Premessa: Massimo D’Alema è quel politico di “sinistra” che, incapace di dire cose di sinistra, ha preferito osannare Escrivà de Balaguer, il fondatore di Opus Dei:
http://www.webalice.it/gangited/_D/Dalema_Opusdei.html
Sua moglie, Linda Giuva, ha collaborato con Licio Gelli alla sistemazione del suo archivio, facendosi fotografare mentre gli stringeva la mano:
Giusto per inquadrare il soggetto, che evoca un incrocio tra Craxi e Tony Blair.
“La storia comincia a Milano, più o meno nell’autunno del 2010, a casa di un noto professionista. Approfittando della sua amicizia, Massimo D’Alema gli aveva chiesto di incontrare riservatamente Mario Monti, allora presidente dell’Università Bocconi ed editorialista del “Corriere della Sera” dalle cui colonne non risparmiava critiche al governo Berlusconi. […]. D’Alema spiegò al suo interlocutore che il governo Berlusconi si stava avviando alla fine, che la crisi finanziaria, il caso bunga-bunga e il discredito che ne era derivato nel mondo ne avrebbero accelerato la consunzione e che la rottura con Fini sarebbe stato il grimaldello per rompere un equilibrio ventennale. E quindi fine dell’era berlusconiana, nascita di un nuovo governo. Fu a questo punto che D’Alema pose la domanda che gli stava più a cuore: «Sarebbe disponibile ad assumere responsabilità politiche e di governo?». […]. La disponibilità ci sarebbe stata, certo che sì, argomentò Monti, ma a tre condizioni: che l’ingresso in politica non avvenisse attraverso una campagna elettorale; che a chiamarlo all’eventuale incarico fosse il presidente della Repubblica; e, in quel caso, che a sostenere il suo sforzo fosse poi una maggioranza molto ampia, che andasse al di là delle tradizionali coalizioni di centro destra e centro sinistra….Non sappiamo se le avances di D’Alema nascessero da iniziativa personale o la sua fosse piuttosto una missione per conto terzi; […] quando nel novembre 2011 sarà Giorgio Napolitano a chiudere la parentesi berlusconiana e ad avere l’intuizione di un governo tecnico-politico – secondo capitolo della nostra storia – ecco quelle tre condizioni rispuntare: per Mario Monti non ci sarebbe stata campagna elettorale, né ora né mai, grazie all’accorta trovata della nomina a senatore a vita; una settimana dopo, l’incarico di formare il governo gli sarebbe stato offerto non su indicazione dei partiti, ma su proposta del Capo dello Stato; e a sostenerlo sarebbe accorsa una maggioranza ampia, “strana”: centro, sinistra e destra. ABC”.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/quando-dalema-chiese-a-monti/2188308/8
E D’Alema cosa ci guadagna in tutto questo?
“Lo schema che le malelingue attribuiscono – a ragione o a torto – a D’Alema suona più o meno così, come lo racconta un autorevole dirigente del partito vicino al segretario. «Massimo adesso punterà le sue fiches sul cavallo Monti. Perché sa benissimo che, se Monti si avvicina a un bis a Palazzo Chigi, la via del Quirinale sarà spianata per uno col suo profilo, che viene “da sinistra”.
una candidatura peraltro molto ben vista dall’establishment fin dal 2006:
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Editoriali/2006/05_Maggio/06/loggia.shtml