La Guerra al Terrore arriva in Mali – l’intervento anglo-franco-americano

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“Ciò che ci ha veramente colpito è quanto avanzato sia il loro equipaggiamento e il modo in cui sono stati addestrati ad usarlo …” ha dichiarato un funzionario francese. “All’inizio pensavamo che sarebbe stato solo un gruppo di tizi armati di pistola che circolavano coi loro pick-up, ma la realtà è che sono ben addestrati, ben attrezzati e ben armati. Si sono armati in Libia di un sacco di apparecchiature sofisticate, molto più robusto ed efficace di quanto avremmo potuto immaginare” [li avete armati, avete chiuso un occhio quando saccheggiavano gli arsenali di Gheddafi e ora ce li avete contro: chi è causa del suo mal…]

http://www.bbc.co.uk/news/world-europe-21002918

Un intervento armato internazionale è destinato ad aumentare l’entità delle violazioni dei diritti umani a cui stiamo già assistendo in questo conflitto… All’inizio del conflitto, le forze di sicurezza del Mali hanno risposto alla rivolta bombardando civili tuareg, arrestando, torturando e uccidendo la gente tuareg apparentemente solo per motivi etnici. L’intervento militare rischia di innescare nuovi conflitti etnici in un paese già lacerato da attacchi contro i Tuareg e altre persone di pelle più chiara.

http://www.amnesty.org/en/news/armed-intervention-mali-risks-worsening-crisis-2012-12-21

7 Gennaio 2013: In Libia la polizia non c’è: ci sono le milizie. Lo Stato non c’ è, ci sono le tribù, le città, i gruppi di potere, le fazioni religiose. La gente è evidentemente frustrata dalla mancanza di sicurezza, seguita alla caduta dell’ex Rais. Molti gruppi islamici, che hanno aiutato a mettere fine alla dittatura del colonnello, non vogliono sciogliersi né accettare di entrare nelle forze dell’ordine. Essi agiscono spesso come bande di fuorilegge, attaccando gruppi e persone che non ubbidiscono alla loro visione di un islam fondamentalista. Anche la morte dell’ambasciatore Usa Chris Stevens è il frutto di una situazione di caos che regna in Libia nel dopo Gheddafi. È ancora presto per delineare con esattezza il ruolo salafita nel panorama politico mediorientale, ma di certo non lo si può ignorare.

http://www.linkiesta.it/salafiti-primavera-araba-egitto#ixzz2HlPKAllp

Che la situazione in Mali fosse potenzialmente esplosiva era evidente da tempo. Come è evidente la strategia destabilizzante di Francia e Stati Uniti: Gheddafi è caduto per volontà francese, e con lui è caduto uno dei principali nemici commerciali di Parigi”. Con una Libia poco influente e filo-europea, la politica estera francese ha consolidato uno spazio coloniale che collega l’esagono al Congo, tramite gli stati amici di Ciad, Niger, Camerun e tutto il corno d’Africa francofono, Costa d’Avorio e Mali inclusi. “A questo – sottolinea il ricercatore – si uniscono gli interessi U.S.A: la penetrazione commerciale nord-americana parte dal Ghana e mira alle risorse di tutto il Sahel. Destabilizzare quest’area diventa dunque un mezzo per giustificare un intervento armato e riaffermare interessi neo-coloniali”.

Marco Massoni, studioso del Centro Alti Studi per la Difesa

http://www.unimondo.org/Notizie/Mali-una-esplosiva-crisi-nascosta-136701

Non è il caso di gridare all’usurpazione perché il Mali è di fatto uno stato fallito. Due terzi del territorio sono occupati dai ribelli e a Bamako, la capitale, c’è un precario condominio fra una giunta militare e un governo civile provvisorio insediato dall’esercito impegnati in una gara a chi è più irresponsabile e impotente. Il beau geste di Parigi diventa per ciò stesso ancora più insensato e ipocrita perché non sarà facile per nessuno ristabilire la sovranità in quel che resta del Mali. Per parte sua, il capitano Sanogo, autore del colpo di stato del marzo 2012 contro il presidente in carica e di un secondo colpo in dicembre per togliere di mezzo un capo del governo che si era rivelato indigesto, non ha nascosto di giudicare forze «neocoloniali» tutti coloro che si prodigano per «aiutare» il Mali senza distinguere apparentemente fra paesi vicini e grandi potenze.

Gian Paolo Calchi Novati, Il vizio coloniale, Il Manifesto, 13 gennaio 2013

Il ruolo che l’emiro del Qatar Hamad Bin Khalifa Al-Thani e i suoi diplomatici stanno svolgendo in Mali è al centro di indiscrezioni,  proprio mentre il paese sprofonda nell’abisso della disgregazione. Da mesi si parla di trasferimenti di denaro da parte del monarca multimiliardario ad Ansar Dine e al Movimento per l’Unicità e la Jihad nel Africa Occidentale (Mujao), i gruppi che insieme ai tuareg di Mnla controllano il triangolo Kidal-Gao-Timbuktu e destabilizzano il Sahel in affiliazione con al Qaeda nel Maghreb islamico. Una questione spinosa per Francia e Stati Uniti, da anni vicini all’emirato qatariota.

http://www.meridianionline.org/2012/12/22/ruolo-diplomatico-qatar-mali/

Il Qatar, alleato di Francia e Stati Uniti, finanzia i salafiti anti-Gheddafi in Libia ed anti-Assad in Siria, con l’entusiastica approvazione di entrambi, ma anche quelli del Mali, bombardati dai francesi dopo essere stati armati anche dai francesi in Libia (!). Fino al 2011 Gheddafi ed Assad erano eroi dell’Occidente perché contrastavano anche con la forza il fondamentalismo islamico e partecipavano alla Guerra al Terrore, oggi l’eroe è Hollande, perché fa lo stesso in Mali (ma non in Siria, dove le agenziedi stampa internazionali ci informano che siamo alleati di Al-Qaeda).

La buona, vecchia Guerra al Terrore. L’ancor più classica e rassicurante ingerenza umanitaria. E, immancabile, arriva il rafforzamento ed irrigidimento delle misure di sicurezza previste da Vigipirate (in una nazione con una fortissima percentuale di residenti di origine araba e maghrebina):
La guerra contro il terrorismo è una guerra di durata indeterminata contro un nemico sconosciuto. Ha permesso di introdurre leggi eccezionali nel diritto comune con il consenso della popolazione, sottolinea Dan van Raemdonck, vice-presidente della Federazione Internazionale per i Diritti Umani. Si è banalizzata la nozione di controllo. Le persone hanno finito per accettare di essere sorvegliate, controllate, con il pretesto che non hanno niente da nascondere. Siamo entrati nell’era del sospetto…L’ultima versione del piano, in vigore dal gennaio 2007, è fondata su un chiaro postulato: ”la minaccia terrorista dev’essere ormai considerata permanente”. Vigipirate definisce delle misure applicate da quel momento in tutte le circostanze, ”anche in assenza di segni precisi di minaccia” (Le Monde, 9 settembre 2011).
http://sois.fr/fileadmin/pdf/11_sett_2011.pdf

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L’aviazione francese ha cominciato a bombardare i talebani (e lo sono e alcuni di loro sono pure narcotrafficanti!) del Mali (e ha già perso due elicotteri ed un pilota in poche ore) mentre Hollande grida “Al-Qaeda! Al Qaeda!” (se non avesse chiamato in causa Al-Qaeda avrei anche potuto ipotizzare che potesse trattarsi di un’autentica missione umanitaria) ed interviene per puntellare un sistema di potere corrotto fino al midollo, tanto che la popolazione era favorevole ad un golpe militare contro il governo “democraticamente” eletto (dopo aver annullato un quarto dei voti, perché “scomodi”), autocratico nei fatti e che intascava gran parte degli aiuti allo sviluppo:
http://www.lrb.co.uk/v34/n16/bruce-whitehouse/what-went-wrong-in-mali

Gli inglesi hanno assicurato il loro appoggio logistico ed una brigata americana (3500 uomini) è pronta ad essere schierata in Mali (paese ricco d’oro, uranio e gas naturale).

http://www.armytimes.com/news/2012/06/army-3000-soldiers-serve-in-africa-next-year-060812/

Ci siamo di mezzo anche noi, giacché la loro sede operativa è alla Caserma Ederle di Vicenza:

http://www.disarmo.org/rete/a/36791.html

Catherine Ashton preannuncia il coinvolgimento europeo nel Mali

http://www.ilmondo.it/esteri/2013-01-10/mali-ashton-missione-addestramento-ue-necessaria-urgente_175208.shtml

per combattere quegli stessi jihadisti che, stando al rapporto del West Point Combating Terrorism Center da Bengasi sono arrivati in Afghanistan e Iraq,

http://www.scribd.com/doc/111001074/West-Point-CTC-s-Al-Qa-ida-s-Foreign-Fighters-in-Iraq

per poi tornare in Libia a combattere contro Gheddafi e in Siria contro Assad (dopo tutto sono dei mercenari):

http://uk.reuters.com/article/2012/08/14/uk-syria-crisis-rebels-idUKBRE87D06M20120814

http://edition.cnn.com/2012/07/28/world/meast/syria-libya-fighters/index.html?iid=article_sidebar

http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/africaandindianocean/libya/8919057/Leading-Libyan-Islamist-met-Free-Syrian-Army-opposition-group.html

http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/middleeast/syria/8917265/Libyas-new-rulers-offer-weapons-to-Syrian-rebels.html

http://www.albawaba.com/news/libyan-fighters-join-free-syrian-army-forces-403268

Una parte di questi mercenari fondamentalisti, terminato il servizio in Libia, si è spostata nel vicino Mali, seguendo i compagni d’arme berberi maliani, e portandosi dietro le armi saccheggiate nei depositi del regime:

http://abcnews.go.com/Blotter/al-qaeda-terror-group-benefit-libya-weapons/story?id=14923795

Per usare un eufemismo, questi guerriglieri non amano i neri. Non li amano in Libia, non li amano nel Mali:

http://www.corriere.it/esteri/11_ottobre_16/cremonesi-incendi-terrore-caccia-uomo_75667202-f7c6-11e0-8d07-8d98f96385a3.shtml

http://www.ilfoglio.it/soloqui/10804

Adesso il Nord berbero è contrapposto al Sud “nero” anche se i berberi volevano solo l’autonomia ed erano contrari al fondamentalismo:

http://www.unimondo.org/Notizie/I-tuareg-e-la-difficile-partita-dell-indipendenza-136881

Quanti dei 120 morti erano guerriglieri jihadisti e quanti erano tuareg o civili?

La cosa terminerà verosimilmente con l’ennesimo frazionamento di uno stato e nel proliferare di signori della guerra in tutta l’area (libanizzazione/balcanizzazone). Una situazione analoga si sta verificando nel Medio Oriente, dove i media occidentali caldeggiano la nascita di uno stato kurdo che però, per sorgere, dovrebbe disgregare Iran, Iraq, Siria e Turchia, gettando nel caos l’intera regione.

http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2013/jan/09/birth-kurdish-state-ottoman-syria-arab-spring?INTCMP=SRCH

Le conseguenze nell’Africa occidentale non sarebbero meno gravi: i Berberi (70-80 milioni) sono molto numerosi in Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Mali, Niger. Il re del Marocco, alleato della NATO e di Israele, ha messo le mani avanti proclamando il cabilo (lingua dei berberi occidentali) la seconda lingua ufficiale del Marocco.

L’Algeria, molto critica dell’intervento in Libia e bersaglio predestinato

http://nationalinterest.org/commentary/algeria-will-be-next-fall-5782

rischia di diventare quel che il Pachistan è diventato per l’Afghanistan: luogo di rifugio dei guerriglieri, bombardato dai droni.

Non penso che quei quasi 2 milioni di immigrati o figli di immigrati algerini che vivono in Francia la prenderanno troppo bene.

Due cose sono certe:

* gli stati sovrani hanno una certa capacità negoziale, i signori della guerra sono più facili da corrompere e svendono più facilmente le risorse delle popolazioni che controllano.

* l’anarchia nel Medio Oriente impedisce alla Russia di fare affari in quella regione (ma si veda anche il tentato accordo con i Russi per la fornitura di armi al governo maliano) mentre l’anarchia nel Nord Africa e nell’Africa occidentale rende queste due aree off-limits per gli investimenti cinesi.

La baggianata di Kony 2012 ha preparato il terreno per la loro espulsione dall’Africa Orientale:

https://versounmondonuovo.wordpress.com/2012/03/12/kony-2012-la-stucchevole-pornografia-umanitaria-i-bambini-pensate-ai-bambini/

Non bisogna mai dimenticare che è in corso una partita a scacchi decisiva tra NATO e Eurasia: la si gioca nel Medio Oriente, la sia gioca nell’Asia Centrale, nel Pacifico, nei Caraibi (Cuba e Venezuela) e, naturalmente, in un continente ricchissimo di risorse (oro, diamanti, petrolio, metalli e, soprattutto, terre rare) come l’Africa. La nascita del Sud Sudan (ricco di petrolio e anti-cinese) è un magnifico esempio delle dinamiche in corso.

Siamo nuovamente gettati in una Guerra Fredda e questo non sarebbe così male per i paesi più piccoli, che possono cercare di assicurarsi un trattamento migliore mettendo in concorrenza le grandi potenze. È già successo al tempo dell’Unione Sovietica e potrebbe funzionare ancora. Il problema è, però, che questa volta pare destinata a prendere fuoco, per almeno quattro ragioni (quelle che vedo io: ce ne possono essere altre che mi sfuggono):

1. Lo stallo in Siria e sul programma atomico iraniano;

2. L’aggressività di Israele ed il suo rifiuto di tollerare l’esistenza di uno stato palestinese;

3. Internet rende pressoché istantanea la circolazione di informazioni in grado di smascherare le manipolazioni e quindi ostacola le manovre clandestine degli uni e degli altri;

4. il sistema finanziario globale è tenuto in vita con ogni mezzo (a spese dei contribuenti) ma è un malato terminale, a causa della sfrenata avidità di quelle poche migliaia di oligopolisti che determinano il corso della storia umana contemporanea – dovranno far succedere qualcosa per poter passare alla fase successiva (post- dollaro e post-euro).

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Un’altra cosa certa, come detto, è che, in questo momento, Hollande si trova nella curiosa situazione di appoggiare i salafiti che combattono in Siria mentre li bombarda nel Mali.

Non è troppo diverso da Sarkozy, anche lui un volonteroso interventista in Africa, a sostegno del locale candidato del FMI (sorpresona!):

http://fanuessays.blogspot.it/2011/10/costa-davorio-unaltra-guerra.html

Hanno tempo fino a maggio. Poi iniziano i monsoni.