Il FMI sapeva fin dal 2010 che l’austerità avrebbe distrutto l’economia e la società europea

PREMESSA: Non ci sono alibi per i 450mila bambini greci malnutriti (UNICEF), né per la distruzione di migliaia di piccole e medie imprese italiane espulse dal mercato a causa del crollo dei consumi dovuto ad un’austerità immotivata stando al parere degli stessi analisi dell’FMI. Ci sarà clemenza, perché tutti possono sbagliare in buona fede e rifiutarsi di osservare le cose come stanno, ma non ci sono alibi. Ognuno si dovrà assumere le sue responsabilità al cospetto della propria coscienza e chiedersi se ha davvero fatto tutto quel che poteva fare, se è stato un giusto o un operatore di iniquità.

Già da due anni il Fondo Monetario Internazionale (Christine Lagarde) sa che l’austerità è la strategia più sbagliata che si possa immaginare per risolvere la crisi. La prova che non sono inetti ma che stanno deliberatamente distruggendo le vite di milioni di persone si trova in uno studio realizzato dallo stesso FMI nel 2010.

Michael Kumhof & Romain Rancière, “Inequality, Leverage and Crises”, International Monetary Fund, Working Paper 268 (2010)

http://www.imf.org/external/pubs/ft/wp/2010/wp10268.pdf

L’austerità non potrà mai funzionare perché si basa sulla premessa che la stagnazione economica attuale è la conseguenza del debito pubblico mentre questo studio dimostra che la causa del crollo finanziario del 2007 e della susseguente recessione è la colossale disparità di reddito, non l’eccesso di spesa pubblica o di indebitamento.

Le ragioni di questa disparità individuate dai due economisti dell’FMI sono: indebolimento dei sindacati, disgregazione del sistema della contrattazione collettiva, flessibilità del mercato del lavoro, delocalizzazione, riduzione della spesa sociale, privatizzazioni, globalizzazione, sgravi fiscali per i più ricchi, esplosione nella remunerazione dei dirigenti, tassazione dei guadagni derivanti da investimenti finanziari inferiore a quella del reddito generato dal lavoro.

[Economisti dell’FMI più marxisti di Paolo Ferrero? O forse Ferrero ha ragione e gli editorialisti dei maggiori quotidiani non sanno quello che dicono?]

Il risultato è stato questo:

http://www.informarexresistere.fr/2012/04/01/il-99-contro-l%E2%80%991-non-e-populismo-spicciolo-eccone-la-prova/#axzz1wjYeBq00

Gli autori sottolineano che l’altro periodo nella storia degli Stati Uniti in cui si è verificata una situazione del genere è stato quello precedente la Grande Depressione.

Le montagne di denaro accumulate dal 10% più ricco degli americani, allora come a partire dagli anni Ottanta, non sono stati investite per aumentare la capacità produttiva dell’economia, ma in attività di acquisizione, speculazione immobiliare e, catastroficamente, in prestiti concessi al 90% il cui reddito è diminuito. Così la restante parte della popolazione si è indebitata sempre di più, anche grazie alle invenzioni di Wall Street, che hanno permesso di introdurre nuovi strumenti di indebitamento come i mutui sub-prime e le garanzie collaterali (collateralized debt obligations, CDO). [Per non parlare delle frodi su scala industriale]. Così, dal 1983 al 2007 l’indebitamento per i mutui sulle abitazioni è aumentato di oltre il 200% negli Stati Uniti, con un incremento che non si vedeva dalla Grande Depressione. Ma il massiccio trasferimento di denaro e beni dal basso verso l’alto non ha affrontato il problema essenziale: la mancanza di crescita del reddito per la maggior parte dei lavoratori. Così la disparità tra diminuzione dei salari e incremento del debito privato ha portato il sistema al collasso nel 2008, falciando le bellezza di 9mila miliardi dollari dall’economia degli Stati Uniti.

Nel Regno Unito, stagnazione dei salari, deregolamentazione del governo Thatcher del settore dei servizi finanziari nel 1980 e crescita della disuguaglianza hanno portato ad una simile esplosione del debito privato. Per mantenere il loro potere d’acquisto, i salariati si sono rivolti al credito, contando sul rapido aumento di valore delle proprietà. Ma, come negli Stati Uniti, l’inflazione dei prezzi delle abitazioni alimentata dal crescente debito privato si è rivelato insostenibile ed il castello di carte è crollato. Entro il 2015 si prevede che l’indebitamento delle famiglie inglesi salirà del 36%, fino all’astronomica cifra di 2mila miliardi di sterline.

Quale soluzione proponeva lo studio del FMI per ridurre l’indebitamento, saldare i debiti e stabilizzare l’economia? L’esatto opposto dell’austerità, ossia l’aumento dei redditi bassi e medi. Un’idea già testata con successo negli Stati Uniti del 1930: si chiamava New Deal (F.D. Roosevelt) e realizzò l’aumento dei redditi e l’occupazione di milioni di persone.

Solo un elettorato ignorante, ebete e fanaticamente anticomplottista, dei politici corrotti e conniventi ed un’élite genuinamente psicopatica potrebbero continuare a sostenere la ricetta dei salassi del rigore neoliberista a dispetto dei fatti e delle raccomandazioni dei loro stessi esperti.

Contro l’alta finanza forse serve un esorcista

Cosa fanno i lavoratori (cittadini), quando scoprono che la loro rappresentanza sindacale (parlamentari) è in combutta con il padronato (finanza)?
Su Affari e Finanza, Federico Rampini spiega che: “come zombi, i derivati sono risorti e sono in mezzo a noi più terribili che mai. Una massa incontrollata che vale 650 trilioni di dollari”.

Cosa hanno fatto i politici occidentali per bloccare questi zombi responsabili della crisi? NIENTE!

Da che parte stanno i politici occidentali? Con chi li elegge o con chi li compra?

Per fortuna ci sono anche le eccezioni:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/05/15/oskar-peterlini-il-roosevelt-de-noantri-potra-scongiurare-la-rivoluzione/

Federico Rampini, “Derivati, il ritorno degli zombie. In ballo 650 trilioni di dollari”, Affari & Finanza, 21 maggio 2012

“È il ritorno dei morti viventi. Ci illudevamo di averli seppelliti, di aver trovato la formula per un funerale definitivo, che ce li togliesse di torno per sempre? Come zombi, i derivati sono risorti e sono in mezzo a noi più temibili e pericolosi che mai. Una massa incontrollata che vale 650 trilioni di dollari. Non è solo la scoperta di quel buco di 2 miliardi (già diventati 3, ora si mormora che siano saliti a 4, e non staccate gli occhi dal contatore) nel bilancio di JP Morgan Chase, la più grande banca degli Usa. Un obbrobrio su cui ora indaga perfino l’Fbi, dopo la Federal Reserve e la Sec. C’è di peggio, tutta una serie di dettagli di contorno che danno a questa vicenda un aspetto terrificante: gli zombi fingevano di riposare, eccoli che ci afferrano come in un remake infinito dello stesso film horror, come se fosse impossibile uscire dall’incubo. Zombi per eccellenza lo è una figura chiave dello scandalo: non tanto lo Squalo di Londra Bruno Iksil, diretto esecutore della speculazione sui derivati; bensì sopra di lui la malefica Ina Drew, la manager che dal quartier generale di JP Morgan sulla Park Avenue di Manhattan aveva la guida delle strategie d’investimento e la supervisione sul controllo dei rischi.

Si scopre che la superbanchiera si fece le ossa nientemeno che nello hedge fund Ltcm. Vi state stropicciando gli occhi? Ma sì, proprio quello, il fondo che usava sofisticati algoritmi matematici elaborati da un premio Nobel che con le sue travolgenti speculazioni e poi l’improvvisa maxiperdita fece crollare Wall Street nel 1998, costringendo ad intervenire la Fed allora guidata da Alan Greenspan, per impedire uno shock sistemico. Non è un refuso, l’anno di grazia era proprio il 1998, e la Signora Drew era già all’onore delle cronache per i disastri dei derivati. A nulla servì quella catastrofe come a nulla è servita la lezione della crisi del 2008. Più zombi di così!

L’improvvisa voragine nel bilancio JP Morgan è legata a speculazioni sui credit default swaps, titoli derivati che fungono da polizze assicurative e servono a proteggersi dall’eventualità di bancarotta di una società a cui il banchiere ha prestato soldi, oppure dalla quale ha comprato dei bond. Gli stessi Cds però possono servire non a scopo precauzionale, bensì per la finalità opposta: una giocata aggressiva di chi scommette sui fallimenti societari. Una storia stravecchia: fu attraverso titoli strutturati di questo tipo che la bolla dei subprime nel 2008 travolse Lehman Brothers e rischiò di mandare in bancarotta la maggiore compagnia assicurativa americana, Aig, se a salvare quest’ultima non fosse intervenuto il governo e quindi il contribuente americano.

A proposito di zombi, che dire di Jamie Dimon, il capo supremo di JP Morgan? Secondo l’economista Mark Williams della Boston University, che in passato lavorò alla vigilanza della Fed, sotto la guida di Dimon “la JP Morgan Chase contiene un enorme hedge fund nascosto dentro il corpo di una grande banca di depositi”. Questa commistione fra due mestieri fu all’origine del grande crac di Wall Street nel 1929 così come nel 2008. E’ la lezione che credevamo fosse stata imparata quattro anni fa, no? “Le grandi banche di deposito continua Williams dovrebbero raccogliere il risparmio e fare prestiti, non avventurarsi in grosse operazioni speculative“. Se la commistione di mestieri non viene evitata, l’instabilità che incombe sull’intero sistema del credito è molto pericolosa. Basti pensare a questo, tornando alla tecnicalità delle operazioni che l’ufficio di Londra di JP Morgan effettuava sotto la direzione di Squalo Iksil e Madama Drew: è bastato uno spostamento infimo dello 0,25% dei tassi d’interesse sui mercati per sballare un coacervo di posizioni speculative del valore “nozionale” tra i 150 e i 200 miliardi di dollari (neppure JP Morgan riesce a quantificare esattamente l’entità: gli apprendisti stregoni hanno messo in movimento forze troppo grandi per loro).

Il martedì successivo alla scoperta, il 14 maggio a Tampa (Florida), Dimon all’assemblea degli azionisti della sua banca ha ammesso che probabilmente l’operazione “è iniziata nel rispetto delle normative attuali, poi si è trasformata in qualcosa di diverso”. Questa frase non è suonata solo come lo “scaricabarile” che ha dato il via alle dimensioni della Drew e Iksil. In realtà in quel passaggio c’è anche la scelta di una sottile strategia politica. Dimon nel suo intervento di Tampa ha scelto di “difendere” la normativa attuale come efficace e sufficiente, attribuendo il disastro al mancato rispetto di quelle stesse regole.
L’obiettivo è difendere la versione più minimalista della Volcker Rule, la regola che prende il nome dal più severo (e competente) fustigatore dei banchieri Usa, l’ex presidente della Fed. Nella riforma dei mercati finanziari la DoddFrank varata al Congresso su pressione di Barack Obama è inserita la Volcker Rule: quella che proibisce alle grandi banche di deposito di fare operazioni speculative con capitali propri. In sede interpretativa, però, Dimon da due anni ha guidato l’offensiva della lobby di Wall Street per svuotare la Volcker Rule inserendovi un’eccezione: in questa versione le operazioni speculative sono consentite allo scopo di “copertura del rischio”, cioè per proteggere la banca da eventuali perdite dovute all’insieme delle sue attività. Questa scappatoia che avrebbe dovuto essere un correttivo marginale, di fatto consente l’aggiramento della Volcker Rule e il ritorno a tutti i peggiori eccessi pre2008 (o pre1929…).
Guarda caso l’ufficio di Londra diretto da Iksil si occupava proprio di “copertura del rischio” per conto di Dimon. È con quell’alibi che ha potuto ricominciare a speculare sui derivati, alla grande, in barba allo spirito della Volcker Rule. All’assemblea degli azionisti a Tampa, solo un coraggioso sacerdote cattolico, il Reverendo Seamus Finn dell’ordine missionario di Maria Immacolata, ha osato affrontare il potente Dimon prendendo la parola a nome di un gruppo di piccoli azionisti. “Le sembra il caso ha detto il Reverendo Finn che la banca continui a spendere soldi dei suoi azionisti, al ritmo di 7 milioni di dollari quest’anno, per attività di lobby dirette a modificare la legge DoddFrank?” Inoltre, sfidando il dogma neoliberista di cui Dimon è un alfiere, il missionario cattolico gli ha chiesto: “Alla luce di queste ultime rivelazioni, Mr. Dimon, lei pensa ancora che una banca sia in grado di regolarsi da sola?” Ma l’intervento del sacerdote non ha impedito che l’assemblea degli azionisti approvasse la mozione proposta dal consiglio d’amministrazione: confermando a Dimon uno stipendio di 23 milioni di dollari, nonché il cumulo delle cariche di presidente e amministratore delegato.
Dunque il superzombi la farà franca anche questa volta? Sul fronte politico, non è detto che le cose si mettano male per il più potente banchiere d’America. Certo, la Casa Bianca ha colto la palla al balzo per ripartire all’offensiva in favore di una interpretazione più rigorosa della Regola Volcker. A meno di sei mesi dalle elezioni, Obama ha interesse a mostrarsi intransigente contro gli eccessi di Wall Street, un tema che compatta la sua base democratica e può portargli consensi anche fra gli incerti e i moderati. La logica è dalla sua parte: quando una banca ha le dimensioni della JP Morgan Chase, un suo fallimento è impensabile perché trascinerebbe l’intero settore del credito in una nuova “glaciazione”. Visto dunque che per le sue stesse dimensioni la JP Morgan gode della protezione implicita delle autorità pubbliche (Federal Reserve, Federal Deposit Insurace), la sua attività va limitata in modo severo. C’è ancora tempo per farlo: la Volcker Rule deve diventare pienamente operativa a luglio, da qui a luglio è ancora aperta la partita per la sua “interpretazione definitiva” da parte del Tesoro e delle authority coinvolte, dalla Fed alla Sec.

Ma è impossibile non notare che Obama è stato finora attento ad evitare attacchi personali a Dimon. Tutti sanno che il chief executive di JP Morgan è un democratico, e in passato è stato generoso di contributi elettorali ai candidati del suo partito. Inoltre nel 2010 Obama fu quasi “costretto” a difendere il “diritto” di Dimon di attribuirsi un bonus di 17 milioni (oltre allo stipendio). Perché? Un precedente attacco di Obama ai superstipendi dei banchieri gli era valso una valanga di accuse dai repubblicani. Lo avevano dipinto come un “socialista”, che interferisce politicamente nella gestione delle aziende private. Ancora in questi giorni, la reazione di Mitt Romney al “buco dei derivati” nel bilancio di JP Morgan è stata un classico del brivido. Intervistato dal blogger Ed Morrissey in un talkshow radiofonico, il candidato repubblicano alla Casa Bianca ha escluso categoricamente che questa perdita debba “ispirare nuove leggi o modifiche alle regole”. Romney ha proseguito così: “E’ in questo modo che funziona l’America. Qualcuno ha preso delle decisioni sbagliate e ci ha perso dei soldi. Be’, sapete cosa? Qualcun altro ci avrà guadagnato, quindi va bene così”. Ecco quel che pensa l’uomo che potrebbe entrare alla Casa Bianca dal gennaio 2013.

http://www.repubblica.it/supplementi/af/2012/05/21/copertina/001feudo.html

NOTA BENE
curioso che sia un reverendo a contrapporsi ad uno squalo di nome Dimon (demone). Forse servirebbe un esorcista.

Qual è il loro obiettivo? Questo:
http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/crisi-generate-e-colpi-di-stato-soft.html

Basta prendersela coi Tedeschi! Siamo tutti sulla stessa barca

 

a cura di Stefano Fait

Un giornalista svizzero ha scritto che l’euro è il terzo tentativo tedesco in cento anni di sottomettere l’Europa [“der Euro ist der dritte Versuch Deutschlands innerhalb von 100 Jahren, Europa zu unterwerfen”].

Un’interessante constatazione, che però ritengo sia falsa e non solo per il fatto che non tiene conto della manovre della Banca Centrale del Regno Unito (Bank of England) negli anni antecedenti allo scoppio della Grande Guerra.

 

È un fatto inoppugnabile – per qualunque osservatore razionale – che diverse nazioni europee (e non solo) hanno ormai perso ogni speranza di beneficiare di una pur minima ripresa economica perché i loro rispettivi governi hanno imposto draconiane misure di austerità che hanno cancellato ogni possibilità di ripagare il proprio debito nazionale con la crescita.

Pare che l’intenzione di questi governanti sia quella di ripagare l’indebitamento con i risparmi privati, ossia di effettuare un trasferimento di ricchezze dal basso verso l’alto (anti-Robin Hood), anche e soprattutto attraverso la privatizzazione delle risorse pubbliche. Le agenzie di rating, dal canto loro, hanno buon gioco nello spolpare le carcasse di queste facili prede.

Gli stessi politici che hanno sempre ottemperato alle richieste dell’alta finanza e della grande industria hanno avviato le loro pecorelle al macello, promettendo che tutto sarebbe andato bene e che la crescita ed il progresso erano irreversibili. La crisi globale ha fatto arrivare tutti i nodi al pettine.

Una grossa fetta del debito greco è stata generata per sostenere le banche greche, come in altri paesi. Ma le nazioni creditrici non sono messe molto meglio. Sono state introdotte misure di austerità in Germania e Francia e quelle imposte al Regno Unito dal proprio governo sono quasi paragonabili a quelle delle nazioni fortemente debitrici (PIGS), con la motivazione che occorre salvare i PI(I)GS dalla bancarotta.

Ciò tuttavia non corrisponde al vero, come dimostra il caso greco. I Tedeschi non stanno soccorrendo i Greci per solidarietà paneuropea ma perché se la Grecia fallisce il sistema bancario tedesco riceverà un colpo terribile, forse fatale, essendo particolarmente esposto sia con l’amministrazione pubblica greca nei suoi vari gangli, sia con le banche greche. Dunque i fatti indicano che i Tedeschi stanno soccorrendo le proprie banche, non la Grecia. Lo stesso vale per il Regno Unito nei confronti dell’Irlanda e della Francia nei confronti del Portogallo e in particolar modo della Grecia. In pratica i soldi escono dalle tasche dei contribuenti delle nazioni “ricche” per affluire nelle banche delle loro nazioni, con una piccola, rapida deviazione attraverso i PIGS. ANTI-ROBIN HOOD, appunto.

Ci viene detto che la colpa è dei PIGS, che hanno speso più di quello che si potevano permettere e questo è certamente in parte vero. Ma la colossale omissione è che le banche anglo-franco-tedesche-italiane (ed extra-europee) sapevano che quei debiti non potevano essere ripagati – sono stati usati tutti i trucchi contabili possibili per nascondere la reale entità dell’indebitamento dei PIGS, fino a che non è emersa la verità in tutta la sua evidenza –, ma hanno comunque deciso di concedere i prestiti, alimentando un circolo vizioso, come uno spacciatore con i suoi clienti, presumibilmente nella certezza che, essendo “troppo grandi per fallire” (e che molti politici sono al loro servizio e non del bene comune), i governi sarebbero intervenuti per salvarle, a spese dei contribuenti, a beneficio dei consigli di amministrazione. Così i Tedeschi hanno pagato molto di più per salvare le proprie banche di quanto abbiano pagato per salvare la Grecia (senza averla salvata, peraltro) e, in ogni caso, quel che daranno alla Grecia finirà nelle tasche dei loro banchieri.

Dunque si tratta di capire quanto costerà ai cittadini salvare il sistema finanziario-bancario, che non intende pagare lo scotto delle proprie azioni. È presto detto: il costo per i cittadini è la perdita della sovranità nazionale a beneficio di piani di austerità draconiana (uso questo termine avvedutamente: Dracone applicava la pena di morte o la schiavitù ai debitori). È quel che è successo in questi mesi, sotto la supervisione della Commissione Europea, della Banca Centrale Europea e del Fondo Monetario Internazionale.

Le misure contenute nei pacchetti di riforme “energicamente raccomandate” comprendono l’aumento dell’IVA e la riduzione delle imposte progressive – ossia la soppressione dei meccanismi perequativi che stanno alla base di una democrazia –, la diminuzione del costo del lavoro – ossia la contrazione del tenore di vita dei lavoratori –, il taglio delle pensioni, la riduzione del salario minimo e dei sussidi di disoccupazione e la revisione delle norme per la tutela dei diritti dei lavoratori. In questo modo chi paga il conto della crisi sono lavoratori dipendenti, pensionati e consumatori. I ricchi pagano meno tasse e il resto della popolazione si ritrova con i generi di prima necessità a costo maggiorato.

Non è un fenomeno nuovo. È già successo a molti paesi in via di sviluppo:

http://fanuessays.blogspot.com/2011/11/shock-economy-il-capitalismo-del.html

e sta succedendo negli Stati Uniti:

http://www.informarexresistere.fr/2012/01/22/il-tiranno-di-chicago-e-la-stupidita-del-bene/#axzz1mLNsw14z

Quel che prima è accaduto ai paesi in via di sviluppo ora succede ai “pezzi grossi”, alle economie “avanzate”. Siamo giunti alla resa dei conti:

http://www.informarexresistere.fr/2012/01/16/golpe-psicopatico/#axzz1mLNsw14z

In buona sostanza, quel che sta accadendo è che i sacrifici imposti alla Grecia servono a giustificare agli occhi dei Tedeschi lo svuotamento delle loro tasche. È una ruberia legalizzata ai danni di Greci e Tedeschi e per di più questi ultimi vengono definiti nazisti dai Greci e tiranni dagli altri popoli europei: cornuti e mazziati. Quando capiremo che i Tedeschi di oggi non sono quelli di Auschwitz? Quando la finiremo di usarli come un capro espiatorio, gli Ebrei d’Europa? I Tedeschi sono vittime di questo complotto quanto lo sono tutti gli altri popoli europei. Un complotto che vede la partecipazione di élite europee che non hanno alcuna lealtà nazionale ed antepongono il loro interesse personale e castale a quello nazionale ed europeo. Un complotto che, a mio modo di vedere, presuppone la liquidazione dell’Unione Europea come era stata concepita dai suoi fondatori, ossia l’antitesi del Nuovo Ordine Europeo del Terzo Reich.
Sì, sto affermando che le attuali élite europee sono nemiche dell’Europa antinazista, sto affermando che le oligarchie che comandano l’Unione Europea sono congenitamente anti-democratiche e quindi in diretta contrapposizione con l’Unione Europea dei sogni dei cittadini ordinari. Sono oligarchie che sanno che si sta preparando un conflitto mondiale ed hanno scelto di collaborare, indebolendo la classe media europea come si sta già facendo da tempo con la classe media nordamericana. L’obiettivo è quello di infliggere un tale livello di sofferenza alla popolazione “che conta” che questa sarà disposta a chiedere a gran voce una soluzione definitiva e rassicurante, cioè a dire un governo planetario che prenda in mano tutto, dalla gestione del cambiamento climatico a quella dell’ordine pubblico:

http://www.informarexresistere.fr/2012/01/31/breve-storia-del-nuovo-ordine-mondiale/#axzz1mLNsw14z

http://www.informarexresistere.fr/2012/01/11/nel-nuovo-ordine-mondiale-non-ce-nulla-di-nuovo-di-ordinato-o-di-mondiale-cosa-ce-di-sbagliato/#axzz1mLNsw14z

http://www.informarexresistere.fr/2012/01/26/la-pedagogia-nera-del-nuovo-ordine-mondiale/#axzz1mLNsw14z

 

 

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