passo per iniziare a coordinare le proteste in scala continentale. I maggiori sindacati hanno un ritardo storico e fino ad ora non hanno fatto quasi nulla per orchestrare internazionalmente le proteste. Il 14 novembre, nonostante arrivi tardi, é perlomeno un passo in avanti.

E’ uno sciopero generale che non può limitarsi ad essere solo una mera astensione dal lavoro. Bisogna avanzare verso uno sciopero sociale e cittadino. Uno sciopero dove non solo si fermino le imprese ma anche le scuole, i supermercati, i servizi sociali… e, in definitiva, i quartieri e le città; dove persone in manifestazione, precari, pensionati abbiano un luogo e un ruolo; dove si creino comitati di quartiere per preparare questo sciopero e la grande manifestazione. Uno sciopero che deve essere una leva per impulsare un processo di lotta sostenuta nel tempo. Affinché dopo uno sciopero generale, come é successo in Grecia, ne venga un altro e un altro ancora.

Il 14 Novembre non deve servire solo per protestare contro gli ultimi tagli di Rajoy. Bisogna andare molto più in là. Basta sfratti, basta licenziamenti, basta povertà e basta debiti: é ciò che chiediamo”.

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11045

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