Voci autorevoli che non la pensano come Bersani sulla guerra nel Mali

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8 indizi (per una volta debitamente riportati dalla stampa internazionale) che fanno supporre che la questione sia un po’ più complicata di come la descrive Pierluigi Bersani:
1. La base di droni americana che sarà costruita nel Niger, vicino al confine con il Mali;
2. I numerosi testimoni che hanno segnalato la presenza di un canadese e di due francesi alla testa della banda di jihadisti che ha sconfinato in Algeria per prendere degli ostaggi (Tigantourine);
3. La presenza sul terreno di forze speciali americane per operazioni clandestine qualche mese prima dell’intervento francese;
4. Il fatto che nell’area tra Mali e Niger vi siano alcune tra le più importanti riserve mondiali di uranio (terzo posto nel mondo), oltre a petrolio e gas;
5. I recenti accordi commerciali e di sfruttamento delle risorse siglati da Mali, Niger e Cina;
6. Il fatto che gli jihadisti siano finanziati quasi certamente dal Qatar e probabilmente anche dall’Arabia Saudita, entrambi alleati della NATO;
7. L’opposizione algerina alle politiche NATO nel Nord-Africa (ma potrebbero anche cambiare casacca);
8. Il coinvolgimento dei presunti fondamentalisti islamici nel narcotraffico e nel traffico d’armi e il loro precedente servizio reso alla coalizione anti-Gheddafi (= il fattore religioso è secondario ma ai governi occidentali fa comodo continuare a sfruttare l’infinita Guerra al Terrore);

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Senza alcun dibattito parlamentare, il governo inglese ha già deciso che invierà un corpo di spedizione nel Mali.
Solo due settimane fa Cameron l’aveva escluso categoricamente.
Giusto perché sia chiaro che la guerra è appena agli inizi.
Dovremo partecipare anche noi? Ce lo chiederà l’Europa? Qualche caduto italiano per poterci sedere al tavolo delle trattative e delle spartizioni?

Anche tralasciando la parte in cui Al-Qaeda viene creata a tavolino dagli americani (cf. Brzezinski) per combattere i russi in Afghanistan, la parte in cui l’amministrazione Bush ignora sistematicamente ogni avvertimento dell’intelligence statunitense pre-11 settembre 2001 e la parte in cui Al-Qaeda viene incolpata di tutto, dal riscaldamento globale, alle fantasmatiche armi di distruzione di massa irachene, al tasso di obesità americano, la Guerra al Terrore rimane una criminale bestialità.

Serve solo ad ingigantire lo status dei terroristi: “l’America contro i terroristi yemeniti”, “Israele contro Gaza”, “la Francia contro i terroristi maliani”, “gli Stati Uniti e la Francia contro i terroristi somali”: i terroristi si spostano, riaffiorano carsicamente in un altro paese, godono di un’aura di invincibilità e di persecuzione da parte dei poteri forti che li rende “cool” e l’immagine dell’occidente finisce per deteriorarsi fino a rassomigliare a quella del patetico Wile E. Coyote alle prese con l’imprendibile ed invincibile “struzzo” Beep Beep.

In questo modo gli jihadisti sono consacrati agli occhi di migliaia di giovani musulmani che vedono i droni e i missili occidentali che causano eccidi di civili e che decidono a loro discrezione quali siano i tiranni da abbattere e quali invece quelli da sostenere anche contro la volontà dei loro sudditi.

In particolare, nel Mali, l’intervento francese in appoggio al Sud del Mali servirà solo a rinsaldare un’alleanza tra tuareg e jihadisti che era in crisi e che ora troverà nuovo vigore, con migliaia di combattenti che conoscono molto bene la regione e le tecniche di guerriglia.

Invece di isolare i terroristi dalla popolazione, quest’ultima si rassegnerà all’idea che sono l’unica autorità che possa tenere insieme il nord del Mali e proteggerli dalla pulizia etnica dei maliani del sud.

Contemporaneamente, il Sud del Mali diventerà uno stato fantoccio della Francia, tenuto in vita a forza per evitare l’anarchia, non diversamente dal Vietnam del Sud degli anni Sessanta e Settanta. L’unico risultato sarà quello classico (es. Iraq, Libia, Siria, Somalia, Yemen, Afghanistan): frammentazione e partizione dello stato, islamizzazione e terrorismo.

Poiché queste cose ormai non possono non saperle, ne consegue che lo fanno apposta: ordo ab chao.

L’obiettivo primario è la destabilizzazione dell’Algeria

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/01/23/fallimento-in-siria-ci-si-gioca-lalgeria/

e il controllo del Niger

http://www.lettera43.it/cronaca/africa-occidentale-forse-una-base-per-droni-usa_4367581683.htm
il Mali consente di prendere due piccioni con una fava.

Non tengono però conto del fatto che il boccone è troppo grosso persino per la NATO – evidentemente danno per persa la Siria, ma poi dovranno spiegare la cosa a milioni di persone che per mesi hanno ascoltato una singola versione dei fatti (“mancano pochi giorni alla caduta di Assad”, “la popolazione siriana non lo tollera più”, ecc.). Hanno commesso un enorme errore strategico.

LE VOCI DEL DISSENSO

“Un intervento armato internazionale è destinato ad aumentare l’entità delle violazioni dei diritti umani a cui stiamo già assistendo in questo conflitto… All’inizio del conflitto, le forze di sicurezza del Mali hanno risposto alla rivolta bombardando civili tuareg, arrestando, torturando e uccidendo la gente tuareg apparentemente solo per motivi etnici. L’intervento militare rischia di innescare nuovi conflitti etnici in un paese già lacerato da attacchi contro i Tuareg e altre persone di pelle più chiara”.

http://www.amnesty.org/en/news/armed-intervention-mali-risks-worsening-crisis-2012-12-21

“Il Mali, un paese amico, crolla. Gli jihadisti avanzano verso sud, e c’è una certa urgenza.

Ma non facciamoci prendere dal riflesso condizionato della guerra per la guerra. Quest’unanimità per l’andare in guerra, questa evidente precipitazione, argomenti già sentiti sulla “guerra al terrore”, mi preoccupano. Questa non è la Francia. Dovremmo aver tratto delle lezioni dal decennio di guerre perse in Afghanistan, Iraq, Libia. Queste guerre non hanno mai costruito uno Stato forte e democratico. Al contrario, hanno rinfocolato il separatismo, il fallimento degli Stati, la ferrea legge delle milizie armate.

Non hanno permesso di sconfiggere i terroristi che sciamano nella regione. Al contrario, ne hanno legittimate di ancora più radicali.

Nessuna di queste guerre ha assicurato la pace in una data regione. Al contrario, l’intervento occidentale ha consentito a tutti di scaricare le proprie responsabilità.
Peggio ancora, queste guerre sono un ingranaggio. Ciascuna crea le precondizioni per la prossima. Sono le battaglie di una singola guerra che si sta espandendo dall’Iraq verso la Libia e la Siria, dalla Libia verso il Mali inondando il Sahara con il traffico di armi di contrabbando. Tutto questo deve finire.

Nel Mali, non esiste una sola premessa per un successo finale. Combatteremo al buio, privi di un obiettivo bellico. Arrestare la progressione jihadista verso sud, riconquistare il nord, sradicare le basi AQIM: ciascuna di queste è una guerra a parte.

Noi ci dovremo battere da soli, senza un solido partenariato maliano. La rimozione del presidente a marzo e del primo ministro a dicembre, il collasso di un esercito del Mali segnato dalle divisioni, il generale fallimento dello Stato, a cosa ci appoggeremo?

Combatteremo nel vuoto per mancanza di un forte sostegno regionale. La Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale si muove al rallentatore e l’Algeria ha espresso la sua contrarietà.

Solo un processo politico è in grado di portare la pace nel Mali.

Ci vuole una dinamica nazionale per la ricostruzione dello stato del Mali. Puntiamo sull’unità nazionale, sulle pressioni sulla giunta militare, sul processo di garanzie democratiche e dello Stato di diritto attraverso politiche di cooperazione forti.

Occorre anche una dinamica regionale, coinvolgendo l’Algeria, che ha un ruolo centrale in quell’area, e la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale, per promuovere un piano di stabilizzazione del Sahel.

Serve infine una dinamica politica per negoziare, isolando gli islamisti ed accordandosi con i tuareg su una soluzione ragionevole.

Come è possibile che il virus neoconservatore abbia potuto conquistare tutte le menti? No, la guerra non è la Francia. È tempo di porre fine ad un decennio di sconfitte. Dieci anni fa, in questi giorni, eravamo riuniti alle Nazioni Unite per intensificare la lotta contro il terrorismo. Due mesi dopo è iniziato l’intervento in Iraq. Da allora in poi non ho mai smesso di impegnarmi per risolvere le crisi politiche e per uscire dal circolo vizioso della forza. Oggi il nostro paese può fare da battistrada per abbandonare questo stallo bellico, se si inventa un nuovo modello di impegno, fondato sulle realtà della storia, sulle aspirazioni dei popoli e sul rispetto per la diversità. Questa è la responsabilità della Francia di fronte alla storia”.

Dominique de Villepin, ex primo ministro francese

http://www.lejdd.fr/International/Afrique/Actualite/Villepin-Non-la-guerre-ce-n-est-pas-la-France-585627

Autore del celebre ed “eroico” discorso contro la guerra in Iraq, che non gli è mai stato perdonato dai neocon

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/12/25/la-nostra-capacita-di-costruire-un-mondo-migliore-buon-natale/

“La questione della guerra è entrata prepotentemente dentro la campagna elettorale. Si è aperta un’interessante dialettica fra Sel e il Pd, quest’ultimo immediatamente pronto a sostenere Hollande e a rendersi disponibile per un’avventura italiana. In effetti che non si tratterà di una marcia trionfale se ne è accorto anche Il Sole 24 Ore che dedica al tema l’editoriale di oggi firmato da Vittorio Emanuele Parsi (docente alla Cattolica di Milano, se non ricordo male): “Le guerre inutili dell’Occidente“, un articolo e un titolo sorprendenti per il luogo dove sono collocati. Come giustamente scrive Parsi: “più diventavamo consapevoli della insufficiente efficacia dello strumento militare e più ci abbiamo fatto ricorso: in parte perchè le circostanze lo consentivano in virtù della nostra straordinaria superiorità logistica e tecnologica; in parte perchè non sapevamo che altro fare in assenza di un altrettanto rampante superiorità politica”. Eh già, proprio così: l’Europa come soggetto politico non esiste”.

Alfonso Gianni, 18 gennaio 2013

“Sono deluso dalle potenze occidentali. Adesso, ad esempio, c’è la Francia che si è impegnata in Mali. Vorrei chiedere: qual è lo scopo reale del coinvolgimento militare, adesso, della Francia? È ancora una ri-colonizzazione? … Quando vedo interventi di altri Paesi europei, quando si decide – ad esempio – che non si daranno più aiuti finanziari a questo Paese, non si concederà più questo o quell’intervento, io mi domando: è proprio per fare fronte a quella crisi, oppure per creare una situazione molto più difficile, di dipendenza sempre maggiore dall’Europa?”

Charles Palmer-Buckle, arcivescovo di Accra, capitale del Ghana

http://vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/mali-mali-mali-21477/

“L’intervento francese sa molto di un’ennesima ingerenza di tipo neo-colonialista. Personalmente non lo vedo molto di buon occhio. E penso che non riusciranno a sconfiggere i terroristi.  Forse, però, anche noi, come Chiesa del Mali, avremmo dovuto fare molto di più in questi anni per mettere in guardia le autorità, far pressione sulle forze più moderate, denunciare le violazioni dei diritti umani e i molti traffici di cui tutti sapevano, ma pochi parlavano”.

padre Alberto Rovelli, per vent’anni missionario dei Padri Bianchi in Mali

http://vaticaninsider.lastampa.it/nel-mondo/dettaglio-articolo/articolo/mali-mali-mali-21477/

“Quando si entra in un conflitto, si accendono dei fuochi che poi non si possono spegnere. E se la cura fosse peggiore del male? Il Burkina Faso e l’Algeria sono particolarmente restii all’idea di un intervento militare e sono due paesi estremamente importanti in quell’area. Senza un loro coinvolgimento le difficoltà si moltiplicheranno. Non sarà un intervento militare a risolvere la questione dell’unità del Mali, soprattutto quando si vede che il Mali è uno stato al collasso. Prendere il controllo del Nord senza che vi sia alcun fattore di disciplinamento equivale a fondare l’intera impresa sul vuoto”.

Rony Brauman, già presidente di Medici Senza Frontiere – Francia, attuale direttore di ricerca presso la Fondazione Medici Senza Frontiere

http://www.journaldumali.com/article.php?aid=5513

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In Mali per ragioni umanitarie

“È la Françafrique, termine divenuto peggiorativo per la penna di François-Xavier Verschave, che la denunciò nel 1998 come organizzazione criminale segreta incistata nelle alte sfere della politica e dell’economia transalpina. Basata sulla corruzione, sui rapporti personali con questo o quel dittatore/padrone (franco)africano, sugli interessi dei “campioni nazionali” dell’industria transalpina, specie nel settore energetico e minerario. Una macchina da soldi, infatti ribattezzata France-à-fric da giornalisti malevoli.

Sarkozy prima e Hollande poi hanno preso le distanze dalla Françafrique, ma chiunque voglia vederle ne trova ancora forti tracce nei territori africani già inglobati nell’impero tricolore. Vi restano anzitutto i privilegi della grande industria, che incarna interessi strategici irrinunciabili (per esempio, lo sfruttamento dell’uranio nigerino da parte di Areva, vitale per la produzione energetica nazionale).

Parigi non rinuncia al ruolo di gendarme nella “sua” Africa – anche oltre, come dimostra il caso libico. Nel Continente nero restano schierati in permanenza circa 7.500 soldati francesi. Nel solo teatro maliano, il ministero della Difesa prevede di impegnarne a breve 2.500, e forse non basteranno per evitare l’insabbiamento della missione antiterrorismo. Certo, l’epoca dell’“unilateralismo” è passata, oggi Parigi cerca (e talvolta non trova) il sostegno degli alleati occidentali e dei paesi africani più vicini alle zone di crisi.

Più che una scelta, il “multilateralismo” – ossia l’impiego di risorse altrui per fini propri, o almeno il tentativo di farlo – è una necessità. Alla fine, quel che conta è proteggere il rango dell’Esagono nel mondo, la grandezza della Francia. Anche per questo, nelle carte mentali dei decisori francesi la memoria dell’ex (?) impero campeggia vivissima”.

Lucio Caracciolo

http://temi.repubblica.it/limes/quel-che-resta-del-colonialismo/41614

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“Mali, la guerra per l’uranio. Nell’area vi sono le più importanti riserve mondiali di uranio, oltre a petrolio e gas”.

http://www.peacelink.it/conflitti/a/37528.html

“I movimenti tuareg laici e progressisti sono stati marginalizzati, in particolare a causa dell’ascesa del gruppo salafita Ansar Dine. Potente e abbondantemente armato, quest’ultimo si è alleato con il gruppo islamico di Al Qaida nel Magreb (Aqmi), presentando un rischio sempre più evidente per le attività francesi di estrazione dell’uranio nel Nord del Niger. La Francia ha sostenuto con grande costanza i governi corrotti che si sono succeduti in Mali, portando a un indebolimento dello stato. È probabilmente questo crollo che ha condotto i gruppi islamisti a incalzare e ad avanzare verso Bamako.

Similmente, la Francia ha mantenuto da 40 anni il potere in Niger, in uno stato debole e dipendente dall’antica potenza coloniale e dalla sua compagnia di estrazione dell’uranio, la Cogéma, ora Areva. Mentre i dirigenti nigerini cercano di controllare in qualche modo ciò che Areva fa, la Francia riprende il controllo con il suo intervento militare.

I recenti movimenti di gruppi islamisti non hanno fatto altro che precipitare l’intervento militare francese che era in corso di preparazione. Si tratta indubbiamente di un colpo di forza neo-coloniale, anche se le forme sono state rispettate con un opportuno appello di aiuto del Presidente ad interim del Mali, la cui legittimità è nulla visto che lui è in funzione in seguito al colpo di stato che ha avuto luogo il 22 marzo 2012″.

http://www.peacelink.it/conflitti/a/37532.html

“Per il momento, non vogliono testimoni nè giornalisti pullulando nella zona del conflitto. Non vi chiedete per caso perchè non avete ancora visto nessuna immagine di quello che sta succedendo sul terreno? Dove sono le vittime? I feriti? Gli edifici bombardati? Le truppe in combattimento?

Le ragioni possono essere molteplici e sicuramente si può pensare che si stia cercando di evitare che si producano nuovi sequestri o di garantire la nostra sicurezza. Ma il risultato è solo uno: si sta occultando la possibilità di informare, e pertanto, si sta attaccando la libertà di stampa, e la verità. Ricordo una frase che ho imparato all’università (credo che non sia stato al bar, ma non ne sono sicuro), e diceva che “nelle guerre la prima vittima è la verità”. E in questa, come in altre, si corre lo stesso rischio se non arrivano presto i giornalisti al fronte.

E se il problema è la nostra sicurezza, solo aggiungo che ognuno dei giornalisti presenti in Mali è cosciente dei pericoli che può o che vuole assumere, e ognuno arriverà fino a dove gli sembri ragionevole nel suo desiderio di informare nella maniera più veridica e adeguata. Quello che voglio dire è che siamo persone adulte. Quello che voglio dire è che non mi piace che mi si limiti nel mio dovere di informare. E che i miei rischi sono miei, e solo miei. Non so come voi la vedete”.

http://www.peacelink.it/conflitti/a/37538.html

Se Romney vince siamo tutti nel guano

Anche se arriveranno con carta e penna [uno strano esercito, che non ha armi, ma solo carta e penna!] e avranno l’aspetto serio e pulito dei chierici, da questo segno li riconoscerete, dalla rovina e dal buio che portano; da masse di uomini devoti al Nulla, diventati schiavi senza un padrone.

“La ballata del cavallo bianco” di G.K. Chesterton (1911)

La Siria è strategica perché consente all’Iran l’accesso al mare

Mitt Romney, ottobre 2012

 Arriverà un momento in cui le banche falliranno e il destino della nazione e della Costituzione sarà appeso a un filo, allora un Cavallo Bianco – un mormone – apparirà per guidare l’America verso la grandezza.

Profezia di Joseph Smith, fondatore del Mormonismo (1843)

Sono convinto che arriverà una fase in cui ci dovremo interrogare sul nostro agire in base alla Costituzione e credo che saranno i seguaci dei Santi degli ultimi giorni ad offrire una risposta.

George Wilcken Romney, imprenditore e politico repubblicano, padre di Mitt Romney

Lo Utah è noto per essere la sede dei Mormoni e dell’Archivio dei Mormoni, una biblioteca genealogica situata in un deposito blindatissimo all’interno di una montagna a qualche decina di miglia a sud di Salt Lake City. Dovrebbe idealmente contenere gli alberi genealogici e i dati anagrafici (inclusa razza e censo) di tutti gli esseri umani. Nel 2007 Marco D’Eramo scriveva sul Manifesto (“Mormoni. Una caccia fino all’ultimo antenato”): “Nel 1959 l’immagazzinamento cominciò a diventare un problema. Si iniziarono a scavare 6 enormi gallerie nel granito delle montagne del Little Cottonwood Canyon, a 40 km da Salt Lake City, e nel 1963 furono inaugurati i Granite Mountain Record Vaults, abbastanza spaziosi da poter contenere l’equivalente di 25 milioni di volumi. Secondo il sito della Family History Library, la biblioteca include 2,4 milioni di registrazioni genealogiche, 742.000 microfiches, 310.000 libri, 4.500 periodici. Il database Ancestral File contiene più di 36 milioni di nomi collegati in famiglie. L’Indice genealogico internazionale registra 725 milioni di nomi. Complessivamente il database contiene più di 2 miliardi di nomi, la maggior parte vissuta prima del 1930. In questo momento 200 macchine fotografiche in 45 paesi stanno microfilmando archivi”

http://www.feltrinellieditore.it/FattiLibriInterna?id_fatto=9176

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/03/21/utah-2013-dal-grande-fratello-allimmenso-fratello/

C’è un 47 per cento di persone che voteranno per il presidente in qualsiasi caso. C’è un 47 per cento di persone che stanno dalla sua parte perché dipendono dal governo, perché si ritengono delle vittime, perché credono che il governo abbia la responsabilità di occuparsi di loro, che credono di avere il diritto a copertura sanitaria, cibo, casa, qualsiasi cosa. Che sia un diritto e che il governo dovrebbe fornirgli tutto. E loro voteranno questo presidente in qualsiasi caso… questa è gente che non paga le imposte sul reddito da lavoro. […] Quello che io devo fare è non preoccuparmi di queste persone. Non le convincerò mai che dovrebbero prendersi la responsabilità di pensare alle proprie vite.

Mitt Romney

http://www.ilpost.it/2012/09/18/video-segreti-romney/

Se avessi genitori messicani, avrei più possibilità di vincere. […]. Stiamo avendo problemi con il sostegno degli elettori ispanici, e se gli ispanici votano in blocco i democratici come avviene già con gli afroamericani, siamo nei guai come partito e come nazione.

http://www.ilpost.it/2012/09/18/video-segreti-romney/

Qualche anno fa con l’auto carica di bagagli e pargoli ha legato il cane Seamus sul tetto della macchina e ha guidato da Boston al Canada senza battere ciglio, neppure quando il povero Seamus non si è sentito bene [dissenteria da trauma, NdR]. Si è semplicemente fermato a una stazione di servizio, lo ha aiutato [lo ha sciacquato con una pompa] e dopo averlo risistemato sul portapacchi è tornato al volante, come hanno raccontato i giornalisti Michael Kranish e Scott Helman nel loro recente libro: “The Real Mitt”.

http://www.linkiesta.it/romney-primarie-michigan#ixzz2B4ZZwuRK

Il tema dei redditi e delle finanze di Romney è delicato: Obama gli ha chiesto di fare chiarezza sul suo ruolo nel fondo Bain Capital, dopo un’inchiesta pubblicata dal Boston Globe. Secondo il quotidiano americano ci sarebbero dei documenti della Commissione Titoli e Scambi (SEC) conservati dalla Bain Capital e una dichiarazione dei redditi (la FDS, una dichiarazione dei redditi obbligatoria per chi ricopre incarichi pubblici) firmati da Mitt Romney nel 2002. Questo confermerebbe che «all’epoca risultava ancora azionista unico, presidente e CEO della Bain Capital». Se Romney dopo il 1999 era ancora proprietario del 100% di Bain Capital (lui sostiene che ne sia uscito allora), Obama ipotizza che sia stato quindi lui a ordinare l’acquisto di una serie di aziende americane in difficoltà e averle portate in bancarotta e vendendone dei pezzi per fare profitti, licenziando tantissime persone.

http://www.ilpost.it/2012/07/18/le-tasse-di-romney/

 

In Michigan, uno Stato in cui nonostante la ripresa dell’industria automobilistica il 9.3% della popolazione è ancora disoccupata, una casa su 354 è pignorata e il 14.4% della gente sopravvive sotto il livello di povertà, venerdì scorso Romney in un comizio ha dichiarato: «Mi fa piacere constatare che la maggior parte della macchine che vedo i giro sono prodotte a Detroit. Io ho una Mustang e un Chevrolet pick-up. Mia moglie Ann guida un paio di Cadillac». Poi in un successivo intervento sulla Cnn a chi gli chiedeva se non si era pentito di quel commento a fronte di una situazione economica difficile per molti americani, Romney ha chiarito: «Certo, non sono perfetto, sono quello che sono, e riguardo alle macchine (le Cadillac), di cui si è già discusso lo scorso settembre, beh ne abbiamo una in California e una a Boston. Chi pensa sia sbagliato avere successo, voti qualcun altro, io sono uno che ha fatto fortuna».

http://www.linkiesta.it/romney-primarie-michigan#ixzz2B4ZE9C00

I Repubblicani negli Stati Uniti sono un partito che, in Italia, sarebbe alla destra della Lega Nord e in Grecia appena più a sinistra di Alba Dorata.

Mitt Romney è poco meno incompetente di Sarah Palin, disprezza gli animali, le donne

http://www.gqitalia.it/viral-news/articles/2012/ottobre/le-gaffe-di-romney-e-dei-repubblicani-contro-donne-fascicoli-sesso-e-stupro

http://video.corriere.it/gaffe-romney-donne-/af6e2132-1847-11e2-a20d-0e1ab53dafde

i poveri, i non-bianchi.

Ha dichiarato che considera la Russia il nemico principale (da bravo Mormone: si veda sotto al profezia del Cavallo Bianco) e che contro questo avversario dimostrerà di avere più spina dorsale di Obama:

http://www.washingtonpost.com/world/europe/romney-at-least-hes-direct-says-putin/2012/09/17/99435c2c-0188-11e2-9367-4e1bafb958db_story.html

È amico personale di Netanyahu, col quale è stato collega di lavoro (consulenti finanziari) alla Boston Consulting Group negli anni Settanta

http://www.nytimes.com/2012/04/08/us/politics/mitt-romney-and-benjamin-netanyahu-are-old-friends.html?pagewanted=all

È nemico di tutto ciò per cui ci siamo battuti nei secoli: costituzionalismo e diritti universali, laicità, stato sociale, pace, giustizia sociale, diritto internazionale, ecc.

Paul Ryan è il beniamino dei fondamentalisti cristiani ma anche di molti militanti del Tea Party, in quanto grande ammiratore di Ayn Rand

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/10/tea-party-il-totalitarismo-anarchico-alla-conquista-degli-stati-uniti/

I Mormoni sono in degna compagnia.

Senatore Pryor: “Gesù non è venuto per prendere le parti di qualcuno, ma per prendersi tutto”.
Consiglio di Doug Coe (leader): “più invisibile è l’organizzazione, più influenza eserciterà”.

http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/fascismo-cristianista-il-quarto-reich.html

The Family è lo sponsor di Kony 2012

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/03/12/kony-2012-la-stucchevole-pornografia-umanitaria-i-bambini-pensate-ai-bambini/

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/03/25/la-tirannia-umanitaria-e-i-falsi-profeti-cosa-ci-ha-insegnato-kony-2012/

E poi, naturalmente ci sono i Dominionisti, con le loro migliaia di mercenari

http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/dominio-mercenario.html

I MORMONI E I NERI, LE DONNE, LA PRIVACY

Molte sue teorie, nonostante fossero state presentate come cardini del credo mormone, furono soggette a variazioni dai successori del profeta.

Nel 1843, infatti, Joseph Smith aveva dichiarato che la poligamia era “nuova ed eterna alleanza”, vincolante per tutti coloro che desideravano una benedizione da parte di Dio. Del resto Orson Pratt proclamò che Gesù Cristo stesso era poligamo, che si era sposato a Cana di Galilea, che Maria e Marta erano sue mogli, e che da questi rapporti egli aveva avuto anche dei bambini. Nonostante questo avvertimento, il quarto presidente mormone Wilford Woodruff abolì questo comandamento.

Un cambiamento si verificò anche per quanto riguarda il problema razziale. I Mormoni infatti asserendo che l’oscuramento del colore della pelle sarebbe il risultato di una condanna divina, hanno permesso solo dal 1978 agli uomini di colore di accedere ai gradi del sacerdozio.

Intanto quella dei mormoni è una delle religioni che si espande più velocemente sul pianeta. Sono in possesso dei più sofisticati computer con i quali registrano tutti i morti della Terra che un giorno, dopo la resurrezione, dovranno evangelizzare e mentre continuano la diffusione del loro singolare messaggio, attendono il ritorno del Cristo in una particolare zona del Sinai che dicono hanno addirittura acquistato in occasione di un tale storico evento.

https://sites.google.com/site/illinguaggiodeglidei/religioni-nel-mondo/mormoni/i-mormoni

L’ORIGINE DELL’UMANITÀ SECONDO I MORMONI (SPIRITUALISMO MATERIALISTA)

Uno degli insegnamenti illuminanti, caratteristici del credo mormone, è quello dell’universalità della materia: tutto ciò che esiste è materia, anche se questa si presenta in diversi stadi che vanno dai più solidi ai più sottili.

Per cui, ogni volta che essi parlano di “spiriti”, non si riferiscono ad esseri assolutamente privi di materia, ma ad entità costituite di una materia più sottile che sfugge ai nostri sensi terrestri. Gli spiriti, infatti, secondo i Mormoni, abitano su dei pianeti con caratteristiche simili a quelle terrestri, lo stesso è per Dio.

In un testo canonico è detto, in maniera molto esplicita: “Il Padre ha un corpo in carne e ossa, altrettanto tangibile quanto quello dell’uomo“. Nel “Libro di Abrahamo” scritto dal “Profeta” troviamo addirittura delle indicazioni relative al pianeta sul quale Dio sembra risiedere. Esso si troverebbe nelle vicinanze di una stella chiamata Kolob.

Il Signore avrebbe spiegato ad Abrahamo che sul “pianeta” Kolob, il più grande dopo la “Creazione Celeste”, dimora di Dio, il tempo non scorrerebbe come sulla Terra, (esso sarebbe, infatti, relativo alla massa dei pianeti) e che un giorno, sul pianeta Kolob, equivarrebbe invece a mille anni terrestri.

Secondo la dottrina mormone la nostra esistenza prevede vari periodi che non iniziano con la vita sulla Terra. Infatti essi credono che tutte le cose, compresi gli uomini, siano state create prima in forma spirituale e poi trasformate in materia. È importante anche sottolineare che la parola “creazione” ha per i mormoni un significato ben diverso da quello che noi comunemente conosciamo. Infatti insegnano che tale termine indichi un atto di trasformazione, di organizzazione di una materia preesistente e non un “produrre dal nulla”.

Per quanto riguarda gli uomini, essi sarebbero stati generati da un rapporto avvenuto tra una coppia divina composta da Dio Padre e Sua moglie. Essi insegnano che tale credenza sarebbe il risultato di una deduzione logica, in quanto Dio non potrebbe essere definito vero Padre se non esistesse anche una Madre, e visto che le Scritture ci parlano di un Dio Padre, si può avere il diritto di sostenere che questo Padre abbia una moglie con la quale ha procreato gli uomini in forma spirituale.

https://sites.google.com/site/illinguaggiodeglidei/religioni-nel-mondo/mormoni/i-mormoni

LA PROFEZIA DEL CAVALLO BIANCO (maggio 1843)

[N.B. certe profezie sono importanti proprio perché certi uomini le vogliono far avverare]

SINTESI: Verrà il tempo in cui le banche di ogni nazione falliranno e solo due luoghi saranno sicuri per chi vorrà depositare il suo oro e tesori: il Cavallo Bianco e i forzieri inglesi. In America scoppierà una terribile rivoluzione, come non si è mai vista prima, il paese resterà senza governo ed accadrà ogni genere di atrocità. L’unico luogo che resterà pacifico saranno le Montagne Rocciose. È lì che si recheranno migliaia di persone in cerca di rifugio, da voi Mormoni. Sarete ammirati per la vostra organizzazione, ordine, unità.

L’Impero Turco sarà una delle prime nazioni a disgregarsi perché solo così il Verbo penetrerà nella Terra Santa.

Dio ha concentrato il sangue migliore in Gran Bretagna ed è lì che continuerà a risiedere il potere globale, perché solo così si impedirà alla Russia di usurparlo. L’Inghilterra e la Francia saranno unite contro la Russia.

Nel corso della rivoluzione l’Inghilterra resterà neutrale, finché questa non degenererà a tal punto che si sentirà in dovere di intervenire per porre fine al bagno di sangue. Assieme alla Francia, cercherà di assoggettare le altre nazioni, che saranno già frazionate (broken up) e gettate nel caos, prive di un governo responsabile.

I neri saranno alleati dell’Inghilterra, perché fu tra le prime nazioni ad abolire la schiavitù: equipaggiati con armi inglesi, le azioni del Cavallo Nero saranno terribili.

Nel frattempo il Cavallo Bianco avrà raccolto le sue forze e si ergerà a difesa della Costituzione, che è un dono di Dio. In quei giorni Dio instaurerà un regno che non sarà mai abbattuto e gli altri regni che non accettano il Vangelo saranno umiliati finché non lo faranno.

Inghilterra, Germania, Norvegia, Danimarca, Svezia, Paesi Bassi e Belgio possiedono una considerevole proporzione del sangue di Israele (= degli eletti, di Sion), sangue che dovrà essere riunito in sottomissione al regno di Dio. L’Inghilterra sarà l’ultimo dei regni a volersi arrendere, ma alla fine lo farà senza tentennamenti. I potenti si inchineranno a loro volta quando vedranno che potere esercita il Vangelo. Il Messia ritornerà tra il suo popolo e porterà le leggi di Sion, governando il suo popolo.

Le terre ad ovest delle Montagne Rocciose saranno invase dai Cinesi pagani se non si avrà l’accortezza di difenderle.

Ma la battaglia finale di Sion si avrà quando le Americhe riunite si scontreranno con i loro nemici, che saranno chiamati Gog e Magog e saranno guidati dallo zar della Russia. Il potere degli avversari sarà grande ma alla fine Sion trionferà.

http://beforeitsnews.com/prophecy/2012/07/mitt-romney-and-the-white-horse-prophecy-bank-failure-and-revolution-foreseen-2337835.html

 

IL DESTINO DELL’UMANITÀ SECONDO I MORMONI (GESÙ COME LEADER POLITICO)

I Mormoni attendono in questo periodo della storia dell’umanità il ritorno di Gesù Cristo sulla Terra. Oltre a diversi segni catastrofici ce ne saranno anche di quelli che invece porteranno gioia nel mondo. Uno di essi è la restaurazione del Vangelo avvenuta attraverso l’angelo Moroni quando diede le tavole a Joseph Smith. Interpretando un passo biblico (Ezechiele 37: 16-20) in maniera molto arbitraria, essi indicano la venuta alla luce del Libro di Mormon come un ulteriore segno del tempo che si è avvicinato.

La venuta del Cristo introdurrà un periodo di mille anni durante il quale egli regnerà sulla Terra. All’inizio di questo periodo di tempo, i giusti saranno portati ad incontrare Gesù alla Sua venuta che darà inizio al Regno millenario. Soltanto loro continueranno a vivere sulla Terra durante questo periodo. Durante il millennio i membri della Chiesa saranno incaricati di compiere due grandi opere: il lavoro di tempio e il lavoro missionario. Durante tale periodo la Terra tornerà come al tempo di Adamo ed Eva, Satana sarà legato e quindi regnerà la pace ovunque. Gesù Cristo si preoccuperà di guidare il governo politico del nostro pianeta utilizzando la collaborazione dei membri della Chiesa.

Sorgeranno quindi due capitali, una a Gerusalemme e l’altra in America (i Mormoni sostengono che l’Eden, il paradiso terrestre, in realtà si trovava nel Nord America). Le malattie e la morte spariranno, nuove rivelazioni saranno svelate e gli animali cominceranno a vivere in armonia con la natura e con gli uomini.

Con lo scadere del millennio e con il giudizio finale, avrà anche termine definitivamente la condizione di separazione dl corpo che gli spiriti hanno dovuto subire con la morte. Infatti alla fine del millennio sarà terminata la prima resurrezione, quella dei giusti, e avrà luogo anche la seconda resurrezione e così tutti i figli di Dio avranno di nuovo un corpo in carne e ossa.

NOTA BENE: lo spirititualismo materialista è antitetico al messaggio di Gesù il Cristo.

Gesù disse, “I cieli e la terra si apriranno al vostro cospetto, e chiunque è vivo per colui che vive non vedrà la morte.” Non dice Gesù, “Di quelli che hanno trovato se stessi, il mondo non è degno?” [Tommaso, 111 – nel vangelo c’è spesso l’espressione “colui che vive”]. “Stretta invece è la porta ed angusta la via che mena alla vita, e pochi son quelli che la trovano” [Matteo 7:14] / “Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi avrà perduto la sua vita per amor mio, la troverà” [Matteo 16: 25] / “E se la tua mano ti fa intoppare, mozzala; meglio è per te entrar monco nella vita, che aver due mani e andartene nella geenna, nel fuoco inestinguibile” [Marco 9:43] / “In lei (la Parola, il Logos) era la vita; e la vita era la luce degli uomini” [Giovanni 1:4] / “In verità, in verità io vi dico: Chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita” [Giovanni 5:24] / eppure non volete venire a me per aver la vita! [Giovanni 5:40] / “E’ lo spirito quel che vivifica; la carne non giova nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita” [Giovanni 6, 63] / Il ladro non viene se non per rubare e ammazzare e distruggere; io son venuto perché abbian la vita e l’abbiano in abbondanza” [Giovanni 10, 10]/ Gesù le disse: Io son la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muoia, vivrà [Giovanni 11: 25] / “Chi ama la sua vita, la perde; e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà in vita eterna” [Giovanni 12: 25]/ “Perché ciò a cui la carne ha l’animo è morte, ma ciò a cui lo spirito ha l’animo, è vita e pace” [Romani 8:6].

http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/idee-e-virtu-di-gesu-il-cristo-un.html

Montesquieu mon amour

Il grande filosofo Charles-Louis de Secondat, barone di Montesquieu (1689-1755) – nella foto, in uno dei suoi momenti più ispirati ;o) – fu un celebre intellettuale illuminista. Non fu certamente privo di difetti e non tutti suoi giudizi sarebbero condivisibili, ai nostri occhi, ma qui io voglio celebrare unicamente la sua grandezza, nella speranza che funga da modello anche per molti altri.

Pochi sanno che cominciò la sua brillante carriera, in qualità di consigliere e poi presidente del parlamento di Bordeaux, agli inizi del diciottesimo secolo, difendendo la dignità di una casta di reietti, i cagots. Fu in quell’occasione che formulò le sue idee egalitarie, seguendo questo ragionamento (pseudo-sillogismo): le tirannie si fondano sulla paura > i cagots sono temuti > l’uguaglianza e la democrazia dovranno servire ad abolire la paura.

I cagots (variamente denominati Cagots, Gézitain, Chrestians, Gahets, Capots, Agots) della regione pirenaica Francese e Spagnola rappresentano il primo e uno dei più formidabili ed atroci esempi di biologizzazione di una categoria umana. Questi sfortunati esseri umani furono trasformati in una sub-specie, una casta di intoccabili segregati ed ostracizzati dal resto della popolazione.

Questo episodio della storia del razzismo è importante perché mostra che il razzismo era presente anche nei paesi mediterranei di tradizione greco-romana ed è possibile che in qualche modo questo fenomeno fosse collegato al tentativo di biologizzare le differenze culturali di Mori ed Ebrei nella Spagna dell’Inquisizione. Sappiamo infatti che l’Inquisizione impiegò medici spagnoli per determinare il grado di purezza razziale degli imputati (Alcalà, 1984) e lo stesso avvenne nella Germania nazista, quando ai medici genetisti (Erbarzt) venne richiesto di stabilire la proporzione di “ebraicità” dei certi cittadini tedeschi.

È tuttavia importante tenere a mente che la segregazione non fu codificata dalle autorità spagnole e francesi, eredi della giurisprudenza romana che rifiutava recisamente di adottare un  parametro biologico per la definizione della persona giuridica. Anche gli statuti di limpieza de sangre spagnoli furono avversati persino da numerosi inquisitori e di conseguenza essi vennero raramente adottati, ed ancor più raramente osservati (Kamen 1998, Baud 2001).

Tornando ai nostri cagots, è possible che questo termine possa essere emerso nel Medioevo a partire da un termine della parlata béarnais che stava ad indicare i lebbrosi. Dunque, più che ad una tara ereditaria, esso si riferiva al rischio di contagio ad essi associato. Tuttavia, sembra abbastanza certo che non di lebbrosi si trattasse, ma di reietti, gozzuti, ed asociali. La ragione principale di questa discriminazione è ancora incerta, e la credenza popolare la faceva risalire ad una remota discendenza gotica, celtica o saracena, ossia ad una distinzione etno-razziale che aveva reso possibile l’arbitraria creazione di una race maudite, a dispetto dei dubbi e delle obiezioni sollevati da un certo numero di medici, molti dei quali confessavano di non poter distinguere i cagots dai “normali”.

Questo tipo di apartheid pre-moderno durò per diversi secoli. I cagots non potevano frequentare i “normali” e potevano solo lavorare come carpentieri e pastori, essendo però costretti a lasciare i centri abitati al calar del sole. Non potevano portare armi e possedere terre, delle sezioni delle chiese erano loro riservate in modo da non porli in contatto con gli altri fedeli, dovevano portare sulle vesti dei contrassegni che li identificassero e non potevano essere seppelliti nei cimiteri ufficiali. Poi, a partire dalla fine del diciassettesimo secolo, i magistrati ed amministratori locali più illuminati, come Montesquieu, appunto (Bériac 1990; Kingston 1996), cominciarono a lottare per l’abolizione di queste aberrazioni sociali, anche in virtù delle dichiarazioni sempre più egalitarie ed anti-razziste di medici e chirurghi.

Fu quest’esperienza ad indirizzare il pensiero di Montesquieu verso l’attivismo universalista e democratico. Furono gli insegnamenti che ne trasse a guidarlo nella composizione delle “Lettere Persiane” (1721), in cui esaltava la diversità di ogni singolo essere umano e denunciava il desiderio di irreggimentare questa varietà, di armonizzarla in un’uniformità di caratteri, estinguendone la rigogliosità. Uno dei temi centrali dell’opera è che la persona può realizzarsi solo assieme alle altre persone, non a loro spese. Il che implica che per godere del prossimo, debbo rispettare la sua autenticità (e lui o lei deve rispettare la mia). Come recita l’adagio: “il mondo è bello perché è vario”. Il che causa la dissoluzione dell’istinto di possesso reciproco ma anche della rigidità identitaria: nessuna personalità è intrinsecamente più inestimabile delle altre, dunque nessuna identità è essenziale per garantire il successo nella vita. Posso recitare una molteplicità di ruoli nel corso della mia esistenza; anzi, è nel mio interesse farlo, se è questa la mia vocazione, ciò che mi rende autentico.

Fu così che cominciò ad affermarsi la democrazia moderna, che non si fonda sull’idea che l’uomo comune o medio, non particolarmente competente, andrebbe riformato in linea con le aspettative dei grandi pianificatori, bensì sulla premessa che uomini e donne, per quanto inevitabilmente imperfetti, siano capaci di compiere le loro scelte, di coltivare una propria autonomia di giudizio, di saper gestire i conflitti che immancabilmente ne derivano.

Montesquieu recupera e proietta verso il futuro l’umanesimo universalista di Pico della Mirandola, Erasmo da Rotterdam e Bartolomé de las Casas.

Per la stessa ragione, nel capitolo intitolato “Sull’Impero della Cina” (“Lo spirito delle leggi”, 1748), il Nostro approva il giudizio dell’ammiraglio Anson sulla società cinese, schierandosi contro i padri gesuiti che, ammaliati dall’autoritarismo imperiale cinese e dai loro obiettivi, idealizzano quella nazione:

Ci parlano i nostri missionari del vasto impero della Cina, come d’un governo ammirabile, che mescola insieme nel suo principio il timore, l’onore e la virtù. Adunque ho io piantata una vana distinzione, allorché ho stabiliti i principi dei tre governi. Ignoro che cosa sia questo onore, di cui si parla presso a popoli ai quali nulla si fa fare se non a forza di bastone. Inoltre se ne fanno poco i nostri commercianti di questa idea di virtù di cui parlano i missionari; si possono interrogare a proposito delle estorsioni per mano dei mandarini…Non potrebbe essere che i missionari fossero stati ingannati da un’apparenza d’ordine; che avesse lor fatto colpo quel continuo esercizio del volere d’un solo da cui sono governati essi stessi, e che tanto amano di trovare nelle corti dei re indiani? Poiché essi vi si recano con nessun’altra mira che quella di effettuarvi dei grandi cambiamenti, è loro più agevole convincere i principi che possono tutto, che persuadere i popoli che tutto possono soffrire”.

I contemporanei apprezzano Montesquieu per la sua passione per il pluralismo, che lo porta a formulare la “teoria dei corpi intermedi”, ossia a perorare la tesi che tra sovrano e cittadini siano necessario l’inserimento di gradi intermedi di distribuzione del potere che tutelino questi ultimi dalle forme dispotiche del suo esercizio. Per Montesquieu, come per James Madison, uno dei padri del costituzionalismo americano, una società democratica moderna non può fare a meno di un meccanismo di bilanciamento delle forze antagonistiche, degli interessi contrastanti, per diluire gli impulsi coercitivi ed autoritari.

M. afferma che nessuna società può rendere felici gli esseri umani se non garantisce il diritto fondamentale di ogni uomo e donna a poter essere se stesso/a, ad esprimere e coltivare la propria personalità, nel rispetto delle leggi. Questa concezione dell’individualità democratica prende le mosse dal presupposto che se tutte le persone sono messe nella posizione di poter realizzare le proprie finalità personali (in forme legittime, ossia che tutelino il diritto altrui di fare lo stesso) il fine e la volontà di qualcuno in particolare non potrà contare più di quello degli altri (come invece avviene nelle oligarchie e nelle monarchie).

Per M. l’effetto benefico della città è quello di smantellare la fissità dei ruoli imposti dalle società tradizionali, una rigidità mortificante.

Se la società cerca di reprimere la varietà prodotta in natura la conseguenza non potrà che essere una legittima rivolta.

Una posizione, questa, fortemente avversata da Rousseau, paladino della “volontà generale” che tanto piace ai fautori della democrazia diretta: se il popolo è sovrano, la sua volontà è legge ed ogni interesse divergente non ha ragione di esistere. Oggigiorno questa si chiamerebbe “tirannia della maggioranza”. Pur con tutti i nostri difetti, abbiamo fatto molti, importanti passi in avanti sulla strada dell’affermazione della dignità umana. La strada, però, è ancora lunga e passa per il rafforzamento e consolidamento della dignità degli immigrati e di tutti gli esseri viventi.

Montesquieu era convinto che il commercio fosse una scuola di tolleranza. Infatti la compravendita di beni insegnava alle persone che era possibile accordarsi su un certo numero di regole di base, pur conservando opinioni anche radicalmente antitetiche sulle cose della vita. Mettendo a contatto genti di estrazione sociale e provenienza diversa, il commercio non poteva fare a meno di distruggere il particolarismo e promuovere la tolleranza per le diversità.

Per questo soleva dire: “Sono necessariamente uomo…e francese solo per caso”.

Montesquieu era anche convinto che la certezza della pena avesse un potere di deterrenza molto maggiore della sua severità. Il che è indubbiamente vero (pena di morte docet).

La cinesina volante ed il razzismo olimpico

Ye Shiwen, definita dal Corriere “la cinesina volante” [ci piacerebbe che la Vezzali fosse definita l’ “italianetta pungente”?] ha superato l’antidoping.

Per il capo della British Olympic Association la nuotatrice cinese è pulita: «Ha passato i test della Wada (World Anti-Doping Agency) e merita invece riconoscimento per la sua bravura», ha detto Lord Colin Moynihan. E il presidente della Commissione medica del Cio, Arne Ljungqvist, ha ammesso: «Non possiedo elementi che mi permettano di fare altro che applaudire a questa impresa sportiva».

http://olimpiadi.corriere.it/2012/notizie/31-luglio-nuoto-cinese-doping-genetico_088265f8-dafe-11e1-8089-ce29fc6fe838.shtml

Allora perché centinaia (migliaia?) di italiani se la sono presa con lei e con gli atleti cinesi sui social network?

Perché non prendersela con Phelps (o con Lance Armstrong)? Perché se sono atleti/e americani/e sono istantaneamente degli eroi(-ne) senza macchia e se invece sono cinesi (o russi?) sorgono immediatamente dei sospetti? Perché credere che sia solo lo stato cinese a voler beneficiare delle glorie sportive pianificando l’evoluzione artificiale dei suoi atleti e non anche le nazioni occidentali? Gli USA non sono forse all’avanguardia nel campo dei farmaci (droghe) per il miglioramento delle prestazioni atletiche? Molti genitori statunitensi non sono dispotici e competitivi quanto quelli cinesi? Il passato ci insegna che sono stati solo gli orientali (Europei ed Asiatici) a doparsi in massa oppure che il marcio è equamente distribuito (ed è arrivato anche in Scandinavia)?

http://www.cbc.ca/sports/indepth/drugs/stories/top10.html

Vogliamo parlare di Carl Lewis e di come gli Americani hanno cercato di nascondere in ogni modo le sue pratiche dopanti?

http://www.guardian.co.uk/sport/2003/apr/24/athletics.duncanmackay

L’americana Rebecca Adlington, quando ha vinto gli 800 ai mondiali di nuoto del 2011, ha nuotato l’ultima vasca più velocemente di Ye, su una distanza doppia. Qualcuno ha sollevato dei dubbi sulla sua prestazione?

L’australiana Stephanie Rice ha migliorato le sue prestazioni di 12 secondi in 1 anno, sui 400 misti. Qualcuno l’ha soprannominata l’”australianina geneticamente dopata”?

Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non t’accorgi della trave che è nel tuo?

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