I nostri governi continuano a considerare la violenza contro le donne una questione di ordine pubblico o causa di “allarme sociale” invece che un problema culturale.
Nadia Somma, Fatto Quotidiano
Egli propone una soluzione finale del problema, la divisione dell’umanità in due parti diseguali. Una decima parte riceverebbe la libertà della personalità e un diritto illuminato sugli altri nove decimi. Questi dovrebbero perdere la personalità, trasformarsi come in una specie di gregge e per mezzo di una illuminata obbedienza raggiungere, attraverso una serie di rigenerazioni, l’innocenza primordiale, qualcosa come il paradiso primordiale, dove, tuttavia, dovrebbero lavorare.
Dostoevskij, “I demoni”
Cinque millenni di leadership patriarcale, in particolare per quello che attiene alla guerra, indicano che la psiche maschile resiste tragicamente ai processi di maturazione psicologica. Purtroppo i danni non sono limitati al genere maschile adulto, ma all’intera umanità ed all’ecosistema. Poteva forse essere utile nelle ere glaciali, quando la competizione era brutale, ma la tecnologia contemporanea rende superflua la competizione e agevola la collaborazione, se la buona volontà e l’interesse generale prevalgono.
Il patriarcato è, odiernamente, una patologia anacronistica, perché l’umanità si è evoluta al punto in cui abbiamo tutte le risorse a nostra disposizione e c’è solo bisogno di maturità psicologica, conoscenze scientifiche e tecniche, collaborazione, creatività, compassione e la sincera volontà di sviluppare una strategia di più equa ridistribuzione delle abbondantissime risorse.
La stragrande maggioranza delle persone affette da disturbo narcisistico di personalità e da socio/psicopatia è di sesso maschile. Maschi (o di donne dai tratti di personalità affini a quelli maschili) sono anche gli autori di quasi tutti gli stupri, atti di pedofilia, violenza domestica e omicidi. L’archetipo mascolino immaturo glorifica la guerra e l’aggressione, la prevaricazione, il “sesso forte” e preferirebbe l’estinzione alla prospettiva di non poter controllare e dominare. Perciò alimenta divisioni e contrapposizioni che favoriscono solo le personalità più sociopatiche, ossia completamente prive di scrupoli e compassione. Non è esagerato definirlo un cancro globale, dato che i suoi effetti sono devastanti (guerre, autoritarismi, terrorismo, tirannia dei mercati, austerismo, ecc.) e possono essere fatali in una civiltà munita di armi di distruzione di massa.
Il patriarcato è una patologia narcisistica e quindi è ossessionato dal controllo, dalla potenza, dalla purezza e dalla perfezione. Si alimenta di un desiderio irrefrenabile di controllare e dominare, soprattutto, ma non esclusivamente, le persone percepite come più deboli e vulnerabili. Auschwitz è la sua apoteosi, come anche i campi di lavoro sovietici e maoisti. Il senso di onnipotenza, grandiosità e rivendicazione nel narcisista impediscono alla coscienza di chi ne è affetto di cambiare, intossicato com’è da una fantasia di superiorità e dalla ferma convinzione che le sue opinioni siano indiscutibilmente corrette.
L’attribuzione di tratti caratteriali indesiderabile ad un’altra persona, l’idealizzazione di sé e di quelli che riteniamo rispecchino le nostre caratteristiche, la negazione delle imperfezioni, il rifiuto di essere e sentirsi vulnerabile, il desiderio di non dipendere dall’aiuto di nessuno, l’impulsività e l’ansia quando ci si sente minacciati, la proiezione sugli altri delle proprie responsabilità e colpe e l’incapacità di tollerare l’idea che si possa essere in disaccordo senza dover convertire l’altro al proprio punto di vista, per amor del quieto vivere e del pluralismo. Ogni volta che il suo controllo e visione di sé grandiosa e illusoria, costantemente e dolorosamente minacciata dalla realtà, sono messi a repentaglio, il narcisista reagisce categoricamente, con una rigidità manichea: “io sono buono, perfetto e giusto e chi non è d’accordo con me è cattivo, sbagliato e malvagio”. Le critiche causano ulteriori irrigidimenti. Il compromesso è insostenibile perché minaccia la sua onnipotenza.
È facile immaginare quanto ciò sia nocivo e tossico per il vivere democratico in una società con forti propensioni patriarcali. Nei casi estremi si manifesta una mentalità servo/padrone che si esprime attraverso le quattro classiche modalità: religione, sesso, razza/etnia e ceto.
Guai a noi se non saremo in grado di imparare a dissentire pacificamente e condividere le nostre risorse equamente. Se la coscienza maschile immatura, che può contagiare anche le donne (es. Thatcher, Merkel), continua a essere oscenamente avida e divisiva e non riesce a operare nel migliore interesse di ogni essere umano su questo pianeta, senza distinzione di religione, razza, etnia, educazione o status socio-economico, andremo incontro ad una brutta fine.
L’umanità, la nostra civiltà, se vuole sopravvivere, necessita di società eque, dove le risorse, le energie, la dignità siano assegnate e riconosciute equamente a uomini e donne. Più di tutto, dobbiamo costruire società in cui la violenza – psicologica e fisica e non solo verso le donne – sia tenuta sotto controllo, società in cui l’aggressività maschile possa trovare sbocchi costruttivi e creativi (come succede nell’arte, nell’esplorazione o nella ricerca tecnologica e scientifica, se non è pensata per applicazioni belliche), in ogni ambito della vita.
L’attuale società è troppo squilibrata in favore del mascolino e perciò non può che essere disfunzionale.
Franco said,
12 settembre 2013 a 09:46
praticamente confermi quanto asserisco sempre che, in senso lato, l’umanità è, psicologicamente, ancora all’età della pietra. Cioè lo sviluppo mentale dell’uomo non si è ancora evoluto come il livello tecnologico.
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stefano fait said,
12 settembre 2013 a 10:18
L’umanità è nell’età in cui è. Nell’età della pietra cannibalismo, tortura, infanticidio, stupro, pedofilia, la pulizia etnica, ecc. erano del tutto normali, oggi non lo sono. L’umanità evolve, con gradualità, fa dei passi indietro per prendere la rincorsa, salta e a volte cade, ma intanto procede. E’ eterogenea: ci sono milioni di psicopatici e milioni di superficiali ed egoisti; ma ci sono anche milioni di persone che fanno quel che possono per aiutare il prossimo e proteggere la natura. Ignorare tutto quel che c’è di buono nell’umanità può servire solo a giustificare quei misantropi che desiderano l’estinzione dell’umanità. Questi, se veramente si trovassero sull’orlo dell’estinzione della nostra civiltà e della nostra specie e se possedessero una coscienza, penserebbero con raccapriccio ed eterno rimorso alle loro parole.
L’evoluzione ci ha permesso di scegliere: possiamo scegliere di essere quelli dell’età della pietra, o possiamo essere altro. Una scelta che facciamo ogni giorno. Vale per gli uomini e anche per le donne.
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gianni said,
12 settembre 2013 a 10:41
io farei governare l umanita’ alle donne , andrebbe meglio , per quanto riguarda il femminicidio , deve essere il maschio a capire che mai nessuna donna gli apparterra’ anche se sara’ innamorato di lei o ha dei figli con lei , ce da dire che molta colpa ce la il nostro meridione soprattutto calabria e sicilia per la mentalita’ della sottomissione della donna , per non parlare dei paesi musulmani
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nino (@The_Chutzpah) said,
12 settembre 2013 a 12:13
guarda che il femminicidio è più forte al nord al nord. su quali dati ti basi per affermare ciò? i tuoi luoghi comuni? in ogni caso per me nord o sud non fa differenza. fin quando esiste il problema è di tutti.
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stefano fait said,
12 settembre 2013 a 13:03
Nino ha ragione. C’è molta violenza sulle donne anche nelle regioni alpine, purtroppo. Chiamare in causa nord e sud, continuando ad alimentare la divisione tribale dell’umanità in fazioni contrapposte, per la gioia degli oligarchi, è controproducente. Questo senza voler negare che le differenze ci sono, eccome, ma i rimedi vanno trovati assieme, senza tirare in ballo qualche tipo di eccezionalismo o suprematismo come stanno facendo gli americani in Medio Oriente, per fare un esempio concreto.
Un amico FB scrive: “Il punto è che per buona parte dell’umanità il solo pensare ad un alternativa del patriarcato significa inevitabilmente pensare al matriarcato, in modo del tutto binario, e non ad un qualcosa di differente che probabilmente non è mai esistito in nessuno contesto sociale”.
Mia replica: “Giustissimo. Chissà, magari da qualche parte una sintesi di questa dialettica c’è stata. In ogni caso gli umani hanno un’infinita inventiva. Le nostre menti non sono sistemi chiusi. Perciò qualcosa ci inventeremo, perché è nel nostro interesse farlo”.
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