La morte della Repubblica (Matteolo Augustolo)

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Se in casa mi offendono, il tuo cuore sopporti di vedermi soffrire, anche se mi trascinassero per i piedi alla porta o mi bersagliassero di colpi, se lo vedi, sopporta; pregali soltanto di smettere dalle loro follie con parole amabili: certo non ti obbediranno, perché su di loro incombe il giorno fatale.

Odisseo/Ulisse al figlio Telemaco

Chi sopporterebbe la frusta e l’ingiuria del tempo, i torti dell’oppressore, le contumelie del superbo, i dolori dell’amore disprezzato, i ritardi della giustizia, l’insolenza del potere, gli scherni che il meritevole pazientemente subisce da parte di gente indegna?

Amleto

Il professor Luciano Canfora, sostiene che artisti, poeti, storici e tutta la classe intellettuale è stata chiamata a celebrare il suo programma politico ed è per questo che lo ricordiamo: fu l’inventore della comunicazione in senso moderno…In Augusto colpisce la progressione inesorabile: a diciannove anni è quasi sconosciuto, a trenta è padrone di un impero che governa un terzo del genere umano.
http://www.raistoria.rai.it/articoli-programma/augusto/23822/default.aspx

Renzi

“L’elettorato democratico e le riforme di Edipo”
Testo di Raniero la Valle, presidente dei Comitati Dossetti per la Costituzione.

[…].

Nel merito il Senato delle Autonomie significa distruggere le Autonomie, decapitandole dei loro rappresentanti eletti – sindaci, consiglieri regionali o Presidenti di giunta che siano – togliendoli dal territorio. Se gli eletti come sindaci o come esponenti delle Regioni devono davvero contribuire alla legislazione come senatori e sono pagati per questo dai loro cittadini, devono venire a Roma ogni settimana perchè per chiedere di intervenire sulle leggi approvate dalla Camera il Senato ha tempi strettissimi, dieci giorni dalla trasmissione della legge da Montecitorio e solo cinque giorni se le leggi sono approvate con la procedura della “ghigliottina”; e poi il Senato ha trenta giorni o solo quindici per proporre le modifiche; e ha solo quindici giorni per le modifiche alle leggi riguardanti il bilancio ex articolo 81; questo vuol dire che se un senatore o il Senato stesso salta una settimana, passa il treno e sulle leggi fatte dalla Camera non ci si può fare niente; perciò il Senato deve sedere in permanenza come la Camera. Quindi o i senatori fanno morire il Senato disertandolo, o il Senato fa morire le autonomie rubando i loro rappresentanti politici e togliendoli dal territorio.

Questo vuol dire che una piccola parte di elettori di fatto ha in mano il destino, la vita o la morte di tutto il popolo. Ma questo non succederebbe solo per la guerra; su ogni legge il governo può pretendere il voto della Camera entro sessanta giorni, e un ritardo, magari provocato dallo stesso governo, costerebbe alla Camera la perdita di ogni potere di emendamento e la legge sarebbe approvata nel testo uscito da Palazzo Chigi.
In questo modo i cittadini perderebbero qualsiasi possibilità di concorrere con metodo democratico attraverso i loro rappresentanti alla determinazione della politica nazionale.

[…]

Augusto_a_Porta_a_Porta

La “generazione di Telemaco” in tal modo non porta a compimento l’opera dei padri. Fa male Renzi ad evocare fantasmi di miti e tragedie antiche che gli si rivoltano contro. Quella che vediamo all’opera è infatti piuttosto la generazione di Edipo, che uccide il padre e carpisce e porta al suicidio la madre. Il problema è che i padri uccisi non sono D’Alema, Bersani o Letta – quelli sono rottamati – ma sono il Senato, il pluralismo politico, il costituzionalismo democratico; e la madre abusata e costretta al suicidio è la Repubblica democratica e parlamentare.

Noi non sappiamo se i riformatori di oggi sono consapevoli delle conseguenze di quello che stanno facendo. In genere i politici non lo sono. Non erano consapevoli delle conseguenze quelli che hanno fatto Maastricht, quelli che hanno fatto l’euro non per visione ma per ideologia, quelli che hanno sbagliato il cambio tra la lira e l’euro, quelli che hanno fatto la guerra all’Iraq, alla Jugoslavia, all’Afghanistan, quelli che hanno fatto i compiti a casa mettendo in Costituzione il pareggio di bilancio, quelli che hanno fatto il Fiscal Compact e ora stanno facendo il Trattato Transatlantico per il commercio e gli investimenti con gli Stati Uniti. I riformatori di oggi non hanno cattive intenzioni, piuttosto mancano di profezia, sono come gli apprendisti stregoni di un film un tempo famoso; non sono neanche in grado di salvaguardare il loro potere. Per questo io non temo il primo Renzi, ma temo il secondo Renzi o il dopo Renzi, quando saremo senza Senato elettivo e senza controllo sul governo e avremo l’Italicum che fa il deserto delle opposizioni e istituisce un Aventino per obbligo di legge, lasciando solo due partiti, cioè due rotaie su cui può passare un unico treno. E’ possibile che non ci sarà un regime di Renzi, che è troppo conflittivo e provocatorio per essere accettato alla lunga dal sistema politico, ma stiamo creando grandi chances per un regime dopo Renzi, o che sia lui stesso a riproporsi come quello che voleva salvare l’Italia e l’Europa e che ne è stato impedito da conservatori di ogni natura e dai ribelli del suo stesso partito, o che sia qualcun altro dopo di lui. La destra palese è sempre pronta in Italia a venire fuori dalla destra occulta.

[…]

http://www.michelenardelli.it/commenti.php?id=3160

Nel merito il Senato delle Autonomie significa distruggere le Autonomie, decapitandole dei loro rappresentanti eletti – sindaci, consiglieri regionali o Presidenti di giunta che siano – togliendoli dal territorio. Se gli eletti come sindaci o come esponenti delle Regioni devono davvero contribuire alla legislazione come senatori e sono pagati per questo dai loro cittadini, devono venire a Roma ogni settimana perchè per chiedere di intervenire sulle leggi approvate dalla Camera il Senato ha tempi strettissimi, dieci giorni dalla trasmissione della legge da Montecitorio e solo cinque giorni se le leggi sono approvate con la procedura della “ghigliottina”; e poi il Senato ha trenta giorni o solo quindici per proporre le modifiche; e ha solo quindici giorni per le modifiche alle leggi riguardanti il bilancio ex articolo 81; questo vuol dire che se un senatore o il Senato stesso salta una settimana, passa il treno e sulle leggi fatte dalla Camera non ci si può fare niente; perciò il Senato deve sedere in permanenza come la Camera. Quindi o i senatori fanno morire il Senato disertandolo, o il Senato fa morire le autonomie rubando i loro rappresentanti politici e togliendoli dal territorio.

Italicum, questo vuol dire che una piccola parte di elettori di fatto ha in mano il destino, la vita o la morte di tutto il popolo. Ma questo non succederebbe solo per la guerra; su ogni legge il governo può pretendere il voto della Camera entro sessanta giorni, e un ritardo, magari provocato dallo stesso governo, costerebbe alla Camera la perdita di ogni potere di emendamento e la legge sarebbe approvata nel testo uscito da Palazzo Chigi.
In questo modo i cittadini perderebbero qualsiasi possibilità di concorrere con metodo democratico attraverso i loro rappresentanti alla determinazione della politica nazionale.

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Nel merito il Senato delle Autonomie significa distruggere le Autonomie, decapitandole dei loro rappresentanti eletti – sindaci, consiglieri regionali o Presidenti di giunta che siano – togliendoli dal territorio. Se gli eletti come sindaci o come esponenti delle Regioni devono davvero contribuire alla legislazione come senatori e sono pagati per questo dai loro cittadini, devono venire a Roma ogni settimana perchè per chiedere di intervenire sulle leggi approvate dalla Camera il Senato ha tempi strettissimi, dieci giorni dalla trasmissione della legge da Montecitorio e solo cinque giorni se le leggi sono approvate con la procedura della “ghigliottina”; e poi il Senato ha trenta giorni o solo quindici per proporre le modifiche; e ha solo quindici giorni per le modifiche alle leggi riguardanti il bilancio ex articolo 81; questo vuol dire che se un senatore o il Senato stesso salta una settimana, passa il treno e sulle leggi fatte dalla Camera non ci si può fare niente; perciò il Senato deve sedere in permanenza come la Camera. Quindi o i senatori fanno morire il Senato disertandolo, o il Senato fa morire le autonomie rubando i loro rappresentanti politici e togliendoli dal territorio.

Italicum, questo vuol dire che una piccola parte di elettori di fatto ha in mano il destino, la vita o la morte di tutto il popolo. Ma questo non succederebbe solo per la guerra; su ogni legge il governo può pretendere il voto della Camera entro sessanta giorni, e un ritardo, magari provocato dallo stesso governo, costerebbe alla Camera la perdita di ogni potere di emendamento e la legge sarebbe approvata nel testo uscito da Palazzo Chigi.
In questo modo i cittadini perderebbero qualsiasi possibilità di concorrere con metodo democratico attraverso i loro rappresentanti alla determinazione della politica nazionale.

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Italicum, questo vuol dire che una piccola parte di elettori di fatto ha in mano il destino, la vita o la morte di tutto il popolo. Ma questo non succederebbe solo per la guerra; su ogni legge il governo può pretendere il voto della Camera entro sessanta giorni, e un ritardo, magari provocato dallo stesso governo, costerebbe alla Camera la perdita di ogni potere di emendamento e la legge sarebbe approvata nel testo uscito da Palazzo Chigi.
In questo modo i cittadini perderebbero qualsiasi possibilità di concorrere con metodo democratico attraverso i loro rappresentanti alla determinazione della politica nazionale.

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Italicum, questo vuol dire che una piccola parte di elettori di fatto ha in mano il destino, la vita o la morte di tutto il popolo. Ma questo non succederebbe solo per la guerra; su ogni legge il governo può pretendere il voto della Camera entro sessanta giorni, e un ritardo, magari provocato dallo stesso governo, costerebbe alla Camera la perdita di ogni potere di emendamento e la legge sarebbe approvata nel testo uscito da Palazzo Chigi.
In questo modo i cittadini perderebbero qualsiasi possibilità di concorrere con metodo democratico attraverso i loro rappresentanti alla determinazione della politica nazionale.

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Noi non sappiamo se i riformatori di oggi sono consapevoli delle conseguenze di quello che stanno facendo. In genere i politici non lo sono. Non erano consapevoli delle conseguenze quelli che hanno fatto Maastricht, quelli che hanno fatto l’euro non per visione ma per ideologia, quelli che hanno sbagliato il cambio tra la lira e l’euro, quelli che hanno fatto la guerra all’Iraq, alla Jugoslavia, all’Afghanistan, quelli che hanno fatto i compiti a casa mettendo in Costituzione il pareggio di bilancio, quelli che hanno fatto il Fiscal Compact e ora stanno facendo il Trattato Transatlantico per il commercio e gli investimenti con gli Stati Uniti. I riformatori di oggi non hanno cattive intenzioni, piuttosto mancano di profezia, sono come gli apprendisti stregoni di un film un tempo famoso; non sono neanche in grado di salvaguardare il loro potere. Per questo io non temo il primo Renzi, ma temo il secondo Renzi o il dopo Renzi, quando saremo senza Senato elettivo e senza controllo sul governo e avremo l’Italicum che fa il deserto delle opposizioni e istituisce un Aventino per obbligo di legge, lasciando solo due partiti, cioè due rotaie su cui può passare un unico treno. E’ possibile che non ci sarà un regime di Renzi, che è troppo conflittivo e provocatorio per essere accettato alla lunga dal sistema politico, ma stiamo creando grandi chances per un regime dopo Renzi, o che sia lui stesso a riproporsi come quello che voleva salvare l’Italia e l’Europa e che ne è stato impedito da conservatori di ogni natura e dai ribelli del suo stesso partito, o che sia qualcun altro dopo di lui. La destra palese è sempre pronta in Italia a venire fuori dalla destra occulta. – See more at: http://www.michelenardelli.it/commenti.php?id=3160#sthash.b9vfBLkt.dpuf
Noi non sappiamo se i riformatori di oggi sono consapevoli delle conseguenze di quello che stanno facendo. In genere i politici non lo sono. Non erano consapevoli delle conseguenze quelli che hanno fatto Maastricht, quelli che hanno fatto l’euro non per visione ma per ideologia, quelli che hanno sbagliato il cambio tra la lira e l’euro, quelli che hanno fatto la guerra all’Iraq, alla Jugoslavia, all’Afghanistan, quelli che hanno fatto i compiti a casa mettendo in Costituzione il pareggio di bilancio, quelli che hanno fatto il Fiscal Compact e ora stanno facendo il Trattato Transatlantico per il commercio e gli investimenti con gli Stati Uniti. I riformatori di oggi non hanno cattive intenzioni, piuttosto mancano di profezia, sono come gli apprendisti stregoni di un film un tempo famoso; non sono neanche in grado di salvaguardare il loro potere. Per questo io non temo il primo Renzi, ma temo il secondo Renzi o il dopo Renzi, quando saremo senza Senato elettivo e senza controllo sul governo e avremo l’Italicum che fa il deserto delle opposizioni e istituisce un Aventino per obbligo di legge, lasciando solo due partiti, cioè due rotaie su cui può passare un unico treno. E’ possibile che non ci sarà un regime di Renzi, che è troppo conflittivo e provocatorio per essere accettato alla lunga dal sistema politico, ma stiamo creando grandi chances per un regime dopo Renzi, o che sia lui stesso a riproporsi come quello che voleva salvare l’Italia e l’Europa e che ne è stato impedito da conservatori di ogni natura e dai ribelli del suo stesso partito, o che sia qualcun altro dopo di lui. La destra palese è sempre pronta in Italia a venire fuori dalla destra occulta. – See more at: http://www.michelenardelli.it/commenti.php?id=3160#sthash.b9vfBLkt.dpuf

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/03/06/alcibiade-il-rottamatore/

“Meglio vedere quello che ci accadrà e resistere, piuttosto che ritirarci nelle fantasie condivise da una nazione di ciechi”.

 

Chris Hedges, corrispondente di guerra e premio Pulitzer, è autore di un magnifico studio della psicologia umana alle prese con la fascinazione per la violenza. La traduzione italiana è intitolata “Il fascino oscuro della guerra” e la consiglio a tutti.

Qui descrive la condizione umana al crepuscolo della nostra civiltà e il senso ultimo di questo e di altri blog.

Hedges coglie quella tragica verità che continuiamo ad ignorare a nostro rischio e pericolo: l’unica maniera per salvarci è uscire almeno occasionalmente dalla modalità egocentrica e, per farlo, dobbiamo fare attenzione a quel che ci circonda. Un bimbo ipnotizzato dalla caccia al piccione si farà arrotare da un’auto piuttosto che interrompere quel che sta facendo. Ma gli adulti sono radicalmente diversi? Avete notato come se siete in bici in una zona pedonale dove è permesso circolare in bicicletta la gente non si sposta? Avete notato quante persone non vi aiutano quando state spostando un oggetto pesante perché non è la loro mansione? Se non facciamo attenzione a quel che accade ed al nostro prossimo saremo eterne vittime delle menzogne, delle manipolazioni e dell’effetto cumulato di milioni di egotismi. È un compito ingrato perché la gran parte del tempo pensiamo ed agiamo meccanicamente. È a questo che servono gli amici: a farci notare quel che da soli non riusciamo a notare. Fungono da specchio e noi facciamo lo stesso con loro. Prendiamo coscienza di quel che non va in noi e così apriamo un pertugio per far uscire quel che di meglio c’è in noi. Ma senza attenzione tutto questo non è possibile e ci sarà sempre iniquità.

Scrivevo in un precedente post: “Seth L. Schein (1996) nota perspicacemente che l’Odissea è piena zeppa di personaggi che si dimenticano le cose, non pongono attenzione a quello che fanno, si formano una valutazione superficiale ed estremamente arbitraria della realtà e per questo falliscono e periscono. Il loro è un fallimento morale e pratico: vengono tutti puniti per aver preteso ciò che non spettava loro, per aver sottratto indebitamente i mezzi di sostentamento altrui senza dare nulla in cambio, per essersi comportati empiamente e parassitariamente”

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/07/22/amleto-e-lingiustizia-iniquita/

Ecco il pezzo di Hedges.

“Le culture che durano dedicano un spazio riservato a coloro che mettono in dubbio e sfidano i miti nazionali. Artisti, scrittori, poeti, attivisti, giornalisti, filosofi, ballerini, musicisti, attori, registi e ribelli devono essere tollerati se una cultura vuole evitare il disastro. I membri di questa classe artistico-culturale, che solitamente non sono benvenuti nelle stordenti aule accademiche dove trionfa la mediocrità, fungono da profeti. Sono allontanati o etichettati come sovversivi delle elite del potere, perché non condividono il narcisismo collettivo dell’autoesaltazione. Essi ci obbligano ad affrontare tesi mai prese in considerazione, quelle per cui andremmo verso la distruzione se non le affrontassimo.

Essi ci presentano le elite governanti come false e corrotte. Essi manifestano l’insensatezza di un sistema basato sull’ideologia della crescita senza fine, dello sfruttamento continuo e della costante espansione. Ci ammoniscono del veleno del carrierismo e della futilità di ricercare la felicità accumulando benessere.
Ci mettono faccia a faccia con noi stessi, dall’amara realtà della schiavitù e delle leggi Jim Crow (*) alla strage omicida dei nativi americani, alla repressione dei movimenti operai, alle atrocità commesse dalle guerre dell’impero, all’assalto all’ecosistema. Ci rendono insicuri dei nostri valori. Loro mettono in discussione i cliché che utilizziamo per descrivere la nazione – il paese dei liberi, il miglior paese della Terra, il faro della libertà – per mettere in luce i lati oscuri, i crimini e l’ignoranza. Essi ci offrono la possibilità di una vita piena di significato e la capacità di avviare un cambiamento.

Le società civili vedono quello che vogliono vedere. Da una miscela di fatti storici e fantastici, creano miti di identità nazionale. Ignorano i fatti spiacevoli che disturbano l’auto-esaltazione. Credono ingenuamente nella nozione del progresso lineare e nella certezza del potere nazionale. Ecco su cosa si basa il nazionalismo: sulle bugie. E se una cultura perde la capacità di pensiero ed espressione, se realmente mette a tacere le voci dissidenti, se si rinchiude in quello che Sigmund Freud chiamava “ricordi di copertura”, un miscuglio rassicurante di fatti e finzione, allora quella cultura muore. Si arrende il suo meccanismo interno di blocco delle auto-illusioni. Dichiara guerra alla bellezza e alla verità. Abolisce il sacro. Trasforma l’educazione in un corso di formazione professionale. Ci rende ciechi. E questo è ciò che è avvenuto. Ci siamo persi in alto mare durante la tempesta. Non sappiamo dove ci troviamo. Non sappiamo dove stiamo andando. E non sappiamo cosa ci capiterà.

Lo psicoanalista John Steiner chiama questo fenomeno “chiudere un occhio”. Fa notare che spesso abbiamo la possibilità di avere conoscenze adeguate, ma poiché è spiacevole e sconcertante decidiamo inconsciamente, e spesso consciamente, di ignorarle. Usa la storia di Edipo per sostenere la sua affermazione. Sostiene che Edipo, Giocasta, Creonte e il “cieco” Tiresia si rendevano conto della verità del parricidio di Edipo e del suo matrimonio con la madre, come era stato profetizzato, ma lo avevano ignorato di comune accordo. Anche noi, scrisse Steiner, chiudiamo un occhio sui pericoli che dobbiamo affrontare, nonostante le numerose prove che, se non riconfigureremo radicalmente il nostro rapporto con la Natura, la catastrofe sarà assicurata. Steiner descrive una verità psicologica profondamente sconcertante.

Io ho riscontrato questa stessa capacità collettiva di auto-illusione tra le élite cittadine di Sarajevo e poi a Pristina, durante le guerre in Bosnia e in Kosovo. Queste raffinate élite si rifiutavano categoricamente di credere che la guerra fosse un’eventualità possibile, sebbene gli atti di violenza fra bande armate avversarie avessero già iniziato a lacerare il tessuto sociale. Durante la notte si potevano sentire gli spari. Ma loro furono gli ultimi a “venirne a conoscenza”. E anche noi siamo auto-illusi allo stesso modo. La prova tangibile della decadenza nazionale – lo sgretolarsi delle infrastrutture, l’abbandono delle aziende e di altri posti di lavoro, le file di negozi distrutti, la chiusura di librerie, scuole, stazioni dei pompieri e uffici postali – che vediamo accadere sotto i nostri occhi, passano in realtà inosservati. Il rapido e terrificante deterioramento dell’ecosistema, provato dall’aumento delle temperature, dalle siccità, dalle alluvioni, dai raccolti distrutti, le perturbazioni anomale, lo scioglimento dei poli e l’aumento dei livello dei mari, vanno perfettamente d’accordo con il concetto di “chiudere un occhio” formulato da Steiner.

Edipo, alla fine dell’opera di Sofocle, si strappa gli occhi e con sua figlia Antigone come guida viaggia nel paese. Una volta re, diventa uno straniero in un paese sconosciuto. Muore, come dice Antigone, “in un paese straniero, ma un paese che aveva desiderato ardentemente.” William Shakespeare in “Re Lear” gioca sullo stesso tema della vista e della cecità. Chi ha gli occhi, in “Re Lear”, non è capace di vedere. Gloucester, cui sono stati cavati gli occhi, nella sua cecità si vede svelata una verità. “Io non ho strada, e perciò non ho bisogno degli occhi”, afferma Gloucester dopo essere stato accecato.
“Ho inciampato quando ho iniziato a vedere”. Quando Lear bandisce la sua unica figlia legittima, Cordelia, che lui accusa di non amarlo abbastanza, Lear urla: “Sparisci dalla mia vista!” A cui Kent replica: Guarda meglio, Lear, e lascia che io rimanga ancora il vero punto di mira dell’occhio tuo.

La storia di Lear, così come la storia di Edipo, riguarda l’acquisizione della visione interiore. Riguarda l’etica e l’intelletto accecati dell’empirismo e dalla vista. Riguarda la visione dell’immaginazione umana, come diceva Blake, quale manifestazione dell’Eternità. “L’Amore senza immaginazione è morte eterna.”

L’allievo Shakespeariano Harold Goddard scrisse: “L’immaginazione non è la capacità di creare illusioni; è la facoltà grazie alla quale ogni uomo apprende la realtà.” L’illusione si scopre essere realtà. “Fai che la fede soppianti la realtà”, dice Starbuck in “Moby-Dick”.

“E’ solo il nostro assurdo pregiudizio ‘scientifico’ che la realtà debba essere fisica e razionale che ci rende ciechi di fronte alla realtà”, ammoniva Goddard. Come scrisse Shakespeare, ci sono “cose invisibili alla vista dei mortali“. Ma queste cose non sono professionali, fattive o empiriche. Non possono essere ritrovate nei miti nazionali di gloria e potere. Non si possono ottenere con l’imposizione. Non giungono per apprendimento o ragionamento logico. Sono intangibili. Sono le realtà della bellezza, del dolore, dell’amore, della ricerca del significato, della lotta per fronteggiare la mortalità di noi stessi e l’abilità di affrontare la realtà. E le culture che disprezzano queste forze immaginative commettono suicidio. Non possono vedere.

Come potrà a questa rabbia opporsi la bellezza,” scrisse Shakespeare, “che non è più forte di un fiore?L’immaginazione umana, la capacità di avere visioni, di costruire una vita di significato piuttosto che di utilitarismi, è delicata come un fiore. E se viene soffocata, se uno Shakespeare o un Sofocle non vengono più ritenuti utili in un mondo empirico di affari, carrierismo e potere, se le università ritengono che un Milton Friedman o un Friedrich Hayek siano più importanti per i loro studenti, piuttosto che una Virginia Woolf o un Anton Cechov, allora diventiamo barbari. E così ci assicuriamo l’estinzione. Gli studenti cui viene negata la saggezza dei grandi oracoli della civiltà umana – visionari che ci esortano a non adorare noi stessi, a non inginocchiarci di fronte all’infima emozione della cupidigia – non possono ritenersi istruiti. Non possono pensare.

Per pensare, come aveva già capito Epicuro, dobbiamo “vivere appartati”. Dobbiamo costruire mura per tenere lontani le ipocrisie e il chiasso della folla. Dobbiamo ritirarci in una cultura a base letteraria, dove le idee non sono deformate dai rumori e dai cliché che abbattono il pensiero. Il pensiero è, come scrisse Hannah Arendt, “un dialogo silenzioso tra me e me stessa”. Ma il pensiero, scrisse, presuppone sempre la condizione umana della pluralità. Non ha alcuna funzione utilitaristica. Non ha un fine o uno scopo esterno a se stesso. Differisce dal ragionamento logico, che è incentrato su un scopo definito e identificabile. Il ragionamento logico, gli atti di cognizione, promuovono l’efficienza di un sistema, incluso il potere commerciale, che solitamente è moralmente neutro nel migliore dei casi, se non malvagio, come spesso accade. L’incapacità di pensare, scrisse la Arendt, “non è una debolezza di molti cui manca la capacità cerebrale di farlo, bensì un possibilità eventuale per chiunque – scienziati, studenti e non si escludono altri specialisti in attività intellettive.”

La nostra cultura commerciale ci ha effettivamente separato dall’immaginazione umana. I nostri strumenti elettronici si insinuano sempre più in profondità negli spazi che un tempo erano riservati alla solitudine, alla riflessione e al privato. Le nostre radio sono piene di baggianate e assurdità. L’istruzione e le comunicazioni disprezzano le discipline che ci permettono di vedere. Celebriamo mediocri capacità professionali e i ridicoli requisiti di test standardizzati. Abbiamo condotto in disgrazia chi pensa, inclusi molti insegnanti di materie umanistiche, cosicché non possano trovare occupazione, né sussistenza, né visibilità. Seguiamo il cieco nel precipizio. Facciamo guerra a noi stessi.

La vitale importanza del pensiero, scrisse la Arendt, appare solo “in tempi transitori, quando l’uomo non si affida alla stabilità del mondo e al suo ruolo in esso, e quando le domande riguardanti le condizioni generali della vita umana, che come tali ci seguono dall’apparizione dell’uomo sulla terra, acquistano inconsueta intensità emotiva.”. E’ proprio nei momenti di crisi che abbiamo bisogno dei nostri pensatori e dei nostri artisti, ci ricorda la Arendt, perché ci forniscono racconti sovversivi che ci permettono di tracciare un nuovo corso, uno che ci possa assicurare la sopravvivenza.

“Quando erediterò la vita eterna?” Fyodor Pavlovich Karamazov, citando la Bibbia, chiede a Padre Zossima ne “I fratelli Karamazov”. A cui Zossima risponde: “Prima di tutto, non mentire a te stesso“.

Ed è qui il dilemma che dobbiamo affrontare come civiltà. Ci dirigiamo collettivamente verso l’autodistruzione. Il capitalismo commerciale, se lasciato a briglia sciolta, ci ucciderà. Ciò nonostante, rifiutiamo di vedere cosa ci accadrà, perché non possiamo pensare né ascoltare ancora quelli che pensano, per capire cosa ci aspetta. Abbiamo creato meccanismi di intrattenimento che offuscano e mettono a tacere la verità nuda e cruda, dal cambiamento climatico al collasso della globalizzazione, alla schiavitù del potere commerciale, il che significa per noi autodistruzione. Se non possiamo fare nient’altro dobbiamo, come individui, alimentare il dialogo privato e la solitudine che sviluppano il pensiero. Meglio essere un emarginato, uno straniero nel proprio paese, piuttosto che emarginati da se stessi. Meglio vedere quello che ci accadrà e resistere, piuttosto che ritirarci nelle fantasie condivise da una nazione di ciechi.

Chris Hedges

Fonte: www.truthdig.com/

Link
09.07.2012

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=10672

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