La secessione dal genere umano

Padania

La vita è essenzialmente appropriazione, offesa, sopraffazione di tutto quanto è estraneo e più debole, oppressione, durezza, imposizione di forme proprie, un incorporare o per lo meno, nel più temperato dei casi, uno sfruttare. […]. Lo “sfruttamento” non compete a una società guasta oppure imperfetta e primitiva: esso concerne l’essenza del vivente, in quanto fondamentale funzione organica, è una conseguenza di quella caratteristica volontà di potenza, che è appunto la volontà della vita

F. Nietzsche, “Al di là del bene e del male”

Non potete servire a Dio e a Mammona

Matteo 6, 24; Luca 16, 13

“Divided We Stand: Why Inequality Keeps Rising” (OECD, 2010) indica che le disuguaglianze stanno accrescendosi rapidamente e drammaticamente. Mentre nei paesi BRICS è stabile o diminuisce grazie all’impetuosa crescita economica, in Occidente la tendenza è inversa, con aumenti registrati in 17 paesi OECD su 22, per almeno un 4% nel giro di una generazione in Finlandia, Germania, Israele, Lussemburgo, Nuova Zelanda, Svezia e Stati Uniti. Uno studio di ricercatori delle università di Warwick, Belfast ed Exeter (“British Economic Growth, 1270-1870”, 2010) ha mostrato che gli abitanti delle isole britanniche nell’epoca medievale se la passavano molto meglio dei cittadini dello Zaire, Burundi, Niger, Togo, Guinea e Guinea Bissau, Haiti, Sierra Leone, Ciad, Zimbabwe, Afghanistan. Un’altra ricerca (Santos et al. 2007) rivela che nell’Ungheria medievale c’erano minori disparità sociali che nel Regno Unito pre-crisi (figuriamoci ora!). Oggi i super-ricchi hanno a disposizione i paradisi fiscali per evitare di condividere la loro abbondanza e, stando alle statistiche fiscali statunitensi, meno del 4% dei super-ricchi americani è un imprenditore, ossia contribuisce in modo sostanziale all’economia reale. Quel che sta avvenendo è la progressiva secessione di una minuscola porzione del genere umano dal resto della specie: in luogo dei castelli di un tempo gli “eletti” risiedono in quartieri residenziali fortificati e video sorvegliati da vigilanti armati, oppure persino su isole di loro proprietà.

Con una fulminante intuizione, Gustavo Zagrebelsky (Zagrebelsky, Mauro 2011) domanda al direttore della Repubblica:

“Non ti pare che si stia creando una distanza persino nella conformazione fisica esteriore tra una super e una infra-umanità? Non è razzismo, perché attraversa tutte le popolazioni d’ogni colore. Ha invece qualcosa di nietzscheano. La ricchezza e la povertà, con l’accesso o l’esclusione a cure, trapianti, trattamenti d’ogni genere, mai forse come ora – o comunque mai visibilmente come ora – si trasformano in differenze di corpi e di prospettive di vita- […]. Possiamo parlare ancora di “umanità”, al singolare? Un orrore che non ha nemmeno lontanamente a che vedere con la differenza di vita esistente un tempo tra un proletario e un borghese nelle nostre società. La stirpe umana si sta dividendo tra un sopra e un sotto biologico, come conseguenza d’un sopra-sotto sociale, e questa divisione è a tutti evidente. […]. E vuoi che prima o poi questa tensione, una volta che l’ideologia si congiunga con la tecnologia della violenza in una dimensione mondiale, non possa raggiungere un punto di rottura in grado di provocare la catastrofe?” (p. 42)

Contemporaneamente i social network e i forum dei quotidiani cominciano ad essere frequentati da persone che invece di usare la lingua come un ponte verso il mondo, la usano come un muro, con un portoncino blindato che si apre solo per i loro “simili”. Così ci sono veneti che nei forum italiani scrivono esclusivamente in veneto quando si parla di questioni venete, specialmente se sono legate alle spinte separatiste. Certi sudtirolesi usano il loro dialetto anche se alla discussione partecipano persone che capiscono solo il tedesco. I separatisti catalani usano la loro lingua sui forum dei quotidiani inglesi (mentre i loro critici spagnoli si sforzano di scrivere in inglese). Trovo tutto questo desolante e la ritengo una condotta di una piccineria spaventosa. Pare che sia sommamente difficile per alcuni capire che bisogna stare uniti per resistere ad un sistema che sta usando l’indebitamento per privatizzare i beni comuni e minare alle fondamenta le tutele dei diritti civili e fondamentali, avvalendosi della classica strategia del divide et impera. Questa stolidità ed ignoranza rischia di portarci a fondo.

L’errore che si commette è quello di considerare l’autodeterminazione di un gruppo umano come un valore assoluto e positivo. Ma l’autodeterminazione delle oligarchie finanziarie (deregulation – la chiamano “semplificazione” ma tra i ricchi e i poveri, tra i forti e i deboli la legge dovrebbe proteggere i secondi, l’anarchia avvantaggia sempre i primi) non è certo un passo in avanti per la civiltà umana, l’autodeterminazione dei ricchi che optano per i paradisi fiscali e le cosiddette “gated communities” (quartieri fortificati) perché non vogliono contribuire ad una vita decorosa per i meno abbienti né vogliono subire le conseguenze del loro egoismo non è una cosa buona. L’autodeterminazione della Germania e del Nord Europa dal resto del continente, come se la distruzione del potere d’acquisto degli altri europei non comportasse devastanti conseguenze per le loro economie è suicida, come lo è l’autodeterminazione di una regione del nord dalle altre perché si ritiene depauperata, non rendendosi conto che il sistema economico vigente la trasformerà nel giro di una generazione nel sud sfruttato di qualcun altro. La chiamano autodeterminazione ma è egoismo individualista e collettivista. Non siamo monadi autarchiche, ma esseri viventi interdipendenti, interconnessi che viaggiano sulla stessa barca: gettare fuori bordo la “zavorra” rende la scialuppa stessa indegna di restare a galla.

L’autodeterminazione delle persone che si continuano a considerare interdipendenti (autonomia, individualità democratica) è invece un approccio più saggio. È l’individuazione come salutare processo di maturazione spirituale e civile.

Oskar Peterlini, il Roosevelt de’ noantri (potrà scongiurare la rivoluzione?)

Legislatura 16ª – Disegno di legge N. 3112

Onorevoli Senatori. –  La crisi economica globale scoppiata nel 2007-2008 continua a mietere vittime. Proprio in questi mesi l’Italia e l’Europa intera stanno vivendo una nuova fase del dissesto del sistema finanziario mondiale, originata da molti anni di politiche che hanno penalizzato le attività produttive a favore invece di un’espansione senza precedenti della bisca sui mercati finanziari internazionali. Ora sono le famiglie e le imprese a pagare per le scelte sbagliate a livello macroeconomico, che rischiano di minare il tessuto stesso della nostra società.

    È doveroso constatare, purtroppo, che già dai primi mesi più drammatici della crisi, nei numerosi vertici internazionali a partire dal 2009 si è persa l’occasione per adottare misure forti che avrebbero potuto rappresentare una rottura netta ed efficace con le politiche passate: tra queste certamente vi è il ritorno alla separazione delle attività bancarie, tipificata dalla famosa Glass-Steagall Act varata sotto la presidenza Usa di Franklin Delano Roosevelt nel 1933 che pose fine agli eccessi finanziari all’origine della Grande depressione. Il principio della Glass-Steagall rimase in vigore nei Paesi occidentali, ed anche nel nostro Paese, fino agli anni Novanta. Si tratta della netta separazione delle banche commerciali, che raccolgono i depositi dei cittadini ed erogano il credito agli individui e alle imprese, dalle banche d’affari, gli istituti che operano nei mercati finanziari, attraverso l’emissione e la compravendita di titoli azionari, obbligazionari e di strumenti speculativi in genere. A partire dagli anni Novanta tutte queste funzioni bancarie sono state riunite sotto lo stesso tetto: esistono dei colossi che di fatto finiscono per rendere anche l’economia locale dipendente dai circuiti mondiali altamente speculativi e rischiosi. La conseguenza dell’abrogazione del principio di Glass-Steagall è che si è segnata la strada che porta dritti alla catastrofe e se non si interviene con decisione il rischio di aggravare la situazione economico-sociale è molto alto. Da quando è esplosa la bolla dei derivati – gli strumenti iper-speculativi che ormai sono completamente slegati dagli investimenti produttivi, dirottando risorse dall’economia reale ad un vero proprio casinò mondiale – il rischio del fallimento delle grandi banche ha portato i governi e le banche centrali ad una serie di salvataggi emergenziali.
Ci ripetono continuamente che gli interventi sono necessari per evitare un crac totale, ma la situazione non fa che peggiorare, poiché mentre vengono immesse cifre stratosferiche per la finanza (che si contano nelle migliaia di miliardi di dollari e di euro) le risorse non arrivano alla gente, alle famiglie, alle piccole e medie imprese.

    Tutto ciò accade perché i salvataggi sono stati concessi senza condizioni, non si è chiesto un cambiamento del comportamento delle grandi banche, non si sono adottate riforme incisive del sistema finanziario.

    Fino a pochi mesi fa l’Italia poteva pensare di evitare di subire gli effetti della crisi internazionale, o per lo meno di esserne toccata solo di striscio, per via di un sistema meno finanziarizzato (nei fatti e anche in termini giuridici), ma oggi non si può più aspettare: il sistema va cambiato appena possibile.

    L’Italia può fare da apripista per gli altri Paesi: torniamo ad una divisione delle banche per garantire che la gente comune non debba più pagare per le bolle speculative mondiali. Stabiliamo delle regole chiare di separazione tra le banche ordinarie (commerciali) da quelle che operano nei mercati speculativi (banche d’affari), così da farne un modello a livello internazionale. Se ne discute già in Germania, in Francia, in Svizzera, nel Regno Unito e anche negli Stati Uniti. L’Italia ha la duplice opportunità di aiutare i propri cittadini nell’immediato e di contribuire al progresso delle altre nazioni, con l’affermazione di un principio di grande importanza nel contesto internazionale. Occorre salvare l’economia reale dalla finanza speculativa con la separazione delle banche commerciali e le banche d’affari. Sarà un primo passo essenziale per riprendere il controllo dell’economia e costruire le basi per un futuro di stabilità e di progresso.

Art. 1.
(Delega al Governo)
1. La presente legge è finalizzata a stabilire la separazione tra le banche commerciali e le banche d’affari, proteggendo le attività finanziarie di deposito e di credito inerenti l’economia reale, da quelle legate all’investimento e alla speculazione sui mercati finanziari nazionali e internazionali.
2. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e secondo i princıpi e i criteri direttivi di cui all’articolo 2, uno o più decreti legislativi recanti norme per la separazione tra le banche commerciali e le banche d’affari, prevedendo il divieto per le banche che effettuano la raccolta di depositi o di altri fondi con obbligo di restituzione di svolgere qualsivoglia attività legata alla negoziazione di valori mobiliari in genere.

Art. 2.
(Princıpi e criteri direttivi)
1. I decreti legislativi di cui all’articolo 1 si informano ai seguenti princıpi e criteri direttivi:

a) prevedere il divieto per le banche commerciali, ovvero le banche che effettuano la raccolta di depositi tra il pubblico, di effettuare qualsiasi attività legata alla negoziazione e all’intermediazione dei valori mobiliari, sancendo così la separazione tra le funzioni delle banche commerciali da quelle delle banche d’affari;
b) prevedere il divieto per le banche commerciali di detenere partecipazioni o di stabilire accordi di collaborazione commerciale di qualsiasi natura con i seguenti soggetti:
le banche d’affari, le banche d’investimento, le società di intermediazione mobiliare e in generale tutte le società finanziarie che non effettuano la raccolta di depositi tra il pubblico;
c) prevedere il divieto per i rappresentanti, i direttori, i soci di riferimento e gli impiegati delle banche d’affari, le banche
d’investimento, le società di intermediazione mobiliare e in generale tutte le società finanziarie che non effettuano la raccolta di depositi tra il pubblico di ricoprire cariche direttive e detenere posizioni di controllo nelle banche commerciali.

Art. 3.
(Pareri delle Commissioni parlamentari)
1. Gli schemi dei decreti legislativi di cui all’articolo 1, comma 2, sono trasmessi alle Camere entro il sessantesimo giorno antecedente la scadenza del termine previsto per l’esercizio della delega di cui al medesimo articolo 1, comma 2, per il parere delle Commissioni parlamentari competenti, da esprimere entro quaranta giorni dalla data dell’assegnazione.

Art. 4.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00627218.pdf

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Ddlpres&leg=16&id=00627218&part=doc_dc-relpres_r&parse=no&stampa=si&toc=no

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“Signora Presidente, signor Sottosegretario, intervengo in dissenso dal mio Gruppo per profondo convincimento morale, religioso e culturale, seguendo, tra l’altro, una linea politica espressa fin dall’inizio della mia attività parlamentare, che risale al 2001.
Vorrei dare espressione anche alle tante cittadine e ai cittadini che ritengono che la guerra non sia un mezzo adatto a risolvere i conflitti internazionali.
Sono – e lo sottolineo – a favore dell’impegno dell’Italia in una vera missione di pace, un impegno civile, di aiuto, di supporto sanitario, umano, senza escludere, in certe situazioni, interventi di polizia. Solleciterei anzi ad aumentare questo vero impegno di pace in Paesi poveri, come in Africa, dove l’attenzione è molto ridotta.
Lamento, però, che purtroppo sotto una maschera eufemistica di pace si nascondono attacchi bellici, vere e proprie guerre, come era quella all’Iraq, appoggiata dall’Italia nonostante che addirittura le Nazioni Unite si fossero espresse contro. Tanto sangue e tanti morti. Migliaia, incontabili. Diecimila solo americani, centinaia europei, incontabili le migliaia di vittime nei Paesi colpiti. Ho votato anche contro l’attacco all’Afghanistan, richiedendo più impegno diplomatico che bellico.
Ricordo con forza l’articolo 11 della nostra Costituzione, così maltrattato dal nostro Parlamento.
E si aggiunge in questo momento anche la grande crisi che ha colpito il nostro Paese, che richiede grandi sacrifici a tutti i cittadini, i quali richiedono con forza anche un’incisiva riduzione delle spese militari. Al contrario, l’Italia ha ordinato 90 F-35, sui 131 inizialmente previsti. Ma un solo F-35 costa 80 milioni che, moltiplicati per 90, danno 7,2 miliardi di euro spesi. Il presidente Monti ha recentemente detto no alle Olimpiadi, che ci sarebbero costate circa la metà della somma (4,7 miliardi di euro).
Perciò, con grande convinzione, anche se mi dispiace votare in dissenso dal mio Gruppo, dico un convinto no a queste misure. Direi sì a quelle pacifiche, vere, ma dico no a quelle belliche.”

La dichiarazione di voto del senatore Oskar Peterlini al termine della discussione per la conversione in legge del D.L. 29 dicembre 2011, n. 215 recante proroga delle “missioni di pace” (seduta n. 677 del 22 Febbraio 2012).
http://byebyeunclesam.wordpress.com/2012/02/23/dico-un-convinto-no/

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