CasaPound, Alba Dorata, Breivik – Combattiamo le idee, non le persone

 a cura di Stefano Fait

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Casa Pound arriva a Trento, forte dei suoi 50mila voti scarsi

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alcune reazioni

Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale…I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi...I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.

Costituzione della Repubblica italiana (articoli 16, 17, 18)

“Uccidere i fascisti non è un reato” stava scritto sulla mia scuola, anni fa. Ho sempre odiato quello slogan. E detesto i fascisti.

Paolo Ghezzi

Un mondo fondato sulle quattro libertà umane: la libertà di parola e di espressione, la libertà per ogni persona di pregare Dio nel modo che preferisce, il diritto di vivere al riparo dall’indigenza e il diritto di vivere al riparo dalla paura.

Franklin D. Roosevelt, 6 gennaio 1941

In realtà, la libertà è aristocratica, non democratica. Dobbiamo riconoscere, sconfortati, che la libertà è cara solo a chi pensa creativamente. Non è necessaria per chi non dà valore al pensiero. Nelle cosiddette democrazie, che si fondano sul principio della sovranità popolare, una proporzione considerevole della cittadinanza non possiede ancora la consapevolezza di essere libera, di recare con sé la dignità della libertà

Nikolaj Aleksandrovič Berdjaev, “Regno dello Spirito e Regno di Cesare”, 1951

La libertà di espressione si afferma e si difende anche con l’ascolto di chi non la pensa come noi e magari utilizza metodi che non condividiamo. Questo non significa accettare acriticamente tutto ma penso sia necessario portare eventualmente chi professa idee contrarie alle nostre sul terreno del confronto, anche aspro ma sempre entro i limiti della tolleranza. La cultura della pace si coltiva anche in questo modo, smascherando quella che si definisce la banalità del male.

Roberto Maestri

CasaPound non è Alba Dorata. Ezra Pound non è Breivik.

Si definiscono “fascisti del terzo millennio”. Fascisti anti-xenofobi (“Nel Dna di Casapound non è contemplata la xenofobia” – homepage, 2011) e favorevoli al riconoscimento delle unioni di fatto tra cittadini dello stesso sesso. Come tutti i rosso-bruni, ammirano Mussolini (specialmente quello “sociale” di Salò, burattino nelle mani di Hitler e volonteroso complice dell’Olocausto) e, non sporadicamente, Hitler stesso, ma anche Che Guevara e Pier Paolo Pasolini.

Pound, poeta esoterista antisemita rosacrociano, l’uomo che, dopo la morte di Hitler, definì quest’ultimo “una Giovanna d’Arco, un santo. Un martire. Come molti martiri, porta con sé visioni estreme”, era anche ammiratore di Lenin e Stalin (così tipico di tutte le personalità autoritarie: rosso o nero, basta che sia granitico-fallico).

Per tre anni dimorò a Tirolo, capitale del Tirolo storico, dove gli è stato dedicato un centro studi.
Nei “Canti Pisani” interloquisce con Marinetti:

“Vai! Vai! Da Macalè sul lembo estremo del gobi, bianco nella sabbia, un teschio CANTA e non par stanco, ma canta, canta: -Alamein! Alamein! Noi torneremo! NOI TORNEREMO!-” “Lo credo”, diss’io, e mi pare che di codesta risposta ebbe pace” (72).

E fa una dedica ai volontari della Repubblica di Salò:

“Gloria della patria!…Nel settentrion rinasce la patria, / Ma che ragazza! / che ragazze, / che ragazzi, / portan’ il nero!” (73)

C‘è poco da aggiungere: “fascisti del terzo millennio”.

Eppure Ezra Pound godette della stima di Dag Hammarskjöld, segretario generale della Nazioni Unite, una delle figure che più ammiro in assoluto.

Ora arrivano a Trento: “Città blindata e alta tensione per l’inaugurazione di Casa Pound a Trento, oggi. In occasione dello sbarco in città del movimento neofascista, le associazioni di sinistra hanno organizzato una serie di manifestazioni di protesta. La festa per l’apertura di casa Pound è prevista per le 13, ma fin dalla mattina ci saranno manifestazioni di protesta. Alle 10, in piazza Pasi, il neonato Coordinamento unitario antifascista del Trentino ha organizzato un sit-in democratico in piazza Pasi. Ma il clou delle manifestazioni di protesta sarà alle 14 in piazza Dante dove il Centro Sociale Bruno ha promosso un’assemblea antifascista dal titolo più che eloquente: «No nazi in my town». Sono attese almeno 700 persone anche da fuori città”.

http://trentinocorrierealpi.gelocal.it/cronaca/2013/11/09/news/casa-pound-oggi-la-citta-sara-blindata-1.8077255

Che si fa?

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L’ESTREMA DESTRA IN EUROPA E NEGLI STATI UNITI

Gli eccidi perpetrati negli Stati Uniti e nel Nord Europa da giovani neonazisti super-armati, da integralisti islamici, da neocrociati norvegesi islamofobi, hanno prodotto un sottofondo di costante tensione che autorizza implicitamente i governi a restringere le libertà civili di tutti i cittadini in nome della sicurezza. Nel corso del suo processo, Breivik in persona ha dichiarato che il suo obiettivo, nel breve e medio periodo, era quello di provocare una caccia alle streghe contro gli estremisti cristiano-nazionalisti come lui, perché solo così si sarebbe prodotta quella polarizzazione che innesca processi di radicalizzazione, “man mano che sempre più persone perdono fiducia e fede nella democrazia”. I nuovi radicali sarebbero poi stati reclutati [ma da chi?] per proteggere i popoli europei autoctoni e le loro culture dalla minaccia islamica, con l’uso della forza.

Una vera e propria strategia della tensione finalizzata alla sistematica destabilizzazione dello stato diritto, quasi certamente condivisa da altri attivisti con i quali si teneva in contatto, e che è sostanzialmente identica a quella descritta da Osama Bin Laden nei suoi farneticanti videomessaggi.

Possiamo escludere che quest’odio verso lo stato non si tradurrà, prima o poi, in azioni apertamente eversive, di stampo brigatista?

Negli anni bui del dopoguerra, le forze a difesa della democrazia e dello stato di diritto hanno trionfato, in Italia e in Germania. Lo si è fatto allora, lo si può rifare.

La Norvegia ci ha indicato la strada giusta, quella della dignità (verdighet). Le autorità e la popolazione norvegese si sono comportate con dignità, decoro, civiltà, umanità. Il rispetto che hanno dimostrato per l’imputato che si è comportato come un mostro, ma resta pur sempre un essere umano, onora la Norvegia e la democrazia. È certamente vero che gli è stata data la possibilità di avere un’audience mondiale a cui rivolgersi per comunicare il suo pensiero, ma è un prezzo che è stato ampiamente ripagato dall’effetto di questa sua performance. Molti dei sopravvissuti, dopo averlo visto al processo, si sono sentiti sollevati nel vedere un piccolo uomo con una vocina sottile. Tutt’altra cosa rispetto al carnefice di Utoya. Il mostro è stato esorcizzato, ed è tornato a essere un ometto viziato con la vocetta immatura.

Oggi oltre 40mila persone si sono trovate nel centro di Oslo per cantare insieme “Bambini dell’arcobaleno” (“Barn av regnbuen”), un adattamento in norvegese della canzone “Rainbow Race” di Pete Seeger del 1973. Lo hanno fatto come atto dimostrativo contro Anders Behring Breivik, l’autore degli attentati a Oslo e della strage di Utøya del luglio dello scorso anno, che nel corso del proprio processo ha detto di odiare la canzone di Seeger. Secondo Breivik la canzone ha contenuti chiaramente di stampo marxista e verrebbe utilizzata per fare il lavaggio del cervello ai bambini… Il testo della versione norvegese parla di un cielo pieno di stelle, del mare azzurro e di terre piene di fiori, dove vivono i bambini dell’arcobaleno. È una canzone di speranza, che invita a cercare il bene e a convivere in pace insieme, evitando la violenza”.

http://www.ilpost.it/2012/04/26/la-canzone-odiata-da-anders-breivik/

I norvegesi hanno ascoltato Breivik e gli hanno chiesto di ascoltare. Hanno sorpreso il mondo. Alcuni sono rimasti sbigottiti e negativamente impressionati. In realtà non è che non ci sia rabbia e desiderio di vendetta, in Norvegia, è che la cultura locale è una sorta di viatico a quell’ideale di disciplinamento delle emozioni che può essere riscontrato anche in Giappone e che avrebbe piacevolmente sorpreso Spock, o gli stoici, o i buddhisti, o i taoisti.

Questa umiltà, semplicità, padronanza di sé, rispetto per la dignità delle persone e per la diversità (“infinita diversità in infinite combinazioni”, direbbe Spock), ragionevolezza, sollecitudine, pacatamente ma senza fatalismo, l’espressione del dolore che non diventa esibizione, può sembrare quasi disumana, inquietante. È probabile che in diversi casi lo sia, o quantomeno sia una maschera per l’ipocrisia, il cinismo e un malcelato impulso autoritario (es. film “Festen” e tirannia umanitaria).

Ma, in questo caso, i norvegesi, con il loro atteggiamento, hanno comunicato a Breivik e a quelli come lui che i loro valori sono agli antipodi dei suoi e sono prevalenti, vale a dire che la sua crociata era persa in partenza. Si aspettava di essere ucciso dalle forze dell’ordine, oppure torturato. Non è successo nulla di tutto questo. Il principio guida è stato: non ci farà diventare come lui, altrimenti avrà vinto.

Re Haakon VII, che ha regnato tra il 1905 e il 1957, dichiarava di essere anche “il re dei comunisti”. Re Harald V ha annunciato alla popolazione che è anche “il re dei musulmani, sikh, ebrei e indù norvegesi”.

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LIBERTÀ D’ESPRESSIONE

Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

Art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

Art. 21 della Costituzione della Repubblica italiana

Viviamo in un mondo spaventato dalla libertà. Il politicamente corretto soffoca preventivamente il pensiero critico, chiamando in causa il dovere di rispettare le sensibilità altrui (!!!). Certe idee non solo non possono essere espresse, ma non devono essere neppure concepite. Si cerca di proibire per legge persino a degli accademici di fare storiografia. Certe figure istituzionali sono poste automaticamente al di là del diritto di critica. I media impediscono a certi comici o a certi intellettuali di venire a contatto con lettori e spettatori. Intanto le comunicazioni dei nostri politici sono registrate sistematicamente per poterli ricattare o manipolare.

Chi è veramente libero di dire ciò che pensa all’alba del terzo millennio?

Com’è possibile che la popolazione occidentale abbia accettato passivamente tutto questo?

Non si dovrebbe avere paura di questa libertà, che include anche la libertà di non rispettare le idee altrui (pur rispettando l’interlocutore), di canzonare e di rappresentare un inconveniente per le opinioni altrui.

Un principio cardine della costituzione come la libertà d’espressione non può essere fatto valere in certi casi ed ignorato in altri, anche perché una parola è una parola e non serve dare alle parole più peso di quel che meritano. Non siamo automi che rispondono meccanicamente a sollecitazioni verbali e le nostre personali credenze non sono tutelate da alcun diritto inviolabile a non essere messe in discussione, con tutto il tatto ed il senso di responsabilità necessari. Sono le parole o gli atti che distruggono le persone e le cose? Un effetto indiretto è moralmente equivalente a un effetto diretto? Le parole esercitano un’influenza sulle persone solo se queste decidono che così dev’essere, perché attribuiscono credibilità ed autorevolezza a chi le pronuncia e perché vogliono o temono che il messaggio sia vero. Le parole hanno potere solo se chi le ascolta o legge glielo conferisce. Altrimenti sono solo vibrazioni nell’aria. Dunque attribuire uno speciale potere alle parole è una semplice credenza che ciascuno può respingere coscientemente. Se certe parole ci irritano la responsabilità è nostra, perché lasciamo che ciò avvenga. Possiamo forse plasmare il prossimo in modo da costringerlo ad essere più sensibile? Sarebbe giusto? È sbagliato cercare di controllare gli altri, è una forma di manipolazione tanto deprecabile quanto l’uso di parole al fine di ferire la sensibilità altrui. E siccome non è giusto controllare gli altri, non è nemmeno giusto censurare gli altri.

Senza la libertà di dire qualcosa di sconveniente non c’è libertà. Se le mie azioni sono giudicate in base alla sconvenienza, potrò fare solo quello che gli altri mi consentono graziosamente di fare e, poiché moltissimi sono suscettibili e permalosi, ciò decreterebbe la morte della libertà

Le società democratiche sono conflittuali perché sono formate da esseri umani con punti di vista anche molto diversi riguardo alla realtà, ciascuno convinto che il suo sia più fedele al vero. Nessuno di noi è consapevole dell’intera estensione delle sue credenze e convinzioni e ancor meno di quanto unica e peculiare sia la sua percezione della realtà. 

La libertà di espressione consente a superstizioni, preconcetti e pregiudizi di essere vagliati, separati e respinti dal maggior numero possibile di persone, che potranno invece avvalersi delle idee originali e promettenti. È quindi nel nostro stesso interesse rispettare la libertà del nostro prossimo di dire la sua, anche quando ci infastidisce, ci sciocca, c’indigna, ci oltraggia, ci disgusta, ci ferisce. Solo difendendo la libertà altrui posso continuare a difendere la mia, anche se questa libertà sarà da loro impiegata per ridursi in un angolo, per scegliere di condurre una vita convenzionale, di rinunciare a esercitare i propri diritti, di consegnarsi a rapporti vincolanti, affiliazioni soffocanti, appartenenze totalizzanti.

Se la ricerca della verità e dell’autenticità li conduce in quei paraggi, allora hanno la prerogativa di comportarsi di conseguenza senza che una tutela paternalistica li inibisca, senza trattarli come degli infanti plagiabili, plasmabili, eternamente sprovveduti, inculcando in loro il sospetto di esserlo veramente anche quando si tratta di una mera divergenza d’opinioni. Soprattutto, nessuno osi censurare il prossimo per il mero fatto di essersi permesso di esprimere un punto di vista differente. 

La casa comune dell’umanità che verrà, nel Mondo Nuovo dovrà essere tollerante. Se noi stessi decretiamo che un diritto universale non è più universale, ma vale solo quando pare a noi, la nostra credibilità ed autorevolezza saranno compromesse, la forza di quel principio sarà compromessa, la possibilità di tutelare le persone vulnerabili in nome di quello stesso principio sarà compromessa.

Se la nostra casa comune avrà timore di idee diverse, allora non avrà un futuro. Un soffio e il castello di carte cadrà: “Far apparire come necessario ciò che è assurdo – che si debba difendere il “mondo libero” rendendolo meno libero, salvare la civiltà occidentale minacciando i principi della sua identità –, e dall’altro cerca di rendere credibile ciò che è incredibile, ovvero che si possa diffondere nel mondo la libertà con l’occupazione militare, instaurare la democrazia con la coazione, istituire l’autonomia con l’eteronomia” (Bovero, 2004, p. X).

La libertà che conta è quella da forze e circostanze che trasformano l’uomo in una cosa e la sua vita interiore in un processo meccanico, automatico, prevedibile, inerziale, come la materia stessa. Se la libertà è come un volo, allora più si mozzano le ali per circoscriverla, più basso ed incerto sarà il volo stesso, a discapito dell’intera comunità. Non si può essere sicuri, nel volo, la libertà non è rassicurante, non dà garanzie, ma è l’unico modo che ci è dato di essere autentici (di non limitarci ad essere ciò che gli altri hanno stabilito per noi) e di diventare più vivi (gioia di vivere) e consapevoli, come il prigioniero rilasciato nella parabola della caverna di Platone. A quel punto la sicurezza che si acquista sarà più stabile, più affidabile, ma mai completa.

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CASA POUND A TRENTO

Trento può fungere da modello? Può incarnare il cambiamento che vuole vedere nel mondo? Può vedere una sfida laddove altri vedono unicamente una minaccia? Può odiare il fascismo ma vedere nei membri di CasaPound prima di tutto degli esseri umani con dei diritti fondamentali, poi dei cittadini con dei diritti civili, poi degli avversari da sfidare sul terreno delle idee e dei valori e infine dei fascisti?

Non vorrei che la formula della “banalità del male” diventasse una scusa per trovare demoni anche dove non ce ne sono e inscenare crociate, cacce alle streghe, “sante” inquisizioni, che servono solamente a estremizzare chi le subisce e chi le compie.

L’importante è che il Trentino divenga un territorio esente da fascismo per scelta, perché si dimostra un terreno infecondo per il fascismo, perché la sensibilità della popolazione l’ha immunizzata. Non per bullismo. Il bullismo lasciamolo ai fascisti.

È peraltro giusto e necessario che una comunità si mobiliti pacificamente e costruttivamente per testimoniare il suo pensiero, come hanno fatto meravigliosamente bene i norvegesi con Breivik, cantando la canzone che lui più odiava.

E poi rimane sempre la satira – la satira intelligente, che fa pensare, non quella pecoreccia, che spegne il senso critico –, che funziona eccellentemente quando dall’altra parte non c’è volontà di dialogo (e questo non va imposto).

Antonio “Pancho Villa” Ingroia, guida noi peones alla riscossa! ¡Viva la Revolución!

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Se si potesse cominciare a costruire anche mentre si sta bruciando. Se si potesse coltivare mentre si distrugge…La nostra causa era la terra, non un’idea; la terra coltivata per sfamare le nostre famiglie; libertà e non parole; un uomo sereno seduto al tramonto sulla soglia di casa; pace, non sogni; tempo di quiete e di bontà. Una domanda mi tormenta: nasce una cosa buona da una cattiva azione? Può nascere la pace da tanti delitti? Può infine tanta violenza generare della bontà? Può un uomo con idee sorte nell’ira e nell’odio, può costui condurre alla pace? Può governare in pace? Io non lo so…

Pablo Torres Burgos – “Viva Zapata!”

Questa terra è nostra, ma voi dovete proteggerla, non sarà vostra a lungo se non la difendete, se necessario con la vostra vita e con la vita dei vostri figli. Non sottovalutate i vostri nemici, essi torneranno. E se la vostra casa è bruciata, ricostruitela; se il vostro grano è distrutto, seminate di nuovo; se i figli muoiono, crescetene altri; se vi cacciano dalla valle, andate a vivere sulla montagna, ma vivete.

Siete sempre in cerca di capi: uomini forti, senza colpe, non ne esistono: esistono soltanto uomini come voi. Loro cambiano, disertano, muoiono. Non c’è nessun capo tranne voi e un popolo forte è la sola forza che duri…Un uomo forte fa un popolo debole. A un popolo forte non serve un uomo forte.

Emiliano Zapata – “Viva Zapata!”

Al tempo di Zapata (inizio del secolo scorso) il Messico era governato da tecnocrati, banchieri, finanzieri, economisti e ufficiali dell’esercito, chiamati “cientificos” (tecnici), che credevano nel capitalismo liberista e nel positivismo, nel pareggio di bilancio, nella stabilità monetaria ed erano filo-americani, privatizzavano le terre comuni, sottraevano risorse alle comunità indie per darle in usufrutto a società straniere [giuro, non mi sto inventando niente, la storia si ripete e non è troppo farsesca: andate a controllare]. Quasi la metà del Messico era nelle mani di tremila famiglie e un quinto del paese (una superficie pari a quella del Giappone) apparteneva a 17 persone. Gli USA possedevano i tre quarti dei giacimenti minerari e più della metà dei campi petroliferi. La Standard Oil di Rockefeller e Doheny ricavava 50mila barili di petrolio al giorno, esentasse, tranne una imposta di bollo insignificante. Inflazione, compressione dei salari, disoccupazione, crisi finanziaria a Wall Street nel 1907, poi una carestia. Così scoppiò la rivoluzione.
Tempo di ¡Revolución civil y sin violencia!

Adelante Comandante!!!

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No, non hai capito, aspetta che te la rispiego: allora, la nonviolenza…

Israele, la destabilizzazione del Medio Oriente ed il neonazismo

Una dopo l’altra, le nazioni e regioni che circondano Israele sono state destabilizzate.

La Siria da metà marzo del 2011, il Sinai negli ultimi mesi, il Libano nelle ultime settimane e presto anche l’Egitto.
Il Washington Post ha spianato la strada all’intervento NATO in Siria citando il classico pretesto delle armi di distruzione di massa (gas nervino in possesso del regime siriano) da porre sotto controllo.
Ma ci possono essere mille pretesti per intervenire.
Carichi di armi provenienti dalla Libia sono stati intercettati nella zona di Tripoli (la Tripoli libanese, quella che la CNN ha scambiato per la Tripoli libica, in un errore che è quasi un lapsus freudiano o una profezia avverata), un distretto con un aeroporto in disuso e a distanza strategica da Tartus, il porto siriano che Assad ha concesso alla flotta russa.
Comprensibilmente Medvedev ha avvertito che le ingerenze NATO in questioni regionali sono sempre a rischio di scatenare guerre internazionali e, nel contesto medio-orientale, conflitti termonucleari.

Intanto i sionisti americani preparano il terreno per l’occupazione israeliana del Sinai, ossia per una guerra con l’Egitto

E Netanyahu chiede al mondo di intervenire contro Iran, Siria ed Hezbollah

La differenza è che in Libia non ci si è mai avvicinati ad una guerra NATO-Russia, in Siria-Libano sarà un risvolto quasi inevitabile e non è tra l’altro per niente chiaro perché la NATO debba coltivare l’alleanza anti-Assad con Arabia Saudita e Qatar, due regimi se possibili ancora più autoritari di quello di Assad e pronti ad intervenire nei paesi confinanti (es. Bahrein, che sta per essere annesso all’Arabia Saudita) per sopprimere con la forza le proteste popolari pro-democrazia.

Occorre tenere sempre a mente che, da Ben Gurion, a Sharon, a Netanyahu l’obiettivo è sempre rimasto quello della restaurazione del Regno di Davide e Salomone, ossia di un’invenzione. Come si scende a compromessi con un mito etnico, con una fantasia maniacale che implicherebbe l’edificazione di una Sparta giudea, con i Palestinesi come iloti (e i lavori sono in stato avanzato: Gerusalemme è in via di giudaizzazione)?

Ricordiamoci sempre che Benjamin Netanyahu, nel 2003, affermava che se gli Arabi fossero arrivati a costituire il 40% della popolazione di Israele sarebbe stata la fine dello stato giudeo. “Ma anche il 20% è un problema e se le relazioni con questo 20% diventano problematiche, lo stato è autorizzato a prendere misure drastiche”.

Ecco, il problema è arrivato.

“Un piccolo, ma essenziale, terremoto demografico è in corso tra la costa del Mediterraneo orientale e il fiume Giordano, nell’area che, secondo i punti di vista, si può chiamare ‘Palestina storica’ o ‘Grande Israele’. A fine dicembre, i due uffici nazionali di statistica, quello dell’Autorità nazionale palestinese e quello di Israele, hanno pubblicato i risultati annuali dell’andamento demografico. E ci sono diverse sorprese. […]. «Il numero dei palestinesi nella Palestina storica, alla fine del 2011, era di 5,6 milioni. Il numero degli ebrei nella Palestina storica era di 5,8 (100 mila in meno rispetto ai dati del censimento israeliano, ndr). Basandosi sulle stime del Dipartimento di statistica israeliano per il 2012, il numero di palestinesi ed ebrei sarà di 6,3 milioni ciascuno per la fine del 2015, se i tassi di crescita attuali rimangono invariati. Tuttavia, il numero dei palestinesi nella Palestina storica arriverà a 7,2 milioni entro la fine del 2020, rispetto a 6,8 milioni di ebrei».

Netanyahu vuole la guerra con l’Iran per questa ragione, non certo per la bomba. La bomba è un pretesto.

Mi piacerebbe che i sionisti italiani (e non solo) si andassero a leggere “Come i nazisti hanno vinto la guerra“, un’intervista a Kevin MacDonald, regista di un terribile ed importante documentario (“Il nemico del mio nemico. Cia, nazisti e Guerra Fredda) su come i nazisti sono riusciti a riciclarsi ed infiltrarsi nelle democrazie occidentali, specialmente nella CIA (cf. Reinhard Gehlen – Allen Dulles) conservando una forte influenza anche dopo la fine della Guerra Fredda (furono direttamente coinvolti nell’uccisione di Che Guevara, nell’operazione Stay Behind / Gladio e nell’operazione Condor)

La sinistra filosionista potrebbe anche leggersi “I nazisti che hanno vinto: le brillanti carriere delle SS nel dopoguerra” di Fabrizio Calvi. Casale Monferrato (AL): Piemme, 2007.

Sui rapporti tra i nazisti e la famiglia Bush

http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/la-famiglia-bush-e-il-terzo-reich.html

Sull’omicidio Kennedy e Allen Dulles:

http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/arduo-da-vedere-illato-oscuro-e.html

Mi stupisce che così pochi sionisti e difensori della causa palestinese siano al corrente di quel che è successo DOPO l’Olocausto, in Occidente.
Se l’avessero fatto ora non staremmo a parlare di Israeliani contro Palestinesi ma di come la minaccia esistenziale per Israele e la Palestina sia più reale che mai ma non provenga dall’Iran o dagli Arabi.

Netanyahu non si rende minimamente conto dell’effetto domino che sta per scatenare con le sue strategie destabilizzatrici (nonostante gli avvertimenti del Mossad).
L’antisemitismo arabo è uno scherzo rispetto a quello di certi ambienti molto influenti che non attendono altro che un errore israeliano per passare alla fase 2, quando l’opinione pubblica internazionale entrerà in una fase di funesta israelofobia

Gli unici che potrebbero beneficiare di questo sarebbero Israele e i Sauditi…Israele e Arabia Saudita sono nemici molto più pericolosi degli Iraniani. Il congresso è maniacalmente fissato con la guerra con l’Iran … Ascoltate il senatore Graham, il senatore McCain e Joe Lieberman … sono controllati dagli Israeliani… i Sauditi sono molto influenti e perciò quando osservate questo tipo di cose vi dovete sempre chiedere chi trarrebbe vantaggio dalla guerra? Ad Israeliani e Sauditi piacerebbe vedere i nostri soldi e i nostri giovani uomini e donne essere uccisi combattendo contro i loro nemici in Iran.

Michael Scheuer, ex agente della CIA ed ora storico alla Georgetown University
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/03/24/e-se-liran-avesse-gia-latomica-osservazioni-sconvenienti-sullarmageddon-che-verra/

Sarebbe ora che molti sionisti si rendessero conto che alcuni tra i loro critici più tenaci stanno tentato di salvare loro la pelle (e quella dei Palestinesi).

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