Elysium e il mio modesto interesse per la mirmecologia

A cura di Stefano Fait

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L’unico merito di “Elysium” è che ci rammenta che le società egoiste fondate sull’arrivismo e sulla prevaricazione sono intrinsecamente instabili.

La base della piramide preme per prendere il posto di chi risiede sulla sua sommità.

L’apice non può disfarsi della base e dei corpi intermedi se vuole continuare a “vivere alla grande” e quindi è condannato a vivere in uno stato di ansia e diffidenza.

Non è una società, è un incubo sociopatico: come un magnete, può solo attirare disgrazie, deprimere la natalità, moltiplicare la violenza e la paura, cronicizzare un’insoddisfazione inappagabile, a ogni livello.

È come essere prigionieri di un videogioco in cui – anche da protagonisti – si recita la parte di una comparsa unidimensionale, non si riesce a passare di livello nemmeno con i trucchi e, giorno dopo giorno, vita dopo vita, si batte il muso contro l’eterno ritorno dell’uguale a se stesso.

La fiera della prevedibilità e quindi del tedio esistenziale, un insulto all’intelligenza umana, postumana, transumana, ecc. L’antitesi delle utopiche aspirazioni di Elysium, che sarebbe dovuta essere un’oasi di pace, benessere, serenità, ordine, armonia ma, date le premesse, non può essere qualcosa di diverso da un nido di serpi, o da una banda di parassiti che, spolpata la carcassa, cominciano a consumarsi tra loro.

Il concetto di fondo è che nessuno ha valore di per sé, ma solo in quanto possessore/proprietario e quindi nella misura in cui è capace di sottrarre ad altri ciò che la cultura dominante considera degli status symbol. Un’esistenza falsamente attiva, che in realtà è passiva, a rimorchio di bisogni indotti che formano un guinzaglio attorno al collo di tutti i combattenti della lotta di classe. Chi è libero? Nessuno. Chi è schiavo? Tutti, ciascuno a modo suo.

Una caricatura neomarxista del capitalismo e del feudalesimo, dove né gli uni né gli altri vedono i propri antagonisti come esseri umani degni di rispetto, se non di cameratismo, ma come avversari da disprezzare e sottomettere, cioè a dire come cose, in conformità con quel feticismo degli oggetti che li porta a idolatrare la materia che vogliono dominare al fine di stabilire la propria superiorità. Perché è questo che desiderano più di ogni altra cosa: vincere, fortissimamente vincere. E quindi bramano l’altrui disfatta. Questa è la mentalità che guida le loro azioni.

Elysium è un cantico dell’invidia, del cliché, del materialismo e della totale assenza di senso dell’umorismo, creatività, inventiva, empatia. È lo specchio di Hollywood, la fabbrica degli sbadigli e dello spreco di risorse (un potlatch del terzo millennio). L’anti-Mida: ogni ispirazione immaginifica che tocca riesce a trasmutarla in qualcosa di dozzinale, puerile e decerebrante.

La Hollywood decadente di un Occidente decaduto richiama alla mente quelle file di auto parcheggiate nelle nostre città: più o meno tutte uguali, più o meno tutte dello stesso colore (grigio, bianco o nero).

Non c’è alcuna ragione di interessarsi alle vicende di una tale società – Elysium, come l’Occidente decaduto –, se non sulla scia di uno stravagante e transitorio slancio mirmecologico. L’antropologia s’interessa di esseri umani a tutto tondo e deve quindi rivolgersi altrove.

Ed è precisamente quel che ho fatto, delineando un’alternativa alla società zombie, necrofila e decadente che certuni, morbosamente eccitati dalla mania del controllo, del possesso, del dominio, tentano di spacciare come inevitabile (“non ci sono alternative” – TINA)

“Meglio vedere quello che ci accadrà e resistere, piuttosto che ritirarci nelle fantasie condivise da una nazione di ciechi”.

 

Chris Hedges, corrispondente di guerra e premio Pulitzer, è autore di un magnifico studio della psicologia umana alle prese con la fascinazione per la violenza. La traduzione italiana è intitolata “Il fascino oscuro della guerra” e la consiglio a tutti.

Qui descrive la condizione umana al crepuscolo della nostra civiltà e il senso ultimo di questo e di altri blog.

Hedges coglie quella tragica verità che continuiamo ad ignorare a nostro rischio e pericolo: l’unica maniera per salvarci è uscire almeno occasionalmente dalla modalità egocentrica e, per farlo, dobbiamo fare attenzione a quel che ci circonda. Un bimbo ipnotizzato dalla caccia al piccione si farà arrotare da un’auto piuttosto che interrompere quel che sta facendo. Ma gli adulti sono radicalmente diversi? Avete notato come se siete in bici in una zona pedonale dove è permesso circolare in bicicletta la gente non si sposta? Avete notato quante persone non vi aiutano quando state spostando un oggetto pesante perché non è la loro mansione? Se non facciamo attenzione a quel che accade ed al nostro prossimo saremo eterne vittime delle menzogne, delle manipolazioni e dell’effetto cumulato di milioni di egotismi. È un compito ingrato perché la gran parte del tempo pensiamo ed agiamo meccanicamente. È a questo che servono gli amici: a farci notare quel che da soli non riusciamo a notare. Fungono da specchio e noi facciamo lo stesso con loro. Prendiamo coscienza di quel che non va in noi e così apriamo un pertugio per far uscire quel che di meglio c’è in noi. Ma senza attenzione tutto questo non è possibile e ci sarà sempre iniquità.

Scrivevo in un precedente post: “Seth L. Schein (1996) nota perspicacemente che l’Odissea è piena zeppa di personaggi che si dimenticano le cose, non pongono attenzione a quello che fanno, si formano una valutazione superficiale ed estremamente arbitraria della realtà e per questo falliscono e periscono. Il loro è un fallimento morale e pratico: vengono tutti puniti per aver preteso ciò che non spettava loro, per aver sottratto indebitamente i mezzi di sostentamento altrui senza dare nulla in cambio, per essersi comportati empiamente e parassitariamente”

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/07/22/amleto-e-lingiustizia-iniquita/

Ecco il pezzo di Hedges.

“Le culture che durano dedicano un spazio riservato a coloro che mettono in dubbio e sfidano i miti nazionali. Artisti, scrittori, poeti, attivisti, giornalisti, filosofi, ballerini, musicisti, attori, registi e ribelli devono essere tollerati se una cultura vuole evitare il disastro. I membri di questa classe artistico-culturale, che solitamente non sono benvenuti nelle stordenti aule accademiche dove trionfa la mediocrità, fungono da profeti. Sono allontanati o etichettati come sovversivi delle elite del potere, perché non condividono il narcisismo collettivo dell’autoesaltazione. Essi ci obbligano ad affrontare tesi mai prese in considerazione, quelle per cui andremmo verso la distruzione se non le affrontassimo.

Essi ci presentano le elite governanti come false e corrotte. Essi manifestano l’insensatezza di un sistema basato sull’ideologia della crescita senza fine, dello sfruttamento continuo e della costante espansione. Ci ammoniscono del veleno del carrierismo e della futilità di ricercare la felicità accumulando benessere.
Ci mettono faccia a faccia con noi stessi, dall’amara realtà della schiavitù e delle leggi Jim Crow (*) alla strage omicida dei nativi americani, alla repressione dei movimenti operai, alle atrocità commesse dalle guerre dell’impero, all’assalto all’ecosistema. Ci rendono insicuri dei nostri valori. Loro mettono in discussione i cliché che utilizziamo per descrivere la nazione – il paese dei liberi, il miglior paese della Terra, il faro della libertà – per mettere in luce i lati oscuri, i crimini e l’ignoranza. Essi ci offrono la possibilità di una vita piena di significato e la capacità di avviare un cambiamento.

Le società civili vedono quello che vogliono vedere. Da una miscela di fatti storici e fantastici, creano miti di identità nazionale. Ignorano i fatti spiacevoli che disturbano l’auto-esaltazione. Credono ingenuamente nella nozione del progresso lineare e nella certezza del potere nazionale. Ecco su cosa si basa il nazionalismo: sulle bugie. E se una cultura perde la capacità di pensiero ed espressione, se realmente mette a tacere le voci dissidenti, se si rinchiude in quello che Sigmund Freud chiamava “ricordi di copertura”, un miscuglio rassicurante di fatti e finzione, allora quella cultura muore. Si arrende il suo meccanismo interno di blocco delle auto-illusioni. Dichiara guerra alla bellezza e alla verità. Abolisce il sacro. Trasforma l’educazione in un corso di formazione professionale. Ci rende ciechi. E questo è ciò che è avvenuto. Ci siamo persi in alto mare durante la tempesta. Non sappiamo dove ci troviamo. Non sappiamo dove stiamo andando. E non sappiamo cosa ci capiterà.

Lo psicoanalista John Steiner chiama questo fenomeno “chiudere un occhio”. Fa notare che spesso abbiamo la possibilità di avere conoscenze adeguate, ma poiché è spiacevole e sconcertante decidiamo inconsciamente, e spesso consciamente, di ignorarle. Usa la storia di Edipo per sostenere la sua affermazione. Sostiene che Edipo, Giocasta, Creonte e il “cieco” Tiresia si rendevano conto della verità del parricidio di Edipo e del suo matrimonio con la madre, come era stato profetizzato, ma lo avevano ignorato di comune accordo. Anche noi, scrisse Steiner, chiudiamo un occhio sui pericoli che dobbiamo affrontare, nonostante le numerose prove che, se non riconfigureremo radicalmente il nostro rapporto con la Natura, la catastrofe sarà assicurata. Steiner descrive una verità psicologica profondamente sconcertante.

Io ho riscontrato questa stessa capacità collettiva di auto-illusione tra le élite cittadine di Sarajevo e poi a Pristina, durante le guerre in Bosnia e in Kosovo. Queste raffinate élite si rifiutavano categoricamente di credere che la guerra fosse un’eventualità possibile, sebbene gli atti di violenza fra bande armate avversarie avessero già iniziato a lacerare il tessuto sociale. Durante la notte si potevano sentire gli spari. Ma loro furono gli ultimi a “venirne a conoscenza”. E anche noi siamo auto-illusi allo stesso modo. La prova tangibile della decadenza nazionale – lo sgretolarsi delle infrastrutture, l’abbandono delle aziende e di altri posti di lavoro, le file di negozi distrutti, la chiusura di librerie, scuole, stazioni dei pompieri e uffici postali – che vediamo accadere sotto i nostri occhi, passano in realtà inosservati. Il rapido e terrificante deterioramento dell’ecosistema, provato dall’aumento delle temperature, dalle siccità, dalle alluvioni, dai raccolti distrutti, le perturbazioni anomale, lo scioglimento dei poli e l’aumento dei livello dei mari, vanno perfettamente d’accordo con il concetto di “chiudere un occhio” formulato da Steiner.

Edipo, alla fine dell’opera di Sofocle, si strappa gli occhi e con sua figlia Antigone come guida viaggia nel paese. Una volta re, diventa uno straniero in un paese sconosciuto. Muore, come dice Antigone, “in un paese straniero, ma un paese che aveva desiderato ardentemente.” William Shakespeare in “Re Lear” gioca sullo stesso tema della vista e della cecità. Chi ha gli occhi, in “Re Lear”, non è capace di vedere. Gloucester, cui sono stati cavati gli occhi, nella sua cecità si vede svelata una verità. “Io non ho strada, e perciò non ho bisogno degli occhi”, afferma Gloucester dopo essere stato accecato.
“Ho inciampato quando ho iniziato a vedere”. Quando Lear bandisce la sua unica figlia legittima, Cordelia, che lui accusa di non amarlo abbastanza, Lear urla: “Sparisci dalla mia vista!” A cui Kent replica: Guarda meglio, Lear, e lascia che io rimanga ancora il vero punto di mira dell’occhio tuo.

La storia di Lear, così come la storia di Edipo, riguarda l’acquisizione della visione interiore. Riguarda l’etica e l’intelletto accecati dell’empirismo e dalla vista. Riguarda la visione dell’immaginazione umana, come diceva Blake, quale manifestazione dell’Eternità. “L’Amore senza immaginazione è morte eterna.”

L’allievo Shakespeariano Harold Goddard scrisse: “L’immaginazione non è la capacità di creare illusioni; è la facoltà grazie alla quale ogni uomo apprende la realtà.” L’illusione si scopre essere realtà. “Fai che la fede soppianti la realtà”, dice Starbuck in “Moby-Dick”.

“E’ solo il nostro assurdo pregiudizio ‘scientifico’ che la realtà debba essere fisica e razionale che ci rende ciechi di fronte alla realtà”, ammoniva Goddard. Come scrisse Shakespeare, ci sono “cose invisibili alla vista dei mortali“. Ma queste cose non sono professionali, fattive o empiriche. Non possono essere ritrovate nei miti nazionali di gloria e potere. Non si possono ottenere con l’imposizione. Non giungono per apprendimento o ragionamento logico. Sono intangibili. Sono le realtà della bellezza, del dolore, dell’amore, della ricerca del significato, della lotta per fronteggiare la mortalità di noi stessi e l’abilità di affrontare la realtà. E le culture che disprezzano queste forze immaginative commettono suicidio. Non possono vedere.

Come potrà a questa rabbia opporsi la bellezza,” scrisse Shakespeare, “che non è più forte di un fiore?L’immaginazione umana, la capacità di avere visioni, di costruire una vita di significato piuttosto che di utilitarismi, è delicata come un fiore. E se viene soffocata, se uno Shakespeare o un Sofocle non vengono più ritenuti utili in un mondo empirico di affari, carrierismo e potere, se le università ritengono che un Milton Friedman o un Friedrich Hayek siano più importanti per i loro studenti, piuttosto che una Virginia Woolf o un Anton Cechov, allora diventiamo barbari. E così ci assicuriamo l’estinzione. Gli studenti cui viene negata la saggezza dei grandi oracoli della civiltà umana – visionari che ci esortano a non adorare noi stessi, a non inginocchiarci di fronte all’infima emozione della cupidigia – non possono ritenersi istruiti. Non possono pensare.

Per pensare, come aveva già capito Epicuro, dobbiamo “vivere appartati”. Dobbiamo costruire mura per tenere lontani le ipocrisie e il chiasso della folla. Dobbiamo ritirarci in una cultura a base letteraria, dove le idee non sono deformate dai rumori e dai cliché che abbattono il pensiero. Il pensiero è, come scrisse Hannah Arendt, “un dialogo silenzioso tra me e me stessa”. Ma il pensiero, scrisse, presuppone sempre la condizione umana della pluralità. Non ha alcuna funzione utilitaristica. Non ha un fine o uno scopo esterno a se stesso. Differisce dal ragionamento logico, che è incentrato su un scopo definito e identificabile. Il ragionamento logico, gli atti di cognizione, promuovono l’efficienza di un sistema, incluso il potere commerciale, che solitamente è moralmente neutro nel migliore dei casi, se non malvagio, come spesso accade. L’incapacità di pensare, scrisse la Arendt, “non è una debolezza di molti cui manca la capacità cerebrale di farlo, bensì un possibilità eventuale per chiunque – scienziati, studenti e non si escludono altri specialisti in attività intellettive.”

La nostra cultura commerciale ci ha effettivamente separato dall’immaginazione umana. I nostri strumenti elettronici si insinuano sempre più in profondità negli spazi che un tempo erano riservati alla solitudine, alla riflessione e al privato. Le nostre radio sono piene di baggianate e assurdità. L’istruzione e le comunicazioni disprezzano le discipline che ci permettono di vedere. Celebriamo mediocri capacità professionali e i ridicoli requisiti di test standardizzati. Abbiamo condotto in disgrazia chi pensa, inclusi molti insegnanti di materie umanistiche, cosicché non possano trovare occupazione, né sussistenza, né visibilità. Seguiamo il cieco nel precipizio. Facciamo guerra a noi stessi.

La vitale importanza del pensiero, scrisse la Arendt, appare solo “in tempi transitori, quando l’uomo non si affida alla stabilità del mondo e al suo ruolo in esso, e quando le domande riguardanti le condizioni generali della vita umana, che come tali ci seguono dall’apparizione dell’uomo sulla terra, acquistano inconsueta intensità emotiva.”. E’ proprio nei momenti di crisi che abbiamo bisogno dei nostri pensatori e dei nostri artisti, ci ricorda la Arendt, perché ci forniscono racconti sovversivi che ci permettono di tracciare un nuovo corso, uno che ci possa assicurare la sopravvivenza.

“Quando erediterò la vita eterna?” Fyodor Pavlovich Karamazov, citando la Bibbia, chiede a Padre Zossima ne “I fratelli Karamazov”. A cui Zossima risponde: “Prima di tutto, non mentire a te stesso“.

Ed è qui il dilemma che dobbiamo affrontare come civiltà. Ci dirigiamo collettivamente verso l’autodistruzione. Il capitalismo commerciale, se lasciato a briglia sciolta, ci ucciderà. Ciò nonostante, rifiutiamo di vedere cosa ci accadrà, perché non possiamo pensare né ascoltare ancora quelli che pensano, per capire cosa ci aspetta. Abbiamo creato meccanismi di intrattenimento che offuscano e mettono a tacere la verità nuda e cruda, dal cambiamento climatico al collasso della globalizzazione, alla schiavitù del potere commerciale, il che significa per noi autodistruzione. Se non possiamo fare nient’altro dobbiamo, come individui, alimentare il dialogo privato e la solitudine che sviluppano il pensiero. Meglio essere un emarginato, uno straniero nel proprio paese, piuttosto che emarginati da se stessi. Meglio vedere quello che ci accadrà e resistere, piuttosto che ritirarci nelle fantasie condivise da una nazione di ciechi.

Chris Hedges

Fonte: www.truthdig.com/

Link
09.07.2012

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=10672

Il Wyoming e il crepuscolo dell’impero

 

La storia è una galleria di immagini in cui ci sono pochi originali e molte copie.
Alexis de Tocqueville

Mentre c’è chi caldeggia la nascita degli Stati Uniti d’Europa, c’è chi paventa o comunque predice il crollo di quelli d’America.

“Marcus Cassianius Latinius Postumus si dice sia nato in una famiglia povera di origine gallica, crescendo in condizioni modeste fino in età adulta, quando si arruolò nell’esercito. Postumus eventualmente avanzò di grado per effetto del suo coraggio, forza, intelligenza e capacità diplomatiche. Postumus e vissuto in una era di grande inquietudine per l’Impero Romano. Nel terzo secolo l’ambiente stava cambiando ed i Romani avevano a che fare con gravi problemi sia all’interno che al di fuori dell’impero. Postumus divenne il governatore della Germania Superiore durante il regno dell’imperatore Gallieno. Nel 258 DC, fu un anno di grande fermento alle frontiere: i Goti e le altre tribù germaniche venivano spinti contro i confini romani da una nuova tribù barbara di grandi guerrieri che erano tutto ad un tratto apparsi dall’ est: gli Unni.

Gallieno era già impegnato in una guerra per difendere le frontiere orientali dai Persiani, suo figlio, Saloninus, si trovava in Germania per difendere la frontiera del Reno. Postumus nel frattempo era diventato il comandante delle legioni di stanza sulla frontiera del Reno. Non correva buon sangue tra Postumus e Saloninus, situazione che portò all’assassinio di quest’ultimo. Dopo la morte di Saloninus, Postumus si proclamò imperatore del nuovo Impero gallico, che comprendeva i territori di Spagna, Gran Bretagna, Gallia e Rezia. Il comandante ribelle affermò così la sua indipendenza da Roma e dall’imperatore Gallieno, arrivando a coniare una nuova moneta raffigurante il proprio volto. Postumus avrebbe regnato tra il 260-269 DC, quando fu assassinato da uno dei suoi uomini. L’Impero Gallico sarebbe andato avanti per altri cinque anni, fino al 274 DC, quando, dopo la battaglia di Chalons, l’imperatore Aureliano avrebbe reintegrato i territori di Postumus nell’Impero romano.

Nonostante la crisi del III secolo, l’impero romano sopravviverà per altri 200 anni, grazie soprattutto a due grandi imperatori: Diocleziano e Costantino, che contribuirono a immettere nuova linfa nell’impero morente. Le invasioni barbariche, iniziate nel 376 DC, con i Goti, e la sconfitta delle legioni romane ad Adrianopoli nel 378, avrebbero continuato per un secolo con i Visigoti nel 410, seguita dagli Unni nel 451 e dai Vandali nel 455, fino a quando l’ultimo imperatore romano, Romolo Augustolo fu deposto da Odoacre nel 476 DC data che segnò la fine dell’impero romano occidentale. Le invasioni barbariche sono state il risultato, non la causa della debolezza romana. Quando Odoacre prese il potere, Roma era ormai un guscio vuoto.

Quando i padri fondatori hanno stipulato la Costituzione americana, lo hanno fatto prendendo ad esempio la Repubblica Romana come un modello politico. Da allora un numero incalcolabile di libri, relazioni accademiche e opinioni sono state rese sul confronto tra l’Impero Romano e gli Stati Uniti. Una considerevole quantità di storici e sociologi oggi vedono molte similitudini tra la fine dell’Impero Romano e la situazione attuale in evoluzione negli Stati Uniti. Il motivo di tanta ricerca è che gli USA siano la versione attuale dell’Impero Romano. Per loro, Hollywood equivale agli spettacoli tenuti nel Colosseo, la politica estera degli Stati Uniti con i loro tentacoli di vasta portata, l’esercito americano con la sua presenza ufficiale e non ufficiale in 140 paesi in tutto il mondo sono paragonabili alla legione romana a guardia del vasto territorio dell’impero. Naturalmente, questi confronti possono essere inverosimili, soggettivi e discutibili. A mio parere, Roma è troppo distante dagli Stati Uniti in termini di tempo per esprimere un giudizio equo. Gli Stati Uniti e Roma non sono confrontabili, ma per il ragionamento di questa analisi, facciamo finta che l’equazione USA = Romano Impero sia correlata. Dobbiamo partire dal presupposto che se gli Stati Uniti equivalgono all’Impero Romano i due condividerebbero allora lo stesso destino, compreso il loro collasso. Uno stato di fatto è che tutti gli imperi e le civiltà che ci hanno preceduto sono nati e morti seppelliti dalla storia. Alcuni di essi sono durati più a lungo rispetto ad altri, ma non c’è mai stata una civiltà che è sopravvissuta intatta al flusso del tempo.

Probabilmente, la caduta dell’impero romano non è stata causata da un singolo evento, ma era la combinazione di molti eventi, alcuni più importanti di altri. Non importa quale sia la ragione, i segni del declino erano presenti per essere interpretati e spiegati ben prima della fine dei Cesari. Si possono prevedere i tempi della fine americana? Possiamo interpretare i segni di decadenza americana e il collasso? Può essere, ma è un giudizio soggettivo di chi fa l’analisi. Nel terzo volume della La Storia della Civiltà, del suo splendido libro, Cesare e Cristo, pubblicato nel 1944, Will Durant ha scritto: “Una grande civiltà non viene conquistata dall’esterno fino a quando non si è distrutta dall’interno“.

Durante gli anni dell’Amministrazione Bush, personaggi appartenenti all’altra parte dello spettro politico avevano ipotizzato la caduta degli Stati Uniti a causa delle guerre in Iraq e in Afghanistan, del terrorismo, della globalizzazione, della erosione delle libertà civili, della violazione della Costituzione, della crisi economica, ect. Se abbiano realmente creduto alla sua morte è un’altra questione. Ora che Obama è in carica, l’ideologia politica avversa vede Obama e i risultati delle sue decisioni, come un segno del declino americano. Essi dichiarano: le guerre continuano, destabilizzazione di Medio Oriente e Africa, la spesa e il debito nazionale, la recessione economica, crollo della struttura familiare, erosione dei valori morali, la violazione della Costituzione, immigrazione, ect. Come potete vedere, alcuni di questi fattori sono gli stessi di entrambe le parti politiche e tutti insieme hanno una qualche validità nell’ipotizzare la possibilità del crollo americano. Tenete a mente, però, che fare la previsione su modelli futuri e stabilire una linea di tempo è quasi impossibile e non importa quanto efficaci si e`nell’interpretare gli eventi attuali; si può solo speculare. Forse uno dei più grandi errori che possiamo fare è quello di concentrarci sui segni più grandi, mentre sottovalutiamo i piccoli.

A volte i guai cominciano negli angoli più remoti dell’impero, i luoghi più tranquilli. Si inizia con una crepa, per quanto piccola, ma queste piccole crepe sono quelli più difficili da affrontare. A volte possono passare inosservate, anche quando sono visibili, non si prendono sul serio, perché sembrano innocue. Se non immediatamente chiuse, queste sono le crepe che si espandono mettendo così in moto una serie di effetti devastanti sulla fondazione; mettendo di conseguenza in pericolo la stabilità della struttura dell’impero. La proposta di legge del Wyoming HB85 potrebbe essere una di quelle piccole crepe.

Il Wyoming è un posto tranquillo, uno Stato bellissimo di montagne imponenti, maestosi parchi nazionali come Yellowstone e il Grand Tetons, con una massa di terra di 251501 chilometri quadrati, più grande della Gran Bretagna e Irlanda del Nord messe insieme. Confina con il Montana a nord, Nebraska e South Dakota ad est, Colorado e Utah a sud, Idaho ad ovest. Ci sono solo circa 570.000 residenti in Wyoming, ma è una terra ricca di risorse naturali. Wyoming fu acquistato dalla Francia nel 1803. A volte ci si riferisce al Wyoming come a “lo Stato Cowboy”. Oltre alla bellezza naturale, il Wyoming è uno degli stati che negli ultimi anni hanno espresso un certo “dispiacere” nei confronti del governo centrale e dell’amministrazione Obama.

Alcuni sostengono che questo malcontento è dovuto al fatto che il Wyoming è governato da un repubblicano, come repubblicani sono il segretario di Stato, il procuratore generale e il tesoriere. Non nego che ci sia una certa verità in questa affermazione, ma minimizzare il malcontento strisciante presente in alcuni degli stati dell’Unione, come una questione puramente ideologica-politica è troppo semplicistico. Per iniziare, il Wyoming è ben lungi dall’essere semplicemente uno ”Stato Cowboy”come dice il suo soprannome. Il Wyoming ha una storia molto progressista. E ‘stato il primo stato dell’Unione a concedere alle donne il diritto di voto nel 1869, ha avuto la prima donna giudice di Pace nel 1870, la prima giuria tutta femminile nel 1870, la prima donna governatore negli Stati Uniti tra 1925-1927; il primo senatore donna negli Stati Uniti è stato eletto nel Wyoming, la prima città in America ad essere interamente governata da donne ; la città di Jackson nel biennio 1920-1921. Inoltre, Wyoming non è il primo Stato che ha cercato di esercitare una sorta di “indipendenza” da Washington. Dopo l’introduzione della legislazione sanitaria di Obama, molti stati, come Florida, Oklahoma, Colorado, Virginia, South Carolina e Georgia, hanno introdotto una legislazione locale in opposizione a determinati requisiti del mandato di salute pubblica di Obama. Inoltre, lo Utah, una volta ha tentato di creare il suo sistema monetario. In molti casi, questi stati si appellano al decimo emendamento della Costituzione americana che dice: “I poteri non delegati agli Stati Uniti dalla Costituzione, né proibiti ai singoli Stati, sono riservati ai rispettivi Stati, o ai cittadini. ” Originariamente i padri fondatori dell’America hanno messo l’emendamento decimo nel Bill of Rights, perché non volevano che il governo centrale diventasse troppo potente. Ma il decimo emendamento è stato dimenticato e indebolito da anni di continui cambiamenti e dall’acquisizione di maggiori poteri federali.

Il Wyoming HB85 va oltre la lotta alla legislazione sanitaria federale. HB85 è un nuovo tipo di disegno di legge senza precedenti dalla fine della guerra rivoluzionaria. HB85 propone la creazione di una task force “per studiare la continuità del governo locale in caso di interruzione nei poteri del governo federale.” Questa task force sarebbe stato costituita da due senatori nominati dal Senato. Nella proposta di legge è scritto: “La task force studierà gli impatti potenziali sul Wyoming di … una potenziale interruzione del governo federale degli Stati Uniti, compreso, ma non limitato a:

(I) gli effetti potenziali del rapido declino del dollaro degli Stati Uniti …

(Ii) gli effetti potenziali di una situazione in cui il governo federale non ha alcun potere effettivo o autorità sul popolo degli Stati Uniti;

(Iii) I potenziali effetti di una crisi costituzionale;

(Iv) Il coordinamento tra l’ufficio del governatore, la guardia nazionale e il personale militare federale nel Wyoming;

(V) I potenziali effetti di una interruzione nel settore della distribuzione alimentare;

(Vi) I potenziali effetti di una interruzione nella distribuzione di energia “.

Il disegno di legge è stato subito soprannominato il ” Doomsday Bill.”

Introdotto da David Miller, un legislatore repubblicano del Wyoming, in un’intervista con un giornale locale, l’autore ha affermato che “Le cose a volte accadono in fretta. Guarda la Libia, guarda l’Egitto, vedi quelle situazioni “Miller ha anche aggiunto che” Se continuiamo su questa linea, questo è il modo in cui ogni società finisce -.. Con una moneta senza valore .”

HB85 è morta nella mattinata di Martedì 28 per soli tre voti, 30-27. Il disegno di legge inizialmente era sopravvissuto alla Camera, ma poi, prima della votazione finale, un altro parlamentare repubblicano, Kermit Brown, ha aggiunto una nuova clausola nel disegno di legge che la modificava in modo da includere uno studio per la creazione di un esercito indipendente del Wyoming, compresi marina e aviazione. In più alla possibilità di acquisto di una portaerei (non importa che il Wyoming sia senza sbocco sul mare). E facile intuire che Brown potrebbe aver deciso di aggiungere l’emendamento per una ragione: rendere il disegno di legge scandalosamente ridicolo firmandone la sua condanna. Forse Brown, un ex ufficiale della Marina, è stato colpito da un senso di fedeltà al governo federale. Brown ha dichiarato dopo aver aggiunto l’emendamento sulla portaerei ”Ho deciso di iniettare un po’ di umorismo in questo disegno di legge“. Brown, ovviamente, non ha voluto immaginare uno stato dell’unione potenzialmente con il proprio esercito e la propria valuta.

Se il disegno di legge fosse passato, si sarebbe creato un gruppo di studio. Questo gruppo di studio avrebbe dovuto redigere un rapporto entro il dicembre di quest’anno, consigliando quali passi sono necessari per creare un esercito e una moneta. Chissà cosa sarebbe venuto dopo? Una volta che la porta è aperta, tutto può succedere. Non è difficile immaginare forse non nell’immediato futuro, ma nei prossimi anni, che, inspirato dal Wyoming, qualcuno potrebbe prendere l’iniziativa di presentare un referendum per l’indipendenza da Washington.

Molti degli altri Stati dell’Unione hanno problemi di bilancio e il governo federale è di $ 15 trilioni di debito. Alcuni hanno chiamato i sostenitori della ” Doomsday Bill” pazzi da complotto apocalittico e stanno ridendo di loro. Ma dietro queste etichette facilmente appiccicate,il Wyoming ha il diritto di essere preoccupato. Per Miller e molti dei legislatori del Wyoming, l’incubo di un crollo del governo centrale è reale. Miller ha dichiarato: “Le cose le facciamo giuste nel Wyoming, abbiamo la miglior conduzione dello Stato incluso un avanzo di bilancio. ” Le finanze del Cowboy State sono molto migliori rispetto al resto del paese. Sam Krone, un rappresentante repubblicano di Cody, ha dichiarato: “Siamo in una situazione relativamente buona finanziariamente, con $ 14 miliardi di risparmio e surplus.” La disoccupazione in Wyoming è anche la più bassa rispetto al resto del paese con il 5,7%; ben al di sotto del 8,5% a livello nazionale. Lo Stato del Wyoming in questo ciclo di bilancio in corso prevede di finire con 1.000 milioni dollari in eccesso. Sicuramente la gestione del “Cowboy State” è molto positiva

Se l’umanità sopravvive, in 1000 anni, gli storici guarderanno indietro nel la storia e` forse identificheranno la HB85 come una di quelle piccole crepe che sono diventati un punto di svolta nella caduta degli Stati Uniti. Se ci sono voluti 200 anni per Roma a cadere, ci vorrà molto meno per gli Stati Uniti. Se non è il Wyoming, forse sarà un altro Stato a bussare alle porte dell’indipendenza, usando come mezzo il “referendum democratico” creando probabilmente un effetto domino. Allora la caduta sarà veloce come il collasso dell’Unione Sovietica. Non vedo uno Diocleziano o Costantino all’orizzonte. Il meglio che l ‘America è in grado di produrre al giorno d’oggi sono persone del calibro di Obama o di Romney. Invece di ridere, mi metterei a piangere”.

Potete leggere una copia del HB-85: QUI

Gianfranco Campa
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=42857

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