Mario Mauro muro di gommarabica. Ammiraglia mira a mirabolanti mercimoni con emiri e mori. Merda! (1914-2014)

a cura di Stefano Fait

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Le nostre ‘eccellenze militari’ faranno bella mostra di sé in paesi dove sono in vigore regimi autoritari, e in alcuni di questi sono in corso conflitti armati. L’impegno dell’Italia dovrebbe invece andare nella direzione della pace e della diplomazia, e non privilegiare l’industria militare come strumento di politica estera. Le parole del Ministro Mauro non hanno convinto nessuno. Né noi né il Parlamento. Sulla portaerei Cavour (il ministro, ndr) ha rimandato a risposte future e ha aggiunto che l’Italia non farà il tour dell’Africa per vendere armi. Certo, non direttamente. Ma, la pubblicità dei prodotti militari cosa produce?

Arturo Scotto, capogruppo SEL in Commissione Esteri

Si stanziano milioni di euro per commemorare (celebrare?) un olocausto militare (1914-1918) che ci ha trascinati fino alle due guerre mondiali successive (1939-1945: Europa e Pacifico / 1947-1989: ex colonie) e, in prospettiva, a una possibile quarta guerra mondiale (2014-???). Il tutto nel giro di un secolo.

Ci si chiede di ricordare coloro che sono morti nelle grandi guerre anche se le nostre commemorazioni saranno cooptate dai politici per giustificare guerre al terrore o contro gli “stati canaglia” che diventano un pretesto per spogliarci dei nostri diritti civili (sì, qualcuno se né accorto) e fare affari.

Siamo tenuti a commemorare soldati che non sono morti per la patria o per degli ideali, che erano in gran parte contadini, artigiani e operai che non avevano mai assaggiato il sapore della libertà, dell’uguaglianza, della fratellanza, della dignità, della democrazia, che non avevano altra scelta che essere gettati in un gigantesco tritacarne a beneficio delle ambizioni di una ristrettissima élite.

Dovremo sorbirci un’altra orgia nazionalistica dopo quella del 2011 per i 150 anni d’Italia, un’ubriacatura di simboli e valori come sacrificio, patria, dovere onore, naturalmente declinati umanitaristicamente – com’è d’uopo nel terzo millennio –, ma non per questo meno dozzinali e offensivi per l’intelligenza di una popolazione non più rintronata e analfabeta come un tempo, che convoglieranno i nostri pensieri ed emozioni nella direzione desiderata dall’establishment (o una sua parte?): la direzione dello scontro armato con – tanto per non sbagliare – il resto del mondo.

Perché, come ci assicura il mai sorprendente e ormai totemistico Napolitano, in un mondo “sempre più complesso” ed esposto a “rischi e minacce”, “non possiamo indulgere a semplicismi e propagandismi che circolano in materia di spesa militare e di dotazioni indispensabili per le nostre forze armate” (e abbiamo soldi da buttare nei catorci che ci rifilano i nostri soci di maggioranza: Lockheed Martin).

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A settembre il nostro ministro della “difesa” (leggi: guerra), Mario Mauro, per nulla semplicisticamente e per nulla propagandisticamente, mentre digiunava con il papa contro la guerra, inviava alla chetichella unità navali nel Mediterraneo orientale, dove i nostri soldati e quelli francesi attendono di trovarsi nel bel mezzo dello scontro finale tra Israele ed Hezbollah, non diversamente da quelli accerchiati in Afghanistan (perché noi, strategicamente, abbiamo fatto passi da gigante dai tempi di Stalingrado…e poi gli americani, come i tedeschi del 1942, sanno quel che fanno: una passeggiata)

http://www.analisidifesa.it/2013/09/siria-mauro-manda-le-navi-non-lo-dice-a-nessuno/

Questo è il modo in cui onoriamo i nostri caduti, preparando un altro sacrificio di massa di giovani volonterosi e seriamente convinti di essere in missione per conto del Bene: dulce et decorum est pro patria mori (e per un “mondo migliore”).

Quel Bene che appoggia apertamente il Trucidatore di massa al-Sisi in Egitto, gli alqaedisti in Siria, le tirannie del Golfo, i torturatori del popolo greco e tutti i fautori del neoliberista Washington Consensus.
Il Bene che costruisce gigantesche basi aeronavali a poche centinaia di chilometri da Shanghai – a Jeju, l’Isola della Pace (!!!) sudcoreana –, giusto per far capire ai cinesi che si possono fidare di noi e agli isolani sudcoreani che “business is business” e “war is a business”.

L’Impostore

Il celebre intellettuale francese Bernard-Henri Lévy (BHL) è abituato ad avere un occhio di riguardo per l’agenda della NATO (preme per l’intervento militare in Siria come l’ha fatto per la Libia):

http://www.lettera43.it/attualita/33340/libia-armi-e-ragione.htm

e di Israele:

http://www.osservatorioiraq.it/gaza-e-i-media-un-giornalista-e-un-filosofo-a-confronto

Un uomo sempre dalla parte del potere economico e politico, con le mani in pasta in molti affari nelle ex colonie, le cui risorse ha provveduto a sfruttare a puntino (la sua impresa di famiglia è stata accusata di essere al centro del peggior progetto di deforestazione del continente nero e di trattare gli operai come dei servi), che dà lezioni di morale a tutti dopo aver frodato il fisco francese, che si propone come l’ultimo dei grandi filosofi francesi.

Il New York Times boccia senza la minima riserva un suo saggio sugli Stati Uniti infarcito di vacuità e luoghi comuni che, nelle sue intenzioni, doveva estinguere l’antiamericanismo dal pubblico francese con un’apologia dell’America che avrebbe dovuto proiettarlo nella storia come “il nuovo Tocqueville”: “Qualunque autore americano che volesse spiegare la Francia ai Francesi dovrebbe leggere prima di tutto questo libro per capire cosa bisogna NON fare

http://www.agoravox.fr/culture-loisirs/culture/article/bhl-une-imposture-francaise-7921

Un uomo di una vanità quasi senza pari, eternamente preoccupato di non essere sufficientemente al centro dell’attenzione e abbastanza celebre negli Stati Uniti:

http://lmsi.net/BHL-L-homme-qui-pretendait

Pierre Vidal-Naquet (1930-2006), uno dei grandi storici francesi, lo considerava un impostore, tra gli intellettuali: incline ad impiegare false citazioni, a commettere errori grossolani che si potrebbero perdonare solo ad uno studente liceale, ad indulgere in deliri retorici; insomma, un autore mai più che mediocre che però si concede fin troppo generosamente arie e pomposità di un erudito che si è assunto l’incarico di salvare il panorama intellettuale francese dal suo degrado (parole di BHL).

http://www.pierre-vidal-naquet.net/spip.php?article49

 

Solo ora, però, i suoi critici potranno finalmente rallegrarsi della sua caduta dal piedistallo.

“Nel suo ultimo ed acclamatissimo libro De la guerre en philosophie, [BHL] dedica ampio spazio al filosofo Jean-Baptiste Botul autore del fondamentale saggio “La vita sessuale di Immanuel Kant”. Ne parla con grande ammirazione e dovizia di particolari: «All’indomani della Seconda guerra mondiale, nella sua serie di conferenze ai neokantiani del Paraguay, dimostrò che il loro eroe era un falso astratto, un puro spirito di pura apparenza». E sin qui non ci sarebbe nulla di male. Peccato che Jean-Baptiste Botul non esista. È un personaggio inventato a scopo di satira, un finto intellettuale creato proprio per potergli ficcare in bocca qualsiasi scempiaggine. Nel 1999 Frederic Pages, professore di filosofia e collaboratore del giornale satirico Canard Enchainé (un vero must per i francesi che amano l’umorismo colto), lo inventò per far fare due risate ai suoi lettori, e trasformò poi le sue finte conferenze addirittura in un libro (uscito anche in Italia). Ma mai si sarebbe immaginato che questo strambo personaggio creato per far ridere ingannasse il «povero» Levy. Tanto più che la sua stessa biografia fittizia è strutturata in forma di barzelletta: avrebbe avuto delle liaisons con Marthe Richard, Marie Bonaparte, Simone de Beauvoir e Lou Andreas-Salomé e vanterebbe tra amici e improbabili conoscenze: Zapata, Pancho Villa, Henri Désiré Landru, Stefan Zweig, André Malraux, Jean Cocteau e Jean Giraudoux.

Insomma, Lévy ha fatto uno scivolone così colossale che ha lasciato basita e incredula anche la prima che se ne è accorta, la giornalista del Nouvel Observateur Aude Lancelin, che ha subito lanciato l’allarme dalle pagine della storica testata. Per usare le parole della Lancelin che ha titolato il suo articolo Bernard-Henri en flagrant délire: l’affaire Botul è come se «Michel Foucalt si fosse basato sui lavori di Fernand Raynaud (un attore comico) per una lezione inaugurale al Collége de France». Tanto più che basta una cliccatina su internet (anche senza andare oltre la tanto vituperata Wikipedia) per accorgersi che Botul è solo uninvenzione satirica. Così adesso sono tanti in Francia a chiedersi cosa sia passato nella testa del più stimato e osannato dei pensatori nazionali. Basti dire che l’editore Grasset ha presentato De la guerre en philosophie con queste parole: «Un manuale per epoche oscure, dove l’autore… dispone, cammin facendo, le pietre angolari di una metafisca futura». Pare proprio che i posteri dovranno trovarsi delle pietre angolari un po’ più solide, a meno che la metafisica sia tutta uno scherzo. Allora ben venga Botul, «autore» anche di un Landru precursore del femminismo. Anche se a questo punto bisogna dire che BHL, come lo chiamano i francesi, è diventato più buffo, con la sua aria seriosa e impegnata, di qualsiasi creazione immaginaria”.

http://www.ilgiornale.it/news/bernard-henry-l-vy-scivola-su-botul-filosofo-inesistente.html

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