Grillo non ha sposato la decrescita, ma molti elettori ed eletti del M5S sì
Maurizio Pallante
Non sono assolutamente a favore della decrescita; io sono per una crescita qualitativa e per un calcolo del Pil diverso come ha provato a dimostrare Joseph Stiglitz
Mauro Gallegati, braccio destro per le questioni economiche di Beppe Grillo
Diffido della decrescita come idea ma apprezzo la portata etica del richiamo al cambiamento degli stili di vita, occorre fare meglio con meno e in modo sostenibile per le nuove generazioni.
Walter Ganapini, co-fondatore di Legambiente, ex presidente di Greenpeace Italia
Sinora si è agito all’insegna del motto olimpico “citius, altius, fortius” (più veloce, più alto, più forte) che meglio di ogni altra sintesi rappresenta la quintessenza dello spirito della nostra civiltà, dove l’agonismo e la competizione non sono la mobilitazione sportiva di occasioni di festa, bensì la norma quotidiana ed onnipervadente. Se non si radica una concezione alternativa, che potremmo forse sintetizzare, al contrario, in “lentius, profundius, suavius” (più lento, più profondo, più dolce), e se non si cerca in quella prospettiva il nuovo benessere, nessun singolo provvedimento, per quanto razionale, sarà al riparo dall’essere ostinatamente osteggiato, eluso o semplicemente disatteso.
Alexander Langer
Prima di tutto, riflettete: gli oligarchi che governano il mondo si sono dimostrati a favore della crescita o dell’austerità (1929-2014)? Hanno favorito il progresso tecnologico (es. fusione fredda) o l’hanno ostacolato? Hanno favorito la diffusione della conoscenza o l’hanno ostacolata (es. brevetti e accesso salatissimo a riviste scientifiche)? Si sono comportati come signorotti feudali oscurantisti oppure come emancipatori dei singoli e dell’intero genere umano? Una società privata di reali prospettive di crescita è più facile o difficile da controllare, rispetto a una società in crescita, che sa quanto vale e avanza rivendicazioni che considera intrinsecamente legittime (quante rivoluzioni/rivolte/insubordinazioni di massa in Europa e Stati Uniti – quante nel Terzo Mondo)? Almeno su quest’ultimo punto, Marx aveva completamente ragione.
Chi ha lanciato il meme “decrescita”? Uno studio commissionato dal Club di Roma che ne ripudiò le conclusioni, ma non riuscì mai a dissociare il suo nome dal sensazionalismo che circondò quella che divenne presto la Bibbia dell’ecologismo.
I “decrescisti” non si curano di chi gli darà un lavoro, chi pagherà le loro pensioni e ricoveri quando saranno vecchi, o i loro sussidi di disoccupazione.
Latouche vada un po’ a sentire cosa ne pensano della decrescita (austerità pianificata e volontaria) gli immigrati, i rifugiati, i profughi, i precari, i disoccupati, gli abitanti dei paesi in via di sviluppo.
I decrescisti raccomandano una decrescita gestita al posto dell’austerità subita, ma non è chiaro che tipo di “governance” abbiano in mente e come questa potrebbe essere democratica. È possibile, lecito e morale vietare ad ogni imprenditore, centro di ricerche, agricoltore, commerciante, artigiano, giovane coppia, ecc. di intraprendere una qualunque iniziativa espansiva per evitare che l’effetto cumulato sia quello di una crescita? In che senso ciò sarebbe diverso dal programma di Pol Pot e dei Khmer rossi? Sarebbe, suo malgrado e con le migliori intenzioni, una società totalitaria, determinata a conservare ogni essere umano allo stato di bonsai.
La legatura dei piedi e il bonsai sono efficaci metafore per illustrare il tipo di restrizioni che dovrebbero prevenire il ritorno alla crescita e quindi all’espressione concreta dell’eccellenza dei singoli. Sarebbe una distopia falsamente egalitaria che abolirebbe per decreto e in nome di una presunta utilità collettiva tutto ciò che potrebbe distinguere una persona dall’altra, sancendo che il mero atto di far valere la propria personalità e dar forma materiale alla propria creatività e ai propri talenti è intrinsecamente sbagliato e disdicevole; in altre parole, che qualcosa è andato storto nell’evoluzione umana se ci si ostina a voler crescere.
http://fanuessays.blogspot.it/2012/01/janteloven-siamo-mughi-potremmo-essere.html
L’alternativa al capitalismo globalista sfrenato ed insostenibile è solo un’autarchia localista incapace di garantire un reddito a tutti? Non ci sono alternative tra un estremo e l’altro? Bianco o Nero? Obesità o anoressia?
Non è forse vero che l’ossessione crescista dipende dal fatto che le risorse non circolano e non vengono ridistribuite ma si concentrano nelle mani di pochi? Il benessere della civiltà umana dipende dal costante flusso di energia/risorse: la decrescita lo bloccherebbe allo stesso modo in cui lo bloccano le oligarchie del nostro tempo.
Il fatto che, dal 2011 in poi, sia sempre più difficile trovare interviste di Latouche (a proposito, se ama così tanto il mondo contadino e nel suo decalogo chiede una moratoria sull’innovazione tecnico-scientifica, perché continua a risiedere a Parigi?) in inglese, francese (!!!), spagnolo o tedesco, mentre abbondano in italiano, è significativo: provinciali eravamo e provinciali siamo rimasti – ci meritiamo proprio un profeta del localismo. Mi auguro solo che, prima o poi, anche l’Italia sappia recuperare il terreno perduto, superando questa fase di immaturità culturale ed intellettuale.
La differenza tra austerità recessiva e decrescita “felice” è quella che passa tra dissanguamento e donazione del sangue. La sera vai a letto presto in entrambi i casi, perché non ti reggi in piedi
http://goofynomics.blogspot.ch/2011/12/decrescita-de-che.html
[Sono in disaccordo con Bagnai sull’euro, ma qui non posso che sottoscrivere tutto il suo ragionamento: e cita pure Piga! ;o)].
Non potete permettervi di avere figli a causa dell’austerità? E’ un’ottima cosa per il bilancio demografico mondiale.
Il vostro datore di lavoro vi lascia a casa perché è costretto a contrarre la produzione? Perfetto: è esattamente quel che bisognerebbe fare comunque, crisi o non crisi.
Niente ferie quest’anno? Meglio! Meno inquinamento, meno consumi superflui. Il mondo vi sarà grato.
Pochi clienti nel vostro ristorante? Convertitelo in una trattoria ecosostenibile come quella in Danimarca che ha eliminato l’olio d’oliva italiano e il formaggio francese per sostituirli con l’olio di colza e lo yogurt skyr: poco importa se la gente è stufa dei sapori locali e, se decide di uscire la sera, è per provare qualcosa di diverso.
Se volete un esempio eclatante di dove conduca questa ideologia farneticante:
Più che di federalismo, si dovrebbe più correttamente parlare di localismo. Il paradigma perfetto di un localismo sano, non razzista ma neppure scioccamente egualitarista, si può trovare nella seguente formula: è cittadino con pieni diritti chi si prende cura del luogo che abita. Non tutti i residenti possono dirsi veri cittadini se non hanno una coscienza di luogo e non la mettono in pratica con la partecipazione attiva alle decisioni. Patrioti della propria città, della propria valle, del proprio monte, della propria regione storica e naturale: ecco i buoni localisti. Chi si estrania come se ciò che lo circonda non lo riguardasse dovrebbe perdere, ad esempio, i diritti politici…un’economia il più possibile locale, basata su filiere circoscritte, su una mobilità ridotta al minimo e sul recupero e ripopolamento della campagna agricola.
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11941
Non stupitevi: per loro stessa orgogliosa ammissione il patrono dei decrescisti è J.J. Rousseau (mito del buon selvaggio, Parigi = Sodoma e Gomorra, Sparta = società ideale, morte agli atei, plebiscitarismo). Ecco un’utile descrizione del pensiero di Rousseau (da Michel Onfray, “Illuminismo estremo. Controstoria della filosofia IV”, p. 13): “discredito gettato contro l’invenzione della stampa, colpevole di aver reso possibile la pubblicazione di tanti libri pericolosi; odio per il teatro che infiacchisce le coscienze e i corpi; genealogia difettosa della scienza e di tutte le arti; elogio dell’ignoranza; volontà di mantenere il popolo nell’obbedienza; messa in guardia contro ogni desiderio rivoluzionario; elogio di Sparta; difesa della pena di morte; esaltazione della rusticità, del lavoro manuale, dell’ignoranza, della fede e della religione, della disciplina militare; il tutto accompagnato da una critica dei lavori intellettuali, della filosofia e della metafisica. Un autentico breviario oscurantista”.
Scrive un’amica FB: “Ormai è come se ci fosse solo una grande area grigia in cui non si distingue più nulla. Tutto è opinabile. Tutti sono uguali. Se non riusciamo a recuperare qualche riferimento, rischiamo di non trovare più la via d’uscita“.
Purtroppo è in queste fasi che gli apprendisti stregoni possono avere successo. Maurizio Pallante [che è chiaramente animato dalle migliori intenzioni: ma la strada per l’inferno è lastricata di buone ed ingenue intenzioni] si ostina a ripetere che si può essere contro la decrescita solo se non la si conosce. Ma lui stesso classifica come misure di decrescita quelle che sono misure di sviluppo sostenibile (es. lotta agli sprechi, tutela dell’ambiente, riproducibilità delle risorse energetiche, qualità anteposta alla quantità, disciplinamento dell’avidità, del materialismo consumistico, dell’edonismo, giustizia sociale e ridistribuzione/condivisione delle risorse del pianeta):
Dopo aver convenientemente rimosso l’esistenza di un intero campo di ricerche multidisciplinari che include diversi premi Nobel, tra i quali Elinor Ostrom, l’economista dei beni comuni e della sostenibilità, tanto amata dalla sinistra riformista, proclama che la scelta è tra la decrescita (come la intende lui) e il turbocapitalismo. Il resto è fuffa. L’UNESCO è fuffa. Stiglitz (Nobel 2001) è fuffa. Amartya Sen (Nobel 1998) è fuffa. 3 premi Nobel non valgono nulla.
I decrescisti citano Robert F. Kennedy e la sua critica al feticcio del PIL come se fosse stato un paladino della decrescita. Ma né lui, né suo fratello avevano stilato programmi economici finalizzati alla “decrescita felice”: sarebbero stati presi per dei venditori di fumo o degli squilibrati. Quello in cui credevano era lo sviluppo sostenibile, come farebbe qualunque persona non superficiale, in grado di analizzare obiettivamente la realtà e che non scelga di schierarsi con la decrescita perché fa fico, perché è moralmente giusta, perché è ovvio che non ci sono alternative. Ci vuole l’umiltà di informarsi prima di prendere posizione ed informarsi significa esaminare le tesi al centro della controversia, non decidere che lo sviluppo sostenibile è una sciocchezza o un complotto degli industriali solo perché l’ha detto Pallante.
A questo punto l’obiezione diventa: “non è solo Pallante a dirlo, ma Nicholas Georgescu-Roegen”. Georgescu-Roegen, un economista rumeno-americano giustamente piombato nell’oblio (GOMBLODDO!! SVEGLIAAAA!!!11!): pensava che la Terra fosse un sistema chiuso – “La difficoltà principale consiste allora nell’impossibilità che le innovazioni continuino all’infinito in un sistema chiuso”.
Non esistono sistemi chiusi nell’universo a noi noto:
http://www.repubblica.it/scienze/2013/08/29/news/vita_marte_studio-65451371/
http://www.skynews.com.au/tech/article.aspx?id=907732&vId=4155783&cId=Tech
http://www.scribd.com/doc/59893206/Comets-and-Contagion-Evolution-and-Diseases-From-Space
http://www.amazon.com/Biological-Bang-Panspermia-Origins-Life/dp/0982955227
http://www.space.com/11478-alien-life-bacteria-hypergravity.html
http://www.space.com/13401-cosmic-star-dust-complex-organic-compounds.html
http://www.repubblica.it/online/cultura_scienze/influ/influ/influ.html
Le menti umane e il nostro pianeta non sono sistemi chiusi, in quanto scambiano energia con l’esterno e riducono l’entropia (aumentano la complessità, la diversità). Diversamente non ci sarebbe evoluzione. Perciò la premessa fondamentale della decrescita è assolutamente infondata: è un articolo di fede confutato dalla fisica (e astrofisica), dalla biologia (e astrobiologia) e dall’esperienza. Il decrescismo è un culto come tanti altri.
Un ispiratore di ben altro calibro del movimento per la decrescita è nientemeno che il biologo Paul Ehrlich. Oltre quaranta anni fa vendette circa 3 milioni di copie di un suo libercolo apocalittico intitolato “La bomba demografica” (1968) in cui (traduzione mia) dichiarava: “La battaglia per nutrire l’umanità è finita. Negli anni Settanta il mondo sarà colpito da carestie – centinaia di milioni di persone moriranno di fame a dispetto di tutti i programmi emergenziali intrapresi in questi anni… Non possiamo più permetterci di trattare solamente i sintomi del cancro della crescita della popolazione, il cancro stesso deve essere estirpato. Il controllo della popolazione è l’unica risposta”.
3 milioni di copie vendute!
La decrescita piace solo a chi non ha capito cosa sia e cosa implica.
Non solo non può risolvere i problemi del presente, ma è il perfetto strumento per trincerare lo status quo che vogliamo sovvertire introducendo un nuovo feudalesimo (N.B. il feudalesimo è il modello sociale antesignano del neoliberismo, con i feudi al posto degli oligopoli economico-finanziari).
Infatti Serge Latouche è diventato contemporaneamente un guru di CasaPound, dei Giovani Padani e di una certa sinistra amante delle idee più che della realtà quotidiana. Maurizio Pallante, intellettuale di riferimento del M5S per la decrescita, desidera che tutti divengano contadini, in quanto “quella contadina è l’unica civiltà“, un classico topos della destra reazionaria e filo-nazista (es. Jean Giono).
Come il collaborazionista Giono (quello de “L’ussaro sul tetto” e de “L’uomo che piantava gli alberi”), Latouche predica il ritorno al localismo, all’orticoltura, alla borgata autarchica sia dal punto di vista alimentare, sia da quello economico e finanziario.
Serge Latouche (parole sue), profeta della decrescita, auspica l’avvento di una dittatura che bandisca o spinga alla bancarotta multinazionali, grande distribuzione, industrie automobilistiche, compagnie aeree, agenzie turistiche, industria alberghiera, allevamento intensivo, agricoltura intensiva, trasporti merci, gran parte delle banche, borse, industria del lusso e della moda, le agenzie pubblicitarie.
Il commercio sarà limitatissimo, principalmente confinato alla propria “bioregione”, con valuta bioregionale. Il turismo sarà inesistente perché “bisogna avere i piedi ben piantati in terra” e “l’immaginazione ha le ali”, specialmente grazie a internet (almeno quello resta). Non dovendo camminare molto, si potrà anche fare a meno di quel mucchio di scarpe che abbiamo: due, tre paia sono sufficienti. Ma il numero giusto sarà stabilito dalla comunità.
Sì, Latouche ci vuole ridurre allo stile di vita delle tribù che ha studiato da etnografo, per “recuperare l’abbondanza perduta delle società di raccoglitori-cacciatori”, oppure riportare alle epoche oscure dopo la caduta dell’Impero Romano (decrescita felice al tempo delle carestie, epidemie, bande di predoni, guerre, anarchia, ecc.?).
Il problema è che a quel tempo eravamo molto meno numerosi, noi umani. Così suggerisce che la soluzione ideale sarebbe avere una popolazione mondiale ridotta a 3 miliardi di persone (c’è un surplus del 60-70% di umani: poco male). Ma si può anche provvedere a stabilizzare la crescita demografica e costringere la gente a mangiare molta meno carne (peccato che proprio la crescita economica e del benessere siano il fattore determinante per il calo demografico).
Felicissimi i russi e i cubani dopo il crollo dell’Unione Sovietica, quando il loro tenore di vita è sprofondato, causando un collasso demografico che la Russia deve ancora riassorbire (!), mentre Cuba (-35% del PIL tra 1989 e 1993), si è salvata da un analogo disastro solo grazie a Cina, Venezuela ed al turismo. Giulivi anche i cambogiani deportati da Phnom Penh nelle campagne dai Khmer rossi e morti a decine di migliaia.
Felicissimi i lavoratori europei, specialmente quelli tedeschi, di dover subire una costante riduzione del salario reale, cosicché tedeschi ed italiani si trovano assieme ai giapponesi in fondo alla classifica mondiale per tasso di natalità. L’asse delle culle vuote. Serge Latouche si compiace che i giapponesi siano stati felici di decrescere e che il buddhismo li abbia aiutati. Pensa che il confucianesimo possa attutire l’impatto psicologico della decrescita per i cinesi. I Giapponesi sono certamente molto lieti di non potersi permettere di pagare le pensioni per via del declino demografico che, nei prossimi decenni, si porterà via circa un milione di abitanti l’anno (!!!).
L’ideologia della decrescita non è altro che una dottrina neo-malthusiana che non si sostiene su un singolo dato socio-economico e storico. Scoprirete che la letteratura scientifica citata serve unicamente a dimostrare che l’attuale sistema è folle e completamente insostenibile. Non che la cosa ci colga di sorpresa. Di contro, nessun esempio storico di decrescita viene preso in esame per capire se la decrescita possa essere essa stessa sostenibile. Si dà per scontato che non ci possa essere uno sviluppo sostenibile, mentre la decrescita lo è per definizione. Un po’ come dire che la morte è più sostenibile della vita. Non è scienza, è dogma. Anzi, è verosimilmente apologia di genocidio.
La vita è crescita, la decrescita è atrofia e morte. L’intelletto decresce con l’invecchiamento, le civiltà decrescono con la decadenza e la scomparsa. La decrescita del Sole lo trasformerà in una nana nera. La decrescita di una specie la porta facilmente all’estinzione.
La decrescita del nostro sistema non sarebbe possibile senza un collasso demografico (es. catastrofe globale) o una dittatura planetaria che decretasse la composizione delle famiglie e decidesse chi può consumare cosa e a quali servizi pubblici (limitatissimi) può accedere.
Istruzione, sanità, previdenza sociale, trasporti, infrastrutture, ordine pubblico, energia, poste e telecomunicazioni, ecc.: ogni servizio considerato essenziale sarebbe ridotto ai minimi termini. Per non parlare della ricerca nel settore dell’energia nucleare (es. fusione fredda), delle rinnovabili, del risparmio energetico, dei nuovi materiali, della medicina, dei trasporti, dell’alimentazione, della tutela ambientale, delle esplorazioni spaziali, delle scienze cognitive. Non è chiaro come la Rete potrebbe essere alimentata.
Chi già possiede terreni (i ricchi latifondisti come il principe Carlo e tanti altri aristocratici europei non propriamente progressisti ed umanitari) sarà avvantaggiato, la gente comune urbanizzata dovrà accontentarsi di “quel che passa il convento”, morire d’inedia o suicidarsi. Gli abitanti delle megalopoli del terzo mondo morirebbero come mosche.
Sarebbe un’idea suicida per milioni di persone nell’Occidente e nel resto del mondo, che non avrebbero alcuna speranza di arrivare a fine mese. Chi si ostina a distinguere tra recessione e decrescita non sa quello che dice, si bea di astrazioni, non ha fatto due conti della serva, ha un reddito garantito – o pensa di averlo.
*****
Il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, socio fondatore del circolo del Movimento per la Decrescita Felice di Parma risponde alla domanda: “Pensa che il cambiamento di paradigma culturale proposto da Mdf sia davvero realizzabile?”
Tutti i cambiamenti non si possono fare da un giorno all’altro. Puoi promuovere correttamente gli orti sociali, giusto per fare un esempio, o i mercatini a km-zero (ne abbiamo aperti già due ma ne vorremmo attivare degli altri), oppure lo Scec, che stiamo cercando di lanciare, o ancora cercare modi per sostenere l’economia locale, ma è tutto collegato alla disponibilità di tempo. Per fare l’orto, infatti, hai bisogno di tempo; per andare a fare la spesa nei mercatini bio devi avere tempo; per occuparti dei figli o dei parenti anziani senza doverli affidare ad altri a pagamento perché tu sei sempre al lavoro hai bisogno di tempo. Si possono dare alle persone gli strumenti, ma se poi la maggior parte di queste, per vari motivi, non ce la fa (o non vuole), rischia di essere tutto vano.
mmmmh…
Mi accadde diverse volte di scorgere nei suoi occhi un’espressione di dolore e disappunto quando la realtà non corrispondeva alle idee romantiche che si era fatto, o quando qualcuno che amava o ammirava non riusciva a dimostrarsi all’altezza dei suoi inarrivabili standard.
Graham Greene, “Un Americano Tranquillo”
**********
La sindrome di Peter Pan è quella situazione psicologica in cui si trova una persona che si rifiuta o è incapace di crescere, diventare adulta e di assumersi delle responsabilità. La sindrome è una condizione psicologica patologica in cui un soggetto rifiuta di operare nel mondo “degli adulti” in quanto lo ritiene ostile e si rifugia in comportamenti ed in regole comportamentali tipiche della fanciullezza.
http://it.wikipedia.org/wiki/Sindrome_di_Peter_Pan
**********
L’autore, nel ruolo di un personaggio, suggerisce attraverso motivazioni economiche ed un convinto moralismo, di trasformare il problema della sovrappopolazione tra i cattolici irlandesi nella sua stessa soluzione. La proposta dell’autore consiste nell’ingrassare i bambini denutriti e darli da mangiare ai ricchi proprietari terrieri anglo-irlandesi. I figli dei poveri potrebbero essere venduti in un mercato della carne all’età di un anno per combattere la sovrappopolazione e la disoccupazione. Così facendo si risparmierebbe alle famiglie il costo del nutrimento dei figli fornendole una piccola entrata aggiuntiva, si migliorerebbe l’alimentazione dei più ricchi e si contribuirebbe al benessere economico dell’intera nazione.
L’autore offre un supporto statistico per le sue asserzioni e fornisce dati specifici sul numero di bambini da vendere, il loro peso, il prezzo ed i possibili modi di consumazione. L’autore suggerisce alcune ricette per preparare questo «delizioso» tipo di carne ed è sicuro che questa cucina innovativa darà spunto per ulteriori piatti. Anticipa, inoltre, che le pratiche di vendita e di consumo di bambini avranno positivi effetti sulla moralità familiare: i mariti tratteranno le loro mogli con più rispetto ed i genitori valuteranno i loro bambini in modi finora sconosciuti. La sua conclusione è che l’implementazione di questo progetto aiuterà a risolvere i problemi complessi dell’Irlanda in materia sociale, politica ed economica più di ogni altra misura finora proposta.
Quest’opera è ritenuta il più grande esempio di ironia nella storia della letteratura inglese.
Jonathan Swift, “Una modesta proposta: per evitare che i figli degli Irlandesi poveri siano un peso per i loro genitori o per il Paese, e per renderli un beneficio per la comunità”
http://it.wikipedia.org/wiki/Una_modesta_proposta
Un uomo che nasce in un mondo già occupato, se non può ottenere di che sussistere dai suoi genitori, verso cui è portatore di una giusta domanda, e se la società non vuole il suo lavoro, non ha il diritto di pretendere la più piccola porzione di cibo, e, di fatto, è di troppo in questo mondo. Nel grande banchetto della natura, non c’è alcun coperto vacante per lui.
Thomas R. Malthus, “Saggio sul principio della popolazione”, ed. 1803
Civiltà Scomparse said,
4 marzo 2013 a 23:25
Ciao, volevo chiederti, a questo proposito, cosa ne pensi di Giulietto Chiesa, che parla di insostenibilità del modello di sviluppo attuale, consumistico?
"Mi piace""Mi piace"
stefano fait said,
5 marzo 2013 a 00:15
Penso che la credibilità di una persona che continua a citare come autorevoli i pareri del Club di Roma, a dispetto delle innumerevoli profezie grossolanamente fuori bersaglio (recentemente ci hanno dati in via di estinzione entro il 2050 o giù di lì: ogni volta spostano in avanti la nostra data di scadenza, ma la loro misantropia resta intatta), sia piuttosto scarsa.
*****
Penso che la biosfera stessa è consumista (consuma per perpetuarsi) e che è ridicolo pensare che le risorse a nostra disposizione siano finite, dato che le nostre menti sono pressoché illimitate ed operano in un universo virtualmente illimitato.
Penso anche che lo sviluppo SOSTENIBILE sia l’unica maniera per non condannare a morte milioni di asiatici ed africani che vivono grazie ai nostri acquisti di moda economica (tra le varie cose). Finché la demografia umana non si invertirà (e pare che non dovremo attendere neanche troppo: per la fine del secolo saremo tornati al numero attuale, ma con un secolo di progressi tecnologici e, possibilmente, morali) non me la sento di decidere chi sia di troppo e chi non lo sia su questo pianeta, bloccando le importazioni di “superfluo” dal Secondo e Terzo Mondo.
Se G. Chiesa non ha problemi a farlo è affar suo.
E penso infine, diversamente da Pallante e Latouche, che la vita del contadino autosufficiente non è mai stata un giochetto e che non voglio vivere in un mondo in cui una dittatura globale stabilirà che impiego io debba avere in funzione delle previsioni di circoli di “tecnici” che preferiscono i numeri alle persone in carne ed ossa.
Il bolscevico in G. Chiesa è ancora lì, più virulento che mai.
"Mi piace""Mi piace"
andrea said,
16 marzo 2013 a 14:11
gli asiatici e gli africani vivono grazie alle nostre importazioni? hai un’idea di come vanno le cose in africa? il commerci di diamanti sostiene gruppi paramilitari che uccidono per avere il controllo delle miniere, si abbattono milioni di ettari di foreste per produrre cotone e tabacco e di questi commerci una quota miserevole va a chi lavora la terra, è comunque da da mangiare a molte meno persone di quante se ne potrebbero sostenere se quelle terre fossero destinate a produrre cibo per la popolazione. e questo avviene perchè le terre sono in mani ad occidentali o alle elite di quei paesi..il consumismo occidentale non fa bene a nessuno, soprattutto non ai paesi del terzo mondo.
"Mi piace""Mi piace"
stefano fait said,
16 marzo 2013 a 14:25
L’India è un esportatore netto di cibo pur avendo un terzo della popolazione sotto la soglia di povertà (lì la colpa non è dell’Occidente).
Centinaia di milioni di indiani e cinesi sono stati strappati dalla povertà grazie al commercio globale. Vai a chiedere a loro, negli slum delle metropoli indiane, se sarebbero contenti di veder chiudere le aziende (indiane) che li sfruttano e dover tornare nei paesini da dove provengono.
Uno dei gravi problemi di questi due giganti asiatici è propria l’idiota politica dell’austerità applicata nell’eurozona, che sta espandendo le nostre esportazioni e riducendo la domanda interna, con conseguenze nefaste per il mercato interno e per il secondo e terzo mondo.
"Mi piace""Mi piace"
Qual è il ruolo dell’umanità nell’universo? La crescita felice | Verso un Mondo Nuovo said,
5 marzo 2013 a 08:55
[…] mondo rilocalizzato, autarchico, privo di forze espansive e centrifughe, a ridottissimo pluralismo: https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/03/04/perche-grillo-non-crede-nella-decrescita-felice/ Il paradigma materialista ci sta già portando verso l’abisso e nuocendo all’ecosfera. […]
"Mi piace""Mi piace"
Civiltà Scomparse said,
5 marzo 2013 a 15:24
Grazie per la risposta. Io pure ho qualche dubbio su ciò che dice (da anni.)
"Mi piace""Mi piace"
stefano fait said,
5 marzo 2013 a 20:48
Lo scetticismo è sano, se non decade nel cinismo (“non c’è nulla di vero”). Un po’ di verità c’è dappertutto. Se non ci fosse stato un esile fondo di verità in certe idee di Hitler milioni e milioni di tedeschi (ed europei) non avrebbero scelto di auto-immolarsi per lui. Le “migliori” (più efficaci) menzogne sono sempre quelle che contengono parti di verità. Giulietto Chiesa sicuramente dice anche cose vere e penso che ce la stia mettendo tutta per fare del bene. L’importante è verificare tutte le asserzioni che incidono seriamente sulla nostra visione del mondo.
– il riscaldamento globale è causato dagli esseri umani?
– destra e sinistra sopno categorie superate?
– il progetto di unificazione europea e di unificazione dell’umanità è malvagio?
– la ricerca sull’energia atomica è una pratica futile, se non autodistruttiva?
– Assange era davvero un eroe senza macchia e senza paura, il Robin Hood dell’informazione?
– gli alieni sono veramente “alieni”?
– la realtà è come la vediamo?
– la dieta vegetariana è l’unica sana e sostenibile?
ecc., ecc.
Io dico/scrivo quel che penso e cerco di motivare le opinioni, ma ho cambiato idea tante volte negli ultimi anni: nel 2002 ero a favore della guerra in Afghanistan e non credevo che l’11 settembre fosse un inside job; qualche anno fa ero (tendenzialmente) vegetariano, davo per scontato che l’inquinamento fosse la causa principale del riscaldamento globale e mi ero candidato, localmente, con il PD, un partito che adesso mi ripugna (purtroppo); fino a un anno fa ero piuttosto euroscettico e non avevo problemi a vagheggiare di una possibile decrescita come soluzione ai nostri problemi; dopo Fukushima (che mi ha toccato personalmente) ero categoricamente contrario ad ogni possibile futuro impiego dell’energia atomica. Quel che è successo è che ho continuato a cercare, ad informarmi, e sono arrivato a capire che avevo torto e che ero in errore perché pensavo di essere sufficientemente preparato in ambiti in cui ero ignorante, ragione per cui non mi ponevo più domande. Ogni volta che mi sono accorto di aver avuto torto, ho anche capito che non era la fine del mondo. Anzi, correggere il tiro mi faceva stare meglio, mi infondeva fiducia, mi mostrava che anche le persone che avevano opinioni molto distanti dalle mie – se non erano fanatiche – avevano qualcosa di importante da insegnarmi.
Ora non riesco ad immaginarmi di poter vivere in altro modo.
"Mi piace""Mi piace"
Civiltà Scomparse said,
5 marzo 2013 a 23:53
Apprezzo il tuo porti apertamente come uno che non ha “la verità in tasca”, e che svolge un continuo lavoro di ricerca, anche sconfessando ciò che pensava fosse vero il giorno prima.
"Mi piace""Mi piace"
Michele said,
7 marzo 2013 a 23:17
Io vedo la società trasformarsi in un enorme società di decrescita imbonandoci il fatto di inquinare meno, consumare meno, depositare meno, produrre con meno materiale sia salutare, giusto e moralmente sano per la collettività. Io invece ci sento sempre puzza di bruciato e questo finto ecologismo fine a se stesso porterà ad un altro decadimento della società. La crescita è diventata ormai una parola che si usa in finti discorsi politici per imbonire la gente e fargli credere che qualcuno si interessi a loro. La crescita avviene quando l’istituzione pubblica di governo è in sintonia con la sua popolazione; solo allora ci può essere uno sviluppo e una crescita, fino ad allora c’è uno scollamento e ci vedremo calare le soluzioni sempre dall’alto, spacciandole per buone.
"Mi piace""Mi piace"
Come invertire il processo di desertificazione e sconfiggere la fame nel mondo | Informare per Resistere said,
10 marzo 2013 a 10:13
[…] E tanti saluti alla decrescita “felice” https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/03/04/perche-grillo-fa-bene-a-non-credere-nella-decresci… […]
"Mi piace""Mi piace"
Come invertire il processo di desertificazione e sconfiggere la fame nel mondo | NIENTE INGANNO said,
10 marzo 2013 a 10:20
[…] E tanti saluti alla decrescita “felice” https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/03/04/perche-grillo-fa-bene-a-non-credere-nella-decresci… […]
"Mi piace""Mi piace"
Come invertire il processo di desertificazione e sconfiggere la fame nel mondo | FiascoJob Blog said,
10 marzo 2013 a 10:20
[…] E tanti saluti alla decrescita “felice”https://versounmondonuovo.wordpress.com/2013/03/04/perche-grillo-fa-bene-a-non-credere-nella-decresci… […]
"Mi piace""Mi piace"
samuele said,
17 marzo 2013 a 21:23
Ti prego, continua così! Continua a dare aria alla bocca spiluccando tra blog e citazioni varie estemporate dal contesto e potrai essere preso a esempio di quanto fine a se stessa sia la “disinformazione popolare” che stai provando ad attuare. Il mio grazie più sincero, perchè finchè continuerai a scrivere su un blog che leggono si o no 10 malaugurati italiani alla settimana, i danni che potrai fare alla società saranno contenuti e sostenibili. D’altronde essendo una democrazia abbiamo l’obbligo morale di lasciar spazio ai tuoi sfoghi vani e lasciare che sia la prova dei fatti a dinostrarti, se lo vorrai, che di manifestazioni di superficialità e assurdi generalismi il mondo non ha bisogno.
"Mi piace""Mi piace"
stefano fait said,
18 marzo 2013 a 09:23
Questo messaggio è talmente emblematico che merita non solo di essere pubblicato ma di ricevere una particolare enfasi.
Contenuto argomentativo: 0 [e, di conseguenza, tasso di presunzione dell’autore: ragguardevole]
Contenuto sterilmente polemico: 100%
Utilità ai fini del dibattito pubblico: 0
I rest my case – con critici del genere la mente si assopisce.
"Mi piace""Mi piace"
Andrea da Rovereto said,
20 marzo 2013 a 19:39
Buonasera,
ho letto un libro di Latouche un paio di anni fa e da allora sono sempre stato piuttosto interessato al tema della decrescita.
Per questo motivo ho gradito molto questo post.
Sono dell’idea che, data l’attuale situazione italiana, una recessione non possa fare che male. Credo che far tornare il Paese a crescere sia una priorità.
Tuttavia, apprezzo la decrescita come “orizzonte lungo” per la nostra società, in particolare l’idea di coniugare l’esigenza di una salvaguardia ambientale con un cambiamento di mentalità, che possa portarci a dare più valore ad alcuni aspetti della nostra vita che vengono spesso trascurati.
"Mi piace""Mi piace"
stefano fait said,
21 marzo 2013 a 07:53
L’alternativa tra l’attuale crescita sospinta da un consumismo sfrenato e da una persistente finanziarizzazione dell’economia da un lato e la decrescita è falsa. Viviamo in un sistema in cui l’energia è sovrabbondante ma conviene a qualcuno che rimanga in un regime di scarsità artificiosa.
La coniugazione di energie rinnovabili e centrali al torio, assieme ad investimenti produttivi e non speculativi coordinati su scala continentale, permetterebbe all’intera popolazione mondiale di crescere in maniera sostenibile. Finché il resto del mondo non avrà raggiunto un livello di benessere paragonabile a quello dell’Occidente del dopoguerra, ossia in grado di mantenere un generoso stato sociale (la più grande affermazione della concretezza dei diritti umani nella storia e l’unica, vera garanzia di autodeterminazione per gli esseri umani) pensare alla decrescita è criminale. Non esistono altri termini. Se qualcuno vuole decrescere per conto suo, lo faccia pure, ma non si condannino miliardi di persone (e tutti quelli che devono nascere) a vivere nella precarietà in ossequio a modelli catastrofistici che sono già stati smentiti decine di volte in passato.
"Mi piace""Mi piace"
Giuditta Blandini said,
22 marzo 2013 a 15:03
Credo sia impossibile per noi umani smettere di sviluppare le nostre capacità, frenare la nostra voglia di conoscere, smettere di creare. E’ semplicemente nella nostra natura essere entusiasti, anche se col tempo l’acqua fredda che ci viene buttata addosso molto spesso riesce a spegnerci.
Quindi decidere di decrescere e dunque di smettere di creare è al di fuori delle nostre possibilità; se neghiamo la nostra natura diventiamo semplicemente infelici.
"Mi piace""Mi piace"
stefano fait said,
22 marzo 2013 a 15:24
Questa riflessione è vera ed esaustiva. Dovrebbe essere considerata sufficiente a dirimere la questione, ma così non sarà.
Forse non è un male, perché la varietà è l’anima dell’universo e i decrescisti sono una sfida stimolante.
Grazie Giuditta!
"Mi piace""Mi piace"
Jacob Needleman su finanza, ingenuità di massa e sul necessario cambiamento | Verso un Mondo Nuovo said,
24 marzo 2013 a 08:42
[…] o nostalgici di un comunismo anarchico à la Tolstoj, sono diventati iconoclasti e si augurano che la civiltà contemporanea sia presto ridotta in macerie e si torni a coltivare l’orto e far pa…(!!!). Da un eccesso all’altro: sempre nella logica della dismisura (hybris). Queste persone […]
"Mi piace""Mi piace"
Cosa motiva i fanatici del cambiamento climatico globale causato dall’uomo? | FiascoJob Blog said,
2 Maggio 2013 a 17:51
[…] 5 – I neo-luddisti vedono il controllo delle emissioni di anidride carbonica come una via per smantellare le economie industriali e realizzare la loro beneamata e letale “decrescita felice”. […]
"Mi piace""Mi piace"
Riccardo said,
12 agosto 2013 a 09:43
il problema e’ che nelle societa’ occidentali, come la nostra, per sostenere l’ideale consumista, si finisce per vivere per lavorare : lavori per comprarti la macchina per andare al lavoro….sei uno “sfigato” perche’non indossi capi all’ultima moda, perché non hai l’ultimo modello di telefonino, perché le vacanze non le fai a milioni (!) di chilometri da casa tua…ecc. Dopo aver letto parecchio sulla decrescita, sono arrivato alla personalissima conclusione che e’ molto meglio che tutto resti com’e’..e che sia io con il mio nucleo famigliare a decrescere…tra non molto mi trasferiro’ fuori citta’, nel verde con la mia compagna. La nostra e’ una scelta di decrescita…di downshifting…ma probabilmente teorizzarlo x tutta la societa’ e’ impossibile….anzi ti diro’ e’ rischioso…egoisticamente penso che affinche’ funzioni per pochi illuminati, bisogna che continuino ad esistere i “coglioni” (passami il termine, mi scuso..) che continuano a mantenere viva la concezione di societa’ dei consumi.
"Mi piace""Mi piace"
stefano fait said,
12 agosto 2013 a 13:06
Beh, questa mi sembra una posizione rispettabilissima. Personalmente ritengo che entro una generazione, una volta eliminati i blocchi artificiali imposti alla ricerca tecnologica e scientifica per mantenerci in uno stato di scarsità indotta, saremo in grado di sfruttare l’energia dei fulmini (un singolo fulmine può illuminare per diverse ore New York e sobborghi) e della fusione fredda e quindi gran parte del nostro impatto ecologico sarà ridotto al minimo, specialmente se perfezioneremo le nostre tecniche di riciclaggio. Inoltre la coscienza ecologica sta facendo passi da gigante e quindi il nostro futuro sarà sempre meno parassitario e sempre più creativo-simbiotico.
Saremo anche molto meno numerosi, perché le crisi che dobbiamo affrontare non saranno indolori, anzi.
Probabilmente era inevitabile. Però la cosa che conta è che non esiste una scelta secca tra status quo e ritorno alla natura o, per meglio dire, c’è modo e modo di tornare alla natura senza interrompere o addirittura invertire il percorso civilizzatore umano. Non devo ridiventare bambino per avere un’impronta ecologica inferiore, devo diventare un adulto maturo e ci aspettano alcune importanti lezioni.
"Mi piace""Mi piace"
Riccardo said,
12 agosto 2013 a 20:08
ritengo che se ad esempio l’ultimo modello di telefonino “rientra” nel paniere ISTAT…diventa cioe’ un bene irrinunciabile del nuovo consumatore, ad una persona come me fa persino comodo. Se immaginiamo le ore lavorative convertite in euro, un aggeggino tecnologico da 500 euro (ad esempio) di cui personalmente faccio tranquillamente a meno, significa per me molte ore di lavoro in meno….quindi l’esistenza di una moltitudine di persone che non puo’ farne a meno, finisce per tarare il modus vivendi globale su quell’esigenza…..permettendo a quelli come me di concentrarsi su cio che secondo me e’ veramente importante : il tempo libero e la vita privata.
"Mi piace""Mi piace"
Riccardo said,
12 agosto 2013 a 20:12
la liberta’ vera dovrebbe consentire una societa’ a due velocita’…..ma temo che alla lunga sarebbero capaci di mandare l’esercito a costringere la gente a mantenere certi orari di lavoro, certe necessita’ imposte, e una velocita’ diciamo “obbligata” da dover mantenere….
"Mi piace""Mi piace"
stefano fait said,
12 agosto 2013 a 20:20
Temo che sia proprio così. Ma un sistema del genere durerebbe poco, a meno che non fosse in grado di cancellare la memoria dei cittadini e di convincerli che non ci sono alternative. In ogni caso, se fosse estesa all’intero pianeta, sarebbe essenzialmente instabile, percorso da rivolte, colpi di stato e incapace di rendere felice una fetta considerevole dei suoi abitanti. Credo invece che nel nostro futuro, se ci sarà un drastico collasso demografico, si potrebbero sviluppare almeno due civiltà parallele e concorrenti e forse una terza, all’insegna della decrescita. Non sarebbe neanche troppo male, perché così si potrebbero testare 3 esperimenti sociali contemporaneamente e vedere chi se la cava meglio.
"Mi piace""Mi piace"
Riccardo said,
15 agosto 2013 a 09:17
e’ almeno una quindicina d’anni che vado dicendo (e preso per pazzo) che si va verso qualcosa di simile…credo che sia impossibile mantenere sopite certe pulsioni, sono convinto ( e lo sto vedendo coi miei occhi) che ci sara’ una sorta di “fuga” dalla societa’ dei consumi….si e’ gia’ cominciato con i GAS (gruppi di acquisto solidale), con molta gente che (come me) ha fatto la scelta di vivere in campagna..di “fuoriuscire”…in una citta’ come la mia (Genova) non si erano mai viste tante biciclette come oggi…ed io questo, per un mio preciso modo di pensare, lo giudico un segnale non da poco….
"Mi piace""Mi piace"
stefano fait said,
15 agosto 2013 a 10:01
Era già successo ai tempi della prima austerità, nel 1973-1974. In ogni caso Genova, come altre città, è troppo costosa da viverci per chi è precario o pensionato. L’Italia stessa è ridicolmente costosa. Una famiglia di miei amici ha assurdamente accettato di pagare c. 110 euro al giorno per stare in un bungalow a Bibione (!!!). Con prezzi del genere è ovvio che la gente va in piscina o fa le ferie all’estero. Ci sono troppe rendite in Italia e troppi che pensano che il prossimo sia un pollo da spennare e sparano affitti e conti allucinanti. In questo ambito la decrescita (delle pretese) sarebbe indispensabile.
"Mi piace""Mi piace"
La pace si conquista ogni giorno, dicendo no alle menzogne | Verso un Mondo Nuovo said,
31 agosto 2013 a 09:27
[…] si fonda sul profitto derivato da un regime di scarsità e competizione creato artificialmente – la “decrescita felice” eccita i plutocrati) sarà rivoluzionato in maniera completa e definitiva, a meno che le oligarchie non riescano ad […]
"Mi piace""Mi piace"