Cos’è la psicopatia?

“I tratti che caratterizzano la personalità psicopatica — egocentrismo, impulsività, irresponsabilità, tendenza alla manipolazione e mancanza di empatia — appaiono legati a differenze sia strutturali che funzionali nelle aree cerebrali che modulano le emozioni e i comportamenti sociali” (Le Scienze, “Le alterazioni del cervello psicopatico”, 24 novembre 2011)

“I tratti che caratterizzano la personalità psicopatica — egocentrismo, impulsività, irresponsabilità, tendenza alla manipolazione e mancanza di empatia — appaiono legati a differenze sia strutturali che funzionali nelle aree cerebrali che modulano le emozioni e i comportamenti sociali” (Le Scienze, “Le alterazioni del cervello psicopatico”, 24 novembre 2011)

Gli psicopatici sono camaleontici, manipolatori, tendono a vedere nel prossimo una preda e in ciò che li circonda un mezzo e non un fine, sono guidati dalla necessità di dominare gli altri in un modo o nell’altro e di accumulare, ingoiare, spinti da un appetito inestinguibile…

Il resto dell’articolo (max 3 minuti di lettura) lo potete leggere su MEDIUM
https://medium.com/@stefano_fait/fenomenologia-della-psicopatia-39e0301711bc#.f8s6nkuir

Fragile, maneggiare con cura

• Secondo i neurologi la causa primaria della notevole differenza tra questi due cervelli è il modo in cui sono stati trattati dalle loro madri [e non dimentichiamoci delle responsabilità dei padri! NdT]

• Queste immagini sono scansioni del cervello di due bambini di tre anni

• Il cervello di sinistra è notevolmente più grande, ha meno macchie e meno aree scure rispetto a quello di destra.

La premura di una madre non ha effetti solo emotivi, ma paga dividendi anche in termini di dimensioni del cervello del bambino e di facoltà empatiche, dicono gli scienziati.

In pratica un bambino “abbandonato” ha più probabilità di diventare uno sociopatico (ossia uno psicopatico indotto, che non lo era al momento del concepimento).

Professor Allan Schore, della UCLA, sostiene che se un bambino non viene trattato adeguatamente nei primi due anni di vita, ciò può avere un impatto fondamentale sul suo sviluppo.

Lo studio di psichiatri infantili e neuroscienziati della Washington University School of Medicine di St. Louis, ha verificato che per quei bambini che si trovano in età scolare e che hanno ricevuto l’affetto materno nei primi anni di vita hanno un cervello con un ippocampo più grande, una struttura chiave per l’apprendimento, la memoria e la risposta allo stress.

La ricerca è pubblicata on-line negli Atti della National Academy of Sciences.

http://www.dailymail.co.uk/health/article-2224393/Why-mothers-love-really-priceless-Shocking-scans-maternal-care-determine-size-childs-brain.html

articolo scientifico originale (ringrazio Elisabetta Curzel):
http://www.pnas.org/content/early/2012/01/24/1118003109

Viviamo nell’illusione (e chi lo sa ci manipola agevolmente)

a cura di Stefano Fait

Se le porte della percezione fossero purificate, tutto apparirebbe all’uomo come in effetti è, infinito.

William Blake -The Marriage of Heaven and Hell

Come si evince dall’immagine che segue, la nostra ricostruzione percettiva della realtà è pateticamente striminzita:

Come se ciò non bastasse, è pure autistica, ossia corrisponde solo alla configurazione della nostra consapevolezza soggettiva. Più semplicemente, non vediamo la realtà com’è ma come vogliamo vederla. C’è una realtà vera, una vita vera, là fuori e noi ci dobbiamo accontentare solo di ombre di simulacri. Ci troviamo, insomma, a diversi gradi di separazione dall’Essere:

“Nulla esiste finché non è misurato” (Niels Bohr, Nobel 1922).
“Un elettrone è una potenzialità immateriale finché non viene osservato” (Max Born, Nobel 1954).
“Se non sono disturbati dall’osservatore, gli elettroni non sono cose, non esistono nello spazio e nel tempo, la loro esistenza è meramente potenziale. Emergono in una condizione di esistenza reale ma provvisoria nell’atto di misurazione che è quindi un atto creativo” (Erwin Schrödinger, Nobel 1933).
“Per ciò che riguarda le particelle che costituiscono la materia, non sembra esserci alcuno scopo nel considerarle come composte di qualche materiale. Sono, in un certo senso, pura forma, nient’altro che forma; ciò che si manifesta di volta in volta in osservazioni successive è questa forma, non uno specifico frammento di materia” (ancora Erwin Schrödinger).
“Le più piccole unità di materia non sono, di fatto, oggetti fisici nel senso ordinario della parola; sono forme, strutture o, nell’accezione platonica, Idee, di cui si può parlare in modo non ambiguo solo nel linguaggio della matematica” (Werner Heisenberg, Nobel 1932).
“La gente pensa sempre che, quando si dice “realtà”, si sta parlando di qualcosa di chiaramente noto a tutti, mentre invece per me il più importante e più arduo compito del nostro tempo è lavorare alla costruzione di una nuova idea di realtà” (Wolfgang Pauli, Nobel 1945, lettera a Markus Fierz, 1948).
“Gli elementi costitutivi del mondo fisico sono quelli che chiamiamo eventi. Un evento non persiste e non si sposta come un pezzo di materia tradizionale: esiste semplicemente per un suo breve attimo e poi cessa” (Bertrand Russell, “L’ABC della relatività”).
“Se si era inizialmente creduto che nel corso del progresso delle scienze tutto ciò che è ‘trascendentale’ sarebbe stato progressivamente soppresso, perché in ultima analisi si poteva ricondurre tutto ad una spiegazione razionale, si dovette poi ammettere che il mondo materiale che per noi è così tangibile, si dimostra invece sempre più simile ad apparenza e si dissolve in una realtà che non è fatta di cose e di materia, ma di forme che predominano. […] La fisica quantistica ci ha confermato ancora una volta che la nostra esperienza scientifica, la nostra conoscenza del mondo, non rappresenta la realtà ultima ed intrinseca, qualunque significato si voglia attribuire a queste espressioni” (Hans-Peter Dürr, fisico nucleare e quantistico tedesco, 1986).
“Se l’universo è vivo, le emozioni possono avere un significato cosmologico” (Shimon Malin, fisico teorico, Colgate University, 2011).
Infine, una riflessione di un biochimico belga, Christian De Duve, Nobel per la medicina nel 1974:
“Ora sappiamo che l’immagine del mondo offerta dai nostri organi di senso, che pure funziona perfettamente nella vita di ogni giorno, ha poco a che fare con la realtà. Ciò che ci sembra solido e impenetrabile è perlopiù vuoto […]. Di conseguenza, la nostra definizione intuitiva della materia è completamente distorta dai filtri che i nostri organi di senso interpongono fra un oggetto e noi. Si tratta di una definizione essenzialmente pragmatica, basata sul genere di informazioni che si sono rivelate più utili nella ricerca del cibo, nella lotta contro i predatori e per il successo riproduttivo. Come strumenti di conoscenza, queste informazioni sono quasi prive di valore” (De Duve, 2002, pp. 292-293).
Cosa significa tutto questo? Significa che l’elettrone esiste solo come campo di potenzialità, potenzialità di diventare una cosa (o per meglio dire un evento), con certe proprietà che possono essere misurate. Solo l’atto di misurazione trasforma il potenziale in effettivo. Protoni e neutroni, che formano l’atomo, assieme agli elettroni, si comportano allo stesso modo. Questi sono gli elementi costitutivi della materia che forma tavoli, sedie, libri ed esseri viventi. Continuiamo a chiamarli particelle anche se non lo sono, per mancanza di un termine migliore. Sono eventi: ergo, solo la coscienza dell’osservatore rende reale ciò che non lo è (Malin, 2011).
Ciò vale per gli atomi come per ogni elemento della realtà che vediamo. Questa conclusione alla quale sono giunti molti dei fondatori della fisica quantistica è in linea non solo col buddismo e con il neo-platonismo, ma anche con il pensiero di David Hume e George Berkeley – “esse est percipi”: essere significa essere percepiti. Solo ciò che è percepito è reale. Non sorprende quindi che Werner Heisenberg, Albert Einstein, Wolfgang Pauli, Arthur Eddington, Alfred North Whitehead, David Bohm ed Erwin Schrödinger fossero affascinati dal neoplatonismo, dal pitagorismo, o dal buddismo; per loro i determinismi potevano essere trascesi. Pauli, nelle sue conversazioni con Jung, ipotizzava addirittura che gli archetipi potessero strutturare la materia. Se la psiche e la materia sono un’espressione di un ordine retrostante, comune ed obiettivo, allora l’archetipo è come uno specchio che si manifesta come riflesso nella psiche e nella materia. Ciascuno si deve perciò assumere la responsabilità di ciò che crea ad ogni livello (Gieser, 2005).
Ma anche se ignorassimo questa branca della fisica e continuassimo a credere all’interpretazione materialista-riduzionista della realtà, resta il fatto che la materia è fatta di atomi e gli atomi sono virtualmente vuoti (al 99,9 periodico percento), tanto che se si togliesse lo spazio tra elettroni e nucleo la Terra si ridurrebbe ad una palla da baseball. Un altro esempio: se un atomo fosse grande come il Meazza, il nucleo sarebbe più piccolo di un pisello a centro campo. Dunque la tastiera con cui scrivo queste parole è sostanzialmente vuota, come chi scrive, come ciascuno dei lettori. Il mio fondoschiena non è a contatto con una sedia ma è sostenuto, nel vuoto, dalla resistenza elettromagnetica alla compressione degli elettroni (le particelle con la stessa carica si respingono).
Anche il granito delle nostre montagne è vuoto. Se lo percepiamo come “granitico” è solo perché i nostri sensi non ci consentono di cogliere la natura quasi illusoria della materia. I nostri sensi sono materiali e quindi accettano l’illusione di solidità di ciò che li circonda, che è prodotta dal moto rapidissimo delle particelle atomiche, allo stesso modo in cui i raggi di una ruota di bicicletta che gira sembrano formare un solido ed uniforme disco di metallo, sebbene la ruota sia in gran parte vuota. 
Dunque, se persino ciò che il nostro cervello percepisce come indiscutibilmente solido, pieno, stabile, permanente, tangibile, ecc. non lo è, risulta ancor meno sensato badare a quegli spettri impalpabili ed evanescenti che sono i nostri spauracchi e i nostri idoli e miti, tutto ciò che abbiamo inventato per riuscire a soddisfare il nostro duplice bisogno sado-masochista di venerare noi stessi e contemporaneamente prostrarci. Queste finzioni sono ombre o riflessi delle interazioni umane. Il mondo reale non è una collezione di oggetti e la questione dell’identità, dell’essere identici a se stessi, dell’essere vivi, corporalmente, non ha alcun senso. Ogni evento è reale e unico, separato e distinto da ogni altro. Non esiste alcuna entità che rimanga identica da un momento all’altro, il mondo è sempre nuovo, non si muore mai veramente. Panta rei, tutto scorre, come dicevano i Greci ben prima di Eraclito, al quale l’aforisma è stato erroneamente attribuito.

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