Gli OGM uccidono: è un fatto.
27 settembre 2012 a 09:16 (Salute)
Tags: agricoltura, Bayer, biodiversità, Bruxelles, cancro, Coldiretti, colture transgeniche, Commissione europea, erbicidi, esperimenti clinici, fegato, ghiandole mammarie, Gilles-Eric Seralini, governo francese, governo italiano, mais geneticamente modificato, mais transgenico, Monsanto, mortalità, OGM, opposizione, organismi geneticamente modificati, parassiti, pesticidi, piante transgeniche, reni, resistenze, rischi, Roundup, Russia, Seralini, stati-nazione, superparassiti, topi da laboratorio, tossicità, tumori, Unione Europea
Quando si auspica il superamento dell’istituzione Stato, si dovrebbe considerare anche che le autorità europee – non elette – hanno dimostrato a più riprese di essere molto sensibili al lobbismo delle multinazionali euro-americane. In questo, come in altri casi, sono stati i governi nazionali di Italia e Francia a proteggere i loro cittadini dall’avidità ed irresponsabilità degli amministratori delegati – non eletti – delle grandi imprese transnazionali. E l’hanno fatto sfidando le decisioni di Bruxelles, che solo a causa di queste resistenze ha accettato di considerare l’ipotesi di una “maggiore flessibilità” concessa ai Paesi dell’Unione che vogliano limitare o vietare la coltivazione di OGM nel loro territorio.
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Superparassiti (erbacce ed insetti) evolutisi per aggirare le “difese” del mais geneticamente modificato della Monsanto ora sono inarrestabili. Questo stesso articolo riporta i risultati di studi clinici canadesi ed italiani che dimostrano la tossicità per gli esseri umani degli OGM
http://www.npr.org/blogs/thesalt/2011/12/05/143141300/insects-find-crack-in-biotech-corns-armor
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Qui una rassegna delle dozzine di ricerche specialistiche che documentano le conseguenze impreviste degli OGM:
http://natureinstitute.org/nontarget/report_class.php
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“Tumori plurimi così grandi da formare protuberanze visibili e palpabili e forte incremento della mortalità: sono le conclusioni di uno studio choc sulla tossicità degli Ogm realizzato dai ricercatori dell’Università di Caen, nel nord della Francia, su 200 topi.
In particolare lo studio, condotto nella massima segretezza per evitare intercettazioni telefoniche e pressioni, ha valutato gli effetti tossici di un mais transgenico e di un erbicida molto diffuso, il Roundup, prodotti dal gigante americano Monsanto. Pronta la reazione del governo francese che ha annunciato “misure urgenti”. “Per la prima volta al mondo si è studiato sul lungo termine l’impatto sulla salute di un Ogm e di un pesticida, cosa che non era mai stata fatta dai governi e dalle industrie. I risultati sono allarmanti”, osserva il coordinatore del rapporto, Gilles-Eric Seralini, ricercatore di biologia fondamentale e applicata all’Università di Caen, e autore del libro, ‘Tous cobayes’ (Tutte cavie), pubblicato in queste ore.
“Le conclusioni del nostro rapporto – prosegue Seralini – dimostrano un effetto tossico del mais transgenico e del Roundup sull’animale e ci portano a pensare che (queste sostanze, ndr.) siano tossiche anche per l’uomo. Diversi test che abbiamo effettuato su cellule umane vanno nella stessa direzione”. E aggiunge: “dallo studio emerge che anche a piccole dosi, l’assorbimento a lungo termine di questo mais, così come del Roundup, agisce come un veleno potente e molto spesso mortale, i cui effetti colpiscono prioritariamente i reni, il fegato e le ghiandole mammarie“.
Durante l’esperimento i ricercatori di Caen hanno ripartito i 200 topi-cavie in tre gruppi alimentandoli per due anni rispettivamente con mais Ogm NK603, Mais Ogm trattato al Roundup, e mais non Ogm trattato con l’erbicida. Rispetto a un altro gruppo di topi-campione, non alimentato con l’Ogm e il pesticida, il primo topo-cavia è morto un anno prima e al 17/o mese di esperimento si è osservato che i topi alimentati con gli Ogm hanno una mortalità di cinque volte superiore rispetto agli altri.
“I risultati mostrano un tasso di mortalità più rapido e più elevato quando vengono consumate le due sostanze incriminate (mais e Roundup, ndr.). Nei tre gruppi i ricercatori hanno constatato una mortalità da due a tre volte superiore nei topi femmina e la comparsa di tumori nei topi di entrambi i sessi fino a tre volte maggiore.
Lo studio ha suscitato vive reazioni. Il governo francese sta valutando l’attuazione di “misure urgenti” e il ministro dell’Agricoltura, Stephane Le Foll, ha chiesto che vengano attuate procedure di omologazione degli Ogm in seno all’Ue “molto più strette”. La Commissione europea ha subito chiesto che il rapporto sia sottoposto all’Agenzia per la sicurezza alimentare (Efsa), mentre il vicepresidente della commissione agricoltura, José Bové, ha richiesto all’Ue la sospensione immediata delle autorizzazioni per la coltivazione di mais geneticamente modificato. Per la Coldiretti i risultati dello studio “rafforzano la scelta dell’Italia di vietare le coltivazioni di organismi geneticamente modificati nel rispetto del principio di precauzione”.
La ricerca francese potrebbe riaprire la discussione sulla tesi finora sostenuta ufficialmente da Bruxelles, ovvero che i prodotti transgenici finora esaminati siano innocui. Una tesi che però è già stata contestata da alcuni Paesi, come è il caso della Francia dove è stata adottata una clausola di salvaguardia per impedire la coltivazione del Mon 810 sul suo territorio”.
“Il Governo francese ha attaccato lunedì scorso Monsanto anche per gli effetti degli ogm, ed in particolare di quelli del mais geneticamente modificato MON810 che non sembra si limiti a minacciare la biodiversità delle colture, ma pare contempli “rischi significativi per l’ambiente e la salute”, ha fatto sapere il ministero dell’Ambiente francese in una nota. Notizia confermata anche dai risultati pubblicati recentemente sulla rivista International Journal of Biological Sciences che parlano di grossi danni agli organi dei mammiferi provocati proprio da un noto mais ogm della Monsanto diffuso per la sua fama di essere resistente alla siccità.
Così, anche in seguito al blitz di due settimane fa all’interno del centro di ricerca della Monsanto a Trèbes-les–Capucins di alcuni attivisti No-Ogm, che avrebbero trovato sacchi di mais MON810 trattati con il Poncho 2, un potente pesticida prodotto da Bayer (già sotto accusa per la moria di api), il ministro delle Politiche Agricole Bruno Le Maire e quello dell’Ecologia Nathalie Kosciusko-Morizet hanno confermato la moratoria indetta quattro anni fa per la coltivazione del mais della controversa azienda. Una decisione in netta contrapposizione con il parere negativo espresso lo scorso novembre dalla Corte suprema francese, in linea con la Corte di Giustizia europea, secondo le quali “non c’è alcuno studio che possa provare che gli ogm siano rischiosi”.
Non si è fatta attendete la replica della Monsanto che dopo aver dichiarato che “dal 2008 ad oggi, non ha venduto né sperimentato colture ogm in Francia in quanto i suoi stabilimenti potevano solo stoccare ed imballare sementi geneticamente modificate e convenzionali da destinare all’esportazione” ha in ogni caso annunciato che intende lasciare la Francia e l’Europa “per il clima di accesa opposizione da parte dell’opinione pubblica francese verso l’introduzione degli ogm”.
La Russia, sulla base dello studio francese, ha deciso di bloccare l’importazione di mais geneticamente modificato targato Monsanto:
http://rt.com/business/news/russia-monsanto-corn-ban-005/
La famigerata Commissione Trilaterale esce allo scoperto sulla Grande Coalizione
29 aprile 2012 a 11:20 (Controrivoluzione e Complotti, Verità scomode)
Tags: Bill Clinton, Bocconi, Bruxelles, Carlo Secchi, Carlo Tecce, Cina, Club Bilderberg, Commissione Trilaterale, complotti, complottismi, Corrado Passera, cospirazioni, David Rockefeller, Enrico Tomaso Cucchiani, FIAT, Henry Kissinger, Intesa, Italcementi, Jimmy Carter, John Elkann, Lorenzo Ornaghi, Lucas Papademos, Marco Tronchetti Provera, Mario Monti, Marta Dassù, Mediaset, Monti, Papademos, Pirelli, Romano Prodi
Le idee della Commissione Trilaterale possono essere sintetizzate come l’orientamento ideologico che incarna il punto di vista sovranazionale delle società multinazionali, che cerca di subordinare le politiche territoriali a fini economici non territoriali.
Richard Falk (Emerito, Princeton), “A New Paradigm for International Legal Studies”, The Yale Law Journal (Vol 84, no. 5, April 1975)
Carlo Tecce (Fatto Quotidiano) intervista Carlo Secchi.
“Vuol sapere un segreto?”, dice Carlo Secchi con la voce impastata durante un’ora di colloquio a murare domande e tramandare leggende. La Commissione Trilateral, origine americana e desideri di tecnocrazia, dollari e diplomazia, maneggia sapientemente i segreti. Secchi è il presidente italiano, nonché ex rettore all’Università Bocconi e consigliere d’amministrazione di sei società quotate in Borsa tra cui Italcementi, Mediaset e Pirelli: “Quando il nostro reggente europeo Mario Monti ha ricevuto l’incarico dal Quirinale, e stava per formare il governo, noi eravamo riuniti: curiosa coincidenza, non l’abbiamo scelto noi”. Questo è un tentativo di respingere i complotti che inseguono la Commissione.
Monti premier, promosso o bocciato?
La Trilateral guarda l’Italia con grande interesse. Tutti sono contenti e ammirati per il lavoro di Mario Monti. È inevitabile che ci sia un’ottima considerazione del premier, che è stato un apprezzato presidente del gruppo europeo.
Prima osservava e giudicava, ora è osservato e viene giudicato.
Ovviamente i princìpi di fondo – su economia, finanza, riforme, bilancio, sviluppo – sono ancora condivisi. Mario non li ha rinnegati: c’è continuità fra il Monti in Commissione Trilateral e il Monti a Palazzo Chigi.
È un fatto positivo. Non è l’unico che passa per le nostre stanze: da Jimmy Carter a Bill Clinton, da Romano Prodi fino al greco Lucas Papademos.
Cos’è la Trilateral?
Una storia di quarant’anni, a breve onoreremo l’intuizione del banchiere David Rockefeller e le visioni di Henry Kissinger. Avevamo una struttura tripolare che rispettava i poteri di un secolo fa: americani, canadesi e messicani; l’Europa democratica, cioè occidentale; Giappone e Corea del Sud. Adesso ci spingiamo verso i paesi orientali, quelli più rampanti: India e Cina, Singapore e Indonesia. Siamo una specie di G-20 allargato. La Croazia è l’ultima ammessa.
Che ruolo giocate?
Favorire il dialogo su temi di carattere economico e geopolitico. Vogliamo coniugare l’interesse fra le istituzioni e gli affari.
Bella definizione, teorica però. Chi seleziona i componenti?
Siamo divisi in gruppi continentali e nazionali con un numero limitato. In Europa non possiamo superare i 200 membri, mentre in Italia siamo 18. Posso citare, per fare un esempio, Marco Tronchetti Provera (Pirelli), Enrico Tomaso Cucchiani (Intesa), John Elkann (Fiat). Io sono entrato come rettore della Bocconi.
Chi si dimette fa un nome per la successione, ma si cercano figure simili. Soltanto un banchiere può sostituire un banchiere.
Il nostro disegno è quello di contenere la società italiana: professori universitari, esperti militari, ambasciatori, imprenditori, politici, giornalisti. Ci vediamo due volte all’anno con vari argomenti da approfondire e cerchiamo di trovare una soluzione. Lanciamo idee.
E chi le raccoglie?
Ciascuno di noi ha un collegamento con le istituzioni. Il nostro presidente può chiedere un incontro con i commissari europei.
Noi elaboriamo proposte, non facciamo pressioni. Non votiamo mai per un nostro piano, discutiamo, punto.
Differenze con il Club Bilderberg?
Le nostre porte sono più aperte, c’è un profondo ricambio generazionale. A volte si può assistere ai dibattiti, invitiamo personalità a noi vicine, ma con un divieto assoluto: non è permesso riportare dichiarazioni all’esterno. Questo serve a garantire la nostra libertà.
C’è tanta massoneria fra di voi?
Personalmente non me ne sono accorto, può darsi che qualcuno dei membri maschi sia massone. Non c’è nulla, però, che rimandi a una loggia. Più che i grembiulini, noi indossiamo una rete: è chiaro che, avendo numerosi contatti sparsi ovunque, ci si aiuti a vicenda.
Come influenzate i governi?
Soltanto in maniera indiretta, non abbiamo emissari, non siamo un sindacato né un partito. Non mi piace il verbo influenzare.
Ma non posso negare che le nostre conoscenze siano ampie.
Scommettete contro l’Euro morente?
Non posso portare fuori il pensiero interno alla Trilateral. Posso raccontare spezzoni, elementi messi insieme durante l’ultima assemblea di Tokyo. Quando ragioniamo sull’euro ci rendiamo conto che siamo di fronte a una creatura incompiuta e quindi consigliamo un mercato europeo comune, non soltanto una moneta.
Previsioni?
La Cina è un chiodo fisso, a Tokyo è stata protagonista. Cina vuol dire crescita e integrazione, e il timore che quel mezzo potentissimo possa rallentare. Invece gli americani si sentono tranquilli, ma credono che l’Europa sia un po’ lenta a risolvere i suoi problemi e sono molto insoddisfatti di Bruxelles.
Meglio i tecnici o i politici al governo?
Ci sono tecnici ad Atene e Roma.
Papademos e Monti, due ex illustri esponenti della Trilateral.
Il prossimo modello, forse anche in Italia, sarà una coalizione trasversale come in Germania. Poi cambia poco se i ministri saranno o no dei partiti.
Quali sono i vostri amici nel governo italiano?
Oltre a Monti e al sottosegretario Marta Dassù (Esteri), per motivi professionali, dico i ministri Lorenzo Ornaghi (Cultura) e Corrado Passera (Sviluppo economico).
La Trilateral è potente perché misteriosa?
Siamo semplicemente una rete forte, la migliore al mondo. Non prendiamo direttamente decisioni importanti, ma ci siamo sempre nei momenti più delicati. Jimmy Carter non è diventato presidente perché era il capo americano: una volta alla Casa Bianca, però, sapeva di avere un gruppo di persone con cui consigliarsi“.
Carlo Tecce
Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it
26.04.2012
http://shop.ilfattoquotidiano.it/2012/04/26/noi-della-trilateral-contenti-di-monti/
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=43172
C’è chi dice no alla manifestazione per l’autonomia (e ha buone ragioni per farlo)
10 marzo 2012 a 09:07 (Resistenza e Rivoluzione, Stati Uniti d'Europa, Verità scomode)
Tags: autonomia, autonomismo, Bruxelles, buon viso a cattivo gioco, Contro i miti etnici, Dellai, establishment, Ferrandi, l'unione fa la forza, letargia civica, magnadora, manifestazione, miti etnici, mobilitazione popolare, Monti, nazisti, piazza, Piergiorgio Cattani, Putin, Roma, Schelfi, Schuetzen, Trentino, tutti per uno uno per tutti
Piergiorgio Cattani dice cose molte giuste e scrive un articolo davvero molto bello, ma resto convinto della bontà della mia scelta per le seguenti ragioni.
I Trentini, da sempre, tendono alla letargia civica: si mobilitano solo nelle grandi emergenze e se le autorità li chiamano a farlo, e spesso neanche allora (il che non è necessariamente un male, dipende dalle circostanze: es. se sei alleato dei nazisti).
L’establishment locale sa che la nostra autonomia è a rischio, sa che a Bruxelles e a Roma non è vista di buon occhio. I Trentini non l’hanno ancora capito. Non credo che tutti i manifestanti di oggi siano simpatizzanti degli Schuetzen o della Trentinità etnicamente declinata e non credo che, manifestando, farò un favore a quel tipo di ideologia. La situazione richiede una mobilitazione popolare e io vi partecipo, con le mie idee e con la mia sensibilità, accettando che assieme a me vi siano persone con idee diverse e sensibilità diverse: abbiamo un obiettivo comune ed è giusto unirsi per essere più forti.
Ecco comunque il pezzo di Cattani.
“Andare in piazza o meno? Così avranno pensato molti politici trentini nel decidere se aderire o meno alla manifestazione per l’autonomia di sabato. Alla fine ci saranno tutti, nella più classica ammucchiata in cui l’importante è esserci per farsi un po’ notare: tutto il resto viene messo in subordine. Anche chi non ci sarà però finirà nello stesso calderone della propaganda opposta. Sarà additato come il perenne arrabbiato, come l’esibizionista che, appunto per farsi un po’ notare, preferisce andare contro le sue stesse idee: speriamo almeno che non sia considerato un nemico del Trentino. La manifestazione per l’autonomia può anche andare bene in termine di numeri, ma sicuramente non sortirà alcun cambiamento di immagine e di sostanza. Ci sono molte ragioni per non partecipare a un evento di questo genere.
In primo luogo per il contesto in cui questa idea è nata. Nei mesi scorsi il Trentino è stato vittima della periodica ondata di attacchi all’autonomia da parte di quotidiani nazionali. Di qui interviste infuocate del Presidente Dellai affinché le sortite del nemico fossero rintuzzate da una milizia popolare in grado di affrontare valorosamente le più numerose schiere altrui. Insomma bisognava andare in piazza. “Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte, il Trentino chiamò”. Però citare l’inno d’Italia è proprio sbagliato in questo contesto, come pure sarebbe l’inno del Trentino quando parla di “italico cuore, italica mente”.
No, nella manifestazione di sabato c’è tutto un corredo di nostalgie improponibili, di difesa dell’autonomia stile Schützen, di identità pantirolese fuori dal tempo. Infatti all’auspicio dellaiano hanno risposto i giovani del PATT e quei settori più localisti e antimoderni che albergano nella nostra provincia. È bene che il “sacro furore” di certa gente sia contenuto, non alimentato dalla politica. Parteciperanno esponenti di varie sensibilità ma ciò non toglie nulla alla piattaforma ideologica sottostante. Quella di un autonomismo che guarda poco al futuro che crede di andare avanti ricordando il passato ed immergendosi in esso. All’esterno questa manifestazione non apparirà. Ne parleranno i giornali nazionali? Non credo. Cambierà qualcosa nella delicata trattativa tra Provincia e governo Monti? Difficile pensarlo. Come sempre avviene, queste manifestazioni sono ad uso interno. Si chiama alla mobilitazione immaginando un nemico esterno perché si è in difficoltà con la propria politica interna. Un classico, soprattutto nei regimi autoritari.
Veniamo qui alla seconda ragione per non andare in piazza. Questa manifestazione denota un basso livello di democrazia nel nostro Trentino. L’incontro di domani è stato ideato, voluto e sostenuto dalla Provincia Autonoma. È una manifestazione di “regime”, nel senso di establishment, di potere al governo. Appare risibile quando i politici parlano di “manifestazione spontanea”. Sarebbe come dire che Putin non c’entra niente con i cortei in suo favore. Probabilmente Dellai non ha fatto telefonate organizzative. Ma tutta l’istituzione si è mossa con lettere ripetute, con spot televisivi, con pressioni sugli amministratori. Bisogna esserci, vieni tu che vengo anch’io. Questa non è coesione, non è compattezza dietro la bandiera autonomistica. No, è semplicemente un far parte di una truppa sorvegliata a vista. Bisogna esserci, altrimenti non si sa mai. Questo è l’ordine tassativo venuto dall’alto. Per molti la convenienza, se non la paura, invita ad essere ben visibili in piazza. L’ideologia della “magnadora” non è lontana da questa impostazione. È incredibile che a questo appello (per usare un eufemismo) abbiano risposto all’unisono tutte le forze politiche di maggioranza e opposizione. Oggi però ci vorrebbero idee, non celebrazioni di una inesistente comunità autonoma.
I personaggi che si alterneranno dal palco probabilmente non condivideranno queste critiche. Anche non volendolo però reciteranno una parte in commedia. Ascolteremo critiche all’autonomia? All’uomo che ci rappresenta tutti? Non penso proprio. Anzi di fronte all’arrivo del nemico, la logica, la prudenza, la ragione impongono che il condottiero non si cambi. Bisogna stringersi invece intorno a lui.
Dato che qui in Trentino siamo fortunati e di consoli ne abbiamo due, Schelfi e Dellai, è bene mantenerli in sella. Ecco il vero messaggio della manifestazione di domani”.
http://ricerca.gelocal.it/trentinocorrierealpi/archivio/trentinocorrierealpi/2012/03/09/ANLPO_ANL01.html
L’Italia farà la fine della Spagna e la Spagna sta facendo la fine della Grecia e del Portogallo
7 marzo 2012 a 10:26 (Economia e Società)
Tags: 2011, alta finanza, austerità, autorità monetarie, banchieri, BCE, bond, bonds, bonos, Bruxelles, buoni del tesoro, contenimento della spesa pubblica, crisi, debito pubblico, decrescita, deficit, entrate fiscali, eurozona, governo Monti, indebitamento, Italia, mercati finanziari, Monti, pensioni, Portogallo, recessione, rendimenti, rendimento, risanamento, Spagna, spread, titoli di stato, UE, Unione Europea, Zapatero
a cura di jcassociati
“Con moderazione ma giustificata soddisfazione, la stampa finanziaria ha annunciato che dopo oltre sei mesi il rendimento dei titoli di stato italiani è tornato al di sotto di quello delle obbligazioni spagnole.
È evidente che questa circostanza rappresenta un’evoluzione molto positiva rispetto a solo poche settimane fa, soprattutto perché è stata raggiunta grazie ad un significativo calo dei rendimenti delle nostre obbligazioni.
Le operazioni di finanziamento a lungo termine della BCE hanno certamente contribuito in maniera sostanziale alla riduzione dei rendimenti, ma i titoli italiani ne hanno beneficiato in maniera enormemente maggiore rispetto a quelli spagnoli (per non parlare poi dei portoghesi).
Il merito va certamente all’azione del nuovo governo, che ha ridato fiducia ai mercati attraverso l’approvazione di importanti riforme, che aiuteranno il paese a tornare al pareggio di bilancio nel 2013, iniziando così un percorso “virtuoso” di rientro dell’indebitamento.
Tutto bene quindi? Può darsi.
Noi però abbiamo (forse) la memoria un po’ più attenta di tanti giornalisti e analisti, o forse ci piace fare l’avvocato del diavolo, e siamo andati a ripescare le motivazioni che, circa un anno fa, fecero iniziare un movimento inverso a quello attuale, con i rendimenti dei bond spagnoli in forte discesa rispetto a quelli italiani.
Allora, erano i mesi di marzo e aprile 2011, il governo Zapatero passò una serie di riforme, tra cui quelle delle pensioni e del contenimento della spesa pubblica (vi ricorda qualcosa?). I mercati finanziari apprezzarono, indicando la Spagna come un esempio da seguire per la serietà e l’impegno con i quali si stavano perseguendo gli obiettivi di risanamento. Proprio in quei mesi iniziò il movimento a ribasso dei rendimenti spagnoli, che li portò a fine 2011 di quasi 2 punti percentuali (sulle scadenze decennali) al di sotto di quelli italiani.
Cosa è cambiato quindi nei primi due mesi del 2012?
Oltre alla percezione nettamente migliorata sull’Italia, due “tegole” si sono abbattute sulla Spagna: la prima riguarda i dati di deficit di bilancio decisamente peggiori delle attese, sia per il consuntivo 2011 che per la previsione del 2012. Oltre a ciò il “vicino” Portogallo sembra avviarsi verso un “avvitamento” della propria posizione finanziaria in stile Grecia, con dati di deficit nettamente peggiori delle attese. Va sottolineato che anche il Portogallo aveva approvato nel corso del 2011 misure drastiche di austerità e risanamento, tanto da meritarsi il plauso delle autorità europee e del Fondo Monetario Internazionale.
È accaduto che nei paesi iberici, l’implementazione delle riforme di austerità durante una fase di generale difficoltà economica, ha creato i presupposti per una recessione più profonda delle attese; quindi meno entrate fiscali e deficit più elevati.
In un certo senso, le stesse riforme che avevano “convinto” i mercati nel 2011, hanno contribuito al peggioramento dei conti pubblici di Spagna e Portogallo invertendo la percezione e la propensione degli investitori.
La storia non si deve necessariamente ripetere, ma le similitudini tra il percorso intrapreso dalla Spagna un anno fa e quello iniziato dal governo Monti tra fine 2011 e inizio 2012 sembrano davvero numerose.
Come cittadini italiani auguriamoci che l’Italia non segua lo stesso percorso della Spagna, come investitori però non possiamo non sottolineare il rischio che la “luna di miele” tra gli investitori e i titoli di stato italiani iniziata a gennaio, potrebbe avere basi meno solide rispetto a quanto molti danno per scontato”.
Perché il 10 marzo sarò in piazza per l’autonomia (sintesi)
7 marzo 2012 a 09:23 (Controrivoluzione e Complotti, Resistenza e Rivoluzione, Stati Uniti d'Europa, Territoriali#Europei, Verso un Mondo Nuovo)
Tags: Alto Adige, austerità, autodeterminazione, autonomia, autonomismo, autoritarismo, Bruxelles, consumi, deficit, Dellai, demagogia, democrazia, diritti civili, diritti costituzionali, diritti umani, Durnwalder, eurozona, Grande Coalizione, Greci, Grecia, libertà, Michele Nardelli, mito del progresso, Monti, municipalismo, Nardelli, Panizza, paternalismo, piccolo è bello, populismo, progresso, regionalismo, statalismo, Stati Uniti d'Europa, tecnocrazia, Trentino, Unione Europea
di Stefano Fait
Il precedente post su questo argomento era troppo lungo:
https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/03/06/il-10-marzo-si-fa-la-storia-a-piccoli-passi/
L’ho sintetizzato perché è importante che siano chiare le mie motivazioni, che mi auguro siano ampiamente condivisibili e condivise.
Sarò anch’io in piazza a celebrare l’autonomia, il 10 marzo.
Questo per due ragioni.
La prima è la condivisione del progetto ventilato da Michele Nardelli e da altri di “fare del Trentino un laboratorio permanente per la risoluzione dei conflitti nazionali e territoriali attraverso l’autogoverno come paradigma post-nazionale”.
La seconda ragione si è imposta ascoltando le parole di due parlamentari italiani, entrambi fautori di una Grande Coalizione a sostegno della ricandidatura di Monti nel 2013. La definivano un’Alleanza dei Responsabili, contrapposta a “tutti gli altri” (sic!), bollati come “populisti” e “demagoghi”. Mi ha particolarmente colpito una frase: “Non si può andare contromano su un’autostrada. Se il mondo va in una certa direzione, dobbiamo fare lo stesso”.
I due parlamentari dichiarano che esiste un unico modello di sviluppo possibile e che chi non lo condivide è un irresponsabile, proprio in una fase storica in cui le magagne del sistema sono dolorosamente sotto gli occhi di tutti ed è sempre più chiaro che il nostro stile di vita deve essere negoziabile, per il bene nostro e delle generazioni a venire.
Quel che è peggio è che s’intravede, alla radice, l’idea che il dissenso dei cittadini e delle comunità locali sia sempre e comunque espressione di un interesse particolare nocivo al bene comune e che i progetti del potere centrale siano al contrario sempre guidati da una prassi decisionale efficace, rapida e pragmatica che privilegia razionalità, disciplina ed assenza di sentimentalismi, preconcetti e pregiudizi.
Viene così a mancare la cultura tipicamente democratica della gestione del conflitto e della pluralità, fonte di creatività, innovazione, miglioramento, autocritica, graduale maturazione della società civile. Si prospettano, al contrario, energici disciplinamenti della popolazione e dei governi locali.
Alla luce di quanto detto, la manifestazione di sabato 10 marzo in piazza Battisti a Trento in difesa dell’autonomia potrebbe avere un significato molto importante, forse perfino epocale e voglio esserci anch’io.
“Tav subito o sarà troppo tardi” (martedì 15 ottobre 1991)
4 marzo 2012 a 09:44 (Verità scomode)
Tags: 1991, 2012, Alta Velocità, Bruxelles, confindustria, crescita, economia, grandi opere, La Stampa, Moncenisio, no-Tav, Pininfarina, saturazione, Tav, Torino-Lione, Val di Susa