“Il corpo degli altri. Sessualità e disabilità” – intervista a Valeria Alpi

https://twitter.com/stefanofait

Valeria Alpi per Erickson

Ci sono fino a 50 milioni di statunitensi e 40 milioni di Europei occidentali che convivono con una qualche forma di disabilità. Nella metà dei casi si tratta di menomazioni grave. Prima o poi ciascuno di noi dovrà affrontare una disabilità o prendersi cura di un disabile. È nell’interesse di tutti far sì che la società si adatti alla realtà.

Sempre molto attenta a queste tematiche, la casa editrice Erickson di Gardolo ha recentemente pubblicato una monografia intitolata “Il corpo degli altri. Sessualità e disabilità: immagini e prospettive”, che celebra i trent’anni di vita dell’importante rivista culturale bolognese «HP-Accaparlante». Questo numero è impreziosito dalle immagini delle sculture di Ivan Lardschneider, un artista gardenese sempre più quotato internazionalmente.

Abbiamo intervistato Valeria Alpi, caporedattrice della rivista, ricercatrice e curatrice della monografia.

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Quando è nato il connubio con Erickson?

10 anni fa. La Erickson conosceva molto bene le attività del centro documentazione handicap di Bologna. Si occupa prevalentemente di inclusione scolastica e il Centro Documentazione Handicap ha una serie di attività di animazione e formazione proprio mirate all’inclusione scolastica. Conoscevano la rivista e ci hanno offerto di produrla con il loro marchio. Ma la rivista aveva già 20 anni alle spalle. Mi lasci dire che una rivista di carta che ancora resiste è un record.

E quello con Ivan Lardschneider?

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HP-Accaparlante ha una grafica molto particolare che l’ha sempre distinta da altre riviste del mondo dell’handicap. Abbiamo anche vinto il premio “compasso d’oro” per la grafica. Usiamo immagini evocative, magari – in apparenza – molto diverse dal tema trattato, ma che comunque accompagnino la lettura con ulteriori stimolazioni mentali. Era molto difficile scegliere le immagini per il numero sulla sessualità ma, dato che il tema principale della monografia è il corpo, ho cercato tra gli artisti di arte contemporanea delle ultime biennali di Venezia chi avesse trattato il tema del corpo e mi sono imbattuta in Ivan: le sue sculture mi hanno colpita subito perché sono corpi “scomposti” un po’ come i corpi con disabilità. Inoltre le sue sculture insistono su una parte del corpo e la ingigantiscono rispetto al resto del corpo. Spesso il corpo di una persona disabile viene “spezzato” in varie parti da chi si occupa della persona disabile e si fa fatica a considerarlo un intero. I disabili fisici vengono educati fin da piccoli ad esaltare la testa e il corpo scompare. Ho trovato Ivan su facebook e l’ho contattato. È stato molto disponibile e si è detto onorato di questa collaborazione: in realtà l’onore è reciproco!

Sesso e disabilità: un argomento che per alcuni è sgradito

Restano i silenzi, le paure e i pregiudizi, da parte delle stesse persone disabili su se stesse, dei familiari delle persone disabili e di quelli degli eventuali partner normodotati; anche da parte degli educatori/operatori che si occupano della persona disabile. Ma se una persona disabile può uscire di casa, la gente comincia a vedere più disabili in giro e man mano ci fa l’abitudine e la disabilità diventa parte della quotidianità. A quel punto può sembrare meno strano vedere una coppia mista o due disabili in coppia.

Le famiglie giocano un ruolo importante

Molti genitori faticano ad accettare che il figlio disabile sia diventato adulto e che un eventuale partner si prende cura del proprio figlio al posto loro. Sono i primi che non credono che il proprio figlio possa essere interessante agli occhi di qualcun altro. Contemporaneamente le famiglie dei partner sani non accettano che il proprio figlio stia con un disabile, perché vedono solo un rapporto asimmetrico: sarà il sano ad assistere il disabile e basta. Invece se una coppia dove c’è una disabilità decide di stare insieme vuol dire che anche la persona disabile dà all’altro qualcosa.

Non è che questa ossessione tipicamente contemporanea per il sesso finisce per sabotare i rapporti? Molte persone sono più interessate all’affetto e alla condivisione.

Sono d’accordo, però i disabili sono uguali agli altri, quindi c’è a chi va bene l’esperienza di una notte e chi cerca il compagno per la vita. Però anche quando cerchi affetto, condivisione, compagnia, non sei un cagnolino. Vorresti comunque che il partner amasse anche il tuo corpo e non solo il fatto che con te chiacchiera e si confida e fate i viaggi e vi divertite.

I disabili non sono vittime. Leggo di questo ragazzo disabile che ha respinto una partner perché grassa: “Anch’io sono dentro questo giro della discriminazione, e quindi l’ho vissuta come una doppia sconfitta: tu che lotti contro la tua discriminazione sei quello che subito discrimina”.

Uno dei problemi è che il disabile pensa sempre solo ai diritti che ha e a quello che gli è dovuto mentre dovrebbe anche considerare che pure lui ha dei doveri.

Passerete per Trento?

Faremo un workshop nell’ambito di un grande convegno sull’inclusione sociale organizzato ogni due anni dalla Erickson, a Rimini. Ma ci piacerebbe presentare la monografia e il film-documentario “Sesso, amore & disabilità” di Adriano Silanus e Priscilla Berardi anche a Trento.

La primavera turca manderà in fumo i piani NATO

Turkish Prime Minister Tayyip Erdogan gives a thumbs-up sign from the cockpit of the Turkish Primary and Basic Trainer Aircraft "Hurkus" during a ceremony at the Turkish Aerospace Industries in Ankara

Migliaia di auto nella notte ad Ankara con i guidatori con la mano sul clacson, bandiere turche e ritratti di Mustafah Kemal Ataturk che sporgono dai finestrini, hanno invaso il centro per protestare contro la dura repressione oggi da parte della polizia delle manifestazioni contro il governo del premier Recep Tayyip Erdogan a Istanbul e in decine di altre città del Paese. Migliaia di manifestanti sono ancora concentrati nel centro della capitale turca. La polizia turca ha arrestato 939 persone in oltre 90 manifestazioni contro il governo in tutta la Turchia  (ANSA del 1 giugno)

Le proteste hanno ben poco a che vedere con la tutela di pochi alberi e molto a che vedere con il tradimento dell’eredità di Mustafa Kemal Atatürk, il padre della Turchia moderna, un grande uomo e grande leader che riuscì a sospingere una nazione imbarazzantemente arretrata e autoritaria verso una modernità fatta di laicità, democrazia e crescita economica. Il cammino era ben lungi dall’essere completato (non lo è per noi, figuriamoci se lo potrebbe essere per la Turchia), ma l’arrivo dei musulmani al potere ha invertito la rotta: neoliberismo, completo asservimento della politica estera agli obiettivi della NATO, islamizzazione della società, alleanza con Israele e Arabia Saudita, coinvolgimento diretto nel tentativo di effettuare un cambio di regime in Siria. Erdogan è stato rieletto unicamente in virtù dei suoi successi economici, ma la pacchia è finita e le conseguenze di una crescita realizzata con il doping finanziario si stanno per abbattere sulla Turchia. Queste proteste sono solo l’inizio ed è possibile che, per cavarsela, Erdogan scelga la via della guerra con la Siria, dopo l’ennesimo, ridicolo false flag, come questo:

Le forze speciali turche anti-terrorismo hanno arrestato 12 sospetti, membri del Fronte Al-Nusra, il gruppo affiliato di Al-Qaeda che è stato definito “il braccio più aggressiva e di successo” dei ribelli siriani, che si presume stessero preparando un attentato chimico nella città meridionale turca di Adana.
http://arabworld360.blogspot.it/2013/05/turkey-finds-sarin-gas-in-homes-of.html#.Uanovdh4NQE

Se lo farà, anche i suoi sostenitori lo abbandoneranno alla sua sorte.
In caso di conflitto, ci sarà una primavera europea. Meno di un quarto degli inglesi approva la decisione del proprio governo di fornire armi agli insorti siriani, figuriamoci come prenderebbero un costoso e sanguinoso coinvolgimento diretto delle loro forze armate:
http://www.guardian.co.uk/world/2013/jun/01/syria-hague-arms-intervention-military

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BACIARSI IN PUBBLICO È CONTRARIO ALLA MORALE?

La stampa turca riferisce di incidenti registrati ieri sera ad Ankara, dove circa 200 giovani che si erano riuniti per una ‘protesta del bacio’ contro cartelli che esigevano il rispetto delle ”legge morali” nella metropolitana sono stati prima bloccati dalla polizia e poi attaccati da integralisti islamici…circa 30 giovani islamici aderenti all’Akp [partito al governo] che hanno cercato di separare le coppie usando anche violenza fisica. Un ragazzo che partecipava alla ‘protesta del bacio’ e’ stato ferito da una coltellata e ha dovuto essere ricoverato. ”L’immoralita’ non e’ liberta”’ ha detto a Hurriyet un esponente dei giovani Akp, Celal Karaman. L’opposizione laica accusa Erdogan di seguire una ‘agenda occulta’ di reislamizzazione del paese.

http://www.ansa.it/web/notizie/photostory/primopiano/2013/05/26/Turchia-islamici-polizia-contro-protesta-bacio-_8768262.html

TOLLERARE LIVELLI ALLUCINANTI DI VIOLENZA DOMESTICA SULLE DONNE È MORALE?

A luglio del 2011 le Nazioni Unite hanno pubblicato un dossier sulla Turchia, nel quale si legge che il paese della Mezzaluna ha la maglia nera rispetto all’Europa e agli Stati Uniti quanto a violenze domestiche sulle donne. Il 39 per cento delle donne turche ha patito abusi psicologici e fisici all’interno delle mura domestiche, contro il 22 per cento delle donne statunitensi e un range che va dal 3 al 35 per cento in Europa. Ciò dimostra che ad Ankara l’allarme è decisamente alto, visto che dai dati Onu risulta che peggio della Turchia ci sono solo i Paesi dell’Africa sub-sahariana e l’isola di Kiribati nel Pacifico…Secondo HRW circa il 42 per cento delle donne turche che hanno più di 15 anni e il 47 per cento di quelle che vivono nelle aree rurali del Paese hanno sperimentato sulla loro pelle abusi e violenze domestiche di ogni genere, da quelle fisiche a quelle psicologiche…Le contraddizioni del governo e la sua risposta “inconsistente” per prevenire gli abusi sulle donne è però lo specchio fedele dell’ambivalenza che regna all’interno della società turca in merito alla questione di genere. Molte persone in Turchia sono convinte che “il successo delle donne rappresenti il fallimento della famiglia“. Queste persone sono generalmente di credo islamico e hanno una visione tradizionalista (e maschilista) della società…Recep Tayyip Erdogan ha lanciato un appello accorato a tutte le famiglie turche affinché abbiano “almeno tre figli“, perché – secondo il primo ministro – “la forza di una nazione risiede nelle sue famiglie e la forza delle famiglie risiede nel numero dei loro figli”. Un’immagine che riporta indietro nel tempo e che sottolinea l’immagine delle donne come mere “incubatrici” di pargoli che possano assicurare l’aumento del tasso di turchità della società. Ma Erdogan si è spinto anche oltre, legando la natalità all’economia: “Uno o due bambini significa bancarotta – ha detto – Tre bambini invece significa che stiamo migliorando”.

http://news.panorama.it/esteri/turchia-femminicidio-violenza-donne-erdogan-islam

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REPRIMERE CON LA VIOLENZA LE PROTESTE POPOLARI PACIFICHE È MORALE?

Era iniziata come una protesta di cittadini contra la distruzione di un parco, il Gezi Park di Taksim, e dei suoi 600 alberi, nel cuore di Istanbul. Ma il movimento si fa ogni giorno di più simile alle rivolte della stagione degli indignados di Madrid, Londra o New York. Da lunedì ogni notte, prima centinaia di giovani, ora migliaia, si accampano nel parco, per impedire la mattina ai bulldozer di sradicare gli alberi dell’ultimo polmone verde del cuore europeo della megalopoli del Bosforo, al posto del quale deve essere costruito un mega centro commerciale. All’alba ogni giorno i reparti anti-sommossa della polizia prendono d’assalto il parco, usando lacrimogeni, spray urticanti, cannoni ad acqua.

http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/ESTERI/turchia_rivolta_gezi_park_governo_erdogan/notizie/286448.shtml

http://www.asianews.it/notizie-it/Istanbul-sconvolta-dalle-proteste-e-dalle-violenze-della-polizia-28080.html

DETENERE IL RECORD MONDIALE DI INCARCERAZIONE DI GIORNALISTI È MORALE?

La Turchia detiene il record mondiale di giornalisti in carcere. Lo dice un rapporto pubblicato oggi dal Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj), una Ong con sede a New York, secondo la quale nel Paese è in atto “una delle più vaste operazioni di repressione della libertà di stampa nella storia recente”.

il numero di giornalisti in prigione in Turchia oggi è superiore a quello di altri Paesi più repressivi, come l’Iran, l’Eritrea e la Cina”, afferma il Cpj.

Oltre alle retate di giornalisti con il pretesto delle lotta al terrorismo, l’ong denuncia anche “tattiche di pressione per convincere all’autocensura” nelle redazioni. Il Cpj ha anche fatto appello al premier Erdogan perché smetta di denunciare sistematicamente per diffamazione “i giornalisti critici”, di “disprezzarli pubblicamente” e di esercitare “pressioni su media critici perché adottino un tono più moderato”.

http://www.lastampa.it/2012/10/22/esteri/in-turchia-il-record-mondiale-di-giornalisti-in-carcere-sono-p3OdQkPmPNmxVjIZEuRRXO/pagina.html

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ALLEARSI CON ISRAELE E L’ARABIA SAUDITA E DESTABILIZZARE UN PAESE CONFINANTE INFISCHIANDOSENE DELLA VOLONTÀ POPOLARE È MORALE?

Se gli Stati Uniti proponessero una no-fly zone sulla Siria, noi risponderemmo subito di sì

Recep Tayyip Erdogan, premier turco (membro della NATO), intervistato dalla NBC

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/08/17/israele-e-turchia-mano-nella-mano-verso-labisso/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/25/labbattimento-dellaereo-turco-non-e-un-semplice-incidente-e-i-cittadini-turchi-non-vogliono-la-guerra/

Un sondaggio promosso dal popolare quotidiano Hurriyet ha confermato che, come indicato da diversi recenti sondaggi, la maggioranza della popolazione turca è fortemente ostile a un conflitto con Damasco. L’instant poll di Hurriyet ha rilevato un livello di opposizione al 55%. Recenti sondaggi hanno rivelato anche che una maggioranza della popolazione turca non approva la politica muscolare del premier islamico nazionalista Recep Tayyip Erdogan sulla crisi siriana e il suo dichiarato appoggio ai ribelli sunniti contro l’ex-amico Bashar al Assad.

http://www.lettera43.it/cronaca/turchia-siria-ankara-non-vogliamo-guerra_4367566771.htm

OPTARE PER UNA GESTIONE NEOLIBERISTA DELL’ECONOMIA È MORALE?

Economia in forte frenata, mentre la bolla creditizia continua ad espandersi, finanziata da un forte deficit commerciale (10% del PIL). Il debito privato è triplicato negli ultimi 4 anni: il governo prima ha chiesto ai turchi di consumare per far crescere il paese, poi dirà che sono vissuti al di sopra delle proprie possibilità. Faranno la fine della Spagna e del Regno Unito. Ed Erdogan è stato rieletto solo perché pareva aver trovato il modo di arricchire la popolazione (strappare alla povertà milioni di turchi).

http://online.wsj.com/article/SB10001424127887323296504578396200677967468.html

http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/MID-01-230413.html

Chi salverà la Turchia dalla bancarotta?

http://www.bloomberg.com/news/2013-05-30/rally-ending-as-bernanke-exit-seen-matter-of-time-turkey-credit.html

http://blogs.wsj.com/emergingeurope/2013/05/30/oecd-offers-skeptical-view-of-turkey/

FARE IN MODO CHE ALL’AUMENTO DEL BENESSERE IL TASSO DI DISUGUAGLIANZA RESTI ELEVATISSIMO È MORALE?

La Turchia è oltre il sessantesimo posto nel mondo, davanti a Gabon e Cina e dietro il Perù

http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_countries_by_inequality-adjusted_HDI

L’AUTORITARISMO È MORALE?

C’è sempre sullo sfondo la questione della presunta “agenda segreta islamica” a turbare i sonni dei secolaristi seguaci di Ataturk, il padre della Turchia moderna e laica, («l’Akp non è laico come i partiti democratici cristiani nei paesi occidentali, loro vogliono introdurre lo studio del Corano nella scuola pubblica» dice Kiliçdaroglu).

«All’inizio l’Akp – dice Kiliçdaroglu – ha combattuto per la democrazia contro il sistema, ma ora sta occupando ogni spazio dello stato e hanno ordinato perfino la confisca preventiva di un libro sgradito al potere (si tratta di un testo di un giornalista su un personaggio controverso vicino al governo, Fetullah Gulen, n.d.r.)».

Insomma il rischio è che l’Akp si stia trasformando in un partito-stato. Una preoccupazione isolata del partito laico e socialdemocratico? No. Oktay Vural, vice presidente del gruppo parlamentare dell ‘MHP, il partito nazionalista del professor Bacheli, che ha ottenuto il 13% dei voti alle ultima elezione, dice: «L’Akp, il partito di Erdogan, è un partito-stato. I media sono minacciati o sotto controllo diretto del governo e spesso i media sono proprietà di gruppi con altri interessi economici che poi vengono minacciati in questi settori se sono critici con il governo. Ci sono molti giornalisti in galera o che hanno perso il posto perché sgraditi e non siamo liberi di comunicare senza il timore di senza essere intercettati. Inoltre ho l’impressione che il sistema giudiziario sia sotto controllo dell’esecutivo».

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-04-03/stretta-autoritaria-agenda-segreta-180705.shtml?uuid=Abl3paIF

Di carattere forte, secondo molto autoritario, Erdogan in questi 10 anni è finito più volte sui giornali con l’accusa di voler islamizzare il Paese, utilizzando l’ingresso in Unione Europea solo per indebolire lo strapotere dei militari, da sempre strenui difensori dello Stato moderno e laico fondato da Atatürk. Già durante il suo mandato da sindaco di Istanbul, dal 1994 al 1998, il futuro premier aveva fatto parlare di sé per aver criticato i dipendenti dal comune che servivano bevande alcoliche, e perché non stringeva la mano alle donne.

La sua nomina a primo ministro, avvenuta ufficialmente nel 2003, lo ha portato a più miti consigli, ma per poco. È dello stesso anno il tentativo del primo governo Erdogan di fare entrare gli studenti delle imam-hatip (scuole vocazionali islamiche) all’università.

Nel 2012 viene approvata la riforma scolastica che consente ai genitori di inviare i bambini alle scuola vocazionali già dall’età di 10 anni. In alcuni quartieri di Istanbul scoppia la polemica per alcuni studenti trovatisi iscritti d’ufficio alle imam-hatip e non in istituti laici come avevano richiesto, per mancanza di posti. Il premier dice: «alleveremo generazioni di giovani devoti».

Gli appelli di Erdogan alle donne turche a fare almeno tre figli sono all’ordine del giorno. Dietro le sue parole si cela anche il timore per il peso demografico della componente curda, concentrata nel Sud-Est del Paese e dove non hanno problemi di natalità. Ma parallelamente ha portato avanti una campagna serrata contro l’aborto, minacciando di cambiare la legge, che attualmente fissa l’interruzione di gravidanza a 10 settimane, e una vera e propria «crociata» contro una telenovela, campione di ascolti in Turchia e all’estero, rea di aver ritratto il sultano Solimano il magnifico come troppo dedito all’alcol e troppo succubo delle donne.

Infine, in questi anni, la Turchia di Recep Tayyip Erdogan è finita più volte nell’occhio del ciclone per la questione della libertà di stampa e pressioni sui media.

http://www.lastampa.it/2013/03/11/esteri/la-rivoluzione-di-erdogan-piu-velo-e-meno-liberta-x7s7XIoWe4o686itwhj5zM/pagina.html

https://twitter.com/stefanofait

Prima è toccato ai neri, poi agli altri colorati. Presto toccherà a molti bianchi (è il neoliberismo, bellezza!)

Lo stato è oggi ipertrofico, elefantiaco, enorme e vulnerabilissimo, perché ha assunto una quantità di funzioni di indole economica che dovevano essere lasciate al libero gioco dell’economia privata. […] Noi crediamo, ad esempio che il tanto e giustamente vituperato disservizio postale cesserebbe d’incanto se il servizio postale, invece di essere avocato alla ditta stato, che lo esercisce nefandemente in regime di monopolio assoluto, fosse affidato a due o più imprese private. […] In altri termini, la volontà del fascismo è rafforzamento dello stato politico, graduale smobilitazione dello stato economico”.

Benito Mussolini. Opera Omnia., XVI, p. 101

Una dittatura può essere un sistema necessario per un periodo transitorio. […] Personalmente preferisco un dittatore liberale ad un governo democratico non liberale. La mia impressione personale – e questo vale per il Sud America – è che in Cile, per esempio, si assisterà ad una transizione da un governo dittatoriale ad un governo liberale”.

Friedrich von Hayek, nume tutelare dei neoliberisti, intervistato da Renée Sallas per El Mercurio”, il 12 aprile 1981. Pinochet rimase al potere fino all’11 marzo 1990 e continuò a ricoprire l’incarico di comandante in capo delle Forze armate cilene fino al 1998. Hayek fu nominato presidente onorario del “Centro de Estudios Públicos”, think tank liberista fortemente voluto da Augusto Pinochet, dittatore cileno giunto al potere grazie al sostegno della CIA.

La mano invisibile del mercato non funzionerà mai senza un pugno invisibile. McDonald’s non può prosperare senza McDonnell Douglas e i suoi F-15. E il pugno invisibile che mantiene il mondo sicuro permettendo alle tecnologie della Silicon Valley di prosperare si chiama US Army, Air Force, Navy e Marine Corps“.

Thomas L. Friedman, A Manifesto for the Fast World“. New York Times. March 28, 1999.

“Penalizzazione, spoliticizzazione, razzializzazione. Sull’eccessiva incarcerazione degli immigrati nell’Unione Europea”

di Loïc Wacquant

Nel 1989, per la prima volta nella storia del Paese, la popolazione statunitense in stato di detenzione era di maggioranza nera. Come conseguenza dello sgretolamento del ghetto urbano e della “guerra alle droghe” lanciata dal governo federale come elemento della vasta politica della “legge-e-ordine” progettata per ripristinare i confini razziali nelle città e riaffermare il potere dello Stato di fronte alla rapida ristrutturazione economica e alla notevole limitazione del welfare, il tasso di incarcerazione degli Afro-Americani è raddoppiato in quasi 10 anni, passando dai 3.544 detenuti ogni 100.000 abitanti nel 1985, agli sconcertanti 6.926 per 100.000 abitanti nel 1995, quasi otto volte il numero dei loro compatrioti bianchi (919 per 100.000 abitanti) ed oltre venti volte i tassi registrati nei più grandi Paesi dell’Europa continentale. Se gli individui in carcere, affidati ai servizi sociali, o in libertà condizionata fossero tenuti in considerazione, risulterebbe che, tra la popolazione nera maschile dai 18 ai 35 anni, più di uno su tre (e il rapporto arriva a due su tre nel cuore delle grandi città della deindustrializzata “cinta della ruggine”) si trova sotto controllo del sistema penale giudiziario.

Se i neri sono diventati “i clienti” privilegiati del sistema carcerario statunitense, non è a causa di una certa tendenza particolare che questa Comunità avrebbe per la devianza ed il crimine; né è dovuto ad un aumento improvviso dei crimini che commettono. È perché si trovano nel punto di intersezione di un sistema di tre forze, che, insieme, determinano ed alimentano il regime, senza precedenti, dell’iperinflazione carceraria che l’America ha sperimentato nell’ultimo quarto di secolo, dopo lo scardinamento del sistema sociale fordista-keynesiano e l’attacco diretto alla struttura delle caste da parte del Movimento dei Diritti Civili e delle sue propaggini urbane:

I) il dualismo del mercato del lavoro e la diffusione dell’occupazione precaria, e della disoccupazione-sottoccupazione ai livello minimi;

II) lo smantellamento graduale dell’assistenza pubblica per i membri più deboli della società (reso necessario dalla diffusione del salario desocializzato) e il loro eventuale ricollocamento in programmi disciplinari ideati per indurli in lavori inferiori alla media del sistema economico; e

III) la crisi del ghetto come strumento di controllo e la relegazione della popolazione stigmatizzata, ritenuta inassimilabile al corpo della nazione e considerata numericamente eccessiva sia nei conteggi economici sia in quelli politici: la loro forza lavoro non è più necessaria, dato la loro mancanza di abilità ed è completamente rimpiazzata da quella di operai immigrati; le loro schede elettorali possono essere ignorate come conseguenza della commercializzazione dei voti di partito, del controllo repressivo e paralizzante degli interessi corporativi sulla presa di decisione politica e dello spostamento dell’epicentro elettorale del Paese dalla città al sobborgo.

[…].

Con la fine degli schemi, patrocinati dallo Stato, dell’importazione di forza lavoro straniera negli anni ‘70, “l’operaio ospite” immigrato dalla periferia coloniale si è trasformato in un immigrato tout court la cui presenza persistente è sempre più percepita immediatamente come minaccia professionale (delocalizza e decurta il numero dei lavoratori locali), come un peso per l’economia (è disoccupato e sfrutta i già scarsi servizi d’assistenza pubblica) e una minaccia sociale (essendo venuta a mancare l’“integrazione,” lui e la sua prole sono vettori della corrosiva alterità culturale, della devianza criminale e della violenza urbana). Con l’accelerazione dell’integrazione sovranazionale dopo il Trattato di Maastricht e gli accordi di Schengen, la presenza visibile degli stranieri non-bianchi è diventata doppiamente anomala da quando il reale tracciato dei confini esterni dell’Unione è andato affermandosi su un’opposizione definita fra “noi” europei e “loro” immigrati del Terzo Mondo che non sono più benvenuti – nonostante continuino ad essere disperatamente necessari. Come vedremo in questo scritto, la costruzione della “Fortezza Europa”, negli anni del lavoro flessibile e dell’insicurezza sociale generalizzata, ha effettivamente accelerato un movimento duplice di ostracizzazione che contrappone i non voluti Gastarbeiter agli Ausländer, con una rimozione all’esterno mediante espulsione e uno sradicamento interno tramite l’incarcerazione diffusa, direttamente rivolta a quanti rappresentano quell’“esterno” sociale e simbolico dell’emergente Europa postnazionale. Nel processo, il braccio penale dello Stato ha assunto un ruolo chiave nell’articolazione della costruzione discorsiva ed organizzativa dell’insicurezza interna ed esterna fino a che si è arrivati ad assimilare il clandestino nero con lo straniero criminale – due concetti diventati virtualmente sinonimi – come l’antitesi vivente del nuovo europeo in via di formazione.

Misurando la disproporzionalità etnonazionale

Durante il passato trentennio, quasi tutti i Paesi dell’Unione Europea hanno avvertito in modo significativo, a volte in maniera cauta, in altri casi esplosiva, l’aumento della popolazione carceraria, in coincidenza con l’inizio della disoccupazione di massa, dell’occasionalità dello stipendio e dell’ufficiale blocco della forza lavoro degli immigrati. Fra il 1983 e il 2001, questi aumenti sono passati da un terzo fino alla metà tra i vari Paesi più grandi, con il numero di detenuti (compresi quelli in attesa di giudizio) passato da 43.400 a 67.100 in Gran Bretagna, da 41.400 a 55.200 in Italia e da 39.100 – 54.000 in Francia. L’inflazione delle carceri è stata ancor più spettacolare nei Paesi più piccoli e vicini al Mediterraneo, con il Portogallo (6.100 – 13.500), la Grecia (3.700 – 8.300) e l’Irlanda (1.400 – 3.000), che evidenziano tassi raddoppiati, e la Spagna (14.700 – 46.900) ed i Paesi Bassi (4.000 – 15.300) con la triplicazione delle loro popolazioni carcerarie. Nonostante il ricorso periodico ad estesi atti di clemenza (per esempio, in Francia ogni anno dal 1991 per festeggiare la presa della Bastiglia) e le ondate dei provvedimenti di indulto che sono diventati ordinari (in Italia, in Spagna, nel Belgio e in Portogallo), le scorte di detenuti del continente si sono gonfiate inesorabilmente e le carceri dappertutto sono piene fino all’eccesso.

Ma, soprattutto, in Europa, gli stranieri e i cosiddetti immigrati “di seconda generazione” di estrazione non-Occidentale e persone di colore, che figurano fra le categorie più vulnerabili sia sul mercato del lavoro sia da punto di vista dell’assistenza sociale, a causa della loro basso ceto, per la scarsità delle credenziali e per le molteplici forme di discriminazione che perdurano, sono massicciamente sovrarappresentati negli strati più a margine della popolazione e questo ad un grado paragonabile, anzi in molti casi superiore, alla “disproportionalità razziale” che affligge i neri negli Stati Uniti.
http://loicwacquant.net/papers/on-penal-state/

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