Hillary R. Clinton 1 – America 0

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“Our investigation looked at whether there is evidence classified information was improperly stored or transmitted on that personal system, in violation of a federal statute making it a felony to mishandle classified information either intentionally or in a grossly negligent way”.
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“They were extremely careless in their handling of very sensitive, highly classified information”.
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“We assess it is possible that hostile actors gained access to Secretary Clinton’s personal e-mail account”
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“We are expressing to Justice our view that no charges are appropriate in this case”.

Statement by FBI Director James B. Comey on the Investigation of Secretary Hillary Clinton’s Use of a Personal E-Mail System

…because, you see, her setting up several different private servers was NOT INTENTIONALLY mishandling classified information.

“war is peace, freedom is slavery, ignorance is strength”
“All animals are equal but some animals are more equal than others”

Cattura
Res ipsa loquitur. Ora abbiamo almeno un candidato alla Casa Bianca che è ricattabile non solo da interessi interni agli Stati Uniti, ma anche da governi/interessi stranieri.
I cinici si sono dimostrati realisti.
Chi, come me, ama l’utopia americana, ha perso.
La realtà del presente è un gemello malvagio, un Doppelgänger oscuro della realtà come potrebbe e dovrebbe essere. E questo è particolarmente vero negli Stati Uniti.
La tentazione, ora, sarebbe quella di allinearsi a chi profetizza catastrofi per gli USA, o una terza guerra mondiale. Io continuo a reputare che esistano ancora troppe forze sane e resilienti al loro interno e che nulla sia deciso.
Quel che è invece certo è che queste elezioni sono inguardabili. Trump vs. Clinton: i due candidati più sgraditi nella storia elettorale americana (unanimità dei sondaggi), i due candidati forse più ricattabili e ricattati nella storia elettorale americana.
E’ una non-scelta: si vota l’uno/a turandosi il naso solo per fermare l’altro/a. L’elettorato dovrebbe astenersi dal votare in segno di protesta, ma non lo può fare perché entrambe le parti sanno che farebbero il gioco degli avversari: divide et impera.
La democrazia è completamente delegittimata ma l’astensionismo sarà relativamente contenuto perché molti andranno a votare spinti dalla paura, dal disprezzo, dall’odio.

Nei miei pronostici lo scandalo delle email doveva servire a spianare la strada allo scandalo della Clinton Foundation (centrale di riciclaggio di “donazioni”), che era e resta il pesciolone grosso che dovrebbe portare all’incarcerazione dei Clinton. Il pesciolino è sfuggito.

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La democrazia perduta e la democrazia riconquistata (note e aforismi)

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L’umanità è la stessa, a ogni latitudine, e i suoi desideri e sogni sono grosso modo gli stessi (pace, amore, prosperità, sicurezza, felicità, libertà), ma il destino ultimo dell’umanità non è quello di un’evoluzione convergente verso un unico modello socioculturale e politico, perché le vie per realizzare le suddette ambizioni sono molteplici.

Nella pratica di bilancio partecipativo troppo spesso il decoro urbano prevale sulla giustizia sociale (Bilancio partecipativo 2015, Parigi tira le somme, L’Indro, 13 marzo 2015).

La democrazia partecipata permette alla gente comune di capire che amministrare la cosa pubblica non è uno scherzo (People’s panel pitches in to advise Melbourne City Council where it should spend $5 billion, The Age, 2 dicembre 2014).

Superata una certa soglia di astensionismo, non è più moralmente legittimo parlare di mandato pienamente democratico.

La “società civile” deve diventare adulta, ossia civile, assumendosi le responsabilità degli adulti, pensando e agendo conformemente a quello che ci si dovrebbe attendere dalle persone che hanno raggiunto l’età adulta e non necessitano di tutele paternalistiche. Non è più ammissibile delegare tutto ad altri e poi lamentarsi infantilmente tutto il tempo per le cose che non vanno.

Bisogna creare occasioni e luoghi in cui diversi punti di vista siano messi a confronto, in cui le persone imparano ad ascoltare e a raggiungere compromessi che non siano al ribasso.

Solo la partecipazione democratica sembra in grado di restituire dignità alla politica e a chi fa politica (Making local government engaging, The Boston Globe, 12 aprile 2015).

La regione alpina ama essere avanguardia del cambiamento, ma i cinesi ci stanno battendo al “nostro gioco”, da anni, con iniziative dal basso e dall’alto, ispirate e supervisionate dai pionieri australiani e nordamericani della democrazia deliberativa (How Can a Democracy Solve Tough Problems? Time, 2 settembre 2010; The Continued Search for Deliberative Democracy in China, 2012; Consultation and Deliberating in China: The Making of the Recent Healthcare Reform, 2012; China’s Experiment with Democracy, Huffington Post, 28 maggio 2014; Discourses on Chinese-Style Democracy in China, 2014; Online Consultation and Governance Reform in Chinese Ministries and Provinces, 2014).

La competizione a sostegno della cooperazione (egoismo illuminato) genera un equilibrio dinamico. La cooperazione a sostegno della competizione produce un’escalation compulsiva con effetti entropici.

Quel che invece serve è che la “società civile” divenga adulta, si assuma le responsabilità degli adulti, pensi ed agisca come fanno gli adulti, invece di delegare tutto ad altri e poi lamentarsi infantilmente tutto il tempo delle cose che non vanno.

Bisogna creare occasioni e luoghi in cui diversi punti di vista vengono messi a confronto, in cui le persone imparano ad ascoltare e a raggiungere compromessi che non siano al ribasso.

Bisogna che per la metà del secolo la gente pensi a noi come dei bamboccioni pieni di buone intenzioni ma ancora immaturi. Questo serve, perché l’umanità abbia un futuro dignitoso.

Non possiamo continuare a credere che tutto il genere umano ragioni come ragioniamo noi, in una specifica e breve fase della nostra storia. Siamo diversi da come eravamo, saremo diversi da come siamo, e la curiosità nei confronti del prossimo, il rispetto per la dignità delle sue declinazioni dell’umano è una necessità in un mondo globalizzato. L’ignoranza dell’altro è un’automutilazione; la curiosità è un accrescimento, un potenziamento. Non saranno i droni a salvarci, ma il dialogo profondo.

Se si fa democrazia deliberativa, lo si deve fare sul serio. Questo significa fare in modo che le minoranze non siano schiacciate dalle maggioranze, che l’interesse di una parte non sia fatto passare per interesse generale, che i cittadini attivi non constatino che il loro impegno era vano perché le decisioni erano comunque già state prese e serviva solo una qualche forma di legittimazione [Cf. Archon Fung (Harvard University), Putting the Public Back into Governance: The Challenges of Citizen Participation and Its Future, 2015].

L’evoluzione procede a partire da forme di vita e modalità di interazione semplici, che diventano sempre più complesse, ricche di sfumature e che, assieme, si dimostrano capaci di operazioni quantitativamente e qualitativamente superiori rispetto a quando erano separate: è allora che il comportamento egoista dei singoli finisce promuovere il benessere della rete di cui fanno parte, il beneficio reciproco [Cf. Mae-Wan Ho genetista britannica]

Una decisione saggia tiene conto dell’impatto atteso sulle future generazioni e sul resto del mondo; considera punti di vista esterni e diversi da quelli a cui siamo abituati nel nostro piccolo mondo universale e collettivo; riflette sulle esigenze più profonde e universali dell’umanità. Una decisione saggia è il frutto di un dialogo a 360 gradi, anche con chi non è ancora nato e non vive nei paraggi, perché siamo tutti sulla stessa barca e un evento locale può innescare impressionanti ripercussioni globali.

Diversità è resilienza. La natura, come gli investitori, cerca di diversificare e bilanciare il proprio portafoglio. Se anche qualcosa non va per il verso giusto, qualcos’altro andrà in porto e la vita continua. Per questo è saggio evitare di dipendere da monopoli di conoscenza, produzione e distribuzione di energia, cibo, ecc. (Fame a Dublino, il genocidio negato). Un mondo multilaterale, plurale, unito sinergicamente nella diversità è un mondo resiliente.

Se il rischio è che dei gruppi si separino rancorosamente, è meglio facilitare la rottura, nell’ottica di poter successivamente ricostruire uno spirito di comunità. Separazioni ed esclusioni sono soluzioni provvisorie. Ogni esclusione permanente dell’altro è disfunzionale e irrobustisce tribalismi ed egotismi personali che possono solo produrre conseguenze spiacevoli per tutte le parti coinvolte.

Non è saggio diventare schiavi del futuro. Le probabilità sono astrazioni, non fatti accertati; gli orizzonti sono per definizione remoti e indistinti; una previsione non è una presa di visione. Pessimismo e ottimismo avvelenano o condizionano il presente, impedendoci di osservare la realtà oggettivamente. La descriviamo sempre alla luce delle nostre anticipazioni. Una conversazione che includa una pluralità di voci scongiura l’egemonia di una visione monocola di ciò che ci attende, un fattore di distrazione che ci rende inefficaci, fatalisti, spettatori passivi, non co-creatori di realtà. Meglio andare incontro al futuro sapendo che il viaggio resta più importante della destinazione.

La democrazia non è una cosa, non è un’istituzione. È un processo, un rituale, una capacità acquisita che va costantemente esercitata e perfezionata. Si impara la democrazia come si impara a nuotare. Qualcuno diventa un campione, altri si tengono a galla, ma più facciamo esperienza e tocchiamo con mano i nostri miglioramenti, maggiore sarà l’entusiasmo e ogni fallimento sarà solo un passaggio a vuoto in un percorso di perfezionamento personale e collettivo.

Per essere democratici bisogna saper Ascoltare. Ascoltare aiuta gli altri e noi stessi a pensare e capire le proprie circostanze e a risolvere i propri problemi. È una prassi riconciliativa (hoʻoponopono, nella Polinesia).

Per essere democratici bisogna accettare l’idea che un conflitto creativo è un’opportunità di esaminare le questioni da prospettive inattese e più promettenti. Senza conflitti creativi saremmo condannati a vedere la realtà in modo drasticamente semplificato, in funzione dei nostri preconcetti e pregiudizi. Si può fare chiarezza su una questione anche senza tagliarla con l’accetta, imparando a tollerare la complessità e ad apprezzare l’apprendimento continuo.

Essere democratici non significa tendere sempre a compromessi al ribasso per raggiungere comunque un consenso. Occorre prendersi il tempo e ingegnarsi creativamente per identificare, laddove esistono, delle soluzioni che soddisfino gli interessi di tutte le parti. Per vedere delle possibilità che esistono ma non sono facili da scorgere serve immaginazione, umiltà, flessibilità, acume e quanta più conoscenza si possa mettere sul tavolo di una discussione.

Peter Elbow (University of Massachusetts) ha adottato questa strategia. Se qualcuno pensa che un’idea non è stata compresa dagli interlocutori, può chiedere che, per 5 minuti, tutti sospendano il loro giudizio critico o di chiusura nei confronti dell’idea e si sforzino di scovare delle virtù, come se ne fossero dei genuini sostenitori. Una ginnastica della mente utile quotidianamente in un mondo che non è statico e che conosciamo così poco. Così diventa più facile immaginare futuri possibili.

http://www.futurables.com/2015/04/21/come-il-pastore-separa-le-pecore-dalle-capre-e-dai-babbuini-psicopatie-e-democrazie-nel-ventunesimo-e-ventiduesimo-secolo/

AGGIORNAMENTI
https://plus.google.com/+StefanoFaitFuturAbles/posts

Il declino del montismo e la caduta del berlusconismo

 

Qualcosa doveva cambiare perché tutto restasse com’era prima.

Il Gattopardo

È un tunnel, ma la fine sta cominciando a illuminarsi, e noi e il resto d’Europa ci stiamo avvicinando alla fine del tunnel.

Mario Monti, 31 luglio 2012

 

Sono volato in Asia per chiedervi di rilassarvi un po’ circa la crisi dell’Eurozona che è superata, anche grazie al più solido sentiero imboccato dall’Italia.

Mario Monti, 2 aprile 2012

Tariffe e tasse? Aumenti rozzi, ma meglio che finire come la Grecia.

Mario Monti, 1 aprile 2012

Rigore difficile da sopportare ma poi genera la ripresa economica.

Mario Monti, 24 febbraio 2012

Oggi, secondo me, stiamo assistendo – non è un paradosso – al grande successo dell’Euro. E qual è la manifestazione concreta del grande successo dell’Euro? La Grecia.

Mario Monti,26 settembre 2011, trasmissione “L’Infedele”

Nell’ultimo mese è diminuita la fiducia degli italiani in Mario Monti. Ma solo all’ipotesi che per palazzo Chigi si ricandidi Silvio Berlusconi, la stragrande maggioranza degli intervistati si passa le mani fra i capelli. È l’istantanea della situazione italiana scattata dall’ultimo Osservatorio politico di Lorien Consulting, l’istituto di ricerca di Antonio Valente.

Monti sempre più fragile, ma quasi insostituibile

Nell’aria c’è una richiesta di cambio di passo della politica. «Il governo Monti appare in difficoltà», spiega Valente, «anche se il giudizio sul suo operato si stabilizza attorno al 30 per cento dopo mesi di calo pressoché continuo raggiungendo il minimo storico sotto al 26 per cento). Un calo vistoso rispetto all’inizio dell’incarico. Il giudizio negativo degli italiani verso il governo si esprime soprattutto nei confronti della capacità di comunicare che perde ulteriori tre punti percentuali rispetto al rilevamento precedente. All’interno dell’esecutivo andrebbe fatta una seria riflessione: la quota di italiani che approva lo stile di comunicazione del governo è passata dal 62% al 44% durante la discussione sulla riforma del Lavoro, ma dal 23 maggio in poi, ossia da quando non si possono più addossare le colpe alla presunta antipatia del ministro Elsa Fornero, e con il sopraggiungere delle polemiche sulla spending review, Lorien ha registrato (alla data del 24 luglio) un tonfo fino alla soglia del 34 per cento. Tuttavia, anche se Monti quando parla non suscita naturale simpatia, ben il 65 per cento degli italiani (la stessa percentuale di coloro che lo considerano autorevole) ritiene che il governo Monti debba continuare il suo operato fino a scadenza naturale della legislatura o anche oltre il 2013 (ma solo secondo il 12 per cento della popolazione). Se lui è debole le alternative sono ancora più deboli o non ci sono.

Stanno crollando i consumi e aumenta la paura del default

«Cala ancora la fiducia nel futuro (al 39 per cento era al 58 a metà febbraio ndr) e peggiora il giudizio dei cittadini sulla propria situazione professionale», spiega Valente nel suo report, «Sui luoghi di lavoro si sentono gli effetti delle riduzioni del personale. Scende ulteriormente l’indice del risparmio degli italiani (solo il 16,5 per cento ha affermato di essere riuscito a risparmiare) e di conseguenza di abbassa anche la spesa media giornaliera». Il crollo dei consumi è particolarmente evidente: a maggio la spesa media giornaliera dichiarata era di 35 euro, oggi è di 25 euro. Ecco, perché, gli italiani pensano che il governo Monti non garantisca più la stabilità: se in primavera il 74,6 per cento degli italiani era pronto ad affermare che Monti sarebbe riuscito a garantire la stabilità economica del Paese, oggi questo dato è sceso al 42,6 per cento. Intanto, aumenta ancora la paura del default: il 51,5 per cento oggi lo teme «molto» (ma non sono ancora stati raggiunti i livelli del momento delle dimissioni di Berlusconi: in novembre temeva «molto» il default il 72,7 per cento degli italiani).

Berlusconi vade retro, gli italiani lo considerano finito

A proposito di Berlusconi, la domanda di Lorien Consulting era semplice: «La ri-candidatura di Berlusconi è positiva per l’Italia?». L’ha rivolta ad un campione rappresentativo della popolazione maggiorenne italiana di mille cittadini «strutturati per sesso ed età» fra il 22 ed il 24 luglio scorsi. E l’esito è stato impietoso per l’ex premier: il 62 per cento degli italiani ritiene che la ri-candidatura di Berlusconi sia «molto negativa» e soltanto il 6 per cento ritiene che sia «molto positiva» (il 13 per cento «abbastanza positiva»). Ma, allora, gli italiani credono, oppure no, che si candiderà? Il 49 per cento la ritiene un’ipotesi credibile, mentre il 37 per cento dice che no, alla fine Berlusconi non lo farà.

La maggioranza è a rischio

Intanto, bisognerebbe vedere con quale possibile maggioranza potrebbe ri-discendere in campo. È sempre altissima, infatti, la quota degli indecisi e degli astensionisti (ormai prossima al 50 per cento). Dall’arrivo del governo Monti è aumentata sensibilmente la quota degli italiani che non dichiara la propria intenzione di voto. Comunque si può dire che dopo il crollo degli ultimi mesi la Lega recupera qualche decimale (al 5,2 per cento), così come il Pdl che guadagna un paio di punti (giungendo al 20,6 per cento); ma l’obbiettivo di una maggioranza di governo resta un miraggio. Il Pd è al 25,2 per cento, l’Udc al 6,6. Il Movimento Cinque stelle è al 16,3 per cento, l’Idv al 7,2, Sel al 5,4. Ma ciò che conta è che l’insieme delle forze politiche che sostengono il governo Monti continua a perdere lentamente consensi scendendo sempre più vicino a quota 50 per cento (53,1 per cento).

http://www.italiaoggi.it/giornali/dettaglio_giornali.asp?preview=false&accessMode=FA&id=1782866&codiciTestate=1

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