I “pochi” che hanno votato alle primarie sono socialmente pericolosi? (Nique la Police)

 

Alla provocazione ragionata di Nique la Police segue una replica del lettore Sergej. Il dibattito è aperto.

[…].

In un paese, l’Italia che, come scriveva Debord è a “scarsa tradizione democratica”.  Il trasferimento di potere, nelle primarie del centrosinistra, dagli elettori agli eletti si configura quindi come un trasferimento di potere non democratico. Operato con le forme spettacolari della democrazia. Gli italiani sono avvertiti: il modo con il quale si governa un partito è lo stesso con il quale, quando si va al potere, si governa un paese.

[…]

La letteratura americana sulle primarie, che si dispone su quattro decenni di case studies, ci insegna che si tratta più di fenomeni di radicalizzazione di una parte del proprio elettorato che di vera e propria costruzione di un consenso largo. Quello avviene, semmai, successivamente in fase elettorale. In questo senso i dati definitivi sull’affluenza alle primarie sono impietosi. Nonostante la più grossa campagna di mobilitazione al voto su più piattaforme (dalle piazze, ai social network, ai giornali, alla tv pay e generalista) anche queste primarie confermano un dato oggettivo di declino dell’affluenza per questo tipo di elezioni. Su dati ufficiali, queste primarie di coalizione hanno raggiunto lo stesso numero di partecipanti di quelle, con il solo Pd, del 2009 (3.100.000). E’ evidente che nello stesso Pd, pur al centro di tutte le dinamiche spettacolari, c’è stato un calo di affluenza. E le primarie del 2009 rappresentavano il punto più basso di affluenza, in questo genere di elezione, raggiunto da quel partito.  Rispetto alle ultime primarie di coalizione, quelle del 2005, il calo è spettacolare. Una perdita di più di un quarto dei votanti, circa un milione e duecentomila voti di meno, quando nel 2005 il dispositivo di propaganda per questo genere di elezioni non era sofisticato come oggi. Una perdita ma con anche anche una infiltrazione di elettorato di centrodestra, come da numerose testimonianze, come mai era accaduto nelle precedenti primarie. Eppure non è mancato l’effetto Orwell con i media che, durante la giornata elettorale, hanno parlato continuamente di boom votanti, riprendendo le indicazioni degli spin-doctor dei candidati, cercando di creare un’ onda che trascina verso il voto. Le file, frutto di una organizzazione approssimativa sul terreno (a logistica sofisticata corrisponde qui organizzazione deficitaria sul territorio) hanno fatto quindi parte della scenografia non della realtà. Vedremo quale effetto farà la scenografia sull’elettorato al momento delle elezioni politiche. Del resto siamo di fronte ad uno spettacolo politico che, come negli Usa, gonfia i palinsesti e attrae audience e quindi pubblicità. Le primarie si mostrano così, sul piano della mobilitazione reale, un istituto già usurato,  nell’intenzione originaria di raccogliere consensi allargati, nel momento in cui sembra raggiungere il suo acme spettacolare. Eppure, questione da non trascurare, i follower di ogni genere sono stati valorizzati in maniera maggiore rispetto al passato.

I numeri che ci danno una partecipazione sostanzialmente in calo radicalizzano così l’esperienza di chi ha partecipato creando la distanza con gli altri. Che può essere o non essere colmata nel momento elettorale. Nel 2006, dopo le primarie boom del 2005, ad esempio il centrosinistra sostanzialmente riuscì a far eleggere un governo debole che durò poche decine di mesi. Dal punto di vista dei numeri siamo quindi di fronte a modalità di mobilitazione politica minore nella società degli user generated contents. Magari di una minoranza non democratica, strategica per vincere le elezioni in una società politicamente frammentata ma neanche da scambiare per una maggioranza. Dal punto di vista dei risultati arrivano al ballotaggio due candidati di destra. Entrambi assolutamente compatibili con procedure e dettati politici Ue, Bce, Ecofin che hanno portato l’Italia in una contrazione economica permanente che rischia di produrre disastri sociali impensabili per questo paese.  Che dalle primarie esca un pd più bersaniano o renziano, onestamente, è solo un problema di organigramma interno a quel (si fa per dire) partito.

Sugli altri candidati che hanno avuto funzione decorativa merita spendere due parole su Nichi Vendola. Che due anni fa era un possibile,  candidato vincente alle primarie del centrosinistra. Ed oggi è rimbalzato, dopo una serie di errori e travisamenti, alla condizione del Bertinotti di 15 anni fa. Quello costretto a stare in una coalizione, erodendo il proprio elettorato, maledicendo e votando leggi come la Treu sugli interinali. E a differenza del Bertinotti del ‘97, Vendola oggi è senza un partito strutturato, con la capacità di mobilitazione ormai completamente subordinata alla copertura del suo personaggio nei talk show. Come si capisce non solo dalla dismissione degli user generated contents delle fabbriche di Nichi, fondamentali per l’ascesa del personaggio, ma anche dalla spiegazione che Vendola dà del suo flop elettorale. Ovvero quella di non essere stato coperto a sufficienza dai grandi media. Nel complesso siamo di fronte al cupio  dissolvi del popolo di sinistra. Con questa espressione, a partire dagli anni ’80, si è sempre indicato l’elettorato di sinistra in grado di fare massa ben oltre l’adesione militante ai partiti progressisti. Questo genere di tipologia di popolazione, comunque numericamente in regressione, è invece oggi servito, come materia grezza per un processo di costruzione autoritaria del consenso, in forma democratica, grazie a nuovi dispositivi spettacolari, stranianti e cognitivamente regressivi.

Viste le politiche che ha in previsione il Pd una volta al potere, e che sono quasi sconosciute ai suoi follower, non  scherziamo affatto quindi quando diciamo che, chi vota le primarie, consapevole o no, è socialmente pericoloso.  Perchè trasferisce potere, secondo un complesso dispositivo non democratico, ai candidati di un partito che non ha prospettive di futuro. Bersani  ha parlato di primarie come di una festa. Bene, chi vuol fare politica deve uscire dall’autoreferenzialità e, politicamente parlando, si deve organizzare per fare la festa a questa gente. Disgregando una subcultura di centrosinistra che è uno dei fattori chiave del grave declino, dell’impoverimento materiale e cognitivo di questo paese.

Nique la police
Fonte: http://www.senzasoste.it
Link: http://www.senzasoste.it/nazionale/primarie-sempre-meno-votanti-nonostante-l-iniezione-fatale-di-realta-aumentata
26.11.201

REPLICA
“5 candidati, ballottaggi. Se non è democrazia questa … votano pure quelli degli altri partiti. Ovviamente il fatto di utilizzare metodi democratici non garantisce nulla sulla qualità del progetto politico visto che anche il nazismo arrivò al potere per via democratica. Non me la sento quindi di criticare queste primarie se non per il fatto di essere addirittura pletoriche. Non buttiamo via il bambino con l’acqua sporca. Se no poi ti ritrovi le primarie con opzione call del centrodestra … E il problema dell’appiattimento sull’agenda dello sceriffo di Nottingham è un problema globale che travalica i confini italiani e come tale va visto. Diciamo allora che abbiamo partiti al gusto di sinistra e partiti al gusto di destra buoni per soddisfare i palati meno esigenti ma che difficilmente potranno avere ingredienti differenti dall’agenda di cui sopra”.

“La Grecia è salva” – Le ultime parole famose di Massimo Giannini

Le potete leggere su Affari & Finanza di oggi, 12 marzo 2012.
Un editoriale che si rivelerà imbarazzante per il direttore del supplemento di Repubblica del lunedì che, inspiegabilmente, è stato affidato ad un laureato in giurisprudenza. E si vede!

Tre analisi che vanno oltre la retorica ufficiale che ha imbambolato Giannini.

“Stiamo tenendo il fiato per l’esito di un programma complesso e incerto, che a tutto servirà tranne che a risolvere il problema dell’economia greca e neppure di quella europea. Già circolano stime secondo cui non solo la Grecia, ma anche il Portogallo avranno presto bisogno di un altro ciclo di interventi, sempre spacciati per “aiuti” perché è bello far leva su sentimenti nobili.  Perchè allora montare un meccanismo così complesso? Semplicemente, per consentire alla Grecia di coprire il suo fabbisogno finanziario fino al 2014, senza ricorrere al mercato. Come ha documentato il Sole 24 Ore, con 176 miliardi (cioè con i 130 attuali e il completamento dei fondi stanziati nel 2011), la Grecia sarebbe in grado di fronteggiare tutti i suoi impegni del triennio, compresa una ricapitalizzazione delle banche per 50 miliardi. E dopo? È difficile pensare che ci si aspetti che a quel punto la Grecia sia risanata e i sottoscrittori privati di titoli accorrano nuovamente festanti.

Lo stesso Financial Times ha scritto che il governo greco sta tagliando il ramo su cui è seduto. È più probabile che ci si attenda che a quel punto l’economia europea e il suo sistema bancario siano più robusti e in grado di assorbire meglio l’impatto di un evento traumatico collegato alla Grecia o a qualche altro piccolo paese periferico. Dimenticando però di avviare le riforme necessarie per mettere sotto controllo i settori del credito (come i derivati e in particolare quelli sul rischio di credito) che oggi fanno tanto paura proprio perché totalmente sconosciuti e incontrollati. Perché fra tre anni dovrebbero fare meno paura, se continueranno a operare come oggi? Poiché la politica europea non è in grado di prendere decisioni se non quelle del rigore fiscale e poiché di regolamentare più rigidamente le banche non si parla più, va quindi bene a tutti di spostare un po’ in là nel tempo il problema del debito greco e lasciare che la Bce con interventi eccezionali inondi di liquidità il mercato per favorire le banche nell’immediato e attendere che queste sostengano una ripresa economica ancora di là da venire. Qui non è questione di essere ottimisti o pessimisti, è proprio il gioco del dare e dell’avere che non torna”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/03/09/grecia-chiamateli-aiuti/196311/

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“Insomma, la Grecia ha fatto default sul 105 miliardi di euro, ma ha aggiunto nuovo debito per 172 miliardi – nuovi prestiti di Ue e Fmi – oltre ai 107 di debito garantito e debitamente “nascosto” finora: dopo lo swap, quindi, Atene si è caricata di 279 miliardi tra nuovo debito e debito non contabilizzato! E sapete perché non era contabilizzato? Perché non era “in nome della Repubblica di Grecia”, ma “garantito dalla Repubblica di Grecia”! Ah beh, gran bella differenza! Quattro domandine quattro, per concludere. La Grecia, al netto dei prestiti di Fmi e Ue, ha un debito maggiore o minore dopo lo swap e il default selettivo? Come pagherà la Grecia quei 107 miliardi di dollari di debito garantito (scattando i cds, non ci sono storie, né dispute nominalistiche da fare)? Se la ragione dell’intero pacchetto di misure per la Grecia era riportare la ratio debito/Pil al 120%, creare maggiore debito è la strada giusta e fiscalmente possibile? Non sarà che l’unica ragione dell’intero programma, invece, era soltanto quella di proteggere le banche europee esposte alla Grecia? Provate a darvi una risposta e vedrete con occhi diversi la pantomima che si terrà oggi e domani, ovvero l’Eurogruppo e l’Ecofin che si riuniranno per decidere lo sblocco dei 130 miliardi di nuovi aiuti”.

http://www.rischiocalcolato.it/2012/03/e-ora-spunta-un-debito-nascosto-della-grecia.html

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“So, Greece defaulted. In the beginning, May 2010 to be precise, Europe and the IMF put up the largest loan in history supposedly to avert any kind of debt restructuring.  Then, when by the summer of 2011 it had become clear that debt restructuring was unavoidable, Europe embarked on ten months of navel gazing and a series of odd negotiations in order to effect the type of debt restructuring that would not, we were told, trigger CDS contracts. This week the default occurred and the CDS contracts were triggered. In terms of the troika’s own criteria, this was a spectacular failure to meet both targets”.

http://yanisvaroufakis.eu/2012/03/12/what-was-it-all-for-the-latest-greek-bailout-psi-in-the-morning-afters-cold-light/

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