Dicono di Putin

172365-thumb-full-28_01_14_bxl_putin_no_a_interfer

La Crimea ha scelto la Russia e non glielo si può rimproverare…L’Ucraina deve conservare la sua vocazione di ponte tra Europa e Russia. Il suo destino non è quello di far parte dell’Unione Europea…Condividiamo la nostra civiltà con la Russia. Gli interessi degli americani in relazione ai russi non coincidono con quelli europei.

Nicolas Sarkozy a una riunione dei leader dell’UMP, Ukraine – Nicolas Sarkozy refuse de critiquer l’annexion de la Crimée par la Russie, Metro, 7 febbraio 2015

La Francia deve pertanto convincere gli europei a tamponare la deleteria influenza di coloro i quali, negli Stati Uniti come in Europa, in particolare in Polonia, continuano a confondere Putin con Hitler. E anche di quelli che, come negli organi di governo della NATO, stanno allegramente inventandosi un nemico immaginario per giustificare la loro stessa esistenza. È della massima urgenza che ci si consulti con la Russia per incoraggiare i nostri partner europei a considerare questo Paese come un potenziale alleato e non un nemico immaginario.

Jacques Attali, già consigliere particolare di François Mitterrand, La Russie doit être notre alliée, L’Express, 9 febbraio 2015

Il mondo ha bisogno della Russia. Come potremmo immaginare di trovare soluzioni in Medio Oriente o raggiungere un accordo con l’Iran, senza la Russia? Ma anche la Russia ha bisogno del mondo, in particolare per la sua ripresa economica e la diversificazione industriale. Sono un europeo per convinzione e so che l’Europa e la Russia hanno un destino comune e un futuro comune.

Dominique de Villepin, già primo ministro francese sotto la presidenza di Jacques Chirac, Discours de Dominique de Villepin au Club International Valdaï à Sotchi, 24 ottobre 2014

L’invasione della Crimea è un fatto molto serio e molto grave. Ma c’era un impegno quando cadde l’Unione Sovietica di non portare la Nato verso quei confini. L’atto finale del mio governo, nel 2008 alla riunione di Bucarest, vide l’Italia, assieme a Germania e Francia, votare contro la proposta di Bush di inserire Ucraina e Georgia nella Nato. Negli ultimi tempi l’Europa ha invece solo subito la politica americana, salvo in questi ultimissimi momenti di rinascita di una politica tedesca. Registro che le sanzioni non colpiscono gli Stati Uniti. Siamo andati a traino di una politica che non era né nel nostro interesse né in quello della pace.

Romano Prodi, Prodi: «Da Tripoli a Kiev questa Europa è assente su tutto», Il Piccolo, 14 febbraio 2015

Il diritto internazionale è molto importante, ma è stato violato molte volte. Per esempio l’ingerenza nella guerra civile in Libia: l’Occidente ha ben ecceduto il mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Lo sviluppo storico della Crimea è più importante del diritto internazionale. Fino ai primi anni Novanta l’Occidente non ha dubitato che Crimea e Ucraina fossero parti della Russia.

Helmut Schmidt, ex cancelliere tedesco, Helmut Schmidt: “Contro Putin è sbagliata la linea dura”, Repubblica, 27 marzo 2014

L’azione di Vladimir Putin in Crimea, in risposta alla rivolta in Ucraina (considerata ostile a Mosca), è ”comprensibile”. È l’opinione dell’ex cancelliere Helmut Schmidt. Schmidt – come altri ‘grandi vecchi’ della politica tedesca e internazionale, da Henry Kissinger a Mikhail Gorbaciov allo stesso Helmut Kohl.

Ucraina: Helmut Schmidt, capisco Putin, ANSA, 26 marzo 2014

Vi è stata una mancanza di sensibilità nel trattare con i nostri vicini russi, in particolare con il presidente Putin.

Helmut Kohl, ex cancelliere tedesco, Altkanzler Kohl kritisiert Umgang des Westens mit Russland, Telekom online, 11 marzo 2014

Gli stessi giornalisti mi attaccarono duramente durante il confronto con gli Usa sulla guerra in Iraq. Secondo loro dovevamo combattere con gli americani in Iraq. Io allora cancelliere ebbi ragione, e oggi ritengo giusto parlare col presidente russo…Bisognerebbe parlare meno di sanzioni, e parlare anche di interessi di sicurezza russi. Una Ucraina nella Nato per loro non è accettabile. E invece sento solo dire che l’Occidente deve isolare la Russia e Putin. Una cosa è sicura: sanzioni e isolamento non portano a nulla”.

Ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder, Schroeder: “L’Europa sbaglia, non tradisco l’amico Putin”, Repubblica, 12 maggio 2014

http://www.futurables.com/2014/09/02/la-crisi-ucraina-vista-da-mosca/

Aggiornamenti
https://plus.google.com/+StefanoFaitFuturAbles/posts

Persa la sovranità sulla Sicilia, in bilico quella su “Padania” e Sudtirolo – quale futuro per l’Italia?

 

Un giornalista, tempo addietro, mi confidò che delle fonti istituzionali lo avevano informato del fatto che esisteva un progetto di dissoluzione dello stato italiano e che la Sicilia costituiva un tassello importante.

Pare che le sue fonti non fossero troppo sprovvedute o fuorvianti.

Maurizio Zoppi, “Niscemi si trasforma in star wars pronto il Muos degli Usa”, Il Manifesto, 21 settembre 2012

La Sicilia sarà il cuore pulsante dell’esercito Americano. Come in star wars la nostra Isola governerà le guerre climatiche e nucleari attraverso comandi satellitari e telematici. A Niscemi, proprio nel cuore della riserva naturale “Sugherata”, sta per vedere la luce il Muos.

VEDI IL VIDEO

La struttura verrà edificata nell’antico feudo niscemese ‘Ulmo’ dove, dal 1991, è operativa una delle più grandi centrali di telecomunicazioni della marina Usa esistente nel Mediterraneo. Questa centrale, con le sue 41 antenne, collega il nostro mare con l’Asia sud-occidentale, l’Oceano Indiano e l’Oceano Atlantico. La base ‘Ulmo’ è sotto il controllo della ‘U.S. Naval Computer and Telecommunication Station Sicily’ che ha sede a Sigonella, la base militare americana dislocata tra gli agrumeti della piana di Catania. La centrale militare statunitense assicura la comunicazione top secret e non di alleati Nato e Stati Uniti. Questo, per grandi linee, il quadro generale dell’egemonia militare a stelle e strisce in Sicilia. Troppo poco, a quanto pare, per gli Usa che, a breve, amplieranno la loro forza militare tramite il Muos (Mobile user objective system). Questo sistema satellitare è un’infrastruttura militare di ultima generazione. Sono quattro, oggi, le strutture tipo Muos presenti nel mondo. Tutte dislocate in zone desertiche. Solo quella che sta per essere realizzate in Sicilia, chissà perché, vedrà la luce in un’area vicinissima ai centri abitati. Da qui la ragionevole e giustificata paura delle popolazioni che si ‘sciropperanno’ le radiazioni con effetti sulla loro salute ancora tutti da capire.

L’impianto presenta due torri radio e tre antenne del diametro di 18,4 metri e dell’altezza pari a 149 metri. Il sofisticato sistema di comunicazione ad altissima frequenza integrerà comandi, centri d’intelligence, radar, cacciabombardieri, missili da crociera, velivoli senza pilota e altri strumenti di morte. Insomma dalla nostra Isola gli Stati Uniti, con un solo click, potrebbero immedesimarsi nel generale dell’esercito romano, Massimo Decimo Meridio, e dire: “Al mio segnale scatenate l’inferno”. Tutto questo con un solo unico obiettivo: aumentare la capacità offensiva militare.

[…].

La Commissione d’Inchiesta sull’uranio impoverito ha ritenuto che sussistono le basi per una moratoria, sia per quanto riguarda la costruzione del Muos, sia per il sistema di antenne già presente nella riserva.

MUOS e militarizzazione della Sicilia. Intervista ad Antonio Mazzeo

“In Sicilia cresce la protesta e l’opposizione ai processi di militarizzazione della regione portati avanti negli anni da parte degli USA e della NATO. Da decenni l’isola è letteralmente violentata dalla presenza di basi militari che oltre a nuocere alla salute distruggono l’ambiente e la biodiversità e che l’hanno ‘bellicizzata’ a tal punto da divenire il centro strategico per il controllo e le azioni militari su tutta l’aera del mediterraneo, dell’Africa e del Medio Oriente. Ne abbiamo discusso con Antonio Mazzeo, scrittore e giornalista, grande conoscitore di tali tematiche.

La Sicilia è sempre più armata e militarizzata e progressivamente sembra essersi trasformata in un’area di conquista degli USA. Che foto prenderesti oggi dell’isola in questo senso?

L’immagine che più mi viene in mente è quella di un’immensa portaerei superarmata nel cuore del Mediterraneo, in grado di lanciare terribili strumenti di morte (cacciabombardieri, missili, droni e testate persino nucleari) contro obiettivi civili e militari in Est Europa, Caucaso, Africa, Medio oriente e sud est asiatico. Un’isola soffocata da basi e porti militari per le forze armate italiane, Usa, Nato ed extra-Nato, dove le poche oasi naturali vengono sacrificate per ospitare selve di radar e antenne di telecomunicazione.

Ma contemporaneamente un territorio di frontiera dove s’innalzano gigantesche mura per negare l’accoglienza ai profughi e ai migranti che fuggono dalle guerre e dalla miseria. Per i pochi scampati ai tragici naufragi, la Sicilia si trasforma in un grande centro di detenzione, con decine di Cie e Cara che violano impunemente i diritti umani.

In pochissimi sono al corrente di tutte le infrastrutture militari esistenti in questa regione italiana…

Sì è vero, eppure in Sicilia proliferano e vengono ampliate le basi di guerra. Alle porte di Catania c’è la metastasi di Sigonella, la maggiore stazione aeronavale delle forze armate degli Stati Uniti d’America, destinata a fare da vera e propria capitale mondiale degli aerei senza pilota. Nel golfo di Augusta approdano le unità della VI flotta e i sottomarini a propulsione nucleare zeppi di missili e bombe atomiche. Più a sud, in contrada Testa dell’Acqua del comune di Noto, sorge una delle maggiori installazioni radar della Nato, per spiare l’intero bacino mediterraneo e concorrere a dirigere i blitz e gli attacchi militari.

La Sicilia è sempre più armata e militarizzata e progressivamente sembra essersi trasformata in un’area di conquista degli USA

A Niscemi, all’interno di una pregevole riserva naturale, la ‘sughereta’ di contrada Ulmo, da più di vent’anni la marina militare Usa ha installato 41 antenne per le comunicazioni con le unità di superficie e subacquee. E nonostante il lungo bombardamento elettromagnetico contro le comunità che vivono nelle vicinanze della base, a Niscemi fervono adesso i lavori di costruzione di uno dei quattro terminali terrestri al mondo del nuovo sistema di telecomunicazione satellitare Usa, il MUOS, un ecomostro per condurre le guerre sempre più disumanizzate e disumanizzanti del XXI secolo.

Ci sono poi gli scali aerei di Trapani-Birgi, Pantelleria e Lampedusa, utilizzati dai reparti Nato ed extra-Nato in caso di crisi e conflitto in nord Africa; gli aeroporti ‘civili’ di Palermo Punta Raisi e Catania Fontanorossa dove atterrano con sempre più frequenza i giganteschi aerei per il trasporto truppe e munizioni; il pericolosissimo radar di Marsala, e i sempre più numerosi radar che le forze armate e di polizia italiane installano nelle coste della Sicilia e delle isole minori per fare la guerra alle imbarcazioni dei migranti. Ma è prevedibile che nei prossimi mesi il processo di militarizzazione si faccia ancora più soffocante.

In un intreccio di accordi, consensi, assensi silenziosi ed affari tra la classe politica governante a livello regionale e nazionale, le organizzazioni mafiose e le forze armate statunitensi, la Sicilia è divenuta inoltre un territorio geo-politicamente e militarmente strategico, quali sono le conseguenze e le ripercussioni di tutto ciò per i cittadini e per il paese?

La diabolica alleanza tra forze armate alleate e organizzazioni criminali mafiose siciliane alla vigilia dello sbarco del ’43 [Accordi fra Allen Dulles e Lucky Luciano, http://it.wikipedia.org/wiki/Operazione_Husky, NdR] ha avuto come prima conseguenza storica quella di impedire, anche con il sangue, che nella Sicilia del dopoguerra venisse riconosciuta piena legittimità e cittadinanza alle forze politiche e sociali realmente democratiche e che si riconoscessero le giuste istanze sociali di libertà, uguaglianza e ridistribuzione della ricchezza delle classi popolari. Abbiamo pagato in termini di agibilità democratica, siamo stati per tutti questi decenni un’isola a sovranità più che limitata.

“Il MUOS è una bomba ambientale i cui effetti elettromagnetici saranno devastanti per le popolazioni, la flora e la fauna dell’isola”

La mafia è stata, accanto alla borghesia parassitaria dell’isola, il gendarme privato, una specie di contractor ante litteram, per assicurare il pieno controllo politico e sociale del capitale. La partnership con i poteri militari transatlantici è stata una costante. La mafia ha assicurato il controllo del territorio, impedendo con le stragi e gli omicidi selettivi di sindacalisti, giornalisti e leader politici di sinistra lo sviluppo di una coscienza democratica collettiva, ostacolando ogni forma d’opposizione contro l’uso e l’occupazione della Sicilia a fini di guerra. E la borghesia mafiosa è stata ricompensata con milioni e milioni di dollari grazie agli appalti di edificazione delle installazioni di morte o alla vendita o all’affitto dei villaggi-residence per i militari Usa e le loro famiglie.

Grazie alla vostra protesta, la faccenda MUOS è finalmente approdata in Parlamento proprio in questi giorni, ci daresti maggiori dettagli?

Finalmente, a seguito di decine di manifestazioni, incontri e dibattiti, in cui abbiamo denunciato l’insostenibilità socio-ambientale del MUOS e che la decisione di localizzarlo a Niscemi è stata presa bypassando del tutto il circuito parlamentare, l’11 settembre scorso una delegazione dei sindaci e dei Comitati No MUOS è stata ricevuta in audizione dalle due Camere.

Il primo incontro si è svolto davanti alla Commissione difesa della Camera dei deputati, mentre il secondo, sicuramente più proficuo, davanti al Comitato d’inchiesta sull’uranio impoverito del Senato della Repubblica. Tutti i membri di quest’organo si sono dichiarati d’accordo a convocare prima possibile il presidente della regione siciliana e il ministero della difesa per chiedere la moratoria del progetto d’installazione delle tre maxi-antenne radar del nuovo sistema militare Usa.

C’è da sperare in un miracoloso risveglio della politica italiana e in una ‘controffensiva’ al potere militare ed affaristico?

Pur condividendo la soddisfazione di tutti i membri della delegazione No MUOS in trasferta a Roma credo che non ci si debba fare molte illusioni sulle reali volontà di fermare il progetto da parte di una classe politica da sempre asservita agli interessi geo-strategici Usa e Nato e del complesso militare-industriale transnazionale.

Da decenni la Sicilia è violentata dalla presenza di basi militari che oltre a nuocere alla salute distruggono l’ambiente e la biodiversità

Per questo bisognerà continuare a sviluppare azioni di lotta il più possibile partecipate e radicali, rafforzando la mobilitazione e l’auto-organizzazione dei comitati popolari di base in tutta la Sicilia. Credo che sarà fondamentale riuscire a legare i temi dell’opposizione alla guerra e alla militarizzazione a quelli della difesa dello stato sociale, del diritto all’istruzione e alla sanità per tutti i cittadini, contro l’ondata neoliberista e di dissoluzione della Costituzione che ha investito l’Italia a partire dalla fine degli anni ’80.

Della protesta pacifica contro i MUOS e dei Comitati NO MUOS non c’è molta risonanza su scala nazionale quasi si trattasse di una faccenda relegabile a livello regionale e locale, vogliamo ricordare cosa rischiano gli abitanti della zona colpita e perché deve essere considerata una problematica scottante riguardante l’intero paese?

Il MUOS è una bomba ambientale i cui effetti elettromagnetici saranno devastanti per le popolazioni, la flora e la fauna dell’isola. Le microonde impediranno il regolare funzionamento dei sistemi di bordo degli aerei in rotta nei pressi della stazione di Niscemi e non consentiranno l’attesissima apertura dell’aeroporto di Comiso, ex base missilistica nucleare della Nato. Ancora una volta i processi bellici ostacoleranno ogni possibilità di sviluppo economico e occupazionale e genereranno nuove povertà.

Ma il MUOS è soprattutto un sistema di guerra ad uso esclusivo delle forze armate statunitensi, programmato per riaffermare la superiorità militare e strategica di Washington e consentire di colpire e uccidere a migliaia di chilometri di distanza, con gelido anticipo sui potenziali e sospetti avversari.

I futuri conflitti ipertecnologizzati esautoreranno qualsivoglia presenza decisionale dell’Uomo, annullando la ragione e l’assunzione di responsabilità innanzitutto etiche. Il MUOS risponde alle logiche di morte degli odierni apprendisti stregoni del Pentagono che puntano ad annientare gli antichi paradigmi dell’umanità sulla Vita e sulla Morte, sulla Pace e sulla Guerra. Per questo la sua installazione non va vissuta solo come un problema locale, ma innanzitutto come un Problema globale.

Quali sono le prossime mosse dei Comitati NO MUOS?

Dopo le audizioni a Roma, il Movimento si è dato appuntamento per una manifestazione nazionale No MUOS a Niscemi, sabato 6 ottobre. Stiamo raccogliendo le prime adesioni d’oltre Stretto e sappiamo già dell’arrivo in Sicilia di una delegazione delle donne del Presidio No dal Molin di Vicenza e di attivisti No TAV della val di Susa. All’appuntamento giungeremo con un fitto calendario d’iniziative in tanti Comuni siciliani e con azioni di protesta di fronte ai maggiori santuari di guerra dell’isola. Sarà importantissimo rafforzare i legami con i territori a partire dalle vertenze più drammatiche che riguardano soprattutto la mobilità e i trasporti, i settori maggiormente colpiti dall’asfissiante processo di militarizzazione.

Sarà opportuno così sostenere la mobilitazione perché venga utilizzata Sigonella per i voli di linea che dovranno lasciare Fontanarossa a novembre per consentire i lavori di ampliamento e messa in sicurezza delle piste (un primo passo per la riconversione a uso civile della stazione aeronavale Usa) o quella per l’apertura dello scalo di Comiso, il cui funzionamento sarà impossibile se malauguratamente dovessero essere attivate le antenne MUOS. Ma penso anche alla lotta contro il Ponte sullo Stretto e per impedire la trasformazione del porto di Messina in megadiscarica delle unità navali Nato da rottamare o a quella contro l’uso a fini militari dello scalo di Trapani-Birgi, da dove sono stati scatenati lo scorso anno, quasi il 70% degli attacchi contro la Libia.

Da un lato, c’è una parte della società civile, attiva, che cerca di fare emergere certe verità, dall’altra una maggioranza di cittadini italiani ignari probabilmente vittime passive di alcune forze d’interessi, in primis quelle politiche e quelle dell’informazione, che spesso manipolano per insabbiare. In questa Italia a due livelli, qual è la strada da percorrere per svegliare il paese?

Bisogna tornare a riconquistare le piazze, le strade e ogni spazio dove poter denunciare i crimini dei poteri finanziari transazionali e riconquistare agibilità, fiducia, speranza di cambiamento e trasformazione democratica. Un’azione generale, in prima persona, senza deleghe, con la convinzione che i tempi per impedire l’olocausto mondiale si sono fatti strettissimi.

Il paese non è spento e non vuole cedere alla rassegnazione, è così?

Sì, nonostante le amplificazioni generali del pensiero unico neoliberista, sono tantissime le coscienze che non si sono piegate, specie tra le fasce di popolazione più giovane. Come generazione, siamo stati pessimi padri e pessimi maestri. Mi auguro che riusciremo almeno ad essere buoni osservatori e buoni ascoltatori e che saremo in grado di star loro accanto con passione e profondo rispetto quando nei prossimi mesi, ne sono certo, ragazze e ragazzi torneranno a riprendersi la vita e il presente-futuro che gli sono stati sino ad ora negati.

http://www.ilcambiamento.it/territorio/muos_militarizzazione_sicilia_intervista_antonio_mazzeo.html

 

L’inconcepibile – Samuel L. Jackson, Jack Bauer e la tortura ragionevole

Secondo il diritto internazionale la tortura è un crimine contro l’umanità. Secondo il legislatore italiano la tortura non è un crimine. […]. La tortura è un crimine che protegge il bene sommo della dignità umana. L’Italia, così attenta all’Europa, dovrebbe ricordarsi che nelle norme di apertura del Trattato di Lisbona della Ue vi è la proibizione categorica e senza eccezioni della tortura. L’Italia dovrebbe attivarsi anche per ratificare al più presto il Protocollo Opzionale alla Convenzione Onu contro la tortura, che prevede la nascita di un meccanismo ispettivo su scala globale nonché l’istituzione di un organismo nazionale indipendente di controllo di tutti i luoghi di detenzione.

Patrizio Gonnella, “Un reato fantasma ma è l’unico chiesto dalla Costituzione”, il Manifesto, 18 maggio 2012

Non credo che ci sia solo pigrizia e strafottenza nel non inserire il reato di tortura [in Italia]. C’è la specifica intenzione di fare si che situazioni come il G8 di Genova si possano ripetere all’occorrenza, c’e’ la volontà di mantenere la gente in uno stato privo di elementi di diritto in modo da agire più “sbrigativamente” se ce ne fosse bisogno. Insomma, da tanti elementi, si deve accettare che l’Italia non e’ una democrazia compiuta anche per via di un diritto monco e malleabile.

Teresa, lettrice del Manifesto

Pensate alle conseguenze di un altro massiccio attacco (terroristico) negli Stati Uniti – magari la detonazione di una bomba radiologica o sporca, oppure di una mini bomba atomica o un attacco chimico in una metropolitana. Uno qualunque di questi eventi provocherebbe morte, devastazione e panico su una scala tale che al confronto l’11 settembre apparirebbe come un timido preludio. Dopo un attacco del genere, una cappa di lutto, melanconia, rabbia e paura resterebbe sospesa sulle nostre vite per una generazione. Questo tipo di attacco è potenzialmente possibile. Le istruzioni per costruire queste armi finali si trovano su internet ed il materiale necessario per costruirle lo si può ottenere pagando il giusto prezzo. Le democrazie hanno bisogno del libero mercato per sopravvivere, ma un libero mercato in tutto e per tutto – uranio arricchito, ricino, antrace – comporterà la morte della democrazia. L’armageddon è diventato un affare privato e se non riusciamo a bloccare questi mercati, la fine del mondo sarà messa in vendita. L’11 settembre con tutto il suo orrore, rimane un attacco convenzionale. Abbiamo le migliori ragioni per avere paura del fuoco, la prossima volta. Una democrazia può consentire ai suoi governanti un errore fatale – che è quel che molti osservatori considerano sia stato l’11 settembre – ma gli Americani non perdoneranno un altro errore. Una serie di attacchi su vasta scala strapperebbe la trama della fiducia che ci lega a chi ci governa e distruggerebbe quella che abbiamo l’uno nell’altro. Una volta che le aree devastate fossero state isolate ed i corpi sepolti, potremmo trovarci, rapidamente, a vivere in uno stato di polizia in costante allerta, con frontiere sigillate, continue identificazioni e campi di detenzione permanente per dissidenti e stranieri. I nostri diritti costituzionali potrebbero sparire dalle nostre corti, la tortura potrebbe ricomparire nei nostri interrogatori. Il peggio è che il governo non dovrebbe imporre una tirannia su una popolazione intimidita. La domanderemmo per la nostra sicurezza. E se le istituzioni della nostra democrazia fossero incapaci di proteggerci dai nostri nemici, potremmo andare anche oltre e farci giustizia da soli. Abbiamo una tradizione di linciaggi in questa nazione e quando la paura e la paranoia ci saranno entrati nelle ossa, potremmo finire per ripetere i peggiori episodi del nostro passato, uccidendo i nostri vicini, i nostri amici.

Michael Ignatieff, New York Times Magazine, il 2 maggio 2004

C’è chi non si ritrae con spavento di fronte all’idea di un potere con licenza di tortura. Forse è perché, consciamente o inconsciamente, è persuaso che ciò non potrà riguardare se stesso, i suoi figli, i suoi cari o quelli del suo ceto, ma solo gli “altri”, individui come loro ma di altre etnie, fedi, situazioni sociali o convinzioni politiche. Solo a questa condizione si possono fare discorsi “freddi” sulla violenza e la sua utilità. Se così fosse, dovremmo constatare che alla base dell’apologia della tortura c’è un discorso falso: non è tanto questione di sicurezza, quanto di discriminazione razzista, religiosa, classista o ideologica. E così s’accenderebbe una luce ulteriormente sinistra.

Gustavo Zagrebelsky

Assieme allo spauracchio del terrorismo nucleare, riappare immancabilmente anche l’apologia della tortura che ora può avvalersi di un film davvero pessimo sotto ogni punto di vista, “The Unthinkable” (“L’inconcepibile”), ma sufficientemente spettacolare e manipolatore da servire da strumento propagandista. Il protagonista è un torturatore freelance, H, interpretato da Samuel L. Jackson. La tecnica giustificatoria è quella consueta della bomba atomica ad orologeria: o torturi il terrorista e, eventualmente, i suoi cari, oppure milioni di persone moriranno. L’idea che ci possano essere dei terroristi che, dopo essere riusciti a sfuggire agli inseguitori, si permettano di procrastinare l’esplosione, giusto per dare un’altra chance ai loro avversari. Quando mai il topo si permette di giocare con il gatto?

È chiaro che questo film, come la serie “24”, incentrata su Jack Bauer, è stato pensato unicamente per convertire la popolazione al verbo del torturatore, ovvero per nazificare la democrazia americana, e non solo quella. Jackson e Kiefer Sutherland dovrebbero vergognarsi di farsi pagare per servire fini così mostruosi, ma è possibile che il loro intelletto e la loro coscienza siano già abbastanza corrotti da concordare con il messaggio che inviano; messaggio che, peraltro, scardina lo stato di diritto e fa a pezzi la morale comune.

Che la tortura non funzioni lo dimostra il fatto che i nazisti si sono lasciati sorprendere innumerevoli volte, dagli Alleati come dai partigiani delle nazioni occupate. Ma non è l’approccio utilitaristico che ci deve spingere a rigettarla.

La tortura è una crudeltà estrema che condanna un’altra persona, inerme, ad una sofferenza terribile. È un atto non solo crudele ma anche codardo, perché il prigioniero non può sfuggire, non può difendersi e non può restituire le sofferenze che gli vengono inferte. Il torturato è un “morto vivente”.

Chi ancora si avvale del baricentro morale costituito dalla sua coscienza e non è stato reso sociopatico dalla propaganda, accetterà l’intuizione morale che la tortura sia sbagliata e che se non è sbagliata la tortura, allora nulla è sbagliato. La tortura è un male assoluto.

I relativisti possono interrompere la lettura qui, oppure sostare a questi link:

http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/io-credo-nella-verita.html

http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/contro-il-relativismo-morale.html

La tortura è una menzogna così oggettiva che persino le società schiaviste ponevano dei limiti alla tortura degli schiavi (non lasciando semplicemente che i limiti ultimi fossero la menomazione e la morte, ossia una perdita economica secca per lo schiavista torturatore).

La tortura è diventata di nuovo popolare con la Guerra al Terrore – l’Iraq è stato attaccato perché un torturato ha rivelato i presunti legami tra Saddam Hussein e Osama Bin Laden, poi smentiti –, è successivamente stata condannata dall’amministrazione Obama, secondo il quale il waterboarding è tortura, “e questa non è una cosa che noi facciamo. Punto e basta”. Ora sta riprendendo voga con la campagna elettorale repubblicana, ancora una volta “grazie” a Osama Bin Laden. Tutti i candidati repubblicani alle presidenziali, salvo Ron Paul, approvano la tortura, sostenendo che ha permesso di catturare ed eliminare il capo di Al-Qaeda. David H. Petraeus, già comandante dello U.S. Central Command, che prevede la responsabilità strategica di tutto il teatro medio-orientale, e attuale direttore della CIA, la pensa come loro. Per diversi osservatori, grazie ai suoi agganci negli ambienti militari e dell’intelligence, Petraeus è l’unico concorrente credibile per Obama ed era dato per sicuro candidato alle primarie repubblicane. Se Obama perderà l’appoggio delle élite, sarà Petraeus, in un modo o nell’altro, ad entrare nella stanza dei bottoni. Questa è una cosa preoccupante, dato che Petraeus è un ammiratore di Thomas P. M. Barnett:

http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/lo-stratega-che-piace-tanto-david-h.html

In definitiva, pare che, tra i Repubblicani, per poter essere un valido candidato alla presidenza degli Stati Uniti, si debba per forza essere favorevoli alla tortura.

Poco importa che sia un reato per il diritto internazionale e per il diritto americano (per questo gli Americani torturano nelle basi militari fuori dal territorio americano). In cambio non è un reato in Italia, la culla delle giurisprudenza.

L’ARGOMENTO DELLA BOMBA AD OROLOGERIA È UN ESTETISMO IRRILEVANTE

L’argomento della bomba ad orologeria ha esercitato un’enorme influenza in pubblicazioni, film, serie tv, quotidiani, conferenze, corsi universitari e persino dibattiti presidenziali (per la verità unicamente negli Stati Uniti). È probabile che una maggioranza di persone sia favorevole alla tortura nello scenario della bomba ad orologeria, usato già in passato per giustificare i torturatori francesi in Algeria e israeliani nei Territori Occupati. Tuttavia non esiste alcun caso comprovato in cui una tale situazione – se non si tortura non sarà possibile sventare un attentato terroristico imminente – si sia verificata o possa avere luogo (Darius Rejali, “Torture and democracy”, 2008).

Questo scenario prevede che il prigioniero da torturare sia effettivamente complice di un piano terroristico, pienamente informato di ciò che serve per bloccarlo e che non abbia preparato una plausibile menzogna per dirottare le indagini quel tanto che basta per permettere agli altri terroristi di completare l’opera e magari, per sopramercato, indurre gli investigatori a compiere una qualche atrocità gratuita. Pensiamo ad esempio all’invasione dell’Iraq del 2003, che fu in buona parte motivata dalle informazioni strappate sotto tortura a Ibn al-Shaykh al-Libi che “dimostravano” il famigerato legame Osama Bin Laden – Al-Qaeda e che sono costate la vita a centinaia di migliaia di iracheni e non-iracheni. D’altronde, se le forze di sicurezza fossero nella posizione di poter verificare che la confessione del torturato è vera, perché allora avrebbero dovuto torturarlo? Se lo torturi è perché sai già abbastanza informazioni su di lui da poter estrarre le informazioni senza torturarlo, se non lo sai, allora diventa necessario torturare qualunque sospettato, per evitare di perdere per strada delle informazioni importanti. L’intero scenario non ha il minimo senso e può essere credibile solo per chi già gode nel sapere che i suoi nemici sono torturati, pur non avendo gli attributi di farlo in prima persona, devastando la sua psiche al punto da trasformarsi in un sociopatico/psicopatico, se già non lo è.

Questi scenari ipotetici hanno due enormi limiti.

Il primo è che esagerano l’efficacia della tortura e minimizzano le controindicazioni. Idealizzano la situazione, rendendola verosimile quando non lo è; l’astraggono, cancellando tutto quel che interferisce con lo scenario idealtipico che prediligono i fautori della legalizzazione della tortura.

Il secondo è che generano confusione e corruzione morale, perché discutendone astrattamente perdiamo di vista la realtà atroce di questo atto, la sua natura perversa. Ci desensibilizziamo, ci abituiamo all’idea, diventa meno impensabile, il tabù si erode progressivamente, riusciamo a mascherare le forti emozioni che motivano le nostre posizioni dietro una cortina di parole. La questione della tortura si riduce ad un gioco intellettuale, una partita tra retori, che serve solo a far circolare idee imprecise o sbagliate riguardo ad una pratica che dovrebbe invece essere destinata all’oblio, proprio come è successo alla schiavitù o alla segregazione di bianchi e neri. Quanto a questo, vale la pena di notare che la tortura viene vista più favorevolmente se è un islamico a subirla, meno se è un proprio connazionale, meno ancora se sono stranieri che torturano un proprio connazionale.

La più prosaica realtà è quella di un gran numero di innocenti torturati e nessun risultato concreto che non potesse essere raggiunto con altri mezzi:

http://fanuessays.blogspot.it/2011/11/in-italia-la-tortura-non-e-un-reato-e.html

Una fantasia iperattiva, ipercinetica genera una realtà fittizia dove la tortura è l’unica scelta giusta e simultaneamente oblitera la realtà effettiva delle cose. Una fantasia ipoattiva, letargica, impedisce invece di mettersi nei panni degli altri e di riflettere su ciò che si sta facendo e sulle conseguenze di ciò che si intende fare. Entrambe permettono di compiere il male sentendosi innocenti.

L’estetica maligna e l’utilitarismo fioriscono rigogliosi nelle condizioni emergenziali, giustificano la sospensione dei diritti civili e umani, la loro rivedibilità, la loro provvisorietà. L’intera popolazione diventa un ostaggio, uno strumento nelle mani di questi “fini” esteti e freddi calcolatori, che in realtà hanno soprattutto paura di affrontare la putredine che li divora.

MEMORANDUM (TRADOTTI) DEL DIPARTIMENTO DI GIUSTIZIA STATUNITENSE SUL WATERBOARDING

Su Lsdi e Giornalismo e democrazia la traduzione integrale dei memorandum del Dipartimento della giustizia Usa sui metodi ‘’duri’’ di interrogatorio della Cia resi pubblici da Obama.

I quattro pareri legali sono introdotti da un articolo di Matteo Bosco Bortolaso, che da New York ha seguito tutta la vicenda, e corredati da una scheda sugli ultimi sviluppi politico-giudiziari e dall’ articolo del New York Times che nell’ aprile scorso aveva accompagnato la pubblicazione dei documenti spiegandone genesi e taglio. La traduzione dei memorandum è stata curata da Valentina Barbieri, Matteo Bosco Bortolaso, Barbara Di Fresco, Andrea Fama e Anna Martini:

http://www.lsdi.it/2010/ma-che-torture/

PER APPROFONDIRE IL TEMA DELLA TORTURA IN ITALIA

http://insorgenze.wordpress.com/

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: