Il pareggio di bilancio, Tafazzi e il massacro dei Proci – Fermatevi, prima che sia troppo tardi!

A cura di Stefano Fait

http://it.wikipedia.org/wiki/File:Mnesterophonia_Louvre_CA7124.jpg

“Cari presidente Obama, presidente Boehner, capogruppo della minoranza Pelosi, capogruppo della maggioranza Reid, capogruppo della minoranza al Senato McConnell,

Noi sottoscritti economisti sollecitiamo che venga respinta qualunque proposta volta ad emendare la Costituzione degli Stati Uniti inserendo un vincolo in materia di pareggio del bilancio. Vero è che il Paese è alle prese con gravi problemi sul fronte dei conti pubblici, problemi che vanno affrontati con misure che comincino a dispiegare i loro effetti una volta che l’economia sia forte abbastanza da poterle assorbire, ma inserire nella Costituzione il vincolo di pareggio del bilancio rappresenterebbe una scelta politica estremamente improvvida. Aggiungere ulteriori restrizioni, cosa che avverrebbe nel caso fosse approvato un emendamento sul pareggio del bilancio, quale un tetto rigido della spesa pubblica, non farebbe che peggiorare le cose. Un emendamento sul pareggio di bilancio avrebbe effetti perversi in caso di recessione. Nei momenti di difficoltà economica diminuisce il gettito fiscale e aumentano alcune spese tra cui i sussidi di disoccupazione. Questi ammortizzatori sociali fanno aumentare il deficit, ma limitano la contrazione del reddito disponibile e del potere di acquisto. Chiudere ogni anno il bilancio in pareggio aggraverebbe le eventuali recessioni. […]. Anche nei periodi di espansione dell’economia, un tetto rigido di spesa potrebbe danneggiare la crescita economica perché gli incrementi degli investimenti ad elevata remunerazione – anche quelli interamente finanziati dall’aumento del gettito – sarebbero ritenuti incostituzionali se non controbilanciati da riduzioni della spesa di pari importo. Un tetto vincolante di spesa comporterebbe la necessità, in caso di spese di emergenza (per esempio in caso di disastri naturali), di tagliare altri capitoli del bilancio mettendo in pericolo il finanziamento dei programmi non di emergenza.

[…]

Nessun altro Paese importante ostacola la propria economia con il vincolo di pareggio di bilancio. Non c’è alcuna necessità di mettere al Paese una camicia di forza economica. Lasciamo che presidente e Congresso adottino le politiche monetarie, economiche e di bilancio idonee a far fronte ai bisogni e alle priorità, così come saggiamente previsto dai nostri padri costituenti. Nell’attuale fase dell’economia è pericoloso tentare di riportare il bilancio in pareggio troppo rapidamente. I grossi tagli di spesa e/o gli incrementi della pressione fiscale necessari per raggiungere questo scopo, danneggerebbero una ripresa già di per sé debole”.

Kenneth Arrow, Nobel per l’Economia 1972; Peter Diamond, Nobel per l’Economia 2010; William Sharpe, Nobel per l’Economia 1990; Eric Maskin, Nobel per l’Economia 2007; Robert Solow, Nobel per l’Economia 1987.

http://keynesblog.com/2012/03/12/lappello-dei-premi-nobel-contro-il-pareggio-di-bilancio/

“I leader politici devono riconoscere che quella imboccata è una strada sbagliata. Una overdose di risparmio non può che peggiorare la situazione. Tutto ciò ricorda un po’ il Medioevo: quando il paziente moriva si diceva che il medico aveva interrotto troppo presto il salasso, che il paziente aveva in sé ancora troppo sangue. Con questa cura sono stati trattati per decenni molti paesi emergenti iperindebitati, e spesso la cura è stata letale. Ora sussiste il pericolo che in Europa si ripeta qualcosa di analogo”.

Joseph Stiglitz, Nobel per l’Economia 2001, 12 aprile 2012

http://temi.repubblica.it/micromega-online/stiglitz-leuropa-soffre-di-troppa-austerita-ripresa-solo-con-laumento-della-spesa/

Viene fuori che seguendo un parametro molto importante – variazione del Pil reale da quando la recessione è iniziata – la Gran Bretagna sta facendo peggio di quanto fece durante la Grande Depressione. Dopo quattro anni di crisi, il Pil inglese era tornato ai livelli pre-crisi; quattro anni dopo l’inizio della Grande Recessione, la Gran Bretagna non è invece nemmeno lontanamente vicina a recuperare il terreno perduto. È la Gran Bretagna non è da sola. L’Italia sta facendo peggio di quanto abbia fatto nel 1930 – e con la Spagna chiaramente sull’orlo di una doppia recessione, sono tre grandi economie europee su cinque che stanno messe peggio che durante la Grande Depressione…Si tratta di un sorprendente insuccesso di politica economica. E lo è, in particolare, della dottrina dell’austerità che ha dominato la discussione politica delle elite in Europa e, per larga parte, degli Stati Uniti negli ultimi due anni.

Paul Krugman, Nobel per l’Economia 2008, 29 gennaio 2012

http://www.nytimes.com/2012/01/30/opinion/krugman-the-austerity-debacle.html?_r=1&partner=rssnyt&emc=rss

“Quello che ancor più preoccupa è il silenzio corale che ha accompagnato questo processo di modifica costituzionale in corso ormai da sei mesi, mentre in altri paesi europei su questi temi e sul connesso Fiscal Compact si stanno sviluppando discussioni e confronti assai vasti e in Francia si gioca la stessa campagna elettorale per le presidenziali. Questo fatto lascia allibiti. In un Paese come il nostro in cui su questioni di chiacchiericcio politico si fanno spesso campagne di stampa ampiamente sopra le righe, su un tema di così rilevante portata, che tocca un cardine della Costituzione e la strumentazione della politica economica presente e futura, il silenzio è totale. Questo mi fa pensare che, da un lato, in buona parte dei parlamentari, soprattutto fra quelli del centro-sinistra, non ci sia affattola consapevolezza di ciò che si sta approvando. Dall’altro lato che operi un silenzio interessato dei grandi mezzi di comunicazione, il cui orientamento politico-culturale è ampiamente a favore della politica neoliberista e del governo Monti. In sostanza, siamo a metà strada tra l’incultura e il calcolo politico”.

Lanfranco Turci su Micromega, 10 aprile 2012

http://temi.repubblica.it/micromega-online/no-al-pareggio-di-bilancio-in-costituzione/?printpage=undefined

Dopo l’approvazione alla Camera, nella seduta pomeridiana di martedì 17 aprile, il Senato voterà sulle modifiche agli articoli 81, 97, 117 e 119, introducendo verosimilmente l’obbligo del pareggio di bilancio in Costituzione, imposto dalla sottoscrizione del Fiscal Compact europeo, al quale peraltro non hanno saggiamente aderito Regno Unito e Repubblica Ceca (l’Irlanda lo sottoporrà a referendum e i no vinceranno, perché gli Irlandesi sono meno fessi di noi, forse da sempre).

La conseguenza, per noi, sarà che il deficit non dovrà superare il 3% del PIL, indipendentemente dalle congiunture nazionali ed internazionali.

Come detto, questa decisione impedirebbe ai governi di spendere per poter rilanciare l’economia con politiche espansive (maggiori investimenti pubblici per la ripresa, come fecero Roosevelt o Schacht, l’economista che salvò la Germania hitleriana dal baratro).

È come mettersi un cappio al collo che si stringe ogni volta che uno tenta di muoversi.

Tutto questo accade perché, incredibilmente, nonostante il paradigma neoliberista sia condannato da praticamente tutti, molti nostri parlamentari hanno deciso di appoggiare un governo dichiaratamente neoliberista (non l’ha mai nascosto, anzi, e di questo bisogna dargliene atto: ha agito alla luce del sole), confortati dal parere di un 20% di elettori di sinistra che credono che Monti sia di sinistra, ossia che il neoliberismo – l’ideologia social-darwinista del forte che per natura deve prevalere sul debole – sia compatibile con politiche di sinistra.

Questa modifica consentirà al Fondo Internazionale Salvastati, alla BCE, alla Commissione Europea, all’FMI, ai mercati – istituzioni non elette – di stabilire cosa sia giusto e sbagliato per l’Italia. Un passaggio fondamentale per il progetto “Stati Uniti d’Europa” che, con buona pace di Barbara Spinelli, è la tomba delle aspirazioni europeiste del celebre Manifesto di Ventotene.

Il malcontento e la confusione serpeggiano tra la gente, i partiti pensano alle Grandi Coalizioni (Grandi Inciuci), i sindacati abbozzano. Il terreno è fertile per la transizione da una tecnocrazia autoritaria ad un regime post-costituzionale, magari con l’avvento di una “nuova forza politica”, “né di destra, né di sinistra”, che si proponga come paladina dello stato di diritto, dello stato sociale, della giustizia sociale, ecc.

È già successo dopo il cancellierato dell’austerità di Heinrich Brüning in Germania (1930-1932) e stava per succedere anche negli Stati Uniti, dopo l’amministrazione dell’austerità di Herbert Hoover (1929-1933). Ora, poiché nessuno può essere così stupido da commettere errori così mastodontici due volte, c’è malafede. Qui, molto semplicemente, si sta cercando di uccidere proditoriamente la democrazia:

http://www.informarexresistere.fr/2012/03/23/e-in-fondo-al-tunnel-dell%E2%80%99austerita-neoliberista-gia-si-scorge-la-nostra-sorte%E2%80%A6fascismo-o-rivoluzione/#axzz1s6AMkI2H

L’idea di base è che quando avremo raschiato il fondo del barile e saremo pronti a votare per un fronte di salvezza nazionale, improvvisamente spunterà lo Schacht di turno che farà esattamente l’opposto di Monti e ci riporterà a galla, come premio per la nostra rinuncia alla democrazia, per la nostra accettazione del golpe occulto, la rivoluzione reazionaria che dovrebbe porre fine alle conquiste sociali più importanti.

Falliranno, perché c’è internet e quasi tutti, direttamente o indirettamente, hanno accesso ad una mole di informazioni quasi illimitata.

COSA SUCCEDERÀ?

La disoccupazione aumenterà senza sosta e, dai e dai, anche i politici più lenti di comprendonio capiranno, tardi, che è come dinamite pronta ad esplodergli tra le mani. E lo farà. Il collasso del sistema economico e la rivelazione della continua sequela di menzogne che hanno mascherato la realtà produrranno un gigantesco choc nella popolazione. Anche le forze dell’ordine saranno colpite duramente dalla presa di coscienza dell’inganno e cambieranno la percezione del loro rapporto con l’establishment.

L’indignazione si tradurrà in “ira funesta”, che si diffonderà man mano che la classe media impoverita, disperata per la volatilizzazione dell’illusione che prima o poi ci sarà un rilancio dell’economia, si unirà ai cittadini che già vivevano sotto la soglia di povertà: ci saranno senzatetto ed emarginati fianco a fianco di accademici, avvocati e persino membri delle forze dell’ordine e dell’esercito (“siamo il 99%!”). I media nazionali saranno screditati e sostituiti da quelli locali e specialmente dalle radio. Certi comici, già popolari, diventeranno dei veri e propri eroi (“una risata li seppellirà!”).

Il fatto che una maggioranza parlamentare tale da scongiurare la necessità di indire un referendum costituzionale abbia votato alla Camera in favore della riforma dimostra che il conformismo, l’ignoranza e la malafede prevalgono in quelle “auguste sedi”. Anch’io, come Lanfranco Turci, sono straconvinto che moltissimi, tra loro, siano semplicemente beoti, altrimenti si renderebbero conto che decisioni così tremende, prese senza consultare i cittadini, servono solo a spianare la strada ad una rivolta di massa, potenzialmente una vera e propria rivoluzione. Perdona loro, perché non sanno quello che fanno: chi li ha manovrati li darà in pasto alle folle inferocite.

Tafazzi è un personaggio comico, votato al lieto fine, qui, invece, le cose non possono finire bene.

La gente non accetterà mai di immiserirsi senza fare qualcosa e la borghesia sta già capendo che è in atto un trasferimento di beni dalla classe media ai ricchi e che sarà la più duramente colpita. È facile immaginare quale sarà la sua furia.

Le leggi liberticide e i meccanismi di controllo e sorveglianza della popolazione già introdotti nel Regno Unito e in Spagna potranno ben poco. Solo degli illusi potrebbero davvero credere di poter fermare o incanalare un 1789 su scala globale (un 1848 all’ennesima potenza), per di più alla luce della retorica umanitaria della NATO. Infatti, come potrebbero mai giustificare un qualunque trattamento della loro stessa popolazione che si avvicinasse anche solo a quello egiziano e tunisino? Sono inchiodati ai loro stessi proclami, prese di posizione, appelli, denunce, crociate.

Alla fine, si raccoglie quel che si semina. Non si scappa.

Proveranno a reindirizzare la rabbia popolare anti-capitalista verso sviluppi anti-democratici, con il Grande Progetto di un movimento politico ultrapopulista, un contenitore di tutto e di niente, una scatola vuota, uno specchietto per le allodole. Ma non vedo come la cosa possa funzionare nell’era dell’informazione istantanea. L’Europa non è la Germania di Weimar, il mondo è cambiato e lo stesso pianeta è cambiato: si scuote, si scalda, si ghiaccia, esplode, è inquieto.

Non hanno alcuna chance.

Peggio per loro.

Resta il fatto che è pazzesco che le cose debbano finire così. Pazzesco. Sembra di vivere in un incubo in cui tutto ciò che potrebbe essere evitato diventa immancabilmente una realtà funesta.

Perché lo fanno? Chi li manovra? Come possono essere così ebeti? Chi può essere così visceralmente avido ed egoista da andare avanti in ogni caso, pur avendo capito che là in fondo c’è il baratro? Solo uno psicopatico.
Siamo dunque governati da un mucchio di stolti manipolati da una cricca di psicopatici?

È  come se i Proci avessero preso il controllo di Itaca.

Tutto questo è surreale.

Politici italiani di buona volontà e coscienza, mostrate senso di responsabilità ed un minimo di lucidità e fermatevi prima che sia troppo tardi per tutti!

RICORDATEVI DI ANFINOMO!

9 commenti

  1. stefano fait said,

    16 aprile 2012 a 09:18

    La riforma costituzionale sul pareggio di bilancio introduce un cambiamento epocale nella gestione della politica economica, che condannerà lo stato sociale a un lento declino. Con la complicità della sinistra, il cui silenzio di questi giorni è sempre più assordante.

    Il testo, scritto dal governo Berlusconi e da stamattina in discussione al Senato per la seconda approvazione, promuove a principio costituzionale uno degli approcci di politica economica più liberisti della nostra epoca, secondo cui la spesa pubblica in deficit, cioè non interamente finanziata dalla tassazione, è intrinsecamente sbagliata. In pratica non sarà più possibile emettere titoli del debito pubblico per finanziare la spesa, a meno che non ricorrano determinate condizioni.

    Diversi analisti hanno osservato che sarà comunque facile per le forze politiche accordarsi per aggirare il nuovo testo costituzionale, e che questo ridurrà ulteriormente la trasparenza dei conti pubblici (si veda per esempio il contributo di Tito Boeri e Fausto Panunzi su La Voce).

    Ma non è questo il punto. Di fatto, la nuova formulazione della Costituzione implica il rifiuto dell’idea che lo stato sociale sia una istituzione fondamentale del nostro sistema economico e sociale.

    È praticamente impossibile istituire uno schema pubblico di protezione sociale in pareggio di bilancio. È vero che in Italia tali schemi esistono già e non dobbiamo certo cominciare da zero. Ma il nostro stato sociale versa da almeno due decenni in una profonda crisi e necessita di riforme strutturali per poter garantire con efficienza un livello accettabile di servizi essenziali quali la sanità e l’assistenza. Tali riforme costano e, considerando la situazione di forte stress fiscale cui è gia sottoposto il nostro paese, non sarà facile finanziarle con la tassazione. Adesso, con l’approvazione della riforma, non si potrà più ricorrere nemmeno al debito pubblico per il finanziamento.

    Per quanto riguarda invece il breve periodo, la riforma avrà probabilmente effetti recessivi e, attraverso la diminuzione della spesa, penalizzerà le categorie più deboli, aumentando la polarizzazione nella distribuzione dei redditi e del benessere e provocando un ulteriore peggioramento della coesione sociale.
    L’idea di legarsi spontaneamente le mani nella gestione della politica economica sembra tanto più autolesionista se consideriamo la congiuntura in cui la riforma sta per essere approvata, cioè nel mezzo di una crisi economica gravissima che già ha peggiorato sensibilmente le condizioni di vita della popolazione.

    Si tratta insomma di una iniziativa di importanza epocale, dettata da un approccio teorico fortemente ideologizzato (a destra) che spesso si tenta di far passare come neutrale e fondato su basi esclusivamente scientifiche.

    Uno degli aspetti più grotteschi della trasformazione istituzionale in corso è il silenzio-assenso della sinistra. Come ha giustamente sottolineato Lanfranco Turci su MicroMega, in tutte e tre le votazioni sulla riforma (le prime due alla Camera e la terza in Senato), il Parlamento si è espresso con un voto quasi unanime. Il ruolo del Pd, unica formazione di centrosinistra presente in aula, è a dir poco imbarazzante e sembra tradire una sostanziale ignoranza della sostanza profonda della riforma che si sta approvando.

    Il problema non è soltanto di sostanza ma anche di forma. Il Network per il socialismo europeo ha recentemente rivolto un appello ai Senatori della Repubblica perché rinuncino all’approvazione della riforma durante la legislatura corrente.
    Il Parlamento in carica infatti ha seri problemi di rappresentatività democratica, ma può prendere provvedimenti di importanza capitale grazie a una maggioranza bulgara dovuta alla “alleanza” programmatica tra Pd e Pdl. Ciò rende molto probabile l’approvazione del testo da parte dei due terzi del Parlamento, soglia che implica l’impossibilità di sottoporre la riforma a referendum popolare.

    Si potrebbe obiettare, come ha fatto recentemente Emilio Carnevali su MicroMega, che il Parlamento in carica è stato eletto democraticamente ed è quindi del tutto legittimato a intervenire su qualsiasi materia di sua competenza. È una obiezione politicamente discutibile. Come ricorda l’appello del Network, la maggioranza dei due terzi sarà calcolata su una assemblea eletta mediante la legge “porcata” che ha impedito a milioni di cittadini di far pesare il loro voto nell’ultima tornata elettorale. Inoltre, la convergenza programmatica tra Pd e Pdl non è certo stata sottoscritta dagli elettori dei rispettivi partiti al momento del voto.

    La riforma sul pareggio di bilancio, che avrà conseguenze importantissime sulle vite nostre e delle generazioni che seguiranno, dovrebbe essere discussa da un nuovo Parlamento.

    Fabio Sabatini
    (11 aprile 2012)

    http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2012/04/11/pareggio-di-bilancio-e-declino-del-welfare-dove-la-sinistra/

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  2. stefano fait said,

    16 aprile 2012 a 09:23

    ‎”Non parlateci di pareggio di bilancio in Costituzione, sarebbe castrarsi da ogni politica economica”.
    Così conclude il suo intervento Pier Luigi BERSANI alla relazione del Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, 11 agosto 2011.
    http://www.agenparl.it/articoli/news/politica/20110811-crisi-bersani-pareggio-di-bilancio-e-castrazione-di-politiche-economiche

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  3. 18 aprile 2012 a 07:35

    […] Il pareggio di bilancio entra in costituzione Il pareggio di bilancio, Tafazzi e il massacro dei Proci – Fermatevi, prima che sia troppo tar… Nessun altro Paese importante ostacola la propria economia con il vincolo di pareggio di […]

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  4. 19 aprile 2012 a 14:16

    La Costituzione consente un’ulteriore integrazione europea?
    “Penso che i margini di manovra si siano in gran parte esauriti”.
    E se la politica volesse procedere oltre?
    “La costituzione tedesca garantisce l’inviolabilità della sovranità statuale. Essendo ancorata alla Costituzione, essa non potrebbe essere accantonata neppure per mezzo degli emendamenti costituzionali. Le modifiche della Costituzione concernenti i principi strutturali – democrazia, stato di diritto, stato sociale, federalismo – sono inammissibili”.
    La sovranità di bilancio del Parlamento potrebbe essere parzialmente trasferita alle istituzioni europee?
    “Non c’è più molto spazio per una cessione di ulteriori competenze all’Unione Europea. Se si volessero varcare questi limiti – il che può anche essere politicamente legittimo e desiderabile –, in quel caso la Germania dovrebbe darsi una nuova costituzione. Ma allora si renderebbe necessaria una consultazione referendaria. Non si possono fare queste cose senza il popolo”.
    Andreas Vosskuhle, presidente della corte costituzionale tedesca, „Mehr Europa lässt das Grundgesetz kaum zu“, Frankfurter Allgemeine, 25 settembre 2011

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  5. 31 luglio 2012 a 09:36

    […] Una cifra mostruosa che lascia aperte due sole possibilità: o il patto non viene rispettato, o cond…. […]

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  6. 14 agosto 2012 a 10:04

    […] Mentre l’Olanda si prepara a mandare a casa il governo neoliberista, in Francia ci si mobilita contro lo scellerato fiscal compact, cioè la violazione di ogni principio di buon senso nel campo della macroeconomia. […]

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  7. 16 novembre 2012 a 15:08

    […] Una cifra mostruosa che lascia aperte due sole possibilità: o il patto non viene rispettato, o cond…. […]

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  8. 16 novembre 2012 a 15:19

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