Se ami la scienza, emancipala dall’ateismo/materialismo

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L’Universo è immateriale – mentale e spirituale. Vivetelo e godetevelo.

Richard Conn Henry, fisico, Johns Hopkins University, NATURE, Vol 436, 7 July 2005

http://henry.pha.jhu.edu/The.mental.universe.pdf

Credo che soddisfino i requisiti standard di validità di un’affermazione ordinaria, ma sono insufficientemente convincenti per un’affermazione straordinaria.

Richard Wiseman, il mastino degli “scettici”, ammette che i fenomeni parapsicologici sono reali ma, arbitrariamente, non li considera scientificamente dimostrati

http://en.wikipedia.org/wiki/Talk%3ARemote_viewing

La Terra non può che essere al centro dell’universo = la mente non può essere altro che il cervello

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Io sono panenteista (non panteista), come Pitagora, Plotino, Whitehead, ecc. (e credo anche Gesù e Origene, uno dei padri della Chiesa ripudiati)

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/08/26/il-mondo-non-starebbe-meglio-senza-gli-umani/

http://www.mb-soft.com/believe/txc/panenthe.htm

http://www.estropico.org/index.php?option=com_content&view=article&id=204:alla-f

Prima di tutto vorrei togliere di mezzo un grosso equivoco. Che io sappia, Richard Dawkins non ha mai detto che alla religione non dovrebbe essere accordato alcun rispetto o che la tolleranza della religione è parte del problema. È un laico e quindi, giustamente, riafferma il diritto di ciascuno di credere in ciò che vuole senza che lo Stato o chi per lui stabilisca se uno ha il dovere di essere ateo/noncredente o credente in qualcosa di specifico.

I credenti dovrebbero essere grati a tutti quelli che si battono per una società laica – incluso Dawkins –, perché una società laica è una società in cui si è liberi di scoprire se stessi e la realtà che ci circonda.

Non tutti gli atei/noncredenti militanti sono così illuminati e tolleranti. Alcuni, quasi sempre maschi, sembrano davvero infuriati, in cerca di capri espiatori e si comportano come i fondamentalisti che combattono, ad esempio descrivendo/concependo la società in senso dicotomico, come se esistessero solo due fazioni: i credenti e i non credenti, con questi ultimi che sono dalla parte del vero e del giusto e i primi che nascondono intenti tirannici.

Sono però in minoranza – o almeno questa è la mia impressione – e comunque nel pieno diritto di prendersela con chi vogliono, finché non violano la libertà altrui di professarsi credente, o semplicemente agnostico.

Non penso che potrebbero avere mai la meglio, se non altro perché l’influenza benefica della religiosità personale su salute mentale, benessere fisico, convalescenza, longevità, riuscita sociale (vita di coppia, relazioni interpersonali, ecc.) è abbondantemente documentata (Kenneth I Pargament [a cura di] APA Handbook of Psychology, Religion, and Spirituality, Washington, D.C. : American Psychological Association, 2013).

Inoltre la concezione degli esseri umani come entità meccaniche prive di libero arbitrio, il cui senso di sé è un’illusione e la cui coscienza è solo un epifenomeno, un effetto collaterale privo di senso, è una visione troppo tragica e fatalistica (se non nichilista) del destino umano. Per miliardi di persone, credo a buon diritto, continuerà a essere intollerabile: creare significati in un universo del tutto privo di un senso alto, è compito ingrato (i non-credenti si sentono eroici e in un certo senso hanno ragione, anche se a me pare sia un eroismo abbastanza futile) e non privo di pericoli.

La storia è davvero fin troppo piena di intellettuali che hanno giustificato ogni mostruosità e fanatismo sulla scorta del diritto alla sopravvivenza e affermazione di sé e del proprio gruppo di riferimento, o specie: si può fare tutto, purché la specie prosperi, anche, per esempio, terraformare/colonizzare altri pianeti [è del tutto plausibile che qualcuno che si considera la massima autorità nell’universo possa agire come se fosse fosse padrone dell’universo]?

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/06/22/la-verita-sulla-nostra-conquista-di-caprica/

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Il mondo di questi primi anni del 21° secolo sta lottando fieramente per liberarsi dal giogo del fondamentalismo, dell’interpretazione letterale delle scritture, e finora ha solo trovato un’alternativa, l’ateismo, che però risulta insoddisfacente e teoreticamente deludente, associato com’è a paradigmi scientifici antiquati (Newton, Maxwell, Darwin)

http://www.thegreatdebate.org.uk/DarwinDarwinitis.html

Retaggi di un’epoca in cui fisica e biologia sembravano molto più facilmente comprensibili e in una certa misura prevedibili. Questo prima dell’avvento di fisica quantistica, epigenetica, bioastronomia e studi della coscienza.

Ateismo e scientismo sembrano d’altronde combattere l’integralismo su un terreno antiquato, quello di un dio dell’età del bronzo (o medievale) che interessa davvero a pochi. Forse per questo le loro dispute sono in genere noiose e poco edificanti.

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Affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie” è un aforisma coniato (pare) da Marcello Truzzi, sociologo alla Eastern Michigan University, fondatore dello CSICOP, il CICAP americano. La cosa interessante è che in seguito Truzzi fu scacciato dallo CSICOP per aver chiesto che al suo interno fossero accolti anche studiosi seri del paranormale, in modo da poter confrontare le posizioni in maniera sistematica ed affinare le tesi.

Da quel momento si definì uno “zetetico” (volto alla ricerca della verità), perché considerava gli “scettici” come degli “pseudo-scettici” privi di velleità scientifiche, che si rifiutavano a priori di verificare le sperimentazioni nell’ambito del paranormale e che erano i principali responsabili dell’involuzione semplicistica del dibattito.

Un esempio tra i più noti è quello del confronto tra Stephan Schwartz, che sostiene di essere un “remote viewer” (una persona capace di vedere a grandi distanze, anche qualcosa che succede all’altro capo del mondo) e l’ateo militante Daniel Dennett che, sfidato a dimostrare che gli articoli sul remote viewing erano effettivamente fraudolenti e anti-scientifici scegliendone uno e discutendolo con lui, ha risposto: “non penserà che io legga roba del genere, vero?”

Queste sono le cose che facevano imbestialire Truzzi. È come se lo pseudo-scettico si auto-mutilasse il cervello pur di non “cadere in tentazione”, un atteggiamento inquisitoriale, non certo agnostico.

Come sostiene un mio caro amico: “l’ateismo è una posizione insostenibile perché parte da un assunto di fede esattamente analogo a quello del credente, per quanto specularmente opposto. L’agnosticismo è l’unica scelta razionale e di buonsenso”.

Truzzi la pensava come lui e morì disilluso nel 2003.

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In altre parole, la scienza è un metodo di indagine e un insieme di modelli di realtà in costante evoluzione. Come tale, è neutrale in relazione al piano metafisico. Non dovrebbe mai essere concepita come legata ad una specifica visione filosofica del mondo (es. materialismo).

Tra l’altro se, nel corso della storia, l’umanità si fosse rifiutata di considerare prove aneddotiche, vivremmo ancora nelle caverne.

Per questo è ragionevole ipotizzare che la scelta del non-credente senza se e senza ma sia di natura psicologica, non scientifica.

Può essere una scelta di ribellione ad un contesto familiare o scolastico soffocante, o all’assenza di una figura paterna importante (cf. Paul Vitz, “The faith of the fatherless”).

Può essere una scelta modaiola: oggi dirsi atei fa fico, fa “uomo di mondo”, fa adulto che non crede più a certe sciocchezze infantili.

Può essere una reazione inconsapevole al timore di una possibile vita dopo la morte, di un giudizio, di una prospettiva reincarnativa incontrollabile.

Può essere una necessità in un ambiente in cui non si è accettati o non si fa carriera se non la si pensa in un certo modo.

Sospetto che molti “atei” siano più intimoriti che rassicurati dall’evidenza empirica. Credono che le loro convinzioni si basino sull’evidenza empirica, ma in realtà si basano unicamente sul caparbio e perciò emotivo/irrazionale rifiuto di vagliarla.

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Sono tempi molto interessanti.

Dawkins è una di quelle figure che un giorno non sarà più ne venerata né odiata o disprezzata, ma apprezzata per i suoi sinceri sforzi di abbattere dogmi obsoleti, agendo, in parte, spinto da un autentico desiderio di rendere il mondo un posto migliore. Il suo contributo sarà riconosciuto in particolare da chi, come me, si augura che questo ariete possa spianare la strada a una teologia scientifica e a un rinascimento spirituale (cosa che lui certamente non auspica: si chiama “eterogenesi dei fini”).

Questa teologia scientifica ha preso forma già da alcuni decenni. Chi cerca sinceramente Dio lo può trovare anche nella scienza. Gli esempi sono innumerevoli: Max Planck, Werner Heisenberg, Erwin Schrödinger, Wolfgang Pauli, Arthur Eddington, Casey Blood, David Bohm, Amit Goswami, Shimon Malin, Eugene Wigner, Fritjof Capra, Richard Henry, Henry Stapp, Hans-Peter Durr, ecc.

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/10/03/fisica-paolina/

In assenza di un impulso teleologico, non pare davvero esserci alcuna ragione per cui, in un universo che tende all’entropia, cioè l’antitesi dell’ordine e della complessità, dalla materia debba emergere la coscienza, una forma superiore di ordine, enormemente complessa.

Se si scoprissero tracce di vita intelligente nel cosmo la cosa diventerebbe ancora più singolare.

Se le restrizioni autoimposte alla scienza in Occidente non cambieranno, la fiaccola della scienza del 21° secolo passerà nelle mani dei BRICS e succederanno molte cose eccitanti.

Certe persone hanno avuto l’opportunità di esperire un fenomeno per il momento inusuale: i normali confini della mente si allontanano e la persona ha una improvvisa, travolgente e ineffabile esperienza panenteistica della vera natura della realtà: tutte le cose sono collegate, l’universo è olografico, benevolo e propositivo, e dietro a tutto questo c’è una grande mente di cui siamo tutti frammenti.

La realtà è verosimilmente molto meno scettica degli “scettici” riguardo a quel che è e quel che può fare. Se ne fa un baffo della nostra nozione di “normale” e “paranormale”.

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In conclusione, il materialismo e il fondamentalismo religioso sono impegnati in una lotta per la sopravvivenza e si sostengono a vicenda combattendosi, per poter restare sotto le luci della ribalta, per restare rilevanti. Purtroppo per loro milioni di persone si sono accorte che queste visioni del mondo hanno superato la data di scadenza e che, pur con tutte le ingenuità, distorsioni, furbizie, manipolazioni, ecc. della New Age, qualcosa di nuovo e importante sta emergendo e non ci è ancora dato di sapere cosa sia.

Materialisti e fondamentalisti se ne staranno lì, ai margini del dibattito, con le loro bandiere, a difendere la teologia dell’età del bronzo e la scienza del diciannovesimo secolo, mentre il mondo procede oltre e li consegna alle curiosità museali.

Dunque non c’è bisogno di combattere gli uni o gli altri, a meno che non intendano dominare la scena: le loro rispettive visioni del mondo cadranno a pezzi nel giro di una generazione. Il tappo sta già saltando, grazie alla fisica/astrofisica, alla biologia, alle scienze cognitive, che stanno inoltrandosi sempre di più in un terreno in cui si realizza una stimolante sintesi di scienza e spiritualità, loro malgrado.

Quello è il futuro, loro sono il passato.

E se Gesù fosse veramente “risorto”? (Nagel contro il riduzionismo materialista)

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Thomas Nagel, uno dei massimi filosofi viventi, è ateo e ha dichiarato: “Voglio che l’ateismo sia vero e sono a disagio per il fatto che alcune delle persone più intelligenti e ben informate che conosco siano credenti. Non è solo che io non credo in Dio e, naturalmente, spero che le mie convinzioni siano corrette, è che mi auguro che Dio non esista. Non voglio che ci sia un Dio! Non voglio che l’universo sia fatto così [teleologico]”.

http://www.weeklystandard.com/articles/heretic_707692.html?nopager=1

TUTTAVIA…

Thomas Nagel conclude così i ringraziamenti in apertura del suo ultimo libro, “Mind and Cosmos: why the materialist neo-darwinian conception of nature is almost certainly false”: “Alla luce dell’eterodossia delle conclusioni, spero che questi ringraziamenti non siano presi come un’offesa”.

Il professore della New York University, tempio della cultura liberal e secolarizzata, ha sfidato frontalmente il pensiero dominante in ambito scientifico e filosofico. Nell’area delle credenze private tutto è concesso, “ma fra gli scienziati e i filosofi che si esprimono sull’ordine naturale come tale, il riduzionismo materialista è postulato come l’unica possibilità seria”. Ogni paradigma alternativo è un residuo della doxa o oppio per gli scienziati premoderni che vedono una tendenza verso l’ordine dove c’è soltanto scontro casuale di particelle senza qualità e selezione naturale; invocano una mente che avrebbe apparecchiato un cosmo intelligibile quando invece c’è soltanto una catena fortuita di eventi spiegabile senza uscire dall’ambito delle leggi fisiche. “Il riduzionismo psico-chimico è la visione ortodossa in biologia e ogni resistenza è considerata non soltanto come scientificamente scorretta, ma anche come politicamente scorretta. Per molto tempo ho trovato difficile da credere la versione materialista su come noi e gli altri organismi siamo arrivati all’esistenza, inclusa la versione standard dell’evoluzionismo. Più dettagli scopriamo sulla base chimica della vita e sulla complessità del codice genetico, più questa versione storica mi sembra incredibile”. Ancora: “Mi sembra che la presente ortodossia sull’ordine cosmico sia l’esito di premesse non dimostrate”.

[…].

Nagel anticipa le reazioni piccate che puntualmente sono arrivate: “I miei dubbi saranno considerati da molti oltraggiosi, ma questo succederà perché quasi tutti nella nostra cultura secolare sono stati costretti a considerare i dettami del riduzionismo come sacrosanti, sulla base del fatto che qualunque altra cosa non può essere considerata scienza”.

L’aggravante è che Nagel è un disertore. Un apostata dell’ateismo scientista. Era sul carro che portava gli eredi di chi ha vinto la guerra della modernità e improvvisamente è saltato giù. In “The Last Word” ha difeso con passione il proprio ateismo: “Voglio che il mio ateismo sia vero. Non voglio che ci sia un Dio”.

In “Mind and Cosmos” spiega che il suo scetticismo radicale attorno a quel materialismo che è la calce dell’edificio evoluzionista “non è basato su un credo religioso, o su un credo in qualunque alternativa definita. Credo soltanto che le evidenze scientifiche disponibili, malgrado il consenso delle opinioni scientifiche, in questa materia non ci impongano razionalmente di obliterare l’incredulità del senso comune. E questo è specialmente vero rispetto all’origine della vita”.

La forza che muove l’indagine di Nagel è il vecchio ideale filosofico di trovare “un singolo ordine naturale che unifica tutte le cose”, le montagne e l’origine della vita, i neuroni e la coscienza; quanto più il filosofo prende sul serio l’aspirazione verso il principio fondante, tanto più il dualismo cartesiano e il materialismo o l’idealismo mostrano i loro limiti. Con una differenza: Cartesio aveva in sostanza rinunciato alla ricerca di un ordine naturale unificante, mentre per poter offrire un modello credibile il materialismo ha dovuto “escludere la mente dal mondo fisico”: per sostenersi ha dovuto cioè restringere radicalmente il campo della sua indagine, accontentandosi di una “comprensione quantitativa del mondo, espressa in leggi fisiche formulate in modo matematico”. La fortuna della scienza galileiana e dell’evoluzionismo darwiniano è stata l’efficacia.

La riduzione materialista scompone i fenomeni e li analizza, spiega la biologia con la chimica e la chimica con la fisica, e il linguaggio matematico che unisce le scienze prevede e seziona l’esistente, ma soltanto a condizione di limitarsi a un “universo senza mente”.

Per non rovinare i calcoli la coscienza deve essere tenuta fuori dalla porta. Il governo americano difficilmente investirebbe 3 miliardi di dollari in uno studio su un paradigma epistemologico comprensivo per colmare le falle di Darwin e riconciliare il materialismo e l’emergere irriducibile e misterioso della coscienza, ma orgogliosamente spende 3 miliardi di dollari per mappare il cervello e “sbloccare il segreto dell’Alzheimer”, come ha detto il presidente Obama. L’indagine della scienza moderna produce risultati apprezzabili in termini materiali.

[…]

La risposta divina, dice, è oscura e si sottrae all’ambito naturale, ma prende sul serio la natura dell’universo più di quanto faccia il materialismo. “Qualunque cosa si pensi circa la possibilità di un ‘designer’, la dottrina prevalente, cioè che la nascita della vita dalla materia morta e la sua evoluzione attraverso i mutamenti accidentali e la selezione naturale fino alla sua forma attuale non sia scaturita da altro che dalle leggi fisiche, non può essere considerata inattaccabile. È un postulato che guida il progetto scientifico, non un’ipotesi scientifica confermata”.

Al filosofo americano nato a Belgrado la spiegazione in senso squisitamente materialista dell’universo è apparsa come una coperta troppo corta, una lente che mette a fuoco soltanto il primo piano e non coglie lo sfondo, almeno dai tempi di “Cosa si prova a essere un pipistrello?”, un classico della filosofia della mente apparso nel 1974.

Le leggi fisiche, chimiche e biologiche, sosteneva allora Nagel, non riescono a spiegare adeguatamente la coscienza, non esauriscono quella che lui chiama “esperienza soggettiva”. Carpire e tradurre in linguaggio matematico i processi attraverso cui il pipistrello esperisce il suo ambiente, conoscere in modo esaustivo la corteccia cerebrale e la catena di reazioni chimiche che ne determinano il funzionamento non ci dice nulla su cosa effettivamente si provi a essere un pipistrello. La coscienza cade fuori dalla portata dell’indagine materialista e, in mancanza di strumenti adeguati per esplorarla, viene bollata come un accidente, pura apparizione casuale che disturba l’irreprensibile concatenazione causale. Un mero “effetto collaterale” delle leggi fisiche. Notare: Nagel non sostiene che la mente e il suo “supporto” fisico siano distinti, non concepisce una coscienza instillata nell’uomo con un soffio divino e disgiunta dai neuroni e dalle sinapsi che la neuropsichiatria studia con zelo positivistico. Non rifiuta il naturalismo, rifiuta una concezione ridotta del naturalismo. E allo stesso modo non rifiuta la teoria dell’evoluzione, rifiuta il modello materialistico che quella teoria dell’evoluzione ha elevato a strumento inadeguatamente univoco per la comprensione della complessità dei fenomeni.

Proprio per questo il filosofo percepisce la bruciante necessità di una rifondazione della scienza. E’ qui che si squaderna la “open question” di Nagel, quella che ha fatto schiumare di rabbia i tedofori della scienza pura e “mindless” che si sono scandalosamente ritrovati sul banco degli imputati con l’accusa di aver adulterato la ragione, di averla ridotta con il pretesto di liberarla dai lacci di una teleologia superstiziosa e irriducibile alla pura fisica. Quella stessa ragione in nome della quale si sono battuti – e in nome della quale hanno vinto, almeno a livello dell’establishment accademico – per frantumare i detriti dell’oscurantismo portati dal fiume della storia. La domanda di Nagel suona così: quale principio unitario può spiegare l’esistenza della vita, degli organismi, dell’uomo, la sua evoluzione, la comparsa della mente, i desideri, i valori, l’intenzione senza uscire dall’ambito della natura e senza ridursi all’ambito della materia? Nagel non offre una risposta cartesianamente chiara e distinta – anche se gli argomenti teleologici abbondano e si trovano più somiglianze con l’impianto aristotelico-scolastico di quante l’autore sia disposto ad ammettere – ma il valore dirompente (e la vis polemica) del suo “Mind and Cosmos” è nella preparazione del terreno, nel raffinamento della domanda e nella scelta degli strumenti. “Se la biologia evoluzionista – scrive Nagel – è una teoria fisica, come è generalmente concepita, allora non può considerare la coscienza e altri fenomeni che non sono riducibili all’ambito fisico. Dunque se la mente è il prodotto dell’evoluzione biologica – se gli organismi con una vita mentale non sono miracolose anomalie ma una parte integrante della natura – allora la biologia non può essere una scienza puramente fisica. Si apre la possibilità di una concezione pervasiva dell’ordine naturale molto diversa dal materialismo, una concezione che mette al centro la mente, invece di considerarla soltanto un effetto collaterale delle leggi fisiche”. La visione materialista si incaglia sugli scogli della coscienza e per riprendere a navigare serenamente la deve “accidentalizzarla”: è solo un incidente di percorso.

[…].

“Mind and Cosmos” non è un trattato creazionista, ma una ricerca di quello che Tom Sorell chiama “monismo neutrale”, un principio per rendere ragione della natura che detronizzi le premesse riduzioniste dell’evoluzionismo riportandole al livello che compete loro. Paradossalmente il testo di Nagel può rendere a Darwin un servizio enormemente più valido di quello che offerto dai suoi più invasati seguaci, incastonando il darwinismo nell’ambito d’indagine che gli è proprio. “Mind and Cosmos” si conclude con una profezia ambiziosa almeno quanto la confutazione dalla quale muove il ragionamento: “Scommetto che l’attuale consenso scientifico nel giro di un paio di generazioni sarà considerato ridicolo. Anche se, certamente, potrebbe essere rimpiazzato da un nuovo consenso altrettanto debole”.

Quello di Nagel è un invito ad allargare la ragione per inquadrare in tutto il suo abbacinante splendore un cosmo irriducibile al paradigma della scienza galileiana; e contemporaneamente è un atto rivoluzionario in un’epoca dominata dai dati e dagli algoritmi, idoli della postmodernità cresciuti nel solco di un conformismo scientifico che Nagel non teme di rovesciare.

Mattia Ferraresi

http://www.ilfoglio.it/soloqui/17134

David Foster Wallace, “Questa è l’acqua”

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La mia prima reazione subito dopo il discorso è stata: “porca puttana che figata!”. Ma ciò che mi ha colpito di più del suo discorso era che non conteneva nessuna puttanata, nessuna manfrina, niente di ideologico o politico, o qualsiasi cosa che potesse essere intesa come un suggerimento. Se ne stava lì davanti a noi come una delle persone più umili che abbia mai visto di fronte a un pubblico, parlando della vita. Il fatto che abbia preparato per noi questo discorso è stato un onore incredibile.

Gabe S.

David Foster Wallace, “Questa è l’acqua”

Ogni cosa, nella mia esperienza immediata, conferma la mia profonda convinzione che sono io il centro assoluto dell’universo, la persona più reale, vivida e importante che esista. Raramente parliamo di questa sorta di egocentrismo naturale, di base, perché ispira una forte repulsione sociale, ma in fondo lo stesso vale per ognuno di noi. È la nostra configurazione standard, quella che ci ritroviamo installata nei nostri circuiti a partire dalla nascita. Pensateci: nessuna delle esperienze che avete vissuto era incentrata su qualcuno che non foste voi stessi. Il mondo di cui fate l’esperienza è proprio di fronte a voi, o dietro di voi, o alla vostra sinistra, o alla vostra destra, sul vostro teleschermo, sul vostro monitor, o quel che è. I pensieri e i sentimenti degli altri vi devono essere comunicati in qualche modo, ma i vostri sono così immediati, urgenti, reali – ci siamo capiti…Non è una questione di virtù – è una questione di scegliere se impegnarmi a modificare o a liberarmi dalla mia conformazione standard, naturale, impiantata nei circuiti, che consiste nell’essere profondamente e letteralmente incentrato su di me, nell’osservare ed interpretare ogni cosa attraverso questa lente del sé. […]. Se imparate davvero come pensare, a cosa prestare attenzione, scoprirete che ci sono altre opzioni. Avrete il potere di vivere una situazione affollata, rumorosa, lenta, da inferno del consumatore, non soltanto come dotata di significato, ma anche sacra, animata dalla stessa forza che accende le stelle – compassione, amore, l’unità profonda di tutte le cose. […]. Nelle trincee quotidiane della vita adulta, l’ateismo non esiste. È impossibile non venerare qualcosa. Tutti venerano. L’unica scelta che possiamo fare è cosa venerare. E un’ottima ragione per scegliere di venerare qualche specie di divinità o di ente spirituale – Gesù Cristo o Allah, Jahvè o la dea-madre di Wicca, le Quattro Nobili Verità o un qualche insieme infrangibile di principi etici – è che praticamente qualunque altra cosa voi veneriate finisce per mangiarvi vivi. Se venerate i soldi e gli oggetti – se è in essi che riponete il vero significato della vita -, non ne avrete mai abbastanza. Non sentirete mai di averne abbastanza. Questa è la verità. Venerate il vostro stesso corpo, la vostra bellezza e il vostro fascino, e vi sentirete sempre brutti, e quando il tempo e l’età inizieranno a farsi notare, morirete un milione di volte prima che essi vi abbandonino davvero. Venerate il potere – vi sentirete deboli e impauriti, e avrete bisogno di un potere sempre maggiore sugli altri per tenere a distanza la paura. Venerate la vostra intelligenza, la vostra brillantezza – finirete col sentirvi stupidi, degli impostori, sempre sul punto di essere smascherati.. La cosa insidiosa di queste forme di culto non è il fatto che siano malvagie o peccaminose; è che sono inconsapevoli. Sono configurazioni standard. Sono quel tipo di culto nel quale scivolate lentamente, giorno dopo giorno, diventando sempre più selettivi riguardo a quello che osservate e al modo in cui misurate il valore, senza mai essere pienamente consapevoli che lo state facendo. E il mondo non vi impedirà di operare secondo la vostra configurazione standard, perché il mondo degli uomini e del denaro e del potere procede piuttosto gradevolmente con il carburante della paura e del disprezzo e della frustrazione e della bramosia e del culto di sé. […]. La libertà che davvero conta richiede attenzione, e consapevolezza, e disciplina, e sforzo, e la capacità di interessarsi davvero alle altre persone e di sacrificarsi per loro, continuamente, ogni giorno, in una moltitudine di piccoli e poco attraenti modi. Questa è la vera libertà. L’alternativa è l’inconsapevolezza, la configurazione standard, la “corsa di topi” – la costante e divorante sensazione di aver posseduto e perduto qualcosa di infinito.

http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/la-coscienza-dal-buddha-david-foster.html

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